T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-12-2011, n. 10275

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Considerato, in fatto che la ricorrente impugna il provvedimento n. 30 del 07/09/11 con cui il Comune di Pomezia, ai sensi degli artt. 54, 55 e 1161 del codice della navigazione, ha ordinato alla ricorrente di rimuovere le opere (porzione di abitazione di mq. 14,00 circa e pavimentazione di mq. 95,00 circa con sottostante locale interrato) realizzate sull’area demaniale marittima "in assenza di titolo demaniale autorizzativo";

Considerato, in diritto, che il ricorso è infondato e deve essere respinto;

Considerato che con le prime due censure la ricorrente prospetta la violazione della legge n. 47/85 ed il vizio di eccesso di potere perché le opere contestate sarebbero state realizzate prima del 1955 e, quindi, prima dell’apposizione sull’area del vincolo di tutela paesistica previsto dal D.M. del 22/10/54 e, comunque, le stesse non avrebbero dovuto essere assentite da alcun titolo edilizio abilitativo in base alla normativa applicabile "ratione temporis";

Considerato che i motivi in esame sono inaccoglibili in quanto hanno ad oggetto circostanze, quali gli aspetti edilizi e vincolistici della fattispecie, ininfluenti ai fini della valutazione della legittimità dell’atto impugnato;

Considerato, infatti, che la gravata ordinanza di rimozione sanziona, ai sensi degli artt. 54, 55 e 1161 del codice della navigazione, ivi espressamente richiamati, l’occupazione abusiva dell’area demaniale e, quindi, la carenza di "titolo demaniale autorizzativo";

Ritenuta, poi, inaccoglibile la terza censura avente ad oggetto il difetto di motivazione;

Considerato, infatti, che l’atto impugnato contiene l’esaustiva indicazione delle ragioni (carenza di titolo legittimante l’occupazione dell’area demaniale) poste a fondamento dell’ordine di rimozione con conseguente irrilevanza delle ulteriori circostanze (compatibilità con il vincolo paesistico e regolarità edilizia) prospettate nella censura come asseritamente meritevoli di considerazione;

Considerato che con la quarta censura la ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento in quanto altri immobili simili al suo non sarebbero stati parimenti sanzionati ed, anzi, sarebbero stati ritenuti compatibili con il vincolo paesaggistico;

Considerato che il motivo in esame è inaccoglibile in quanto il vizio di eccesso di potere, proprio della funzione discrezionale, è giuridicamente non configurabile nella fattispecie in esame in cui viene in rilievo il sindacato di legittimità su un atto vincolato quale è l’ordinanza di rimozione delle opere che occupano abusivamente l’area demaniale;

Considerato, poi, che, come già evidenziato, il profilo paesaggistico della fattispecie è irrilevante ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento impugnato che si fonda sull’accertata carenza di titolo legittimante l’occupazione dell’area demaniale;

Considerato che con la quinta censura la ricorrente lamenta la mancata comparazione tra gli interessi pubblico e privato coinvolti nella fattispecie da ritenersi necessaria alla luce della risalenza nel tempo delle opere;

Considerato che il motivo in esame è infondato in quanto la risalenza nel tempo dell’occupazione dell’area demaniale (e non della costruzione in sè) non risulta adeguatamente comprovata e, comunque, non legittima alcuna aspettativa in capo al privato di cui il provvedimento impugnato, avente natura vincolata, avrebbe dovuto tenere conto;

Considerato, infine, che, contrariamente a quanto dedotto nel sesto motivo (che, pertanto, deve essere disatteso), la ricorrente non ha comprovato di possedere alcun titolo legittimante l’occupazione dell’area demaniale non potendosi nella fattispecie configurare giuridicamente, in ossequio al principio generale di tipicità degli atti amministrativi, una concessione "tacita" o "implicita" nel rilascio della licenza edilizia;

Considerato che, per questi motivi, il ricorso è infondato e deve essere respinto;

Considerato che la ricorrente, in quanto soccombente, deve essere condannata al pagamento delle spese processuali il cui importo viene liquidato come da dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) respinge il ricorso;

2) condanna la ricorrente a pagare, in favore di Roma Capitale, le spese del presente giudizio il cui importo si liquida in complessivi euro mille/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *