Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-06-2012, n. 9151 Rivalutazione monetaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 15.1.09 la Corte d’appello di Reggio Calabria rigettava il gravame interposto dall’INPS contro la sentenza del Tribunale di Locri che lo aveva condannato a pagare a E. V. la rivalutazione ISTAT sull’assegno percepito per lavori di pubblica utilità per l’anno 1999.

Statuivano i giudici del merito l’applicabilità anche ai lavori di pubblica utilità – e non solo ai lavoratori socialmente utili – del combinato disposto del D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 8 e L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 9.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS affidandosi ad un unico motivo.

L’intimata V. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1- Con unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 8 e L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 9 con riferimento al D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 280, art. 3, comma 3 e D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 1, comma 3 convertito, con modificazioni, in L. 28 novembre 1996, n. 608, perchè ai progetti straordinari di LPU (lavori di pubblica utilità) presentati ai sensi del cit. D.Lgs. n. 280 del 1997 non è applicabile la disciplina generale dettata per l’impiego in LSU (lavori socialmente utili), essendo il D.Lgs. n. 468 del 1997 (con le sue successive modificazioni) relativo solo ai progetti presentati dopo il 23.1.98 mentre, per definizione, i progetti di LPU dovevano essere presentati prima di quella data, vale a dire non oltre il 26.10.97; in altre parole – prosegue l’istituto ricorrente – per il 1999 l’importo del sussidio previsto per lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità da parte dei giovani del Mezzogiorno, ai sensi del D.Lgs. n. 280 del 1997, rimane fissato nella misura stabilita dal D.L. n. 510 del 1996, art. 1, comma 3 convertito in L. n. 608 del 1996, in virtù dello specifico rinvio – di tipo statico e non già dinamico – operato dal D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3, comma 3 senza possibilità di adeguamento nella misura di cui al combinato disposto del D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 8 e L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 9 previsto specificamente per l’assegno spettante ai lavoratori socialmente utili.

Il ricorso è infondato.

In proposito questa Corte Suprema ha già avuto modo di statuire (cfr. sentenze 19.12.2011 n. 27432 e 21.1.2011 n. 1461) che il D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 1 fornisce una definizione di portata generale dei lavori socialmente utili, comprensiva delle varie attività che hanno ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, nonchè dei lavori di pubblica utilità intesi a creare occupazione in particolari bacini di impiego.

Invero, l’art. 1 del suddetto decreto legislativo definisce come lavori socialmente utili opere e servizi di utilità collettiva realizzati mediante l’utilizzo di particolari categorie di soggetti;

ne distingue le diverse tipologie, prevedendo "lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione, in particolare in nuovi bacini di impiego, della durata di 12 mesi", "lavori socialmente utili mirati alla qualificazione di particolari progetti formativi volti alla crescita professionale in settori innovativi, della durata massima di 12 mesi", "lavori socialmente utili per la realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere straordinario, della durata di 6 mesi", "prestazioni di attività socialmente utili da parte di titolari di trattamenti previdenziali".

All’art. 2, in particolare, vengono definiti i settori nei quali sono attivati i lavori di pubblica utilità e se ne specificano gli ambiti in relazione alla cura della persona, all’ambiente e al territorio, allo sviluppo rurale, montano e idrico, al recupero e alla riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali; l’art. 13, infine, dispone l’abrogazione di tutte le disposizioni in contrasto con il decreto, con particolare riguardo a quelle contenute nel D.L. n. 510 del 1996, art. 1 convertito in L. n. 608 del 1996.

Com’è evidente, la definizione contenuta nel D.Lgs. n. 468 del 1997 ha una portata generale e ciò spiega la sovrapponibilità dei settori di attività previsti per i "progetti di lavoro di pubblica utilità" dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 3 e quelli oggetto di "lavori di pubblica utilità secondo il D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3.

Ne consegue che il rapporto tra il disposto di cui al D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2 – che delinea i settori di attività per i "progetti di lavoro di pubblica utilità" – e quello di cui al D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3 – diretto ad individuare i "lavori di pubblica utilità" in funzione della creazione di occupazione in uno specifico bacino di impiego – si configura in termini di specificazione di intenti generali in ambiti territoriali determinati, all’interno di una medesima tipologia di attività e di una medesima finalità del legislatore, connessa ad intenti di inserimento nel mondo del lavoro.

Ne consegue che l’incremento dell’assegno, nella misura e nei termini determinati dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9 trova applicazione anche per i lavori di pubblica utilità previsti dal D.Lgs. n. 280 del 1997.

D’altronde, l’identità strutturale dei lavori di pubblica utilità previsti nei due decreti legislativi sottrae rilievo all’argomento utilizzato dall’istituto ricorrente in relazione ad un asserito rinvio "statico" – contenuto nel D.Lgs. n. 280 del 1997 – alle modalità di attuazione previste nel D.L. n. 510 del 1996, convertito in L. n. 608 del 1996.

Ed ancora, l’intento del legislatore di riferirsi, quanto alle predette modalità, non già ad una determinata disciplina, ancorchè poi abrogata, ma alla normativa così come eventualmente modificata nel tempo, è reso evidente, sul piano sistematico, dalla mancanza di ragioni tali da giustificare l’eventuale disparità di trattamento fra prestazioni relative a progetti aventi uguale funzione e identico contenuto.

2- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Non è dovuta pronuncia sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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