Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-06-2012, n. 9146

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

T.A. convenne in giudizio innanzi al giudice del lavoro del Tribunale di Roma la ADN Kronos Libri s.r.l., per la quale sosteneva di aver lavorato dal gennaio del 1994 al dicembre del 2002, al fine di sentir dichiarare la nullità di qualsiasi atto da lui sottoscritto implicante rinunzia o transazione, oltre che la nullità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati con la convenuta. Nel contempo, il ricorrente chiese che venisse accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a decorrere dal gennaio del 1994, con conseguente inquadramento nella categoria quadri A super o in quella quadri A -impiegato tecnico;

infine, chiese la dichiarazione di nullità della nota con la quale la società aveva comunicato la sua intenzione di non rinnovare il contratto stipulato l’8/1/01, oltre che la reintegra nel posto di lavoro e nelle mansioni svolte al 18/6/02, il tutto con condanna al pagamento delle retribuzioni decorrenti da quest’ultima data alla riassunzione ed al risarcimento dei danni. La domanda fu respinta e la sentenza, impugnata dal lavoratore, fu confermata dalla Corte d’appello di Roma – sezione lavoro, con decisione del 30/9/08 – 23/7/09, con la quale si spiegò che il quadro probatorio aveva confermato l’esistenza di una autonomia di organizzazione dei tempi e dei modi del lavoro svolto dal ricorrente che si rivelava incompatibile con la dedotta subordinazione. Per la cassazione della sentenza propone ora ricorso il T., il quale affida l’impugnazione ad un motivo di censura che, dalla lettura dello stesso ricorso, appare essere unico.

Resiste con controricorso la società GMC Giuseppe Marra Comunications s.p.a in qualità di società incorporante la ADN Kronos Libri s.r.l. Il ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Osserva la Corte che è fondata l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa dell’intimata società con riferimento alla incomprensibilità dello stesso atto, a sua volta dovuta alla mancanza di diverse pagine, mancanza che determina una evidente frattura nel percorso esplicativo dei fatti e dei motivi posti a sostegno dell’impugnazione, con conseguente impossibilità, per chi lo legge, di comprendere nella sua interezza la logica degli argomenti sottesi e non risultati sviluppati.

L’accertata fondatezza di tale eccezione finisce, in sostanza, per tradursi in un difetto di autosufficienza del ricorso, in quanto dalla lettura dello stesso non è dato comprendere qual’è il contenuto preciso dei motivi di doglianza avverso la sentenza impugnata, stante la costante mancanza di continuità logico- letterale tra le varie pagine che lo compongono a causa del verosimile mancato inserimento di diverse pagine dell’intero atto.

Ciò determina inevitabilmente la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, norma del codice di rito che prevede, a pena di inammissibilità, l’indicazione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza e delle norme di diritto sui quali essi si fondano.

Al riguardo, si è già avuto modo di affermare (Cass. sez. 1, n. 20714 del 22/09/2006) che "a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 4, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata.

Tale requisito di autosufficienza del ricorso non può ritenersi soddisfatto, nella assenza assoluta della esposizione sommaria del fatto, ove tale esposizione non sia recuperata nell’articolazione dei singoli motivi del ricorso, che contengano solo una parziale ricostruzione dei fatti, volta a volta funzionali alle tesi giuridiche sostenute, senza una visione di insieme che ne permetta una sicura ed agevole lettura (principio affermato in una fattispecie nella quale il ricorso si limitava a precisare che sono noti i fatti e le vicende processuali).

Va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno poste a suo carico nella misura liquidata come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio nella misura di Euro 2000,00 per onorario e di Euro 30,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e spese generali ai sensi di legge.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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