Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-11-2011) 24-11-2011, n. 43327

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Ancona, con sentenza in data 15 ottobre 2010, confermava la sentenza del Tribunale di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, in data 23 ottobre 2009, appellata da D. V., dichiarato colpevole di ricettazione di un assegno bancario e di una tessera Bancomat, provenuto di furto, e condannato alla pena di anni due di reclusione Euro 2000 di multa.

Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento all’accertata responsabilità del prevenuto in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico, non potendo avere conoscenza della provenienza illecita dei beni in quanto gli stessi erano custoditi all’interno dell’abitazione di proprietà della moglie e non nella sua disponibilità, avendo fornito giustificazione plausibile in ordine alle circostanze e modalità di acquisizione degli assegni;

b) difetto di motivazione, sussistendo un ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

Il ricorrente, infatti, propone solo censure di merito, ad una sentenza motivata in modo esaustivo, logico e non contraddicono e che presenta una valutazione corretta delle risultanze processuali. Il Giudice di appello ha, invero, a solo titolo di esempio, ben evidenziato che i beni in questione erano custoditi all’interno del portabagagli dell’autovettura di cui l’imputato aveva la disponibilità, benchè intestata alla convivente.

Per la configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, e la prova dell’elemento soggettivo del reato può trarsi anche da fattori indiretti, qualora la loro coordinazione logica sia tale da consentire l’inequivoca dimostrazione della malafede (Sez. 4, Sentenza n. 4170 del 12/12/2006 Ud. (dep. 02/02/2007) Rv. 235897).

In tal senso, la consapevolezza della provenienza illecita può desumersi, oltre che dalle modalità dei fatti, anche dalla circostanza che solo agli effettivi titolari compete il possesso delle tessere Bancomat, delle carte di credito e della patente di guida, al pari degli assegni in bianco pertinenti a un determinato conto corrente bancario.

Del tutto sfornita di prova è risultata, inoltre, la versione, fornita dalla moglie del prevenuto, che detti beni erano detenuti dal marito nell’interesse di tale F..

Questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che in tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di Cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sè compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sè e per sè considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi a cui essa è "geneticamente" informata, ancorchè questi siano ipoteticamente sostituibili da altri. (Si veda fra le tante Sez. Un. Sentenza. 00012 del 23/06/2000 – UD. 31/05/2000 – RV. 216260, Imp. Jakani).

Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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