T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-12-2011, n. 10256

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alle Amministrazioni in epigrafe indicate in data 26 aprile 2011 e depositato il successivo 6 maggio 2011, espone il ricorrente, in atto cittadino russo, di avere costituito in data 27 maggio 2010 con la moglie – ricorrente in altro ricorso avente per oggetto analogo diniego di visto – e con un’altra concittadina la società Restorant s.r.l. con sede in Fiesole, a tutt’oggi in stato di inattività, avente ad oggetto l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Espone, altresì di essere beneficiario di contratto di locazione in Viareggio stipulato dalla coniuge, di essere in possesso dell’attestato della CCIAA di Firenze circa la sussistenza dei parametri economici e finanziari ai sensi dell’art. 39, comma 3 del d.P.R. n. 394 del 1999 e che nonostante ciò il Consolato ha negato il visto di ingresso con la motivazione che mancherebbero le garanzie finanziarie.

Avverso tale provvedimento deduce:

1. Violazione di legge (articoli 24, 97 e 113 Cost.; articoli 3 e 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241); eccesso di potere per carenza di istruttoria; eccesso di potere per difetto e/o manifesta illogicità della motivazione.

2. Violazione di legge (art.97 e 113 Cost.; art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241; art. 26, comma 3 del d.lgs. 27 luglio 1998, n. 286, art. 39, comma 3 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 9 punto 2 del D MAE 12 luglio 2000); eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti; eccesso di potere per travisamento, errore di fatto e contraddittorietà, eccesso di potere per perplessità e manifesta illogicità della motivazione.

Conclude proponendo istanza cautelare e chiedendone l’accoglimento come del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio.

Alla Camera di Consiglio del 19 maggio 2011 il Collegio ha disposto un’istruttoria, eseguita la quale parte ricorrente ha prodotto motivi aggiunti nei confronti della risposta sostanzialmente negativa della sua pretesa.

In particolare insiste sulla:

1.Violazione di legge (articoli 24, 97 e 113 Cost.; articoli 3 e 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241); eccesso di potere per difetto e/o manifesta illogicità della motivazione, eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Reitera la doglianza che, nonostante le precise richieste del Collegio, l’amministrazione consolare ha insistito sulle motivazioni del diniego in particolare in ordine alla cd. insufficienza reddituale.

2. Violazione di legge (art.97 e 113 Cost.; art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241; art. 26, comma 3 del d.lgs. 27 luglio 1998, n. 286, art. 39, comma 3 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 9 punto 2 del D MAE 12 luglio 2000); eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti; eccesso di potere per travisamento, errore di fatto e contraddittorietà, eccesso di potere per perplessità e manifesta illogicità della motivazione.

Insiste anche sulla seconda doglianza rilevando che nuovamente l’amministrazione ha ritenuto carente la documentazione dimostrativa dei requisiti previsti per il rilascio del visto e soprattutto per quello stabilito all’art. 9, comma 2 del decreto ministeriale che non si applica al suo caso.

Reitera dunque sia l’istanza cautelare sia la richiesta di accoglimento dei motivi aggiunti e del ricorso.

Il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata alla Camera di Consiglio del 20 ottobre 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso l’interessato impugna il diniego di visto oppostogli dall’amministrazione consolare d’Italia in Mosca e motivato come segue:

"insufficienti garanzie bancarie. La disponibilità economica in Italia deve essere sufficiente a garantire l’ammontare delle risorse necessarie indicate dalla Camera di Commercio (d.P.R. n. 394/1999 art. 39, comma 3) e la somma (ca. 8.400,00 euro) superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (Decreto MAE 12/7/2000 art. 9, punto 2 lettera d);

disponibilità di reddito annuo già acquisito nel Paese di provenienza da fonti lecite di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (d.lgs. 286/1998, art. 26, comma 3)."

Con la nota di spiegazioni richieste dal TAR, ed impugnata dal ricorrente con i motivi aggiunti, l’amministrazione degli esteri ha sostenuto che: "Il visto è stato negato poiché mancava la disponibilità in Italia delle garanzie finanziarie a copertura delle necessarie risorse economiche, indicate dalla Camera di Commercio di Firenze con la attestazione dei parametri economici e finanziari del 23/11/2010 (marca da bollo Agenzia delle Entrate) al signor Evstigneev Sergey per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande – ristorazione come lavoratore autonomo di impresa individuale. Tale disponibilità finanziaria (v. d.PR 394/1999 art. 39, comma 3) deve essere depositata e fruibile presso un istituto bancario in Italia. Inoltre l’interessato non ha presentato documentazione attestante la disponibilità di reddito annuo già acquisito nel paese di provenienza da fonti lecite e di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (d.lgs. 286, art. 26, comma 3).".

2. Avverso tali provvedimenti, anche con i motivi aggiunti, propone censure analoghe che pertanto possono essere esaminate a fattor comune, iniziando dalla seconda, che appare dirimente.

Secondo la prospettazione di parte ricorrente nel caso in esame non trova applicazione l’art. 9 punto 2 del D MAE 12 luglio 2000 citato dall’amministrazione nel diniego di visto – e che prescrive che per le attività autonome che non trovano corrispondente iscrizione nel registro delle imprese e che siano svincolate da licenze, gli stranieri devono essere in possesso della copia dell’ultimo bilancio depositato presso il registro delle imprese -, perché la società di cui è socio il ricorrente è iscritta al REA di Firenze al n. 597677 dal 27 maggio 2010.

Quanto poi alla affermazione che mancherebbe la disponibilità di reddito annuo già acquisito nel Paese di provenienza da fonti lecite e di importo superiore al livello minimo previsto per legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, il ricorrente sostiene di avere dimostrato il possesso di idonee garanzie economiche atte a sorreggere l’istanza proposta.

Dall’esame degli atti emerge che il ricorrente ha prodotto la visura presso la CCIAA di Firenze dalla quale risulta che è costituita la società a responsabilità limitata RESTORANT unitamente alla moglie ed ad altra socia che ne è anche l’amministratore unico per un capitale sociale di Euro 10.000 e versato per Euro 2.500,00, società non ancora in attività; ha prodotto poi il contratto di locazione, che non è in discussione, e che gli fornisce idonea sistemazione alloggiativa; l’attestazione della CCIAA di Firenze dalla quale risultano i parametri dei quali devono godere i cittadini stranieri che intendono iniziare l’attività di "somministrazione di alimenti e bevande – ristorazione" pari ad Euro 2.065,83 per costi vari per adempimenti amministrativi e per Euro 7.500,00 per i costi di acquisto della prima partita di merce e per attrezzature; l’estratto di un conto bancario costituito in Russia equivalente ad Euro 20.008,61.

Ora è proprio in ordine alla produzione di tale estratto conto che non è dato rilevare nel provvedimento in esame, principalmente impugnato e nel successivo sostanzialmente di conferma del diniego di visto alcun profilo di illegittimità.

Deve, infatti essere rilevato che, ancorché come correttamente argomentato in ricorso, l’art. 9, comma 2 lett. d) non trovi applicazione nei confronti delle società iscritte al registro delle imprese, come è quella di cui è socio, tuttavia tale ipotesi non si attaglia al caso in esame, perché la circostanza che egli non debba produrre la copia dell’ultimo bilancio, come è invece prescritto per le attività autonome che non siano iscrivibili al registro delle imprese in base alla norma sopra citata, non significa che l’interessato non debba dimostrare la disponibilità economica sufficiente a garantire l’ammontare delle risorse necessarie indicate dalla Camera di Commercio come viste sopra.

A mente infatti dell’art. 26, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 e s.m.i., come richiamato espressamente dal D.MAE 12 luglio 2000 "lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività…commerciale deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia", mentre il ricorrente, che si è visto rigettare il visto col provvedimento dell’8 febbraio 2011 ha aperto il conto presso la Banca Barclays di Mosca in data 15 gennaio 2011, cioè neppure un mese prima dell’opposto diniego e senza peraltro specificare in nessun punto del ricorso quando ha presentato la domanda di visto.

Tale circostanza non consente di condividere neppure la censura mossa avverso il secondo punto della motivazione del provvedimento di diniego, per come insistita anche nella nota di spiegazioni richiesta dal TAR, e relativa alla mancata dimostrazione di "disponibilità di reddito annuo già acquisito nel Paese di provenienza".

Infatti l’art. 26, comma 3 del d.lgs. n. 286 del 1998 e s.m.i. stabilisce che lo straniero deve dimostrare di avere idonea sistemazione alloggiativa ed un reddito annuo "proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.", laddove la norma non specifica che il reddito debba essere acquisito nel Paese di provenienza, come invece è dato leggere nel provvedimento esaminato.

Precisato che il conto corrente bancario dove si trovano oltre 20.000 euro intestato al ricorrente è stato aperto in una filiale bancaria in Mosca e quindi sul territorio del Paese di provenienza, la circostanza che il conto sia stato costituito inopinatamente poco prima dell’atto con il quale il visto è stato rigettato ha fatto sì che il Consolato non potesse che confermare l’insussistenza in capo al ricorrente di uno dei requisiti di legge, frutto di una inammissibile integrazione postuma della documentazione.

La circostanza che altresì il ricorrente risultasse sprovvisto di un adeguato reddito sia al momento in cui ha costituito la società, sia per mantenerne l’attività rende ininfluente quella per cui lo stesso detiene una quota della ridetta società, pure ritenuta di un qualche rilievo dal TAR al sommario esame tipico della fase cautelare, non a caso culminato con un provvedimento istruttorio, dal momento che la richiesta di visto non appariva supportata dalla idonea dimostrazione del possesso dei requisiti, né ai sensi dell’art. 26, comma 3 del d.lgs. n. 286 del 1998, né ai sensi dell’art. 39, comma 3 del d.P.R. n. 394 del 1999.

La rilevata inconsistenza dei profili di illegittimità dedotti, nella misura in cui essa refluisce sulla motivazione del diniego impugnato, comporta che vadano rigettati anche i dedotti profili di difetto di motivazione, che invece si presenta correttamente ancorata ai presupposti normativi che debbono sorreggerla, e pure di difetto di istruttoria, per le ragioni sopra esposte.

Analogamente non può essere condivisa la drastica conclusione che il ricorrente trae, nei motivi aggiunti, da una ipotetica mancata ottemperanza dell’ordinanza istruttoria del Tar da parte dell’Amministrazione, che, dovrebbe indurre il giudicante a trarre argomenti di prova a carico di quest’ultima, laddove, invece, nell’atto secondariamente impugnato le già prese conclusioni sono state ribadite, ma anche, seppure succintamente, approfondite.

Conclusivamente anche la censura proposta per prima col ricorso principale non può essere condivisa. Con essa il ricorrente fa valere che l’Amministrazione avrebbe dovuto comunicare il preavviso di provvedimento negativo, ma al riguardo, e per giurisprudenza costante, occorre rilevare che poiché il preavviso di cui all’art. 10 bis della legge n, 241 del 1990 è equiparato (TAR Sardegna, Cagliari, sezione II, 31 agosto 2010, n. 2158) alla mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7/L. n. 241 per esso valgono i medesimi effetti recati dall’art. 21 octies sulla impossibilità di annullare il provvedimento in giudizio, quando l’Amministrazione fornisca la dimostrazione che esso non avrebbe potuto essere diverso, come appare effettuato, nel caso in esame.

3. Per i profili suesposti il ricorso ed i motivi aggiunti vanno respinti.

4. Data la delicatezza delle questioni trattate appaiono giusti i motivi per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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