Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-06-2012, n. 9115 Azienda Base imponibile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con distinti ricorsi notificati all’AGENZIA delle ENTRATE, la s.r.l.

CONNEX ITALIANA (già s.a.s. CONNEX ITALIANA di Pier Carlo Infrano &.

C.) e la s.r.l. DEUTSCH ITALIA – premesso che "con. avviso di rettifica e liquidazione … notificato … in data 11 maggio 2005" e "3 maggio 2005" l’Ufficio aveva rideterminato il "valore complessivo del ramo d’azienda" ceduto dalla prima alla seconda con atto "registrato il 10 maggio 2002", accertando un "valore … di avviamento" superiore a quello dichiarato -, in forza (rispettivamente) di tre e di quattro motivi, chiedevano di cassare la sentenza n. 92/12/09 (depositata il 20 luglio 2009) con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, previa riunione, aveva recepito gli appelli dell’Ufficio avverso le decisioni (432/01/07 e 433/01/07) della Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale aveva accolto i loro ricorsi.

L’Agenzia intimata instava per la reiezione delle impugnazioni delle contribuenti e spiegava ricorso incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo.

Con apposito controricorso le società contestavano l’ammissibilità (per tardività) nonchè il fondamento dell’impugnazione incidentale dell’Agenzia, la quale nella memoria ex art. 378 c.p.c. protestava la tempestività del proprio gravame.

Motivi della decisione

p. 1. Riunione dei ricorsi.

In via preliminare va disposta la riunione dei due ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. perchè aventi ad oggetto la medesima decisione.

p. 2. La sentenza impugnata.

La Commissione Tributaria Regionale ha accolto i gravami dell’Ufficio (testualmente) osservando:

– "si tratta di una cessione di ramo d’azienda capace di produrre autonomamente un reddito positivo": "un’azienda capace di produrre reddito ha certamente un valore superiore al suo capitale netto, plusvalore che la dottrina chiama avviamento";

– "nella definizione dell’avviamento, esso è considerato come maggior valore, rispetto al capitale netto, dato all’azienda per le sue capacità di produrre reddito": "nella fattispecie, quindi, il valore aziendale è dato dal valore di capitale maggiorato del valore di avviamento";

– "la dottrina e la pratica nel ricercare il valore di avviamento usano diversi criteri sia logici deduttivi che empirici, quest’ultimi sono dettati più dagli usi locali che da logiche economiche, ma non per questo sono non sono validi": "dalle parti del contratto di compravendita spesso questi ultimi sono quelli maggiormente concordati";

– "alla fattispecie l’ufficio ha accertare il reddito medio annuo degli ultimi tre anni e moltiplicandolo per cinque ha ottenuto il valore aziendale, da questo per sottrazione del capitale netto dichiarato dal contribuente ha ottenuto il valore di avviamento"; "il calcolo è solo apparentemente empirico perchè altro non è che il criterio della ricapitalizzazione del reddito ad un tasso del 20%";

– "il contribuente suggerisce il criterio di capitalizzazione del reddito ad un tasso annuo del 13,50% per la durata di 10 anni";

"l’ufficio concorda ma fa notare che considerato un reddito al lordo delle imposte un simile criterio consegue un valore di avviamento superiore al valore da lui stesso calcolato, mentre se si considera come pretende il contribuente un reddito al netto delle imposte si ottiene un valore inferiore al capitale netto aziendale dichiarato dal contribuente" stesso.

Il giudice di appello, quindi, assunto che "il contendere si riduce alla determinazione del reddito al lordo o al netto delle imposte, da prendere come valore capitalizzabile", ha affermato che "ogni valore imponibile fiscalmente, per qualsiasi tipo di imposta, è sempre considerato al lordo delle imposte e come tale non può farsi eccezione alla fattispecie".

p. 3. I ricorsi delle contribuenti.

La s.r.l. CONNEX ITALIANA e la s.r.l. DEUTSCH ITALIA censurano la decisione, rispettivamente, per tre e per quattro motivi, solo il primo di questi ultimi diverso:

– con la prima doglianza la s.r.l. DEUTSCH ITALIA -assunto che "la pronuncia in odierno impugnata" non la riguarda "affatto" – denunzia "nullità della sentenza" ("per omessa decisione su una delle cause riunite"), riassunta nel "quesito di diritto" (non necessario) "se il giudice il quale abbia esercitato il potere di riunire più procedimenti … ha il dovere, secondo quanto disposto dall’art. 112 c.p.c., di decidere tutte le cause riunite e se la sentenza che ometta … di pronunciare su una di esse cause riunite … produce un caso di omessa pronuncia …" ;

– con il secondo motivo (primo per la srl CONNEX ITALIANA) , le contribuenti – esposto aver la sentenza impugnata "qualificato legittimo un avviso di rettifica e liquidazione … in erronea applicazione di una prassi valutativa avente forza di legge";

affermato che: (a) "la predetta prassi valutativa impone agli esperti valutatori di basare le proprie stime su redditi attesi, coerenti con la prevedibile evoluzione del capitale investito e con la struttura finanziaria aziendale"; (b) "l’attualizzazione dei redditi futuri o passati comporta necessariamente che i redditi (il valore capitalizzabile) siano distribuibili, e pertanto valutati al netto delle passività (tra cui le imposte)"; (c) "la diversità strutturale e concettuale tra il metodo valutativo reddituale e la metodologia cosiddetta "del pollice"; (d) per "principio contabile e finanziario … le imposte non sono una grandezza disponibile, non costituiscono reddito distribuibile e, di conseguenza, una grandezza che possa essere capitalizzata" – denunziano "violazione di prassi consuetudinaria avente forza di legge", chiedendo (sub specie di non necessario "quesito di diritto") di affermare la "regula iuris" secondo cui "il reddito da considerare quale valore capitalizzabile …" deve essere "determinato sulla base dell’attualizzazione dei redditi attesi distribuibili, al netto delle relative imposte";

– nel terzo (secondo per la srl CONNEX ITALIANA) motivo, le ricorrenti denunziano "omessa e/o insufficiente motivazione" su questo "fatto controverso":

"se la determinazione del valore dell’avviamento … deve essere calcolato al lordo o al netto delle imposte";

– nell’ultimo motivo le società denunziano "nullità della sentenza per omessa motivazione", sintetizzata nel "quesito" (non necessario) "se la sentenza della Commissione Tributaria Regionale debba indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento … in modo da consentire il controllo dell’esattezza e della logicità del suo ragionamento…".

p. 4. Il ricorso incidentale dell’Agenzia.

Nell’"ipotesi di accoglimento del ricorso principale", l’Agenzia – riprodotti i motivi d’appello dell’Ufficio ed assunto che le contribuenti avevano "cambiato idea per ben tre volte" "1^ denuncia di verificata condizione, 2^ denuncia di verificata condizione e risposta al questionario" – propone gravame incidentale con cui lamenta "insufficiente motivazione" sul "fatto controverso" secondo cui "l’oggetto del contendere non era … limitato alla questione se il reddito che costituiva la base del calcolo dell’avviamento fosse lordo o netto, ma, prima ancora, se fosse corretto il metodo di calcolo dell’Ufficio (EBIT medio degli ultimi tre anni moltiplicato per 5) o quanto adottato dalla società (reddito medio degli ultimi tre anni attualizzato al 13,5% per 10 anni)".

p. 5. Le ragioni della decisione.

I ricorsi delle contribuenti – ai quali non si applica il disposto dell’art. 366 bis c.p.c. perchè aventi ad oggetto una sentenza depositata il 20 luglio 2009, quindi dopo l’abrogazione di detta norma, espressamente operata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), – sono infondati.

A. La "pronuncia in odierno impugnata", invero, diversamente da quanto sostenuto dalla stessa, riguarda anche la s.r.l. DEUTSCH ITALIA perchè quella "pronuncia" ha univocamente investito entrambi gli appelli: dalla piana lettura della sentenza gravata, infatti, emerge chiaramente che Commissione Tributaria Regionale ha non solo dichiarato (in dispositivo) di riformare le "sentenze impugnate" (al plurale) ma ha esplicitamente esposto (nello "svolgimento del processo") di considerare anche il gravame proposto dall’Ufficio nei confronti di detta società, avendo, peraltro, accolto (affermando esistenti "i requisiti previsti dal punto n. 1 del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29, il presente appello", ovverosia proprio quello della DEUTSCH ITALIA, "viene riunito all’appello alla sentenza … CTP di Milano, ricorrente CONNEX ITALIANA") la richiesta dell’appellante di "riunione della vertenza DEUTSCH ITALIA … a quella promossa dalla … CONNEX ITALIANA s.a.s.".

In tale contesto, la mancanza, nella sola epigrafe, della indicazione anche dell’appello interessante la s.r.l. DEUTSCH ITALIA costituisce soltanto un evidente e riconoscibile errore materiale, privo di effetti giuridici sul decisum, essendo siffatto errore emendabile con gli ordinar rimedi (artt. 287 e ss. c.p.c.: cfr., Cass., lav., 17 giugno 2009 n. 14049 "per costante giurisprudenza di questa Corte, l’omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell’epigrafe o nel dispositivo della sentenza, del nominativo di una delle parti in causa, non è motivo di nullità, ma costituisce mero errore, emendabile con la procedura prevista per la correzione degli errori materiali, qualora dalla stessa sentenza e dagli atti sia individuabile inequivocamente la parte pretermessa o inesattamente indicata (Cass. 6 marzo 2006 n. 4796, Cass. 12 dicembre 2008 n. 29264)").

B. Gli altri motivi di censura vanno scrutinati congiuntamente siccome tutti convergenti sulla questione della "determinazione del valore dell’avviamento": l’"omessa e/o insufficiente motivazione" denunziata nel terzo (secondo per la srl CONNEX ITALIANA) motivo, infatti, non investe un "fatto controverso" perchè stabilire "se la determinazione del valore dell’avviamento … deve essere calcolato al lordo o al netto delle imposte" involge soltanto una questione giuridica.

B.1. In via preliminare all’esame delle doglianze concernenti la "determinazione del valore, dell’avviamento" va richiamato (e, in carenza di qualsivoglia convincente argomentazione contraria, ribadito) il principio secondo cui (Cass., trib., 15 aprile 2011 n. 8642, che ricorda, ex multis "Cass. nn. 28751 del 2005; 10893 del 1995") "l’avviamento è una componente del valore dell’azienda, costituita dal maggior valore che il complesso aziendale, unitamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono": "in caso di cessione di azienda", "pertanto", "si deve tener conto dell’avviamento, agli effetti dell’imposta di registro, nella determinazione del valore venale dell’azienda ceduta, senza che assumano rilievo circostanze contingenti, che pure possano avere influito nella determinazione concreta del corrispettivo …, in quanto il valore che deve essere preso in considerazione per la determinazione della base imponibile è il prezzo che il bene ha in comune commercio, vale a dire quello che il venditore ha la maggiore probabilità di realizzare e l’acquirente di pagare in condizioni normali di mercato, prescindendo, quindi, da situazioni soggettive e momentanee che possano deprimerlo o esaltarlo".

Sulla questione, ancora, vanno ribaditi altresì i principi per i quali:

– "è errato ritenere che l’avviamento sia direttamente e risolutivamente collegalo all’esistenza di un utile di esercizio negli ultimi tre periodi di imposta" in quanto "il dato rilevante è … quello dei ricavi ottenuti dall’azienda" (Cass., trib., 30 giugno 2011 n. 14336);

– "l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti" perchè "del valore complessivo dell’azienda fa parte … quello dell’avviamento – costituente una qualità dell’azienda stessa -, che si somma al valore degli altri beni che la compongono in un’operazione che logicamente precede la detrazione delle passività, sicchè non è aprioristicamente escluso nè dall’esistenza nè dall’ammontare di queste" Cass., trib., 13 maggio 2011 n. 10586 – la quale osserva altresì: "se … l’avviamento va definito, nei suoi termini generali, come capacità di profitto di un’attività produttiva, ossia come quell’attitudine che consente ad un complesso aziendale di conseguire risultati economici diversi (ed, in ipotesi, maggiori) di quelli raggiungibili attraverso l’utilizzazione isolata dei singoli elementi che la compongono (cfr. Corte Cass. 7^ sez. 2.8.1995 n. 9470), non vi è ragione di escludere che anche una azienda in perdita possa disporre nel patrimonio di componenti attivi tra i quali beni immateriali come l’avviamento commerciale" – nonchè "Cass. 5^ sez. 25 febbraio 2002 n. 2702; … 20 gennaio 2006 n. 1137");

– "la valutazione dell’avviamento di un’ azienda costituisce …

giudizio di fatto, rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, e quindi immune dal sindacato di legittimità, se adeguatamente motivato" (Cass., trib., 21 gennaio 2008 n. 1170):

specificamente precisandosi che "la congruità della motivazione non è esclusa – sotto il denunziatoprofilo del vizio di contraddizione – nè dal fatto che il metodo di calcolo prescelto coincida con quello già adottato da una disposizione di legge abrogata (in proposito, il collegio condivide il principio affermato da Cass. n. 613/2006) nè dalla maggiore o minore bontà di tale formula che, come tutti i metodi pratici di calcolo, lascia sussistere un certo margine di approssimazione, verificabile peraltro in ogni altro modello valutativo";

– "ben può tenersi conto, ai fini dell’apprezzamento della adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata in punto di valutazione dell’entità dell’avviamento di un’azienda, di criteri di valutazione recepiti dallo stesso legislatore in norme, sia pure non direttamente applicabili alla fattispecie, quali appunto il D.P.R. 31 luglio 1996 n. 460, art. 2, comma 4" ("norma … enucleata nell’ambito della disciplina dell’accertamento con adesione ai fini delle imposte indirette" ) , "ma idonea a confermare la validità teorica del criterio in concreto seguito dal giudice di merito" (Cass., trib., 13 gennaio 2006 n. 613);

– "il richiamato criterio legale di valutazione basato sulla percentuale di redditività" (D.P.R. n. 460 del 1996) "già presuppone che si tenga necessariamente conto dei costi" (Cass., trib., 22 maggio 2008 n. 13116).

B.2. Dagli esposti principi discende logica e coerente la risposta negativa ai (quand’anche processualmente non necessari) "quesiti" formulati dalle ricorrenti ("il reddito da considerare quale valore capitalizzabile …" deve essere "determinato sulla base dell’attualizzazione dei redditi attesi distribuibili, al netto delle relative imposte"; "la determinazione del valore dell’avviamento …

deve essere calcolato … al netto delle imposte") in quanto le "imposte" integrano comunque e sempre dei "costi" (esterni alla vera e propria redditività giuridica) che, come tali ed in quanto tali, debbono essere necessariamente considerati nella determinazione del valore dell’avviamento di un’azienda allorchè si segua (come nel caso), tra i possibili " metodi pratici di calcolo" (tutti caratterizzati da "un certo margine di approssimazione, verificabile … in ogni altro modello valutativo") il "criterio" previsto dal D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460, art. 2 ("criteri di applicazione") comma 4, definito dal giudice del merito "della ricapitalizzazione del reddito ad un tasso del 20%" ("reddito medio annuo degli ultimi tre anni" moltiplicato "per cinque" e successiva "sottrazione del capitale netto dichiarato dal contribuente") perchè l’"avviamento", siccome qualità propria dell’azienda ("maggior valore che il complesso aziendale, unitamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono") , implica di necessità anche la considerazione della prevedibile capacità dell’azienda di coprire (quindi di sopportare) tutti i costi, anche quelli (ineludibili) di natura fiscale.

Tale conclusione non è scalfita dall’osservazione delle contribuenti secondo cui (in sintesi testuale) "le imposte", non essendo "una grandezza disponibile", "non costituiscono reddito distribuibile".

La "capacità di profitto di un’attività produttiva" (che, come detto, costituisce propriamente l’"avviamento" della stessa, ovverosia "una qualità dell’azienda … che si somma al valore degli altri beni che la compongono in un’operazione che logicamente precede la detrazione delle passività"), invero, non è determinabile in base (o soltanto in base) a "grandezze che possa no essere capitalizzate" (e, di conseguenza al "reddito distribuitile", anche quando a "redditi attesi"): tale tesi, infatti, suppone (ma erroneamente, si è detto innanzi) che "l’avviamento sia direttamente e risolutivamente collegato all’esistenza di un utile di esercizio negli ultimi tre periodi di imposta" e che "l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda" possa essere "esclusa" (per aver "l’impresa … subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti") tutte le volte in cui non vi sia stata distribuzione di alcun "reddito" per assenza di una "una grandezza che possa essere capitalizzata" o di "redditi futuri o passati … (il valore capitalizzabile) … distribuibili".

C. Il rigetto dei ricorsi principali non ha fatto sorgere l’evento cui l’Agenzia ha espressamente condizionato la sua volontà di impugnare la decisione di appello per cui il ricorso incidentale condizionato spiegato dalla stessa è (e va dichiarato) inammissibile per carenza di interesse (art. 100 c.p.c.).

p. 6. Delle spese processuali.

Per la loro totale soccombenza le ricorrenti, ai sensi degli artt. 91 e 91 c.p.c., atteso il comune interesse alla causa, vanno solidalmente condannate a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità.

A tal fine va riscontrata la tempestività della notifica del controricorso dell’ente pubblico: si deve, infatti, applicare il principio, affermato da questa Corte (Cass., 1^, 30 luglio 2009 n. 17748, da cui gli excerta che seguono, e 3^, 13 novembre 2009 n. 24041), secondo il quale, diversamente da quanto sostenuto dalle contribuenti (le quali nel rispettivo controricorso sostengono che "la notifica postale effettuata dagli avvocati ai sensi della L. 21 gennaio 1994 n. 53 si perfeziona, per il notificante, con la ricezione del plico da parte del destinatario") , "in materia di notificazione degli atti giudiziari", il "principio della scissione soggettiva dei relativi effetti, a seconda che debba aversi riguardo ai destinatario o al richiedente (… introdotto nel nostro ordinamento dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 …, ora recepito nell’art. 149 c.p.c., comma 3) … ha carattere generale, quindi trova applicazione anche qualora la notifica a mezzo posta venga eseguita, anzichè dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi della L n. 53 del 1994, art. 1, come è accaduto" anche "nella fattispecie qui in esame (Cass. n. 5024 del 2009; n. 6402 e n. 709 del 2004)": "la circostanza che la notifica, invece che dall’ufficiale giudiziario, sia eseguita dal procuratore della parte, a ciò autorizzato, a mezzo del servizio postale, con invio di raccomandata con avviso di ricevimento, ossia secondo le modalità prescritte dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 1", infatti, come correttamente osservato, concerne "dato soggettivo irrilevante ai fini che qui interessano, ossia l’autore della notificazione, restando quest’ultima sottoposta alla L. n. 890 del 1982, (incluso quindi l’art. 4, comma 3, dichiarato incostituzionale), cui è fatto espresso rinvio, salve le specifiche previsioni della predetta L. n. 53 del 1994" ("l’unica differenza tra le due ipotesi è che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va sostituita quella di spedizione del piego raccomandato, cui deve farsi riferimento, per verificare l’osservanza del termine perentorio per la proposizione dell’impugnazione (Cass. n. 6402 del 2004; implicitamente, Cass. n. 13922 del 2002, benchè riferita espressamente alla prova della consegna del plico e della relativa data, comprovata soltanto dalla produzione dell’avviso di ricevimento)").

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi delle società e li rigetta; dichiara assorbito il ricorso incidentale dell’Agenzia; condanna le ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *