Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-11-2011) 24-11-2011, n. 43422

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.M. ricorre innanzi a questa Corte per il tramite del suo difensore, che ha dedotto erronea applicazione della legge e motivazione carente e manifestamente illogica, avverso la sentenza del 25 giugno 2010, con la quale la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Torino di sua condanna alla pena di giustizia, siccome ritenuto penalmente responsabile:

a)-del reato di cui all’art. 337 cod. pen. (resistenza a pubblico ufficiale);

b) del reato di cui all’art. 582 c.p. e art. 585 c.p., comma 1 in relazione all’art. 576 c.p., n. 1 e art. 61 c.p., n. 2 (lesioni personali volontarie cagionate ad un funzionario della polizia di Stato);

c)-del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter (violazione dell’ordine impartitogli dal Questore di Torino, notificatogli il 16 dicembre 2008, di lasciare il territorio dello Stato).

Motivi della decisione

1. La sentenza impugnata da R.M. va annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e art. 2 c.p., comma 2, con riferimento al reato di cui al capo c) della rubrica.

2. Va invero rilevato che il 28 aprile 2011 è stata depositata la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel procedimento C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale, formulata ai sensi dell’art. 267 TFUE dalla Corte d’appello di Trento nell’ambito del procedimento a carico di H. E.D., imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, in relazione alla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 16 dicembre 2008, recante "norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare". 3. Con detta sentenza la Corte europea ha affermato che la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, che punisce la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento dal territorio nazionale emesso dal competente Questore, ordine emesso nella specie prima della scadenza dei termini previsti per il recepimento nel nostro ordinamento della citata direttiva 2008/115/CE (16 dicembre 2008), deve considerarsi non più applicabile nell’ordinamento interno, siccome incompatibile con la predetta normativa comunitaria, determinando effetti sostanzialmente assimilabili all’abolitio criminis, con conseguente necessità di dichiarare nei giudizi di cognizione che il fatto non è più previsto dalla legge come reato e di applicare in sede di esecuzione, in via di interpretazione estensiva, la norma di cui all’art. 673 cod. proc. pen. (cfr. Cass. Sez. 1 n. 22105 del 28/04/2011 dep. 01/06/2011 imp. Tourghi).

4. Va inoltre rilevato che il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni, nella L. 2 agosto 2011, n. 129, recante disposizioni urgenti per completare l’attuazione della direttiva comunitaria concernente la libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio dei cittadini di paesi terzi irregolari, ha proceduto ad una nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, la quale non può dirsi in continuità normativa con la precedente versione, in tal modo confermando l’avvenuta abolitio criminis, non solo per il distacco temporale intercorso fra la sua emanazione e l’emissione della direttiva comunitaria anzidetta, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta richiesta per integrare l’illecito penale in esame.

Invero, in base alla nuova normativa, all’intimazione di allontanamento può pervenirsi solo dopo l’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria e solo dopo che sia spirato il periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato.

E1 pertanto da ritenere che ci si trovi innanzi ad una nuova incriminazione, applicabile come tale solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della normativa anzidetta.

5. Da quanto sopra consegue l’annullamento della sentenza impugnata, con riferimento al reato sub c) perchè il fatto ascritto all’imputato non è previsto dalla legge come reato.

6. Va al contrario respinto siccome infondato il ricorso proposto da R.M. con riferimento ai restanti due reati ascrittigli.

Quanto al reato di resistenza a p.u., di cui al capo a) della rubrica, la sentenza impugnata ha invero adeguatamente motivato sul punto che alcuni degli agenti operanti erano in divisa, si da essere ben riconoscibili come appartenenti alla polizia di Stato; pertanto il ricorrente era da ritenere ben consapevole di trovarsi innanzi a pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni.

Quanto al reato di lesioni, di cui al capo c) della rubrica, i giudici di merito hanno adeguatamente rilevato come fosse emerso dall’annotazione di servizio che il sost. commissario di p.s.

C.P., intervenuta per bloccare il ricorrente, era stato spintonata e fatta cadere a terra, si da riportare una policontusione all’anca ed al ginocchio sinistro.

7. Una volta eliminato il reato sub c), episodio più grave della ritenuta continuazione, gli atti vanno rimessi alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, per nuova determinazione della pena per i residui reati sub a) e sub b).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata relativamente alla violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Torino per la rideterminazione della pena in ordine ai reati di cui agli artt. 337 e 582, 585 cod. pen..

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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