Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-06-2012, n. 9105

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A.G., proprietaria di terreni ricadenti nel comprensorio zona 9^ Basso Pavese del Consorzio di bonifica Est Ticino Villoresi, ha impugnato con ricorso per cassazione la sentenza in data 29.7.2010 n. 169 emessa dalla Commissione tributaria della regione Lombardia, con la quale era stato parzialmente accolto l’appello proposto dalla stessa contribuente avverso la cartella di pagamento avente ad oggetto i contributi di bonifica dovuti per l’anno 2006, ed era stato rideterminato l’importo dovuto, in relazione alla diversa ubicazione territoriale dei fondi, rispettivamente, nella misura del 60% e del 50% di quello inizialmente iscritto a ruolo.

I Giudici di appello nella motivazione della sentenza, da un lato, davano conto che il Consorzio non aveva fornito prova del presupposto impositivo consistente nel concreto ed individuato vantaggio arrecato dalle opere al fondo del consorziato; dall’altro ritenevano, tuttavia, che dalla documentazione prodotta dal Consorzio risultava che nell’ultimo decennio l’impianto idrovoro aveva regolarmente funzionato ed i canali di scolo erano stati regolarmente manutenuti.

La ricorrente censura la sentenza per contraddittorietà della motivazione, e per avere attribuito rilevanza probatoria a relazioni tecniche di parte prive di alcuna attendibilità.

Resistono con controricorso il Consorzio ed HSATRI s.p.a..

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. La sentenza di appello della CTR lombarda dopo aver dato atto che il Consorzio aveva dimostrato che i beni immobili di proprietà della contribuente rientravano nel Piano di perimetrazione, che la consorziata non contestava a debenza del contributo ma il "quantum" avendo messo in dubbio la esistenza di un beneficio diretto al proprio fondo in quanto sarebbe mancato il funzionamento delle opere di bonifica e la loro manutenzione, ha statuito:

a) che la prova della effettiva realizzazione di quanto indicato nel Piano di classifica e deliberato dagli organi regionali doveva essere data dal Consorzio;

b) che il Consorzio non aveva dimostrato quale fosse "il vantaggio…

diretto e specifico conseguito e/o da conseguire (o conseguibile) del singolo appezzamento ad opera dell’intervento di bonifica …" (motiv. pag. 5), pervenendo alla conclusione che "’con tali premesse il giudizio di appello deve essere accollo";

c) che "ciò nonostante" dalla documentazione prodotta dal Consorzio (relazioni dei funzionari dell’area tecnica del Consorzio stesso) risultava che "l’intera zona del Basso Pavese fosse stata interessata, nell’ultimo decennio, da ricorrenti piene del fiume Po…ed in tali occasioni fosse stato attivato l’impianto idrovoro…" ed ancora che era stata "mantenuta efficiente e funzionale la rete di scolo del comprensorio idrico della zona interessata".

Tanto premesso la CTR perveniva all’accertamento della debenza del contributo consortile per l’anno 2006, se pure in misura ridotta come, peraltro, era stata già rideterminata dal Consorzio con delibera 27.6.2006.

2. La ricorrente ha impugnato la sentenza con due mezzi con i quali ha dedotto il vizio di contraddittorietà della motivazione (primo motivo), non avendo giustificato i Giudici di merito l’accertamento della pretesa del Consorzio pur in assenza della mancata prova da parte dell’ente pubblico del presupposto impositivo (concreto e diretto vantaggio arrecato dalle opere di bonifica al fondo), nonchè l’errato apprezzamento del "valore probatorio" delle dichiarazioni (recte delle relazioni) dei funzionari tecnici dipendenti del Consorzio.

Entrambi i motivi possono essere congiuntamente esaminati in quanto propongono la stessa questione concernente la correttezza dell’iter logico attraverso il quale i Giudici di appello sono pervenuti ad amministrare il regime del riparto dell’onere probatorio gravante sulle parti del rapporto consortile ed a valutare le risultanze istruttorie, risultando infondata, pertanto, la eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dal Consorzio sul presupposto della supposta richiesta da parte della consorziata di un mero riesame del merito delle risultanze probatorie.

3. Dalla disamina della disciplina legislativa dettata dal r.d. n. 215/1933 emerge che:

– alle opere di bonifica per scopi di pubblico interesse si provvede previa individuazione (decreto di delimitazione del comprensorio) e classificazione delle aree interessate (piano di classifica) ai sensi dell’art. 2 e art. 3 comma 1, 2 e 3 il piano generale di bonifica T.U. n. 215 del 1933, ex art. 4, individua le opere da eseguire, l’art. 3, comma 4 prevede la emissione del decreto avente ad oggetto il cd. perimetro di contribuenza (idest la individuazione dei singoli terreni ricadenti nel Comprensorio suscettibile potenzialmente di essere assoggettati a contribuzione, nel ricorso de presupposto di legge – utilità concreta del fondo derivata dalla esecuzione delle opere ex art. 10-);

il piano di riparto delle quote che può assumere efficacia definitiva o provvisoria (in quest’ultimo caso le quote sono determinate in base ad "indici presuntivi ed approssimai ivi dei benefici conseguibili), secondo che abbia ad oggetto opere di bonifica ultimate ovvero ancora da realizzare (cfr. Corte cass. SU 6.2.1984 n. 877; id. 1^ sez. 8.7.1993 n. 7511; id. 20.8.1997 n. 7754) è previsto dall’art. 11 (atto iniziate del procedimento è la proposta dei piano che è soggetta a pubblicazione onde consentire ai privati intervenire presentando ricorso endoprocedimentale al Ministero dell’Agricoltura che decide emettendo il provvedimento di approvazione del piano, impugnabile avanti il GA – art. 12 -: tale provvedimento costituisce atto presupposto della cartella di pagamento con la quale si procede alla riscossione dei contributi consortili ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 21).

L’acquisto della qualità di consorziato e conseguentemente della posizione passiva nel rapporto di natura tributaria con l’ente consortile, segue, pertanto, alla inclusione del fondo del singolo proprietario "entro il perimetro del comprensorio" (art. 860 c.c.), mentre la entità del contributo imposto al singolo proprietario del fondo ricadente nella perimetrazione è modulata in relazione ai benefici conseguiti o conseguibili (R.D. n. 215 del 1933, art. 11, comma 1) dal fondo stesso, nel senso precisato dalla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui il vantaggio per il fondo "deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile, a causa della bonifica, tale cioè da tradursi in una qualità del fondo" (ex pluribus: Corte cass. SU 14.10.1996 n. 8960) non essendo sufficiente "un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per riflesso dall’inclusione in esso del bene" (cfr.

Corte cass. 5^ sez. 10.4.2009 n. 8770 ; id. 6-5 sez. ord. 14.4.2011 n. 8554 ; id. 6-3 ord. 15.7.2011 n. 15607).

In proposito appaiono opportune alcune preliminari precisazioni, avuto riguardo alla differente terminologia spesso riscontrabile nella legislazione statale e nella legislazione concorrente regionale per identificare i diversi provvedimenti a carattere generale e di dettaglio (programmi, piani, delibere o decreti di perimetrazione o di delimitazione territoriale) in cui si articola e trova attuazione la disciplina normativa della bonifica.

Il rapporto di contribuenza si determina per il fatto che il fondo di proprietà non solo ricade nell’area territoriale di competenza del Consorzio (cfr. R.d. n. 215 del 1933, artt. 58 e 59) ma beneficia in modo diretto e specifico di un vantaggio (che determina un incremento del valore patrimoniale del fondo), conseguito o conseguibile (secondo che le opere siano realizzate o da realizzare), derivante dagli impianti di bonifica (in tal senso si pongono i precedenti di questa Corte secondo cui "non è sufficienti.’ l’inclusione dell’immobile nei perimetro consortile, ma è anche necessario che esso tragga potenzialmente vantaggio in maniera diretta dalle opere":

Corte cass. 1 sez. 8.9.2004 n. 18079): a tal fine è del tutto irrilevante che sia stato o meno approvato un "piano di perimetrazione della contribuenza" (cfr. Corte cass. SU 14.10.1996 n. 8960; id. SU 30.1.1998 n. 968. Sulla stessa linea sì collocano le successive pronunce a sezioni semplici che, ferma la necessità del concreto vantaggio derivante dalle opere, limitano il presupposto territoriale alla inclusione dell’immobile nella "delimitazione del comprensorio consortile"’: Corte cass. 5^ sez. 10.4.2009 n. 8770 -in motivazione-; id. 5^ sez. ord. 14.4.2011 n. 8554; id. 3^ sez. 15.7.2011 n. 5607). La approvazione del cd. "perimetro di contribuenza (secondo la terminologia del R.D. n. 215 del 1933, art. 3, comma 3 e art. 10, comma 2) altrimenti definito anche come "piano di classificazione degli immobili" (cfr. ad es. L.R. Lombardia 16 giugno 2003 n. 7 art. 15, comma 1) o come "piano di classifica del territorio" (cfr. L.R. Campania 1 aprile 1985, n. 23, art. 22, comma 1, lett. c), nel caso esaminalo dalla sentenza delle SS.UU. 30.10.2008 n. 26009 relativo al Consorzio di Bonifica Conca Agnano Bacini Flegrei, ed ancora al caso esaminato dalla sentenza SS.UU. 14.5.2010 n. 11722 con riferimento al Consorzio di Bonifica Pedemontano Brenta), in tale contesto ha, pertanto, soltanto la funzione di "esonerare l’amministrazione dall’onere di provare il beneficio in favore degli immobili in esso compresì (cfr. Corte cass. 5^ sez. 29.9.2004 n. 19509; id. 5^ sez. 26.2.2009 n. 4605), nessun altro onere probatorio gravando sul Consorzio, essendo tenuto il consorziato a contestare "specificamente" la "utilitas" che il piano di riparto della contribuenza afferma esistere tra il fondo e le opere di bonifica, deducendo la illegittimità od incongruità del piano di classifica (per vizi formali dell’atto amministrativo, chiedendone la disapplicazione anche avanti il Giudice tributario, ovvero per carenza od illogicità della motivazione concernente la valutazione dei bendici in relazione alle concrete condizioni geomorfologiche del fondo ed alle caratteristiche tecniche degli impianti ed alla loro funzionalità). Di fronte alla specifica contestazione mossa dal contribuente, viene meno la inversione dell’onere probatorio determinata dal piano di classifica e riparto della contribuenza approvato, dovendo essere accertato il presupposto impositivo del concreto vantaggio fruito dal fondo mediante applicazione della ordinaria regola del riparto ex art. 2697 c.c. (cfr. Corte cass. SS.UU. 30.10.2008 n. 26009; id. SS.UU. 14.5.2010 n. 11722; id. 5^ sez. 18.1.2012 n. 654).

4. Occorre premettere che la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ribadire che la adozione del cd. "perimetro di contribuenza" esonera il Consorzio dall’onere della prova della esistenza dei concreti benefici derivati a ciascun fondo dalle opere di bonifica (cfr. Corte cass. 5^ sez. 29.9.2004 n. 19509; id. 5^ sez. 26.2.2009 n. 4605; SU 30.10.2008 n. 26009; id. 5^ sez. 21.7.2010 n. 17066; SU 14.5.2010 n. 11722) riversandosi sul contribuente la prova della inefficacia dei fatti costitutivi della pretesa, ovvero la estinzione o modificazione del diritto di credito vantato dal Consorzio.

La indicata interpretazione della regola di riparto ha ricevuto ulteriore precisazione nelle decisioni rese a SS.UU. in data 30.10.2008 nn. 26009, 26010 e 26012 e, quindi, nella sentenza delle SS.UU. 14.5.2010 n. 11722 che hanno circoscritto la presunzione di persistenza del diritto del Consorzio, avente titolo nel provvedimento di perimetrazione, alla ipotesi in cui il consorziato non contesti specificamente la legittimità del Piano di classificazione e riparto o la inesattezza del suo contenuto: in tal caso, infatti, venendo meno il presupposto che determina la presunzione di legittimità della pretesa contributiva (in quanto "corrispondente" ai criteri do piano di riparto dei contributi consortili) portata a conoscenza del contribuente con la notifica della cartella di pagamento-primo atto impositivo, viene conseguentemente meno anche la giustificazione dell’inversione dell’onere probatorio che fa gravare sul consorziato la prova della difformità della pretesa rispetto all’"an" od al "quantum" dovuto in base ai criteri stabiliti dagli atti amministrativi presupposti (appunto il Piano di classificazione e di riparto): ne consegue che nella ipotesi in questione ritorna in vigore la ordinaria disciplina codicistica ex art. 2697 c.c. secondo cui colui che intende far valere un diritto (il Consorzio) è tenuto a fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa.

5. Orbene venendo all’esame della fattispecie concreta sottoposta all’esame di questa Corte occorre rilevare che la "contestazione" formulata dalla consorziata non investe vizi di legittimità del Piano di classificazione o del provvedimento di perimetrazione nè attiene ad inesattezze del contenuto di tali provvedimenti (come ad es. nel caso in cui si contesti la inclusione del fondo nella delimitazione del territorio del comprensorio), ma concerne esclusivamente il malfunzionamento degli impianti e la omessa manutenzione della rete idrica, da cui deriverebbe la mancata realizzazione del presupposto impositivo (nesso di derivazione causale dalle opere di bonifica de concreto e diretto vantaggio per il fondo di proprietà del contribuente).

Ne segue che, non essendo stata contestata dalla consorziata la corrispondenza tra atto presupposto (Piano di classificazione e riparto) ed atto consequenziale (atto impositivo), persiste la attuale presunzione di legittimità della pretesa tributaria avanzata dal Consorzio, fondata sul presupposto impositivo del "conseguimento o della conseguibilità" del vantaggio per il fondo incluso nella perimetrazione R.D. n. n. 215 del 1933, ex art. 10, (come valutato nel Piano), non dovendo l’ente pubblico fornire ulteriori elementi probatori del credito, trasferendosi l’onere della prova contraria sul consorziato il quale, ove contesti la inesistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito (come nella specie, per assenza di un concreto vantaggio conseguito dal fondo per mancato funzionamento degli impianti di bonifica) è tenuto ad assolvere compiutamente all’onere di allegazione, formulando la contestazione in modo specifico, nonchè all’onere di indicare ed esperire i relativi mezzi di prova.

Dalla mancata contestazione della illegittimità Piano di classificazione e riparto (per omessa impugnazione del provvedimento amministrativo avanti il GA. ovvero per omessa deduzione avanti il Giudice tributario di vizi di legittimità dell’atto presupposto ai fini della disapplicazione dello stesso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5), non deriva, peraltro, una ingiustificata limitazione alla difesa in giudizio del consorziato in ordine all’accertamento della effettiva sussistenza dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria (o, il che è lo stesso, dei presupposti dell’atto impositivo: il vantaggio per il fondo) con riferimento alla eventuale difformità della effettiva situazione reale -concernente lo stato e il funzionamento degli impianti di bonifica- rispetto a quella invece emergente dalla descrizione de Piano approvato, quanto piuttosto l’insorgenza dell’onere di allegazione e prova a carico del contribuente dei fatti impeditivi, estintivi o modificativi della pretesa consortile in relazione al presupposto normativo di imposta.

5.1 Risulta dunque palese l’errore di diritto in cui è incorsa la CTR della Lombardia laddove non ha ritenuto compiutamente assolto dal Consorzio ("il Consorzio … non ha invece dimostrato … quale sia il vantaggio … diretto e specifico conseguito o da conseguire …

dei singolo appezzamento ad opera dell’intervento di bonifica …":

motiv. sentenza pag. 5) l’onere della prova della pretesa tributaria -in relazione al presupposto impositivo del conseguimento/conseguibilità del vantaggio per il fondo incluso nella perimetrazione – con il deposito in giudizio del Piano di classifica e di riparto, in difetto di specifica contestazione da parte della consorziata della illegittimità od incongruità degli atti amministrativi presupposti alla cartella di pagamento impugnata.

Al riguardo occorre rilevare come non sussista alcun contrasto tra la pronuncia delle SS.UU. 30.10.2008 n. 26009 e quella delle SS.UU. in data 14.5.2010 n. 1 1722, entrambe, infatti, fondano l’applicazione dell’ordinario criterio di riparto dell’onere probatorio – per il venir meno della presunzione di legittimità della pretesa tributaria – sulla contestazione della debenza del tributo formulata dall’obbligato, contestazione che – anche anteriormente alle modifiche del primo comma dell’art. 115 c.p.c. introdotte dalla Lege 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 14 – deve essere necessariamente "specifica" (tanto nella negazione dei l’alti costitutivi della pretesa, quanto nella allegazione dei falli impeditivi, modificativi od estintivi del diritto), rimanendo -al contrario- escluso che, a fronte della produzione in giudizio di un Piano di perimetrazione approvato e della emissione di una cartella di pagamento conforme ai criteri di riparto indicati dal Piano, possa trasferirsi sul Consorzio l’onere probatorio dei fatti costitutivi della pretesa (ovvero l’onere della prova del vantaggio effettivamente arrecato al fondo) in dipendenza di una mera contestazione generica da parte del consorziato della insussistenza del presupposto di imposta (cfr. Cass. n. 26009/2008. in motivazione che afferma la erroneità del principio applicato dai Giudici di appello secondo cui "il Consorzio, in presenza di una generica contestazione del debito da parie del consorziato sia onerato della prova riguardo alla sussistenza del beneficio diretto e specifico che dalle opere sia derivato al fondo …": analogamente Cass. n. 11722/2010 afferma che grava sul Consorzio l’onere di provare il "quantum" della pretesa qualora il contribuente abbia contestato il Piano di classifica del territorio o il criterio di ripartizione degli oneri di bonifica, contestazione che, nella fattispecie esaminata dalle SSUU. emergeva chiaramente dagli atti atteso che il consorziato -nella specie un Comune- aveva impugnato il Piano di classifica avanti il Giudice amministrativo, riproponendo tale contestazione anche avanti il Giudice tributario, ai fini della disapplicazione, "imputando a dello piano di avere esteso genericamente l’obbligo contributivo all’interno del territorio comunale senza una precisa specificazione degli immobili e dei benefici immediati e diretti che ad ognuno di essi era derivato dalle opere di bonifica" -il vizio di legittimità era stato, pertanto, specificamente dedotto).

Generica, infatti, deve ritenersi la difesa svolta dalla consorziata per negare del tutto la debenza del contributo per l’anno 2006, fondata sulla allegazione della omessa manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti esistenti e sul mancato funzionamento dell’opera di bonifica (cfr. motiv. sentenza CTR pag. 3), non essendo stati individuati gli impianti (pompe, idrovore, canali, colatori) che avrebbero malfunzionato, nè essendo stati specificamente descritti gli interventi adottati "autonomamente nei momenti di crisi" dalla consorziata per risolvere i problemi idraulici dei terreni di sua proprietà (vedi ricorso pag. 4).

5.2 Il contrario assunto della ricorrente, secondo cui il consorziato può limitarsi ad una generica contestazione non essendo tenuto alla prova dei fatti negativi, non ha pregio, avuto riguardo al costante principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui:

il brocardo "negativa non sunt probanda" deve essere interpretato in conformità alla generale regola del riparto dell’onus probandi ex art. 2697 c.c.: ne segue che l’onere della prova gravante su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce a modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato non subisce deroghe nemmeno quando abbia ad oggetto "fatti negativi" in quanto la negatività’ dei fatti oggetto della prova non esclude nè inverte il relativo onere; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (cfr. Corte cass. sez. lav. 14.7.2000 n. 9385; id.

2^ sez. 15.4.2002 n. 5427; id. 3^ sez. 1.11.203 n. 17146; id. 3^ sez. 11.1.2007 n. 384; id. sez. lav. 9.6.2008 n. 15162; id. 1^sez. 8.10.2008 n. 24865);

– oltre che sulla partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, la applicazione del regola sul riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. deve tenere conto anche del principio – riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della rileribilità o vicinanza o disponibilità’ dei mezzi di prova (cfr. Corte cass. sez. lav. 25.7.2008 n. 20484; id.

sez. lav. 1.7.2009 n. 15406).

Tale specifica allegazione avrebbe, pertanto, dovuto essere supportata, in considerazione del principio di vicinanza sopra indicato (trovandosi il singolo proprietario di ciascun fondo ricadente nel vasto perimetro del comprensorio nella posizione più agevole per constatare direttamente, in occasione degli eventi naturali verificatisi nella zona, la efficienza e funzionalità delle opere di bonifica specificamente interessanti il proprio terreno), dalla richiesta di ammissione dei relativi mezzi di prova che, attesa la specialità del giudizio tributario in cui non è ammessa la prova orale D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, comma 4, avrebbe potuto essere assolta anche mediante la rituale e tempestiva produzione in giudizio di dichiarazioni rese da terzi (concernenti i diversi episodi o la perdurante inefficienza od inutilità delle singole opere) ovvero di documentazione fotografica o ancora di eventuali verbali redatti da pubbliche autorità in occasione di eventuali interventi od ispezioni sui luoghi colpiti dagli eventi naturali (cfr. sulla acquisizione al giudizio tributario delle dichiarazioni rese da terzi, alle quali va riconosciuto valore indiziario anche ai fini del raggiungimento della eventuale prova presuntiva: Corte Cost.

sent. n. 18/2000: Corte Cass. 5^ sez. 25.1.2002 n 903; id. 29.7.2005 n. 16032; id. 20.4.2007 n. 9402; id. 14.5.2010 n. 11785; id.

30.9.2011 n. 20028; vedi 5^ sez. 16.12.2011 n. 27173 che estende il principio anche alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio).

Nè può soccorrere a supplire la palese carenza di allegazione la istanza di ammissione di c.t.u. (pure proposta al Giudice di appello, come risulta dalla sentenza impugnata) atteso che, in difetto di specifiche allegazioni in fatto in ordine alla individuazione degli impianti malfunzionanti o privi di utilità per il fondo del contribuente, la consulenza verrebbe a risolversi in una inammissibile indagine esplorativa, peraltro neppure idonea ad assolvere alla funzione percipiente dello stato di luoghi e delle opere di bonifica atteso il tempo (2006) trascorso dai fatti.

Se non può dubitarsi, infatti, che la consulenza tecnica, che ha, di regola, la funzione di fornire al giudice la valutazione dei fatti già probatoriamente acquisiti (consulenza cd. "deducente": Corte cass. 3^ sez. 13.3.2009 n. 6155), può costituire fonte oggettiva di prova quando si risolva anche in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili solo con il concorso di determinate cognizioni tecniche (consulenza cd. "percipiente"), è altresì principio consolidato di questa Corte che in nessun caso la consulenza tecnica ha funzione sostitutiva dell’onere probatorio delle parti le quali, qualunque sia l’oggetto di essa, debbono sempre dedurre il fatto che pongono a fondamento del loro diritto (cfr. Corte cass. 3^ sez. 30.11.2005 n. 26083; id. 3^ sez. 19.1.2006 n. 1020; id. sez. lav.

5.10.2006 n. 21412).

6. L’errore di diritto commesso dalla CTR lombarda, tuttavia, non ha inciso anche sulla decisione della controversia, dovendo essere confermata la pronuncia di rigetto del motivo di gravame formulato in via principale, previa correzione della motivazione della sentenza nel senso sopra indicato, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, tenuto conto che i Giudici di appello hanno comunque accertato che "dalla documentazione prodotta dal Consorzio" risultava che l’impianto idrovoro per il mantenimento del franco di bonifica sotto il livello fissato esistente era stato regolarmente attivato durante le piene del fiume Po e che la rete di scolo del comprensorio idrico della zona interessata era stata mantenuta efficiente e funzionale, ed in conseguenza potevano trovare applicazione le riduzioni percentuali dei contributi di bonifica dovuti per l’anno 2006 dai proprietari – tra cui la consorziata – dei terreni ricadenti in alcuni Comuni del Basso Pavese, disposta dal Consiglio di amministrazione del Consorzio, con delibera 27.6.2006 n. 27 in considerazione della mancato completamento del Piano di classifica con la esecuzione di nuove opere di bonifica e del rilevante contenzioso insorto con i proprietari dei fondi.

Ne consegue che la correzione della motivazione della sentenza -con applicazione della regola del riparto probatorio in modo conforme al richiamato principio di diritto, secondo cui la cartella di pagamento emessa in conformità di un piano di classifica e riparto regolarmente approvato, assolve l’ente pubblico dal fornire ulteriori prove in ordine al presupposto d’imposta- viene ad eliminare la originaria contraddizione logica evidenziata dalla ricorrente, destituendo di fondamento il denunciato vizio logico della motivazione (vizio che ricorre nel caso in cui si ravvisi un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate dal Giudice di merito, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, ponendosi le diverse statuizioni esprimenti il convincimento del Giudice in relazione di reciproca esclusione: Corte cass. scz. lav. 11.7.2007 n. 15489).

7. Con il secondo motivo, non identificato in rubrica in relazione ai parametri di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1-5 e con il quale si censura ferrato apprezzamento del "valore probatorio" delle relazioni tecniche redatte da funzionari dipendenti del Consorzio, la parte ricorrente contesta che tali perizie tecniche, in quanto mere allegazioni provenienti dall’ente pubblico parte in causa, possano costituire mezzi di prova o comunque assurgere al rilevante probatorio, ed a quanto è dato comprendere, possano soddisfare all’onere gravante, ai sensi dell’art. 2697 c.c., sulla parte che afferma il diritto.

7.1 Il motivo, così come formulato, si palesa di difficile collocazione tra i differenti paradigmi de vizi di legittimità previsti dall’art. 360 c.p.c., e già per questo va incontro alla pronuncia di inammissibilità per difetto dell’indispensabile requisito di "specificità" (requisito che, se non espressamente previsto dall’art. 366 c.p.c., deve necessariamente considerarsi immanente al sistema della tassatività dei vizi denunciabili in sede di legittimità, ed è posto a garanzia dello stesso ricorrente in quanto volo ad evitare altrimenti possibili errori interpretativi nella indagine che dovrebbe compiere il Giudice di legittimità sulla reale ed effettiva volontà della parte interessata alla impugnazione).

Ed, infatti, se con la censura la parte ricorrente intendeva contestare la valutazione del contenuto del predetto documento, in relazione alla attendibilità probatoria dello stesso ovvero alla idoneità dello stesso a fondare il convincimento del Giudice in ordine alla esatta ricostruzione della fattispecie concreta dedotta in giudizio, allora in tal caso la censura avrebbe dovuto essere formulata denunciando il vizio motivazionale in una delle forme individuate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ed in osservanza del requisito di autosufficienza del ricorso la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione gli elementi dimostrativi del vizio logico commesso dal Giudice di merito o nella interpretazione del contenuto del documento posto a sostegno della predetta ricostruzione fattuale, o nella omessa valutazione delle prove contrarie, trascrivendo il contenuto del documento -almeno nelle parti essenziali- ed indicando le aporie interpretative ovvero indicando specificamente le altre prove acquisite al giudizio trascurate dal Giudice che, se invece fossero state correttamente considerate, sarebbero state in grado di determinare un diverso esito del giudizio favorevole al contribuente.

Nella specie tale compiuta esposizione del motivo è difettata del tutto, venendosi a risolvere la censura nella generica affermazione secondo cui dichiarazioni provenienti da una delle parti non possono costituire prova dei fatti allegati a fondamento della pretesa.

Pertanto in relazione al prospettato vizio motivazionale, il motivo di ricorso si palesa inammissibile per difetto di autosufficienza.

Se, invece, la parte ricorrente intendeva censurare la stessa ammissibilità, quale mezzo di prova, della relazione tecnica redatta da professionisti legati da rapporto di lavoro o di collaborazione con il Consorzio parte in causa, allora il vizio di legittimità avrebbe dovuto essere denunciato dalla parte ricorrente come violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione alla errata applicazione del criterio ordinario di riparto dell’"onus probandi" (art. 2697 c.c. ovvero art. 116 c.p.c., comma 2:

cit. Corte cass. 2^ sez. 4.2.2000 n. 1247; id. 1^ sez. 25.2.2002 n. 2751; id. 2^ sez. 12.2.2004 n. 2707): dalla prospettata inutilizzabilità del documento costituito dalla relazione tecnica (assimilata dalla ricorrente ad una dichiarazione scritta proveniente dalla stessa parte processuale) come mezzo di rappresentazione dei fatti allegati dall’ente pubblico, consegue infatti che la CTR -in assenza di altre prove dei fatti costitutivi della pretesa vantata dal Consorzio- avrebbe dovuto decidere la controversia applicando la regola sussidiaria di cui all’art. 2697 c.c. (fatto non provato, domanda rigettata). Non avendola applicata il Giudice di appello sarebbe incorso in "errar in judicando".

Orbene la mancata specificazione del motivo nel senso indicato ne comporta la inammissibilità oltre che per la rilevata genericità anche per omessa indicazione delle norme di diritto violate (cfr.

Corte cass. 3^ sez. 16.1.2007 n. 828), non potendo peraltro condividersi l’assunto in diritto volto ad escludere in via generale ed assoluta qualsivoglia rilevanza probatoria alla relazione tecnica redatta dai dipendenti dell’ente pubblico.

Se infatti deve essere certamente condiviso il principio secondo cui a nessuno è consentito precostituirsi unilateralmente i mezzi destinati a fornire la prova a sè favorevole del fatto controverso (cfr. Corte cass. 3^ sez. 18.9.1980 n. 5296; id. 3^ sez. 27.9.1999 n. 10695; id. 1^ sez. 7.2.2000 n. 1320; id. 3^ sez. 23.8.2011 n. 17524), e se le affermazioni a se favorevoli provenienti dalla parte in causa, al pari degli atti difensivi (ricorso, memoria di costituzione, ecc.) contenenti delle mere allegazioni a sè favorevoli, possono operare sul piano probatorio solo in presenza di una specifica non contestazione dell’altra parte, l’affermazione di una generale inutilizzabilità delle dichiarazioni a sè favorevoli provenienti dalla stessa parte processuale non è del tutto corretta, essendo dato riscontrare nel sistema codicistico ipotesi in cui viene invece espressamente attribuita rilevanza probatoria a tali dichiarazioni (cfr. art. 2215 bis, comma 5 e art. 2710 c.c. con riferimento ai libri e le altre scritture redatte dall’imprenditore anche se tenute con strumenti informatici -se pure limitatamente ai rapporti tra imprenditori inerenti l’esercizio dell’impresa-; art. 2713 c.c. -con riferimento alla prova delle prestazioni eseguite nei rapporti di somministrazione-: art. 2734 c.c. con riferimento alle dichiarazioni rese dal confitente "tendenti ad infirmare l’efficacia del fallo confessato ovvero a modificarne od estinguerne gli effetti": art. 2736 c.c., comma 1, n. 2) e art. 241 c.p.c., con riferimento al giuramento suppletorio ed estimatorio; art. 634 c.p.c., comma 2, con riferimento alle scritture conlabili bollate e vidimate ed a quelle prescritte dalle leggi tributarie regolarmente tenute, redatte dall’imprenditore che esercita una attività commerciale -ai lini della emissione del decreto ingiuntivo-; art. 635 c.p.c. con riferimento ai libri e registri della pubblica amministrazione regolarmente tenuti a norma delle legge e dei regolamenti -ai lini della missione del decreto ingiuntivo-; art. 636 c.p.c. con riferimento alla parcella delle spese redatta da notaio o da altri esercenti una libera professione od arte in base a tariffa legalmente approvata -ai fini della emissione del decreto ingiuntivo- ).

Nella specie, peraltro, non si è in presenza di dichiarazioni scritte a sè favorevoli provenienti dalla stessa parte, quanto piuttosto di una prova atipica (perizia tecnica stragiudiziale di parte) che il Giudice di merito bene può utilizzare ai fini della decisione della causa, purchè fornisca adeguata motivazione di tale sua valutazone (cfr. Corte cass. 2^ sez. 5.9.1970 n. 1217; id. 2^ sez. 11.10.2001 n. 12411; id. 6^ – 5 ord. 12.12.2011). Non è dubbio infatti che, salvi i divieti espressamente previsti dalla legge processuale (nel processo tributario non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale: D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4), l’ordinamento processuale non pone preclusioni all’utilizzo anche di prove atipiche, non assumendo in proposito alcun rilievo che la perizia tecnica stragiudiziale sia stata redatta da soggetto legato da un rapporto di lavoro dipendente anzichè da un professionista incaricato dalla parte, ovvero sia o meno asseverata, non incidendo tali aspetti sulla maggiore o minore valenza probatoria del documento, atteso che la predetta "atipicità" postula l’assenza di un paradigma legale in relazione al quale condurre, già nella fase istruttoria della acquisizione/assunzione, la verifica di ammissibilità e validità de mezzo di prova, essendo necessariamente differito il controllo sulla rilevanza probatoria determinante attribuita dal Giudice alla prova atipica all’esito del giudizio in sede di verifica della coerenza logica interna della motivazione della decisione (vedi Corte cass. 5^ sez. 13.4.2007 n. 8890, con riferimento alla perizia di stima redatta dall’UTE e depositata dalla Amministrazione finanziaria, parte in causa, nel giudizio proposto dal contribuente od avente ad oggetto l’accertamento della imposta di registro e dell’INVIM).

8. In conclusione, previa correzione ex art. 384 c.p.c., comma 4, della motivazione della sentenza impugnata ne senso indicato al precedente paragr. 6 della parte motiva, il ricorso deve essere rigettato, sussistendo giusti motivi, in considerazione della complessa evoluzione della giurisprudenza di legittimità volta a dare una definitiva sistemazione alla materia in relazione ai numerosi contrasti rilevati nelle pronunce dei giudici di merito, per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata nel senso indicato in parte motiva e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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