Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-06-2012, n. 9099 Acque pubbliche e private

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A.A., proprietaria di terreni ricadenti nell’area del Consorzio di bonifica Est Ticino Villoresi, ha impugnato per cassazione la sentenza 19.4.2010 n. 53 della CTR della Lombardia che – rigettando l’appello proposto dalla consorziata, aveva riconosciuta legittima la cartella di pagamento con la quale erano state richieste le quote consortili per l’anno 2003.

I Giudici territoriali avevano dichiarato inammissibili alcuni motivi di gravame, rilevando che non erano censurabili avanti le Commissioni tributarie le scelte adottate dal Consorzio nella redazione del Piano di classifica e riparto in quanto investivano questioni attinenti l’esercizio di potestà discrezionale amministrativa, ed avevano dichiarato infondati gli altri motivi di gravame in quanto il Consorzio aveva fornito prova del presupposto impositivo mediante deposito in giudizio del Piano di classifica, non contrastata da specifiche contestazioni o prove contrarie della contribuente.

Il ricorso per cassazione è affidato a tre distinti mezzi con i quali si deducono errori di diritto e vizi motivazionali.

Resiste con controricorso l’ente pubblico consortile

Motivi della decisione

1. La Commissione tributaria della regione Lombardia ha fondato la propria decisione su tre distinte "rationes decidendi":

– inammissibilità per novità (D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 57) dei motivi di gravame con i quali veniva dedotto, per la prima volta in appello, che con "le Delib. n. 27 e n. 30 del CdA del Consorzio" erano state riconosciute le inadempienze e la mancata realizzazione delle opere di bonifica, motivi peraltro anche infondati nel merito in quanto dette delibere non avevano valore contessono della illegittimità dei criteri adottati nel Piano di classificazione e riparto delle quote consortili;

– la contribuente non aveva contestato la difformità dell’importo liquidato con la cartella di pagamento rispetto ai criteri di determinazione delle quote contenuti nel Piano di classifica e di riparto, ma aveva inteso contestare le stesse scelte del Piano che in quanto esercizio di potestà discrezionale rimanevano sottratte alla giurisdizione delle Commissioni tributarie;

– il Consorzio aveva prodotto in giudizio documentazione (Piano di classificazione e riparto; relazione tecnica a firma Ing. V. "nella quale è stata documentata anche con supporto fotografico la entità delle opere esistenti, l’operatività delle stesse, l’entità del personale addetto al Basso Pavese": motiv. Sent., pag. 3) dalla quale risultavano le opere di bonifica realizzate a favore dei territori del Basso Pavese e che non era stata contestata dalla consorziata, risultando assolto con la produzione del Piano l’onere probatorio del Consorzio (Cass. SU n. 2009/2008) e non avendo invece l’appellante fornito prova contraria che le opere non fossero poste a diretto vantaggio del proprio fondo.

2. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza per L’error in judicando" (sindacabilità del presupposto di fatto per la operatività della presunzione di beneficio posta dal Piano di classificazione) nella parte in cui ha ritenuto non sindacabile la contestazione della pretesa tributaria, a causa "di un fraintendimento delle ragioni che fondavano e fondano la impugnazione.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

Dalla lettura della esposizione delle ragioni a sostegno del motivo infatti non risulta chiaro nei confronti di quale statuizione della sentenza sia rivolta la censura e se la stessa, pertanto, abbia ad oggetto:

la errata interpretazione da parte dei Giudici di appello del contenuto dei motivi di gravame (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) diretti a far valere la insussistenza del presupposto impositivo per mancata realizzazione ovvero malfunzionamento delle opere idrauliche, ovvero la errata applicazione delle norme sul riparto della giurisdizione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1) in quanto la CTR avrebbe erroneamente ricondotto la questione della individuazione del concreto e diretto beneficio arrecato al singolo fondo dalle opere di bonifica all’esercizio del potere discrezionale, insindacabile avanti il giudice tributario, o ancora la errata applicazione della disciplina normativa sul riparto dell’onere della prova (art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) con riferimento alla statuizione delle CTR secondo cui la prova del presupposto impositivo era stata assolta dal Consorzio mediante il deposito in giudizio del Piano di classifica ovvero – l’errore (ma allora in fatto) relatio alla omessa rilevazione della difformità tra la situazione reale (esistenza e funzionamento degli impianti) e quella descritta nel Piano di classificazione e riparto.

La assoluta incertezza sull’ambito di definizione della censura, priva di indicazioni circa le norme asseritamente violate, unitamente alla omessa integrale trascrizione del o dei motivi di gravame non ammessi al sindacato del Giudice di appello, impedisce a questa Corte di adempiere alla preliminare verifica della ammissibilità del motivo di ricorso (per carenza del requisito di autosufficienza) che non può pertanto accedere all’esame del merito.

3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia "errore di diritto" sotto un triplice profilo: 1 – errata affermazione della pretesa tributaria in assenza di un beneficio diretto e specifico a favore degli immobili del consorziato.

2 – errata applicazione del principio di non contestazione.

3 – errata applicazione dei criteri di ripartizione degli oneri probatori in "subiecta materia".

3.1 Quanto al primo profilo si rileva che la proposizione della motivazione della sentenza contro cui si rivolge la censura non può essere letta in modo avulso dal complessivo contesto logico nel quale è inserita: ed infatti l’affermazione secondo cui il Consorzio non deve essere onerato della prova del conseguimento di un beneficio diretto e concreto al fondo derivante dalle opere di bonifica trova giustificazione – secondo l’argomentazione svolta in sentenza – nella sufficienza probatoria raggiunta mediante il deposito in giudizio del Piano di classifica e riparto, sicchè la censura relativa al primo profilo viene a convergere nella contestazione relativa al secondo profilo di illegittimità secondo cui la CTR avrebbe erroneamente fatto richiamo ai principi di diritto enunciati dalla sentenza n. 26009/2008 resa a SS.UU. da questa Corte attribuendo al Piano di classifica e riparto rilevanza ai fini della prova del presupposto impositivo, mentre – secondo la tesi della ricorrente – il principio enunciato dalle SS.UU. riconosceva tale efficacia probatoria soltanto "in difetto di specifica contestazione" da parte del consorziato, e nella specie la contestazione era stata invece formulata dalla contribuente relativamente alla inesistenza e non funzionalità delle opere, con la conseguenza che i Giudici di appello, affermando che la consorziata non aveva criticato la legittimità della imposizione contributiva (e ritenendo, pertanto, "fatto incontestato" la legittimità della cartella di pagamento), avevano travisato il contenuto dei motivi di gravame dai quali tale specifica contestazione emergeva evidente.

3.2 Se tale, tuttavia, è il fondamento della censura (omessa od inesatta valutazione del contenuto degli atti difensivi della ricorrente, ai fini della individuazione dei "fatti non contestati"), la stessa si palesa inammissibile in quanto dedotta in relazione ad errore di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) anzichè, come correttamente avrebbe dovuto, in relazione a vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per illogicità dell’accertamento in fatto compiuto nella interpretazione del contenuto della domanda: la ricorrente, di fronte alla specifica affermazione contenuta in sentenza secondo cui nessuna contestazione era stata mossa in ordine alla rispondenza della cartella ai criteri di riparto fissati nel Piano prodotto dal Consorzio, avrebbe, quindi, dovuto trascrivere per esteso gli atti processuali dai quali risultava l’esatto ambito delle contestazioni mosse alla cartella – ed inerenti all’"an" ed al "quantum della pretesa -, al Piano di classifica e riparto ed alle relazioni tecniche depositate dal Consorzio, tanto al fine di assolvere al necessario requisito di autosufficienza e consentire alla Corte di effettuare la verifica di ammissibilità del motivo.

3.3 Quanto al terzo profilo di censura (implicante la corretta applicazione dell’onere di riparto della prova), con il quale si contesta l’affermazione della CTR lombarda secondo cui il Consorzio ha fornito adeguata prova del vantaggio in concreto arrecato al fondo mediante il deposito in giudizio di un Piano di classifica e riparto debitamente approvato, il motivo si palesa infondato.

3.3.1. Dalla disamina della disciplina legislativa dettata dal R.D. n. 215 del 1933 emerge che:

– alle opere di bonifica per scopi di pubblico interesse si provvede previa individuazione (decreto di delimitazione del comprensorio) e classificazione delle aree interessate (piano di classifica) ai sensi dell’art. 2 e art. 3, commi 1, 2 e 3 il piano generale di bonifica R.D. n. 215 del 1933, ex art. 4 (T.U.) individua le opere da eseguire, – l’art. 3, comma 4 prevede la emissione del decreto avente ad oggetto il cd. perimetro di contribuenza (id est la individuazione dei singoli terreni ricadenti nel Comprensorio suscettibile potenziai mente di essere assoggettati a contribuzione, nel ricorso del presupposto di legge – utilità concreta del fondo derivata dalla esecuzione delle opere ex art. 10) il piano di riparto delle quote che può assumere efficacia definitiva o provvisoria (in quest’ultimo caso le quote sono determinate in base ad "indici presuntivi ed approssimativi dei benefici conseguibili"), secondo che abbia ad oggetto opere di bonifica ultimate ovvero ancora da realizzare (cfr.

Corte cass. SU 6.2.1984 n. 877; id. 1 sez. 8.7.1993 n. 7511; id.

20.8.1997 n. 7754) è previsto dall’art. 11 (atto iniziale del procedimento è la proposta del piano che è soggetta a pubblicazione onde consentire ai privati intervenire presentando ricorso endoprocedimentale al Ministero dell’Agricoltura che decide emettendo il provvedimento di approvazione del piano, impugnabile avanti il GA – art. 12: tale provvedimento costituisce atto presupposto della cartella di pagamento con la quale si procede alla riscossione dei contributi consortili ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 21).

L’acquisto della qualità di consorziato e conseguentemente della posizione passiva nel rapporto di natura tributaria con l’ente consortile, segue, pertanto, alla inclusione del fondo del singolo proprietario "entro il perimetro del comprensorio" (art. 860 c.c.), mentre la entità de contributo imposto al singolo proprietario del fondo ricadente nella perimetrazione è modulata in relazione ai benefici conseguiti o conseguibili (art. 11, comma 1, cit. T.U.) dal fondo stesso, nel senso precisato dalla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui il vantaggio per il fondo "deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile, a causa della bonifica, tale cioè da tradursi in una qualità del fondo" (ex pluribus: Corte cass. SU 14.10.1996 n. 8960) non essendo sufficiente "un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per riflesso dall’inclusione in esso del bene" (cfr.

Corte cass. 5 sez. 10.4.2009 n. 8770 ; id. 6-5 sez. orti. 14.4.2011 n. 8554; id. 6-3 ord. 15.7.2011 n. 15607).

In proposito appaiono opportune alcune preliminari precisazioni, avuto riguardo alla differente terminologia spesso riscontrabile nella legislazione statale e nella legislazione concorrente regionale per identificare i diversi provvedimenti a carattere generale e di dettaglio (programmi, piani, delibere o decreti di perimetrazione o di delimitazione territoriale) in cui si articola e trova attuazione la disciplina normativa della bonifica.

Il rapporto di contribuenza si determina per il fatto che il fondo di proprietà non solo ricade nell’area territoriale di competenza del Consorzio (cfr. artt. 58 e 59, cit. T.U.) ma beneficia in modo diretto e specifico di un vantaggio (che determina un incremento del valore patrimoniale del fondo), conseguito o conseguibile (secondo che le opere siano realizzate o da realizzare), derivante dagli impianti di bonifica (in tal senso si pongono i precedenti di questa Corte secondo cui "non è sufficiente l’inclusione dell’immobile nel perimetro consortile, ma è anche necessario che esso tragga potenzialmente vantaggio in maniera diretta dalle opere": Corte cass. 1 sez. 8.9.2004 n. 18079): a tal fine è del tutto irrilevante che sia stato o meno approvato un "piano di perimetrazione della contribuenza" (cfr. Corte cass. SU 14.10.1996 n. 8960; id. SU 30.1.1998 n. 968. Sulla stessa linea si collocano le successive pronunce a sezioni semplici che ferma la necessità del concreto vantaggio derivante dalle opere, limitano il presupposto territoriale alla inclusione dell’immobile nella "delimitazione del comprensorio consortile": Corte cass. 5 sez. 10.4.2009 n. 8770 – in motivazione -;

id. 5^ sez. ord. 14.4.2011 n. 8554; id. 3^ sez. 15.7.2011 n. 5607).

La approvazione del cd. "perimetro di contribuenza" (secondo la terminologia dell’art. 3, comma 3 e art. 10, comma 2, cit. TU) altrimenti definito anche come "piano di classificazione degli immobili (cfr. ad es. L.R. Lombardia 16 giugno 2003, n. 7, art. 15, comma 1) o come "piano di classifica del territorio" (cfr. L.R. Campania 1 aprile 1985, n. 23, art. 22, comma 1 lett. e nel caso esaminato dalla sentenza delle SS.UU. 30.10.2008 n. 26009 relativo al Consorzio di Bonifica Conca Agnano Bacini Flegrei ed ancora al caso esaminato dalla sentenza SS.UU. 14.5.2010 n. 11722 con riferimento al Consorzio di Bonifica Pedemontano Brenta), in tale contesto ha, pertanto, soltanto la funzione di esonerare l’amministrazione dall’onere di provare il beneficio in favore degli immobili in esso compresi" (cfr. Corte cass. 5 sez. 29.9.2004 n. 19509; id. 5 sez. 26.2.2009 n. 4605), nessun altro onere probatorio gravando sul Consorzio, essendo tenuto il consorziato a contestare "specificamente" la "utilitas" che il piano di riparto della contribuenza afferma esistere tra il fondo e le opere di bonifica, deducendo la illegittimità od incongruità del piano di classifica (per vizi formali dell’atto amministrativo, chiedendone la disapplicazione anche avanti il Giudice tributario, ovvero per carenza od illogicità della motivazione concernente la valutazione dei benefici in relazione alle concrete condizioni geomorfologiche del fondo ed alle caratteristiche tecniche degli impianti ed alla loro funzionalità). Di fronte alla specifica contestazione mossa dal contribuente, viene meno la inversione dell’onere probatorio determinata dal piano di classifica e riparto della contribuenza approvato, dovendo essere accertato il presupposto impositivo del concreto vantaggio fruito dal fondo mediante applicazione della ordinaria regola del riparto ex art. 2697 c.c. (cfr. Corte cass. SS.UU. 30.10.2008 n. 26009; id. SS.UU. 14.5.2010 n. 11722; id. 5 sez. 18.1.2012 n. 654).

3.3.2 Occorre premettere che la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ribadire che la adozione del cd. "perimetro di contribuenza" esonera il Consorzio dall’onere della prova della esistenza dei concreti benefici derivati a ciascun fondo dalle opere di bonifica (cfr. Corte cass. 5 sez. 29.9.2004 n. 19509; id. 5 sez. 26.2.2009 n. 4605; SU 30.10.2008 n. 26009; id. 5 sez. 21.7.2010 n. 17066; SU 14.5.2010 n. 11722) riversandosi sul contribuente la prova della inefficacia dei fatti costitutivi della pretesa, ovvero la estinzione o modificazione del diritto di credito vantato dal Consorzio.

La indicata interpretazione della regola di riparto ha ricevuto ulteriore precisazione nelle decisioni rese a SS.UU. in data 30.10.2008 nn. 26009, 26010 e 26012 e, quindi, nella sentenza delle SS.UU. 14.5.2010 n. 1 1722 che hanno circoscritto la presunzione di persistenza del diritto del Consorzio, avente titolo nel provvedimento di perimetrazione, alla ipotesi in cui il consorziato non contesti specificamente la legittimità del Piano di classificazione e riparto o la inesattezza del suo contenuto: in tal caso, infatti, venendo meno il presupposto che determina la presunzione di legittimità della pretesa contributiva (in quanto "corrispondente" ai criteri del piano di riparto dei contributi consortili) portata a conoscenza del contribuente con la notifica della cartella di pagamento – primo atto impositivo, viene conseguentemente meno anche la giustificazione dell’inversione dell’onere probatorio che fa gravare sul consorziato la prova della difformità della pretesa rispetto all’an" od al "quantum" dovuto in base ai criteri stabiliti dagli atti amministrativi presupposti (appunto il Piano di classificazione e di riparto): ne consegue che nella ipotesi in questione ritorna in vigore la ordinaria disciplina codicistica ex art. 2697 c.c. secondo cui colui che intende far valere un diritto (il Consorzio) è tenuto a fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa.

3.3.3 Orbene venendo all’esame della fattispecie concreta sottoposta all’esame di questa Corte occorre rilevare che la "contestazione" formulata dalla consorziata non investe vizi di legittimità del Piano di classificazione o del provvedimento di perimetrazione nè attiene ad inesattezze del contenuto di tali provvedimenti (come ad es. nel caso in cui si contesti la inclusione del fondo nella delimitazione del territorio del comprensorio), ma concerne esclusivamente il malfunzionamento degli impianti e la omessa manutenzione della rete idrica, da cui deriverebbe la mancata realizzazione del presupposto impositivo (nesso di derivazione causale dalle opere di bonifica del concreto e diretto vantaggio per il fondo di proprietà del contribuente).

Ne segue che, non essendo stata contestata dal consorziato la corrispondenza tra atto presupposto (Piano di classificazione e riparto) ed atto consequenziale (atto impositivo), persiste la attuale presunzione di legittimità della pretesa tributaria avanzata dal Consorzio, fondata sul presupposto impositivo del "conseguimento o della conseguibilità" del vantaggio per il fondo incluso nella perimetrazione R.D. n. 215 del 1933, ex art. 10 (come valutato nel Piano), non dovendo l’ente pubblico fornire ulteriori elementi probatori del credito, trasferendosi l’onere della prova contraria sul consorziato il quale, ove contesti la inesistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito (come nella specie, per assenza di un concreto vantaggio conseguito dal fondo per mancato funzionamento degli impianti di bonifica) è tenuto ad assolvere compiutamente all’onere di allegazione, formulando la contestazione in modo specifico, nonchè all’onere di indicare ed esperire i relativi mezzi di prova.

Dalla mancata contestazione della illegittimità Piano di classificazione e riparto (per omessa impugnazione del provvedimento amministrativo avanti il GA. ovvero per omessa deduzione avanti il Giudice tributario di vizi di legittimità dell’atto presupposto ai fini della disapplicazione dello stesso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5), non deriva, peraltro, una ingiustificata limitazione alla difesa in giudizio del consorziato in ordine all’accertamento della effettiva sussistenza dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria (o il che è lo stesso, dei presupposti dell’atto impositivo: il vantaggio per il fondo) con riferimento alla eventuale difformità della effettiva situazione reale – concernente lo stato e il funzionamento degli impianti di bonifica – rispetto a quella invece emergente dalla descrizione del Piano approvato, quanto piuttosto l’insorgenza dell’onere di allegazione e prova a carico del contribuente dei fatti impeditivi, estintivi o modificativi della pretesa consortile in relazione al presupposto normativo di imposta.

3.3.4 Risulta dunque corretta la statuizione della CTR della Lombardia laddove ha ritenuto compiutamente assolto dal Consorzio l’onere della prova della pretesa tributaria – in relazione al presupposto impositivo del conseguimento/conseguibilità del vantaggio per il fondo incluso nella perimetrazione – con il deposito in giudizio del Piano di classifica e di riparto, in difetto di specifica contestazione da parte del consorziato della illegittimità od incongruità degli atti amministrativi presupposti alla cartella di pagamento impugnata.

Al riguardo occorre rilevare come non sussista alcun contrasto tra la pronuncia delle SSUU 30.10.2008 n. 26009 e quella delle SSUU in data 14.5.2010 n. 11722, entrambe, infatti, fondano l’applicazione dell’ordinario criterio di riparto dell’onere probatorio – per il venir meno della presunzione di legittimità della pretesa tributaria – sulla contestazione della debenza del tributo formulata dall’obbligato, contestazione che – anche anteriormente alle modifiche dell’art. 115 c.p.c., comma 1 introdotte dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 14 – deve essere necessariamente "specifica" (tanto nella negazione dei fatti costitutivi della pretesa, quanto nella allegazione dei fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto), rimanendo – al contrario – escluso che, a fronte della produzione in giudizio di un Piano di perimetrazione approvato e della emissione di una cartella di pagamento conforme ai criteri di riparto indicati dal Piano, possa trasferirsi sul Consorzio l’onere probatorio dei fatti costitutivi della pretesa (ovvero l’onere della prova del vantaggio effettivamente arrecato al fondo) in dipendenza di una mera contestazione generica da parte del consorziato della insussistenza del presupposto di imposta (cfr.

Cass. n. 26009/2008, in motivazione che afferma la erroneità del principio applicato dai Giudici di appello secondo cui "il Consorzio, in presenza di una generica contestazione del debito da parie del consorziato sia onorato della prova riguardo alla sussistenza del beneficio diretto e specifico che dalle opere sia derivato al fondo …": analogamente Cass. n. 11722/2010 afferma che grava sul Consorzio l’onere di provare il "quantum" della pretesa qualora il contribuente abbia contestato il Piano di classifica del territorio o il criterio di ripartizione degli oneri di bonifica, contestazione che, nella fattispecie esaminata dalle SSUU. emergeva chiaramente dagli atti atteso che il consorziato – nella specie un Comune – aveva impugnato il Piano di classifica avanti il Giudice amministrativo, riproponendo tale contestazione anche avanti il Giudice tributario, ai fini della disapplicazione. "imputando a detto piano di avere esteso genericamente l’obbligo contributivo al interno del territorio comunale senza una precisa specificazione degli immobili e dei benefici immediati e diretti che ad ognuno di essi era derivato dalle opere di bonifica" – il vizio di legittimità era stato, pertanto, specificamente dedotto).

Generica, infatti, deve ritenersi la difesa svolta dalla contribuente per negare del tutto la debenza del contributo per l’anno 2003, fondata sulla allegazione della omessa manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti esistenti e sul mancato funzionamento dell’opera di bonifica (cfr. motiv. sentenza CTR pag. 2) non essendo stati individuati gli impianti esistenti (pompe, idrovore, canali, colatori) potenzialmente destinati a vantaggio del fondo di proprietà della ricorrente che avrebbero in concreto malfunzionato nel corso dell’anno 2003 – al quale è riferita la pretesa tributaria – e non impedito la verificazione di eventi naturali con incidenza dannosa sul predetto fondo.

3.3.5 Il contrario assunto della parte ricorrente, secondo cui il consorziato può limitarsi ad una generica contestazione non essendo tenuto alla prova dei fatti negativi, non ha pregio, avuto riguardo al costante principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui:

il brocardo "negativa non sunt probanda"" deve essere interpretato in conformità alla generale regola del riparto dell’onus probandi ex art. 2697 c.c.: ne segue che l’onere della prova gravante su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione dei diritto da altri vantato non subisce deroghe nemmeno quando abbia ad oggetto "fatti negativi" in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude nè inverte il relativo onere; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (cfr. Corte cass. sez. lav. 14.7.2000 n. 9385; id.

5 sez. 15.4.2002 n. 5427; id. 3 sez. 1.11.203 n. 17146; id. 3 sez. 11.1.2007 n. 384; id. sez. lav. 9.6.2008 n. 15162; id. 1 sez. 8.10.2008 n. 24865) – oltre che sulla partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, la applicazione del regola sul riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. deve tenere conto anche del principio – riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova (cfr. Corte cass. sez. lav.

25.7.2008 n. 20484; id. sez. lav. 1.7.2009 n. 15406).

La "specifica" allegazione deve, pertanto, essere supportata, in considerazione del principio di vicinanza sopra indicato (trovandosi il singolo proprietario di ciascun fondo ricadente nel vasto perimetro del comprensorio nella posizione più agevole per constatare direttamente, in occasione degli eventi naturali verificatisi nella zona, la efficienza e funzionalità delle opere di bonifica specificamente interessanti il proprio terreno), dalla richiesta di ammissione dei relativi mezzi di prova che, attesa la specialità del giudizio tributario in cui non è ammessa la prova orale D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, comma 4 avrebbe potuto essere assolta anche mediante la rituale e tempestiva produzione in giudizio di dichiarazioni rese da terzi (concernenti i diversi episodi o la perdurante inefficienza od inutilità delle singole opere) ovvero di documentazione fotografica o ancora di eventuali verbali redatti da pubbliche autorità in occasione di eventuali interventi od ispezioni sui luoghi colpiti dagli eventi naturali (cfr. sulla acquisizione al giudizio tributario delle dichiarazioni rese da terzi, alle quali va riconosciuto valore indiziario anche ai fini del raggiungimento della eventuale prova presuntiva: Corte cost.

sent. n. 18/2000; Corte cass. 5 sez. 25.1.2002 n 903; id. 29.7.2005 n. 16032; id. 20.4.2007 n. 9402; id. 14.5.2010 n. 11785; id.

30.9.2011 n. 20028; vedi 5 sez. 16.12.2011 n. 27173 che estende il principio anche alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio).

Conforma alla corretta applicazione della regola sul riparto ex art. 2697 c.c. è, pertanto, la statuizione della CTR lombarda che ha escluso che sul Consorzio gravasse un onere probatorio ulteriore – ai fini della dimostrazione del vantaggio arrecato alle opere ai fondi ricadenti nel piano di riparto – rispetto al deposito in giudizio del Piano approvato.

4. Con il terzo motivo la contribuente deduce vizio di omessa motivazione per mancato esame dei documenti (le delibere del CdA del Consorzio che la CTR ha escluso in quanto veicolanti "questioni" nuove) attestanti la prova della mancanza di benefici arrecati al fondo in conseguenza del mancato funzionamento degli impianti idraulici.

Il motivo è infondato.

La documentazione indicata come prova decisiva dalla contribuente risulta del tutto inidonea a supportare la – peraltro assolutamente generica – contestazione di inefficienza degli impianti: dalla lettura dei contenuto di tali atti prodotti nel giudizio di merito – Delib. C.d.A. Consorzio 27 giugno 2006 e Delib. 7 luglio 2006 -, e parzialmente trascritti alle pag. 17-20 del ricorso, emerge infatti la esigenza di una più equa distribuzione degli oneri contributivi tra i consorziati con conseguente applicazione di una "riduzione percentuale dei contributi di bonifica per l’anno 2006, nonchè per l’anno 2005 limitatamente a soli contribuenti morosi, allo scopo di pervenire ad una definizione transattiva di tutte le vertenze pendenti.

I fatti e le valutazioni in essi indicati appaiono, pertanto, del tutto generici – in quanto aventi ad oggetto la situazione generale della zona del Basso Pavese, senza alcuno specifico riferimento al fondo di proprietà della consorziata, e soprattutto privi di qualsiasi attinenza con l’anno d’imposta 2003 in contestazione, e neppure conducenti, atteso che la delibera di riduzione percentuale del contributo viene a contrastare oggettivamente con la tesi difensiva della ricorrente volta a sostenere invece la totale inesistenza del presupposto impositivo.

Il motivo si palesa in conseguenza infondato, andando esente da censura il giudizio di prevalenza probatoria compito dai Giudici di appello che hanno ritenuto che le relazioni tecniche prodotte dallo stesso Consorzio fornissero ulteriore conferma alla prova della entità delle opere svolte a favore dei territori della Bassa Pavese.

Se infatti deve essere certamente condiviso il principio secondo cui a nessuno è consentito precostituirsi unilateralmente i mezzi destinati a fornire la prova a sè favorevole del fatto controverso (cfr. Corte cass. 3 sez. 18.9.1980 n. 5296; id. 3 sez, 27.9.1999 n. 10695; id. 1 sez. 7.2.2000 n. 1320; id. 3 sez. 23.8.2011 n. 17524), e se le affermazioni a sè favorevoli provenienti dalla parte in causa, al pari degli atti difensivi (ricorso, memoria di costituzione, ecc.) contenenti delle mere allegazioni a sè favorevoli, possono operare sul piano probatorio solo in presenza di una specifica non contestazione dell’altra parte, l’affermazione di una generale inutilizzabilità delle dichiarazioni a sè favorevoli provenienti dalla stessa parte processuale non è del tutto corretta, essendo dato riscontrare nel sistema codicistico ipotesi in cui viene invece espressamente attribuita rilevanza probatoria a tali dichiarazioni (cfr. art. 2215 bis c.c., comma 5 e art. 2710 c.c. con riferimento ai libri e le altre scritture redatte dall’imprenditore anche se tenute con strumenti informatici – se pure limitatamente ai rapporti tra imprenditori inerenti l’esercizio dell’impresa: art. 2713 c.c. – con riferimento alla prova delle prestazioni eseguite nei rapporti di somministrazione; art. 2734 c.c. con riferimento alle dichiarazioni rese dal confidente "tendenti ad infirmare l’efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne od estinguerne gli effetti": art. 2736 c.c., comma 1, n. 2) e art. 241 c.p.c. con riferimento al giuramento suppletorio ed estimatorio; art. 634 c.p.c., comma 2, con riferimento alle scritture contabili bollate e vidimate ed a quelle prescritte dalle leggi tributarie regolarmente tenute, redatte dall’imprenditore che esercita una attività commerciale – ai fini della emissione del decreto ingiuntivo: art. 635 c.p.c. con riferimento ai libri e registri della pubblica amministrazione regolarmente tenuti a norma delle legge e dei regolamenti – ai fini della missione del decreto ingiuntivo: art. 636 c.p.c., con riferimento alla parcella delle spese redatta da notaio o da altri esercenti una libera professione od arte in base a tariffa legalmente approvata – ai fini della emissione del decreto ingiuntivo).

Nella specie, peraltro, non si è in presenza di dichiarazioni scritte a sè favorevoli provenienti dalla stessa parte, quanto piuttosto di una prova atipica (perizia tecnica stragiudiziale di parte) che il Giudice di merito bene può utilizzare ai fini della decisione della causa, purchè fornisca adeguata motivazione di tale sua valutazione (cfr. Corte cass. 2 sez. 5.9.1970 n. 1217; id. 2 sez. 11.10.2001 n. 12411; id. 5 5 ord. 12.12.2011). Non è dubbio infatti che, salvi i divieti espressamente previsti dalla legge processuale (nel processo tributario non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale: art. 7, comma 4 cit. D.Lgs.), l’ordinamento processuale non pone preclusioni all’utilizzo anche di prove atipiche, non assumendo in proposito alcun rilievo che la perizia tecnica stragiudiziale sia stata redatta da soggetto legato da un rapporto di lavoro dipendente anzichè da un professionista incaricato dalla parte, ovvero sia o meno asseverata, non incidendo tali aspetti sulla maggiore o minore valenza probatoria del documento, atteso che la predetta "atipicità" postula l’assenza di un paradigma legale in relazione al quale condurre, già nella fase istruttoria della acquisizione/assunzione, la verifica di ammissibilità e validità del mezzo di prova, essendo necessariamente differito il controllo sulla rilevanza probatoria determinante attribuita dal Giudice alla prova atipica all’esito del giudizio in sede di verifica della coerenza logica interna della motivazione della decisione (vedi Corte cass. 5 sez. 13.4.2007 n. 8890, con riferimento alla perizia di stima redatta dall’UTE e depositata dalla Amministrazione finanziaria, parte in causa, nel giudizio proposto dal contribuente ed avente ad oggetto l’accertamento della imposta di registro e dell’INVIM).

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, sussistendo giusti motivi. in considerazione della complessa evoluzione della giurisprudenza di legittimità volta a dare una definitiva sistemazione alla materia in relazione ai numerosi contrasti rilevati nelle pronunce dei giudici di merito, per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE – rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

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