Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-06-2012, n. 9098 Accertamento Contenzioso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Le società VISTE s.r.l., FILMAR s.r.l., PHILOS s.r.l. in liquidazione, FILATURA TRE ESSE s.r.l. in liquidazione, SAVIM s.r.l. in liquidazione, BEATRIX s.r.l. in liquidazione, FOOD ITALIA s.r.l. in liquidazione, LANIFICIO FALIERO SARTI & FIGLI s.p.a. e OASIS s.r.l. in liquidazione (in proprio e in qualità di incorporante la S- MALL s.r.l.) propongono separati ricorsi per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana indicata in epigrafe, con la quale, rigettando gli appelli riuniti proposti contro sentenza della CTP di Prato, è stata confermata la legittimità degli avvisi di rettifica a titolo di IVA indebitamente rimborsata o portata a credito, notificati alle predette società nel settembre 2005 in relazione ad annualità comprese tra il 2000 e il 2002.

Il giudice di merito ha, in sintesi, ritenuto che: a) la presentazione di dichiarazioni integrative ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 non ha efficacia preclusiva degli accertamenti impugnati, nè in ordine ai crediti, nè in ordine ai rimborsi (pur se già avvenuti mediante compensazione), ove gli uni o gli altri si riferiscano ad operazioni inesistenti; b) l’eccezione di nullità degli avvisi perchè emessi a seguito di attività istruttoria eseguita da organo asseritamente incompetente, cioè dalla Direzione regionale delle entrate, anzichè dall’Agenzia delle entrate, è inammissibile perchè proposta per la prima volta in appello e non rilevabile d’ufficio; c) la detta attività istruttoria è altresì legittima, in quanto consistita in accessi, ispezioni ed acquisizioni di documenti eseguiti dal gennaio al maggio del 2005, con la redazione di verbali giornalieri e conclusivi delle operazioni compiute, con consegna di copia degli stessi e con l’avviso della facoltà di comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste (e gli avvisi sono stati notificati ben oltre tale lasso di tempo); i verbali, che gli appellanti definiscono di constatazione e ritengono mancanti, esistono e coincidono con i verbali di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, e le operazioni sono state compiute con l’osservanza di tutte le garanzie prescritte dal predetto art. 52 e dalla L. n. 212 del 2000, art. 12; d) nel merito, le operazioni contestate sono state compiute con due società non residenti, con sede a Londra e cessate nel 2003, sono consistite in fittizie cessioni di beni mobili o di diritti reali immobiliari ed in fittizie associazioni in partecipazione, e pertanto sono tutte da ritenere oggettivamente o soggettivamente inesistenti, esclusivamente finalizzate alla insorgenza di crediti d’imposta.

2. L’Agenzia delle entrate resiste con altrettanti controricorsi.

Motivi della decisione

1. Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi, separatamente proposti contro la stessa sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2.1. Seguendo l’ordine del numero di r.g., si esaminano per primi, e congiuntamente in quanto articolati in otto motivi identici, i ricorsi della Viste s.r.l. (n. 3846/10) e della Filmar s.r.l. (n. 3848/10).

2.2. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, commi 9 e 10, censurando la sentenza impugnata per avere escluso che il perfezionamento della definizione automatica per gli anni pregressi, prevista da detta norma, preclude non soltanto l’accertamento di una maggiore imposta, ma anche la rettifica dell’eventuale credito d’imposta, quanto meno allorchè questo abbia già formato oggetto di rimborso.

Il motivo è infondato per l’assorbente ragione che – com’è noto – con la sentenza della Corte di giustizia 17 luglio 2008, causa C- 132/06, è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto comunitario, fra l’altro, proprio della L. n. 289 del 2002, art. 9, nella parte in cui prevede la condonabilità dell’IVA alle condizioni ivi indicate: ne consegue l’obbligo del giudice nazionale di disapplicare tale norma, limitatamente all’IVA (cfr. Cass., Sez. un., n. 3674 del 2010, nonchè Cass. n. 22250 del 2011).

2.3. Il secondo motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione in ordine al fatto decisivo costituito dall’asserito mancato versamento dell’IVA afferente alle operazioni ritenute inesistenti, è inammissibile perchè – a prescindere da ogni altra considerazione – con argomentazioni generiche e prive di autosufficienza si pone in contrasto con un accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito.

2.4. Con il terzo motivo, è denunciata la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, L. n. 4 del 1929, art. 24, L. n. 241 del 1990, artt. 21 septies e 21 octies, nonchè dei principi generali in tema di legittimità degli atti impositivi, anche con riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost.:

osservano le ricorrenti che, qualora l’Amministrazione proceda, come nella fattispecie, ad accessi, ispezioni o verifiche, è tenuta a redigere, a chiusura delle operazioni, un verbale conclusivo – denominato nella prassi processo verbale di constatazione – contenente l’indicazione delle attività svolte e dei rilievi emersi;

l’obbligo della preventiva notificazione del processo verbale di constatazione, al fine di consentire al contribuente di comunicare osservazioni e richieste, discende, a pena di nullità dell’avviso di accertamento, dal citato art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, in virtù del quale all’ipotesi di notifica dell’accertamento in violazione del termine dilatorio ivi prescritto va assimilata quella della notifica dell’accertamento in assenza di rilascio del processo verbale de quo.

Con la quarta e la quinta doglianza, le ricorrenti denunciano vizi di motivazione, nella parte in cui il giudice di merito ha affermato l’esistenza di processi verbali di constatazione recanti le contestazioni formulate a carico delle contribuenti e la comunicazione della facoltà di presentare osservazioni e richieste entro sessanta giorni.

I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per stretta connessione, sono infondati.

Il giudice a quo ha accertato in fatto, con motivazione congrua ed esauriente e non adeguatamente contestata, che gli accessi "sono stati eseguiti in tutte le società interessate", "sono iniziati con la consegna delle note di incarico e con la comunicazione agli interessati (…), presenti in proprio o a mezzo di incaricati, delle ragioni dell’intervento, della facoltà di farsi assistere e di muovere rilievi o formulare osservazioni. Sono proseguiti con la richiesta e la consegna di tutta la documentazione acquisita. Si sono conclusi con la redazione di verbali giornalieri e conclusivi delle operazioni compiute, con consegna di copia degli stessi e con l’avviso della facoltà di comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste. Gli avvisi di accertamento che ne sono seguiti sono stati notificati nel settembre 2005, ben oltre i 60 giorni dal completamento delle operazioni, non risultando, nel frattempo, spedita alcuna osservazione". Ha, quindi, concluso, che "i verbali, che gli appellanti definiscono di constatazione e ritengono mancanti, esistono e coincidono con i verbali D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 52, comma 6 contenenti le rilevazioni eseguite (…), le richieste di documenti fatte e le risposte ad esse rese".

Premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora ai fini dell’accertamento dell’IVA sia stato effettuato un accesso nei locali destinati all’esercizio dell’attività o negli altri luoghi indicati dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, i funzionali che hanno proceduto sono tenuti a redigere processo verbale secondo le indicazioni contenute nel comma 6 del medesimo art. 52, che non prescrive, tantomeno a pena di nullità, che nello stesso debbano essere formulati rilievi o addebiti, essendo tale fase del procedimento finalizzata soltanto all’acquisizione di dati, elementi, notizie, successivamente utilizzabili dall’Amministrazione per l’emanazione dell’eventuale avviso di accertamento (Cass. n. 10381 del 2011; cfr. già Cass. nn. 14200 del 2000 e 3569 del 2010), discende da quanto sopra che nessuna violazione di legge può ritenersi verificata, una volta che il giudice di merito ha accertato che i singoli verbali redatti rispondevano pienamente, quanto al loro contenuto, ai requisiti prescritti dalle norme sopra citate (così da poterli ritenere di fatto equipollenti ai cd. processi verbali di constatazione) e che è risultato ampiamente rispettato il termine dilatorio stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (per cui è superfluo affrontare in questa sede la questione delle conseguenze della eventuale inosservanza di tale termine).

2.5. Con il sesto motivo, si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, per avere il giudice d’appello dichiarato inammissibile, perchè non dedotta in primo grado, l’eccezione di nullità dell’avviso di rettifica in quanto emesso a seguito di attività istruttoria compiuta da organo incompetente (Direzione regionale delle entrate).

La doglianza è infondata, trattandosi di un vizio specifico del procedimento, che doveva essere puntualmente censurato nel ricorso introduttivo, non potendo essere ricondotto, contrariamente a quanto ritengono le ricorrenti, a mera argomentazione giuridica nell’ambito della generica contestazione di illegittimità delle prove acquisite.

2.6. Il settimo motivo, proposto subordinatamente all’accoglimento del precedente e concernente il merito della questione anzidetta, resta di conseguenza assorbito.

2.7. Infine, con l’ottavo motivo, le ricorrenti si dolgono della insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa la asserita inesistenza oggettiva delle operazioni in relazione alle quali è sorto il credito IVA disconosciuto dall’Amministrazione.

La censura è infondata, poichè la sentenza impugnata è dotata, al riguardo, di motivazione ampia ed esauriente, a fronte della quale le argomentazioni svolte nei ricorsi si rivelano del tutto generiche ed inidonee ad incrinarne l’iter logico.

2.8. In conclusione, i ricorsi vanno rigettati.

3.1. Si può ora passare all’esame congiunto dei ricorsi della Philos s.r.l. in liquidazione (n. 3959/10), della Filatura Tre Esse s.r.l. in liquidazione (n. 3961/10), della Beatrix s.r.l. in liquidazione (n. 3963/10), della Food Italia s.r.l. in liquidazione (n. 3964/10), della Lanificio Faliero Sarti & Figli s.p.a. (n. 3966/10) e della Oasis s.r.l. in liquidazione (n. 4338/10), basati su otto motivi formulati in termini identici. Peraltro, tali motivi, sia pur con diverso ordine, coincidono nella sostanza con quelli già esaminati in relazione ai ricorsi della Viste s.r.l. e della Filmar s.r.l., per cui sarà sufficiente richiamare le considerazioni sopra svolte in ordine a questi ultimi.

3.2. In particolare, con il primo e il secondo motivo, denunciando la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, L. n. 4 del 1929, art. 29 e L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è posta la questione della omessa redazione del processo verbale di constatazione, con conseguente violazione del termine dilatorio prescritto da quest’ultima norma.

I motivi sono infondati per le ragioni espresse sopra al par. 2.4. 3.3. Con il terzo motivo è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, per avere il giudice a quo ritenuto nuova la questione della incompetenza della Direzione regionale delle entrate ad effettuare le verifiche.

Si richiamano, nel senso della infondatezza del motivo, le considerazioni svolte al par. 2.5.

Restano anche in questo caso assorbiti i motivi quarto e quinto, attinenti al merito della questione anzidetta.

3.4. Il sesto, il settimo e l’ottavo motivo ripropongono (il primo sotto il profilo dell’omessa pronuncia, gli altri nel merito) la questione dell’effetto preclusivo derivante dalla presentazione della domanda di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9.

Valgono, al riguardo, le considerazioni sopra svolte al par. 2.2. in ordine all’obbligo di disapplicazione della norma citata per incompatibilità, limitatamente alìIVA (che qui rileva), con il diritto comunitario.

4. Infine, il ricorso della Savim s.r.l. in liquidazione (n. 3962/10) si distingue dagli altri perchè contiene, oltre agli otto motivi formulati nei ricorsi di cui al par. 3, due motivi in più (indicati come 6 e 7), concernenti anch’essi, sotto diversi profili, questioni attinenti al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9: anche detti motivi si rivelano, pertanto, infondati per le assorbenti ragioni già esposte al par. precedente.

5. In conclusione, tutti i ricorsi devono essere rigettati.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta.

Condanna le ricorrenti Viste s.r.l., Filmar s.r.l. e Philos s.r.l. in liquidazione alle spese, che liquida, per ciascuna, in Euro 8000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Condanna le ricorrenti Filatura Tre Esse s.r.l. in liquidazione, Savim s.r.l. in liquidazione, Beatrix s.r.l. in liquidazione, Food Italia s.r.l. in liquidazione, Lanificio Faliero Sarti & Figli s.p.a. e Oasis s.r.l. in liquidazione alle spese, che liquida, per ciascuna, in Euro 10000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *