Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-06-2012, n. 9096 Imposta regionale sulle attivita’ produttive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione (rgn. 26234/07), affidato ad un motivo, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, per quanto qui rileva, rigettando l’appello dell’Ufficio di Milano (OMISSIS), ha confermato l’annullamento del primo rilievo dell’avviso di accertamento ai fini dell’IEEBG e dell’IRAP per il 1998 con il quale erano stati contestati alla Banca Italease spa componenti di reddito non dichiarati, per essere stati imputati dalla contribuente i maxicanoni iniziali di leasing quali ricavi interamente di competenza dell’esercizio di imposta in cui il contratto era stato avviato, e non, in base alla durata del contratto stesso, mediante ripartizione dell’ammontare complessivo in modo da ottenere, nel primo esercizio di locazione, un importo equivalente a quello di ciascun canone periodico successivo, e ciò in applicazione del principio di maturazione da seguire nell’individuare l’esercizio al quale imputare per competenza i canoni della locazione finanziaria, tenuto anche conto del principio di correlazione fra costi e ricavi.

Il giudice d’appello ha ritenuto infatti, alla luce del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, (tuir), secondo cui i ricavi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, che è quello di maturazione dei corrispettivi, che per determinare quando un corrispettivo matura va da un lato considerata la volontà delle parti ed il loro apprezzabile interesse, e dall’altro la necessità di arginare finalità elusive. Il maxicanone iniziale, perciò, poteva ritenersi un ricavo che matura nell’esercizio in cui diviene contrattualmente esigibile. La ripartizione negli anni dell’intero corrispettivo con una prestabilita non abnorme accentuazione quantitativa iniziale realizza l’interesse della concedente di veder garantita nel corso del rapporto la capienza del suo credito, considerevolmente superiore al prezzo d’acquisto del bene. Manca nel caso in esame la potenzialità elusiva implicita in canoni di importo diseguale che si distribuiscono in. modo irrazionale e irragionevole, idoneo a far supporre artificiosi spostamenti in avanti o all’indietro di componenti di reddito.

La spa Italease Banca resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.

La spa Banca Italease a sua volta propone ricorso (rgn. 26325/07) sulla base di un motivo, illustrato con successiva memoria, nei confronti della medesima sentenza che, per quanto rileva, accogliendo l’appello dell’Ufficio di Milano 1, ha ritenuto legittimo il secondo rilievo dell’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEG e dell’IRAP per l’anno 1998, con il quale erano stati contestati costi non di competenza, ai sensi dell’art. 75, comma 2 e 5, cit. Tuir, per l’errata contabilizzazione di una quota delle commissioni pari al 25%, accantonate nel secondo semestre 1996 e nel primo semestre 1997 a titolo di prendo di qualità alle banche (promotrici dei contratti di leasing con i clienti finali), quota delle commissioni – eccedenti le commissioni corrisposte alle banche nella misura del 75% – che aveva concorso a formare il reddito nell’esercizio 1998, perchè considerata dalla contribuente fiscalmente di competenza di tale esercizio, nel quale il relativo ammontare era stato liquidato a fronte dell’accantonamento del 25% in precedenza operato.

Il giudice d’appello riteneva infatti erroneo l’aver escluso la natura di commissioni al residuo 25% del corrispettivo della intermediazione corrisposto alle banche, che, secondo la contribuente, poteva essere corrisposto o non dalla società di leasing, al termine di un periodo di osservazione di un anno, in funzione delle inadempienze in quell’anno verificatesi. La definizione della quota del 25% delle commissioni come "premio qualità banche" – ha osservato la Commissione regionale -, frutto, secondo un passo della convenzione riportata nel verbale di constatazione, di "un nuovo metodo per l’erogazione elle commissioni", non incide sulla natura del corrispettivo, che è dovuto, indipendentemente dal suo accantonamento per il periodo annuale di osservazione, dalla concedente in leasing alla banca proponente quando si perfeziona il contratto di leasing con il cliente finale: le prestazioni delle banche intermediarie sono definitivamente compiute con la stipulazione dei contratti di leasing, e quindi i corrispettivi, costituiti dalle commissioni, si considerano conseguiti, al fine della determinazione dell’esercizio di competenza. La previsione contrattuale che regola in modo variabile l’erogazione delle residue commissioni da considerarsi condizione sospensiva riguardante il diritto a percepire la soma in riferimento alla solvenza dei clienti, costituisce aspetto finanziario non rilevante per la determinazione del reddito imponibile, che può essere valorizzato con l’appostazione di sopravvenienze.

L’Agenzia delle entrate ed il Ministero dell’economia e delle finanze resistono con controricorso.

Motivi della decisione

I ricorsi, siccome proposti nei confronti della stessa decisione, vanno riuniti per essere definiti con un’unica pronuncia.

L’Agenzia delle entrate, con l’unico motivo del ricorso (rgn. 26234/07), denunciando "in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).

Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74, 75, comma 2, lett. b), e art. 67, comma 8, nonchè della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 109, e 1821 cod. civ.", assume che in presenza di un contratto di locazione finanziaria non sarebbe consentito al concedente contabilizzare interamente tra i ricavi dell’esercizio un canone iniziale maggiorato rispetto ai successivi e, conseguentemente, non ripartire i ricavi conseguiti per canoni in quote costanti per l’intero periodo della locazione, in conformità al principio di competenza.

Il ricorso è infondato.

Il criterio di ripartizione negli esercizi dei corrispettivi percepiti a titolo di canone di locazione finanziaria seguito dalla contribuente si rivela infatti legittimo.

Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire (Cass. n. 9559 del 2011), la L. 28 dicembre 1995, n. 548, art. 3, comma 103, lett. e) modificando l’art. 67, comma 8, del cit. tuir secondo il quale "per i beni concessi in locazione finanziaria sono deducibili quote costanti di ammortamento determinate in funzione della durata del contratto e commisurate al costo del bene diminuito del prezzo convenuto per il trasferimento della proprietà al termine del contratto e non è ammesso l’ammortamento anticipato" -, ha stabilito che "per i beni concessi in locazione finanziaria le quote di ammortamento sono determinate in ciascun esercizio nella misura, risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non è annesso l’ammortamento anticipato".

La disposizione, secondo il successivo comma 109 della L. n. 548 del 1995, art. 3 trova applicazione per i beni consegnati a decorrere dal periodo d’imposta per il quale il termine per la presentazione dei redditi scade successivamente all’entrata in vigore della legge stessa, come nel caso di specie; per i periodi d’imposta precedenti, comunque, sono fatti salvi gli effetti derivanti dall’applicazione del nuovo criterio previsto dalla lett. c).

La sentenza impugnata, alla luce della normativa nuova, sfugge dunque alla censura ad essa rivolta.

La spa Banca Italease con unico motivo di ricorso (rgn. 26325/07), denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 1 nonchè vizio di motivazione, assume che i costi denominati "premio qualità banche" riconosciute da essa ricorrente alle banche convenzionate concorrerebbero, a norma della disposizione in rubrica, a determinare la base imponibile IRPEG e ILOR della società nel 1998, periodo nel quale vengono ad esistenza i presupposti di debenza ed oggettiva determinabilità che ne consentono legittimamente la deducibilità.

Il ricorso è infondato.

A norma dell’art. 75 del cit. t.u.i.r., le spese e gli altri componenti negativi concorrano a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’annientare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni (camma 1); ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni sono ultimate, ovvero, per quelle dipendenti da contratti di locazione, mutuo, assicurazione e altri contratti da cui derivino corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi.

Il giudice d’appello ha correttamente ritenuto che, al pari della quota del 75% delle commissioni spettanti alle banche, convenzionalmente considerata dovuta al momento del perfezionamento del contratto con il cliente finale e distribuita, quale costo, sulla base dell’intera durata del contratto, anche la residua quota, già determinata nella misura del 25%, andava assoggettata alla medesima regola. Ciò in quanto, ha accertato nella specie il giudice di merito, la definizione di una siffatta quota delle commissioni come "premio di qualità banche", frutto, secondo la convenzione predisposta dalla contribuente, di "un nuovo metodo per l’erogazione delle commissioni", non incide sulla natura del corrispettivo, che è dovuto – indipendentemente dall’accantonamento per il periodo annuale di osservazione – dalla concedente in leasing alla banca proponente quando si perfeziona il contratto di leasing con il contribuente finale.

La previsione di una "distinta" quota, pari al 25% delle commissioni dovute, costituisce dunque "un aspetto finanziario che non rileva per la determinazione del reddito imponibile", potendo il riferimento alla solvenza dei clienti essere eventualmente "valorizzato con l’appostazione di sopravvenienze". Nel quadro così delineato, appare dunque ultroneo e improprio – ed in tal senso la motivazione va corretta, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. -, l’accostamento ("è da considerare …") ad una condizione sospensiva, operato dalla sentenza impugnata, della "previsione contrattuale regolante in modo variabile l’erogazione delle residue commissioni".

in conclusione, i ricorsi devono essere rigettati.

Le spese del giudizio vanno compensate fra le parti, in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

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