T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 28-12-2011, n. 1818

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 13.11.2009 J.N., cittadino marocchino, impugna, chiedendone l’annullamento, il provvedimento n. prot. K10/122018/R del 23 luglio 2009, notificato in data 10.9.2009, con il quale il Ministro dell’Interno ha rigettato la sua istanza tesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art.9 co.1 lett.f) della legge n.91/92.

In linea di fatto il ricorrente afferma di risiedere da oltre venti anni in Italia, ove si sono trasferiti pure il padre, la madre e cinque fratelli con le rispettive famiglie, e di svolgere attività imprenditoriale, integrandosi perfettamente nel tessuto socio economico e culturale italiano. Egli inoltre è referente, e già presidente, della"Associazione Alba Onlus" con sede in Prevalle (BS) che da tempo promuove, in collaborazione con diverse amministrazioni locali, comunali e provinciali, incontri culturali, ludicosportivi, finalizzati a favorire l’inserimento e l’integrazione della comunità straniera di appartenenza nel tessuto socioculturale locale.

Il provvedimento impugnato è motivato in ragione del potere altamente discrezionale esercitabile dallo Stato nella materia in questione, atteso che dalla attività informativa esperita sarebbero emersi elementi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica di cui all’art.6, co.1, lett.c) della legge 91/92.

A sostegno del gravame il ricorrente deduce in primo luogo la violazione delle norme ex art. 7 e 10 bis della legge 241/1990 in quanto l’amministrazione non gli avrebbe consentito di accedere e partecipare in contraddittorio al procedimento sfociato nel rigetto della sua istanza.

In secondo luogo eccepisce il difetto di motivazione e di istruttoria nonché il travisamento dei presupposti, atteso che l’amministrazione in sostanza, a sostegno del provvedimento impugnato, avrebbe fatto rinvio a non meglio precisati ed indimostrati elementi ostativi di pericolo per la sicurezza pubblica, senza ulteriori specificazioni.

Il ricorrente concludeva chiedendo l’accoglimento del ricorso con vittoria delle spese di causa.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto e vinte le spese del giudizio

All’udienza del 14.12.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Premesso che in esito all’istruttoria disposta dalla Sezione, in sede cautelare, con ordinanza n. 150/2010 del 6.8.2010, il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione – Segreteria di Sicurezza – del Ministero dell’Interno, ha prodotto la citata nota 12.11.2010 classificata "riservato" da cui risultano i motivi posti a fondamento dell’impugnato provvedimento.

In particolare è stato segnalato che il ricorrente sarebbe uno dei principali referenti nell’area bresciana dell’organizzazione marocchina "Giustizia e Carita’". Per l’attivismo ideologico esercitato fra il 2004 ed il 2005 il ricorrente sarebbe stato coinvolto nell’indagine per associazione con finalità di terrorismo svolta dalla Procura della Repubblica di Brescia e relativa al presunto supporto a strutture radicali riconducibili al predetto movimento, nonché al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falsificazione documentale. Nel 2008 sarebbe stato destinatario di perquisizione domiciliare nell’ambito di una operazione condotta dalle autorità giudiziarie di Bolzano e Trieste nei confronti di appartenenti all’organizzazione sopra citata "Giustizia e Carità".

Peraltro, con decreto emesso in data 10.2.2010, su conforme richiesta del pubblico ministero, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste, è stata disposta l’archiviazione del procedimento nei confronti degli iscritti (tra cui il ricorrente) alla associazione marocchina "Giustizia e Benevolenza" (sic). Anche le analoghe indagini condotte nei confronti della stessa associazione dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Trento sono state archiviate con decreto 23.9.2009, su conforme istanza della Procura della Repubblica, non essendo emersi elementi sufficienti per sostenere l’accusa della natura terroristica od eversiva dell’associazione suddetta. Inoltre il materiale asportato dalla casa del ricorrente, in conseguenza delle perquisizioni effettuate per ordine dell’autorità giudiziaria, dalle forze dell’ordine, è stato restituito in quanto non sarebbe risultato alcunchè di illecito a carico del ricorrente medesimo (si vedano i verbali di dissequestro 13.10.2006, 3.11.2006 e 30.12.2008 depositati agli atti).

In forza di tale quadro la Sezione, con ordinanza n. 486 del 29.3.2011, ha disposto l’acquisizione dal Ministero dell’Interno di ulteriori informazioni atte a conoscere se l’amministrazione dell’Interno avesse proposto opposizione ai decreti sopra elencati di archiviazione e se nei confronti del ricorrente fossero ancora pendenti altri eventuali procedimenti ovvero fossero state disposte altre diverse indagini.

A tale richiesta il Ministero non si è curato di dare alcuna risposta.

Il Collegio, preso anche atto di quanto sopra, ritiene che il ricorso debba essere accolto, dovendosi condividere i denunciati vizi di violazione di legge per difetto di istruttoria e di motivazione.

È ben noto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la motivazione del diniego di concessione della cittadinanza italiana non necessita di una dettagliata esternazione dei fatti e delle circostanze inerenti la valutazione del grado di pericolosità del soggetto; orientamento condiviso anche da questa Sezione con sentenza 3.6.1996 n. 654.

Diversa è però la fattispecie in cui il diniego si basa su circostanze infondate o acquisite semplicemente da altri enti senza che l’Amministrazione competente abbia svolto i necessari approfondimenti istruttori per accertare la veridicità degli elementi su cui fondare il proprio diniego.

Nel caso in esame va osservato:

i- che le uniche ragioni ritenute ostative alla concessione della cittadinanza italiana sono state quelle indicate nella nota riservata del 12.11.2010 n. K10/1122018R, prot. 578/R28 del Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione.- Direzione centrale per i diritti civili -Servizio IV Contenzioso rappresentanza in giudizio cittadinanza- concernenti le indagini delle autorità giudiziarie, illustrate sopra, che allo stato sono state tutte archiviate.

ii- che, sul punto, né il ricorrente né questo giudice, hanno quindi la possibilità di valutare la rilevanza delle stesse non essendo assistite da alcuna indicazione circa la natura del segreto cui sarebbero sottoposte;

E’ pur vero quanto dedotto dalla difesa dell’amministrazione resistente che in materia debba essere riconosciuta l’amplissima sfera di discrezionalità vantata dall’Amministrazione, è altrettanto vero, però, che qualora gli elementi ostativi alla concessione della cittadinanza, indicati anche in via riservata dall’amministrazione, come chiaramente è stato evidenziato nel caso di specie, risultino ormai sterili, la sfera di discrezionalità obiettivamente si riduce;

iii- che, infine, giova ricordare che la recente Legge sul segreto 3.8.2007 n. 124, all’art. 42 comma 8, recita: "Qualora l’autorità giudiziaria ordini l’esibizione di documenti classificati per i quali non sia opposto il segreto di Stato, gli atti sono consegnati all’autorità giudiziaria richiedente, che ne cura la conservazione con modalità che ne tutelino la riservatezza, garantendo il diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia". E nel caso in questione l’amministrazione non solo non ha mai messo a disposizione di questo giudice alcun atto o documento da cui avrebbe tratto la convinzione dell’esistenza di elementi ostativi alla concessione della cittadinanza italiana al ricorrente, ma neppure ha ritenuto di dare risposta se tali atti allo stato sussistono o meno.

In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato per difetto di istruttoria e di motivazione.

Le spese di lite seguono, come di norma, la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite che liquida nella somma complessiva di euro 3.000,00, oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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