Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 07-06-2012, n. 9266 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che:

1. La Corte di appello di Genova ha accolto parzialmente la domanda di equa riparazione proposta da B.N. in relazione alla durata eccessiva della procedura fallimentare della Capital Italia s.r.l., dichiarata il (OMISSIS) con sentenza del Tribunale di Lucca e ancora in corso alla data di presentazione della domanda di equa riparazione, procedura fallimentare di cui si era dichiarata creditore (con istanza di ammissione al passivo dell’aprile 1992);

2. La Corte genovese ha rilevato che la durata fisiologica della procedura in questione, in considerazione dell’esistenza di giudizi civili coinvolgenti come parte la curatela (e attestati nella relazione del curatore: del 30 luglio 2008), doveva ritenersi di dodici anni rappresentanti il tempo ordinariamente necessario per l’espletamento delle procedure fallimentari (tre anni) cui andava aggiunto il tempo necessario per lo svolgimento di un giudizio di cognizione (4 anni per il primo grado, 3 anni per l’appello e 2 anni per il giudizio di legittimità). Ha quindi ritenuto che la durata eccessiva della procedura doveva stimarsi quanto alla posizione della ricorrente in sei anni e in applicazione di un parametro annuo di 1.000,00 Euro ha liquidato la complessiva somma di Euro 6.000,00 al cui pagamento con interessi legali ha condannato il Ministero della Giustizia.

3. B.N. propone ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Genova menzionato in epigrafe censurando con i primi sei motivi di ricorso l’impugnato decreto, sotto il profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione, nella parte in cui ha ritenuto ragionevole una durata della procedura de qua di dodici anni.

4. Con gli altri motivi di ricorso si censura la misura dell’indennità liquidata dalla Corte di appello che secondo la parte ricorrente doveva essere determinata facendo riferimento al parametro massimo applicato dalla giurisprudenza europea e di legittimità e ciò in relazione al criterio della posta in gioco, alla perdita pressochè dell’intero credito dovuta al dissesto finanziario causato dalla condotta anche penalmente illecita dei responsabili della società fallita, rimasta sostanzialmente impunita. La parte ricorrente contesta la misura della liquidazione delle spese del giudizio di merito deducendo la violazione dei minimi tariffari, di cui al D.M. 8 aprile 2004, n. 127, sia relativamente alle spese che ai diritti e agli onorari, e l’omessa motivazione in relazione alle voci indicate nella notula ritualmente depositata dalla parte che sono state ridotte o eliminate.

5. Si difende con controricorso il Ministero.

6. Entrambe le parti depositano memorie difensive.

Motivi della decisione

CHE:

7. Preliminarmente, non si ravvisano le condizioni per la riunione dei ricorsi proposti avverso decisioni diverse, in quanto le pretese delle parti, pur traendo origine dalla durata, ritenuta eccessiva, della stessa procedura fallimentare, presentano elementi di differenziazione per ciò che concerne la data della domanda di insinuazione al passivo e la conseguente durata del processo presupposto al quale ciascuna di esse ha partecipato, talora anche con diversa posizione e assistenza defensionale;

8. I motivi che censurano la determinazione della durata ragionevole della procedura in dodici anni sono fondati, nei limiti di seguito precisati;

9. In tema di ragionevole durata del procedimento fallimentare e tenendo conto della sua peculiarità, il termine è stato ritenuto elevabile fino a sette anni allorquando il procedimento si presenti particolarmente complesso: ipotesi, questa, che è ravvisabile in presenza di un numero particolarmente elevato dei creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare, di proliferazione di giudizi connessi nella procedura ma autonomi (e quindi a loro volta di durata vincolata alla complessità del caso), di pluralità di procedure concorsuali indipendenti;

10. sebbene la procedura in questione – come già riconosciuto da questa Corte in fattispecie identica (Sez. 1, 14 novembre 2011, n. 23831) – si presenti senz’altro di particolare complessità, non è conforme al richiamato principio il decreto impugnato che ha ritenuto di poter individuare un termine di durata ragionevole superiore ai setti anni;

11. l’accoglimento degli esaminati motivi e la necessità di rideterminare, insieme al periodo di irragionevole durata, l’ammontare dell’indennizzo e di regolare le spese, comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi;

12. il ricorso va dunque accolto nei limiti di cui in motivazione;

13. non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e la causa può quindi essere decisa nel merito;

14. va fatta applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, 14 ottobre 2009, n. 21840), a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere di Euro 750,00 per anno per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento, mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere richiamato il parametro di Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo;

15. pertanto, il Ministero della giustizia deve essere condannato al pagamento di Euro 10.250,00 a titolo di equo indennizzo per il periodo di undici anni di irragionevole durata, quale risulta sottraendo dalla durata complessiva di anni diciotto quella, da ritenersi ragionevole, di anni sette;

16. su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda, in conformità ai parametri ormai consolidati ai quali questa Corte si attiene nell’operare siffatte liquidazioni;

17. le spese di entrambi i gradi – liquidate come da dispositivo – seguono la soccombenza, ravvisandosi giustificati motivi per la compensazione della metà delle spese del giudizio di cassazione, essendo il ricorso accolto in parte.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere a B.N. la somma di Euro 10.250,00, con interessi legali a decorrere dalla data della domanda, nonchè al pagamento dello spese processuali, liquidate, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 1.140,00 (di cui Euro 490,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti), e, quanto al giudizio di legittimità, previa compensazione della metà, nell’importo, ridotto per effetto della compensazione, di Euro 482,50 (di cui Euro 50,00 per esborsi), oltre, in ambo i casi, alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012

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