Cons. Stato Sez. IV, Sent., 29-12-2011, n. 6989

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1.L’attuale appellata, A. A. C. S.r.l. -medio tempore divenuta F. L. E. S.r.l. a seguito dell’integrazione con la Malpensa Logistica Europa – M.L.E. S.p.a. – espleta attività di assistenza a terra (c.d. handling) presso la Cargo City dell’Aeroporto di Roma F., anche conosciuta come "Città delle Merci" e che notoriamente costituisce una grande infrastruttura, estesa per 32.000 metri quadrati e interamente progettata e realizzata dal Gruppo A. D. R., strategica non soltanto per la gestione e la movimentazione dei nuovi volumi di traffico merci previsti nell’area del quadrante orientale di Roma, connotata da un forte sviluppo per la Capitale e il Lazio dovuto alla concentrazione di importanti realtà immobiliari e di servizi (Fiera di Roma, Commerce City, Interporto, ecc.), ma anche per l’intero sistema nazionale di cargo da e per l’estero.

A. A. C. precisa di essersi insediata all’interno di Cargo City all’esito di apposita procedura ad evidenza pubblica indetta dal gestore aeroportuale, ossia A. D. R. S.p.a..

1.2. La medesima A. A. C. ha impugnato con ricorso proposto sub R.G. 3457 del 2009 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, l’autorizzazione asseritamente rilasciata dall’Agenzia delle Dogane, Ufficio di Roma 2, alla T. S.r.l. in data 20 marzo 2009 per l’inoltro diretto delle merci nel deposito doganale di quest’ultima, ubicato al di fuori del sedime aeroportuale.

L’impugnativa è stata estesa anche al presupposto ordine di servizio n. 12 del 6 marzo 2009 con il quale la medesima Agenzia delle Dogane, Ufficio di Roma 2, ha stabilito che le merci non comunitarie in entrata possono essere trasportate nei depositi doganali e nei magazzini di temporanea custodia esterni, senza transitare per il deposito franco della Cargo City.

Giova sin d’ora evidenziare che il testo dell’ordine di servizio n. 12 del 2009 è stato indirizzato dall’Ufficio di Roma 2 dell’Agenzia delle Dogane alla Sezione operativa territoriale (S.O.T.) della dogana di F. Porto, nonché per conoscenza alla Direzione Regionale dell’Agenzia medesima per il Lazio e l’Umbria, al Comando Gruppo A. della Guardia di Finanza, all’E.N.A.C., alla A. D. R. S.p.a., alla B.A.S. S.r.l., alla T. S.r.l., all’Associazione spedizionieri doganali del Compartimento di Roma (ASSDOR), all’Associazione Il Doganalista Indipendente, all’Associazione nazionale mediatori e agenti d’affari (ANAMA), all’Airline Operators Commettee (AOC) e alla Confetra (soggetto esponenziale delle categorie imprenditoriali operanti nei settori del trasporto, della spedizione, della logistica e del deposito delle merci, nonché in settori a questi connessi ed ausiliari).

Il testo dell’ordine di servizio di cui trattasi è il seguente:

"A seguito di richiesta di chiarimento da parte di alcuni operatori operanti (sic!) presso l’Aeroporto di F. sulla procedura di inoltro diretto, senza quindi che le merci siano introdotte preventivamente nei depositi autorizzati dalla Dogana ad operare all’interno degli spazi doganali dello scalo aeroportuale presso magazzini di temporanea custodia e depositi doganali ubicati all’esterno di detti spazi, si ritiene necessario indicare la corretta procedura doganale applicabile. Si premette che la seguente procedura è di carattere sperimentale, nell’attesa che vengano implementate presso lo scalo di F. le funzionalità previste dal Progetto CARGO dell’Agenzia delle Dogane. Manifesto aereo e relativo allibramento. Qualora merce manifestata in arrivo non debba essere introdotta nei depositi franchi operanti all’interno dello scalo di F., è obbligatorio procedere da parte della Compagnia Aerea alla presentazione in dogana del manifesto di arrivo. Il manifesto potrà essere presentato alla dogana (Ufficio Acquisizione e Appuramenti presso la Cargo City) non appena il relativo aeromobile sia atterrato nello scalo. Il manifesto deve indicare: a) il nome della compagnia aerea che trasporta le merci, il numero del volo, la data del volo, il nome dell’aeroporto di carico (aeroporto di partenza) e di scarico (aeroporto di destinazione). Indica, inoltre, per ogni spedizione in esso ripresa: a) il numero della lettera di vettura aerea; b) il numero di colli; c) la designazione delle merci secondo la denominazione commerciale abituale con l’indicazione delle informazioni necessarie alla loro identificazione; d) la massa lorda. In caso di indicazione sul manifesto di "consolidata", oltre al manifesto dovranno essere presentate le relative sottolettere di trasporto aereo. Il manifesto deve essere presentato, al momento, in forma cartacea in due esemplari, di cui verrà conservato agli atti della Dogana (sic!). Il manifesto deve essere stampato con inchiostro, senza correzioni, cancellature o alterazioni e deve essere sottoscritto dal comandante o da chi per esso immediatamente dopo l’ultima iscrizione. Una copia del copia (sic!) del manifesto dovrà essere trasmessa, altresì, via email all’Ufficio SVAD Merci (dogane.roma2ave.amågenziadogane.it). Il manifesto sarà quindi allibrato sul registro A2. Inoltro della merce. Sulla base del numero di registrazione del manifesto, potrà quindi essere emesso dall’operatore il documento di transito, utilizzando il sistema NCTS. Il DAT e la lista di articoli, redatta secondo le prescrizioni delle disposizioni di applicazione del codice doganale comunitario (Regolamento CEE n. 2554/1993) accompagneranno la merce, previo espletamento degli eventuali controlli in partenza, potrà lasciare gli spazi doganali attraverso il varco doganale Cargo City per essere inoltrata sino a destinazione del magazzino di temporanea custodia o del deposito doganale previsto. Mancanze/eccedenze. Lo speditore delle merci in transito è responsabile per la spunta delle merci prima dell’emissione del documento di transito così, come nel caso, di richiedere l’intervento della dogana. Eventuali mancanze o eccedenze che dovessero essere constatate al momento dell’introduzione delle merci nel magazzino di temporanea custodia o del deposito doganale saranno pertanto considerate come mancanze/eccedenze a transito. Gli operatori che dovessero accedere alla procedura sopra descritta dovranno presentare apposita istanza alla Direzione dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2".

In esito all’accesso agli atti, ottenuto à sensi dell’art. 22 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche, A. A. C., avendo rilevato l’insussistenza di qualsivoglia provvedimento autorizzativo specificamente rilasciato a favore di T. S.r.l. in base all’anzidetto ordine di servizio n. 12 del 2009, ha contestato la legittimità dell’autorizzazione comunque rilasciata a T. al fine dello svolgimento dei servizi di handling presso un magazzino di temporanea custodia al di fuori della Cargo City.

Attraverso l’articolazione di diverse censure di legittimità, A. A. C. ha in buona sostanza sostenuto la tesi che i servizi handling di merci, di cui al punto 4 dell’allegato A del D.L.vo 13 gennaio 1999 n. 18, potrebbero essere svolti soltanto all’interno dell’apposito edificio cargo ubicato all’interno di Cargo City, considerato anche che ai fini dell’assegnazione degli spazi ivi disponibili è stata indetta una procedura ad evidenza pubblica.

Si sono costituiti in giudizio l’Agenzia delle Dogane, l’E.N.A.C. – Ente nazionale per l’aviazione civile e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per resistere a tale impugnativa.

Si è parimenti costituita in giudizio T., eccependo in via preliminare l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso per difetto di legittimazione processuale dell’amministratore delegato di A. A. C., nonché per difetto di legittimazione ad agire ed interesse al ricorso, e – ancora – eccependo l’irricevibilità del ricorso medesimo.

Si sono pure costituiti in giudizio la A. D. R. S.pa. e la F. I. S.p.a., rispettivamente nella loro qualità di gestore aeroportuale e di aggiudicatario in sub concessione di una porzione di magazzino all’interno di Cargo City, parimenti concludendo per la reiezione del ricorso.

1.2. Con ulteriore ricorso proposto sub R.G. 3889 del 2009 innanzi al medesimo T.A.R., A. A. C. ha – altresì – chiesto l’annullamento delle note del Direttore Aeroportuale di Roma F. prot. n. 2403/OFC/OFC dd. 10 marzo 2009 e prot. n. 2797/OFC/OFC dd. 23 marzo 2009 aventi ad oggetto "Aereoporto di F.. Richiesta uscita delle merci da parte della società T. S.r.l." e con le quali sarebbero state avallate le determinazioni assunte in favore della società T. da parte dell’Agenzia delle Dogane, Ufficio di Roma 2.

Contestualmente A. A. C. ha pure chiesto l’annullamento del nulla osta dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2 n. 14923 del 20 marzo 2009 rilasciato sempre a T. ed avente ad oggetto "Inizio attività handling Cargo Air China"; e, con motivi aggiunti proposti sempre sub R.G. 3889 del 2009, la medesima A. A. C. ha inoltre impugnato l’ordinanza della direzione aeroportuale n. 5 del 2009, che ha imposto ad A. D. R. S.p.a. di consentire la fuoriuscita delle merci prese in carico dalla T. attraverso il sistema ETV (ElevatingTransfer Vehicles).

A. A. C., nel dedurre l’illegittimità di tali ulteriori atti da essa impugnati, ha ribadito che, non solo per il quadro giuridico di diretto riferimento della materia, ma anche per concomitanti e quanto mai pregnanti esigenze di sicurezza, la fuoriuscita delle merci dal sedime aeroportuale non potrebbe avvenire se non dopo che i prestatori autorizzati abbiano espletato le formalità doganali di handling e le altre attività di assistenza a terra necessarie all’interno della Cargo City.

Si sono costituiti anche in tale secondo giudizio la A. D. R. S.pa. e la F. I. S.p.a., rassegnando conclusioni analoghe a quelle già formulate sub R.G. 3457 del 2009 innanzi allo stesso giudice di primo grado.

1.3. Con ordinanza n. 1170 del 27 luglio 2010 la Sezione II dell’adito T.A.R., previa riunione dei due ricorsi sopradescritti per ragioni di connessione, ha disposto una verificazione al fine acquisire elementi di fatto e documentali sulle attività di handling rispettivamente svolte da A. A. C. e da T., affidando il relativo incombente al Direttore Generale dell’ENAC.

Alla pubblica udienza del giorno 17 dicembre 2010 la causa è stata rimessa in decisione.

1.4. Con sentenza n. 315 dd. 14 gennaio 2011 il giudice di primo grado ha accolto i due sopradescritti ricorsi, annullando gli atti con essi impugnati e compensando integralmente tra tutte le parti le spese e gli onorari del giudizio, ad eccezione dei compensi di verificazione che sono stati posti in via solidale a carico dell’Agenzia delle Dogane e di T. s.r.l. e che sono stati liquidati nella misura di Euro 2.000,00.- (duemila/00).

2.1. T. ha proposto avverso tale pronuncia l’appello principale in epigrafe.

2.2. T. premette innanzitutto che, sotto un primo e quanto mai rilevante profilo, il giudice di primo grado avrebbe affermato che, in violazione della normativa di riferimento, le formalità doganali sarebbero svolte da T. non solo negli spazi comuni dell’Aeroporto di F., ma anche nel magazzino esterno di temporanea custodia (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata: "dall’accertamento espletato dall’E.N.A.C., è emerso che tutte le attività di handling preliminari rispetto alla conservazione nei magazzini (ivi compresi tutti i prescritti controlli), vengono svolte da T. presso gli spazi comuni esterni a Cargo City, in parte presso l’infrastruttura centralizzata e in parte negli spazi di uso comune centralizzati, e in parte presso il suo magazzino di temporanea custodia posto all’esterno del sedime aeroportuale".

Nella presupposizione dell’avvenuta violazione della predetta normativa di riferimento – quindi – il dato emerso dall’istruttoria svolta dall’E.N.A.C. sconfesserebbe quanto viceversa affermato dalla stessa Agenzia delle Dogane nella memoria dd. 26 maggio 2010 depositata nel primo grado di giudizio, secondo la quale le attività di handling sarebbero svolte da T. solo all’interno del sedime aeroportuale; e, infatti, in tale memoria – redatta dall’Avvocatura Generale dello Stato non solo in rappresentanza dell’Agenzia delle Dogane, ma anche dell’E.N.A.C. – si legge testualmente che "nel caso di specie T. effettua il disbrigo delle cosiddette formalità doganali presso il confine aeroportuale non compiendo alcuna violazione di legge. Non corrisponde affatto a verità, pertanto, la circostanza che le formalità doganali, anche quelle ricomprese nell’attività di handling di cui al D.L.vo 18 del 1999, siano effettuate da T. al di fuori del sedime aeroportuale" (cfr. ivi, diffusamente, le pagg. 12 e 15).

Del resto, anche la stessa attuale appellante rimarca di aver affermato nel giudizio di primo grado, segnatamente nella propria memoria del 18 maggio 2009, di svolgere tutte le formalità doganali prima dell’invio della merce nel magazzino (cfr. ivi, pag. 9: "quando T. inizierà le attività, lo farà nel rispetto della normativa di cui al D.L.vo 18 del 1999, quanto ad espletamento delle formalità doganali per i servizi a terra ex p.to 4.1 all. A (come recepito dalla Direttiva CEE), né potrebbeessere diversamente. Verranno pertanto eseguiti in aeroporto, segnatamente presso gli Uffici della Dogana, la presentazione del manifesto, l’emissione del Ti e la presa in carico A3, così come avviene presso tutti gli scali comunitari. Diversa e successiva incombenza, è lo stoccaggio delle merci").

Tuttavia, ad avviso di T. – e a differenza da quanto ricavato dal T.A.R. – simili considerazioni sono da ritenersi tuttora inconfutate, in quanto in nessuna parte della propria relazione l’E.N.A.C. affermerebbe quanto rinvenuto dal giudice di primo grado, ed – anzi – proprio la dettagliata descrizione ivi contenuta della procedura seguita dalla medesima T. per il disbrigo delle proprie incombenze comproverebbe che le uniche attività svolte nel magazzino esterno di temporanea custodia sono quelle di sdoganamento e di transito della merce (cfr. pag. 5 della relazione E.N.A.C. citata: "Sotto il profilo operativo, le merci vengono scaricate dall’aereo della Air China dalla società F. S.p.a., e dalla stessa portate nel corridoio antistante la rulliera dove vengono prese in consegna dal personale T.. Tale personale, dopo aver effettuato la spunta della merce in arrivo rispetto al manifesto di carico, pone i pallets sulla rulliera, al termine della quale raggiungono il piazzale prospiciente l’uscita della Cargo City. Qui viene effettuato il caricamento sui mezzi di superficie che li conducono per il successivo passaggio nel varco doganale da dove il carico viene trasferito con destinazione al magazzino di temporanea custodia (…) ove le merci vengono stoccate per le successive operazioni di importazione attraverso lo sdoganamento (ovvero la consegna della merce al cliente) o per un nuovo transito (…) nel caso in cui si tratti di merci particolari, prima del posizionamento sulla rulliera, vengono effettuati i controlli specifici, richiesti dalla normativa di riferimento, nelle strutture di uso comune gestite da A. D. R.").

T. rimarca pure che l’E.N.AC. ha richiamato nell’anzidetta sua relazione la propria circolare dd. 25 gennaio 2007 non già per sostenere la tesi che le formalità doganali possano essere svolte anche all’esterno dell’aeroporto, ma soltanto al fine di ribadire la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane a T. per la gestione di un deposito di temporanea custodia al di fuori del sedime aeroportuale (cfr. pag. 9 della relazione citata: "la suddetta Circolare non impone ai prestatori di servizio di acquisire uno spazio fisico in subconcessione dalla società di gestione aeroportuale, dando invece facoltà di organizzare le proprie attività ricorrendo all’utilizzazione di locali idonei al magazzinaggio nel quale eventualmente conservare la merce in regime di sospensione fiscale, fuori dal sedime aeroportuale. Conseguentemente, secondo tale norma, ai fini dell’attività di handling,non è necessariamente richiesta la disponibilità di una struttura interna al sedime aeroportuale nella misura in cui anche quella esterna, in quanto opportunamente autorizzata dalle Dogane, consenta funzionalmente l’espletamento della fase dello sdoganamento/transito e delle eventuali misure conservative richieste dal cliente").

Secondo T., l’equivoco su cui si fonderebbe la sentenza impugnata sarebbe scaturito dalla circostanza per cui l’E.N.A.C., a differenza del T.A.R., ricomprende in via estensiva nella nozione di handling non soltanto l’espletamento delle formalità doganali, ma anche la successiva attività di stoccaggio e sdoganamentotransito della merce.

Ad avviso di T., l’interpretazione dell’E.N.A.C. risulterebbe senz’altro più corretta, in quanto il punto 4.1 dell’Allegato A del D.L.vo 18 del 1999, comprende nella nozione di "assistenza merci", oltre alla movimentazione fisica delle merci stesse, al trattamento dei relativi documenti ed alle formalità doganali (svolte in aeroporto), anche "tutte le misure conservative convenute tra le parti o richieste dal cliente", ossia – nella specie – l’immagazzinaggio nel sito autorizzato dalle Dogane, il quale ben potrebbe essere collocato anche all’esterno dell’aeroporto.

Il T.A.R., per contro, avrebbe valorizzato – sempre secondo la tesi di T. – un’unica proposizione contenuta nella medesima relazione di E.N.A.C. secondo cui "per T., i medesimi controlli ed attività vengono svolti, in parte nell’area comune antistante la rulliera, in parte nelle infrastrutture centralizzate, e in parte negli spazi di uso comune gestiti da A. D. R. e in parte nel suo magazzino di temporanea custodia posta all’esterno del sedime aeroportuale" (cfr. pag. 8 della relazione citata): ma il medesimo giudice di primo grado non si sarebbe avveduto che l’E.N.A.C. ha pure affermato che in tali sedi vengono effettuati, genericamente, i "controlli" (ossia le formalità doganali), nonché le "attività" (e, cioè, lo stoccaggio e lo sdoganamento) previste dalla normativa vigente in materia, con la conseguenza che il passo surriferito della relazione non autorizzerebbe a sostenere che le formalità doganali siano svolte da T. anche nel magazzino di temporanea custodia delle merci.

Né, ad avviso di T., risponderebbe al vero l’assunto del giudice di primo grado secondo il quale "con l’ordine di servizio n. 12 del 2009, oggetto di gravame, è in sostanza introdotta una procedura che consente ai prestatori di servizi di assistenza a terra, autorizzati alla gestione di un deposito doganale fuori del sedime dell’aeroporto, (come T.) di essere autorizzati allo svolgimento in loco anche di attività di handling" (ove, per attività di handling, il TAR intende riduttivamente, come si è detto, "tutte le attività preliminari rispetto alla conservazione nei magazzini", pag. 12 sentenza cit.).

In senso contrario T. richiama non solo quanto puntualmente dedotto al riguardo nella memoria difensiva prodotta in primo grado dall’Avvocatura Generale dello Stato, ma anche lo stesso testo dell’ordine di servizio n. 12 del 2009, laddove a pag. 2 dispone che "qualora la merce in arrivo non debba essere introdotta nei depositi franchi operanti all’interno dello scalo di F., è obbligatorio procedere da parte della Compagnia aerea alla presentazione in dogana del manifesto di arrivo", e – altresì – laddove a pag. 3 dispone che "sulla base del numero di registrazione del manifesto, potrà essere quindi emesso dall’operatore il documento di transito", che "la merce, previo espletamento degli eventuali controlli in partenza, potrà lasciare gli spazi doganali attraverso il varco doganale Cargo City per essere inoltrata sino alla destinazione del magazzino di temporanea custodia o del deposito doganale previsto" (legittimamente non sempre né necessariamente all’interno del sedime aeroportuale) e che "lo speditore della merce è responsabile per la spunta delle merci prima dell’emissione del documento di transito. Eventuali mancanza o eccedenze che dovessero essere contestate al momento dell’introduzione delle merci nel magazzino saranno pertanto considerate come mancanze/eccedenze a transito".

T. rimarca pure che se la tesi del T.A.R. dovesse sostanziarsi nell’assunto per cui essa neppure potrebbe stoccare la merce nel magazzino di temporanea custodia sito all’esterno del sedime, la sua opposizione alla tesi stessa sarebbe quanto mai risoluta, posto che A. A. C. non ha per certo impugnato in primo grado, sotto questo particolare aspetto, l’autorizzazione prot. 35518 dd. 22 ottobre 2008 rilasciata dall’Agenzia delle Dogane.

Comunque sia, T. afferma la totale irrilevanza, per l’economia del giudizio, della dimostrazione, operata dal giudice di primo grado, circa la necessità che l’attività di espletamento delle formalità doganali sia svolta all’interno dell’aeroporto, soggiungendo che nella denegata ipotesi in cui si volesse ritenere accertata (quod non) la circostanza di fatto che le formalità doganali vengano effettuate anche nel deposito di temporanea custodia, gioverebbe comunque rilevare che:

a) l’art. 75 cod. nav., richiamato dal T.A.R. a fondamento della propria tesi, dispone che al gestore spetti di coordinare e controllare l’attività dei prestatori di servizi a terra presenti "nell’aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato", con ciò ammettendo esplicitamente che le strutture destinate allo svolgimento delle attività medesime possano essere situate anche al di fuori dell’area di stretta pertinenza dell’aeroporto;

b) il D.L.vo 18 del 1999, recante "attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli A. della Comunità", non stabilisce espressamente che le infrastrutture necessarie allo svolgimento delle attività di assistenza a terra debbano essere ubicate all’interno dello scalo, non essendo sufficiente, per giungere all’opposta conclusione, richiamare la generica norma definitoria contenuta nell’art. 2 del medesimo decreto legislativo;

c) il provvedimento n. 19020 del 2008 emanato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e richiamato parimenti nella sentenza del giudice di primo grado a fondamento della tesi sostenuta da quest’ultimo si riferirebbe alle merci in partenza, e non già a quelle in

arrivo, tanto che ivi si afferma che gli adempimenti doganali e di sicurezza devono essere espletati nell’area prospiciente le piste, in quanto "intervengono successivamente alla predisposizione delle unità di carico", e prima che queste vengano "prese in consegna dall’handler di rampa che provvede al trasporto delle stesse sull’aeromobile" (punto 70); senza sottacere che l’Autorità medesima non è, comunque, titolare di una competenza di interpretazione autentica delle norme;

d) l’art. 95, primo comma, prima parte, del T.U. approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (testo unico legge doganale) dispone che "i magazzini o recinti per la temporanea custodia delle merci sono situati nell’ambito degli spazi doganali o in altri luoghi soggetti a vigilanza finanziaria", con ciò quindi ammettendo che il requisito indispensabile non sia costituito dall’ubicazione dei magazzini, ma dalla loro effettiva sottoposizione a vigilanza finanziaria;

e) infine, a fronte della circostanza che nei motivi aggiunti al ricorso di primo grado A. A. C. ha sostenuto che i rappresentanti di T. avrebbero ammesso di svolgere "attività dihandling" all’interno del magazzino di temporanea custodia, andrebbe ribadito che la nozione di "attività di handling" è stata usata dai rappresentanti medesimi secondo l’accezione comprensiva non solo delle operazioni di controllo e della spunta della merce in arrivo, effettuate all’interno del sedime dell’aeroporto, ma anche delle operazioni di sdoganamento e di transito della merce, a loro volta effettuate in magazzino.

2.3. Con un secondo ordine di censure T. rileva che nella sentenza impugnata si coglie un ulteriore profilo di illegittimità nella circostanza per cui non tutte le attività di movimentazione e di controllo di sicurezza possono essere svolti dalla T. medesima all’interno dell’aeroporto in spazi comuni, considerato che, per esempio, come espressamente indicato dall’E.N.A.C. in sede di verificazione, per l’effettuazione dei controlli sui prodotti destinati al consumo umano non esistono nella Cargo City spazi comuni o strutture utilizzabili da tutti gli handlers, e considerato soprattutto che "gli atti di assenso impugnati sono stati rilasciati senza alcun limite o condizione".

T., per parte propria, rimarca che l’ordine di servizio dell’Agenzia delle Dogane, recante l’autorizzazione al transito delle merci in arrivo senza passare per la Cargo City, impone comunque che tutti i necessari controlli sulle merci vengano effettuati prima dell’uscita delle merci dal sedime aeroportuale: e da ciò, per l’appunto, consegue che, qualora le merci trattate dalla T. medesima fossero destinate al consumo umano, essa non le potrebbe trasportare nel magazzino di temporanea custodia senza aver effettuato i controlli sanitari previsti dalla normativa vigente al riguardo; e che, nondimeno, posto che la stessa T. non tratta merci di questo tipo, essa non ha chiesto ad A. D. R. S.p.a. la disponibilità di aree adibite a tale scopo all’interno del sedime aeroportuale.

T. precisa pure che l’attuale assenza nell’Aeroporto di F. di aree comuni destinate ai controlli sulle merci destinate al consumo umano sarebbe unicamente addebitabile all’inerzia di A. D. R. S.p.a., la quale, pur disponendo di un’area di sedime aeroportuale di estensione enorme, annoverata tra le più grandi d’Europa, non ha trovato il modo di mettere a disposizione di tutti i prestatori di servizi a terra uno spazio da destinare a tali controlli, con ciò di fatto creando una barriera all’ingresso di nuovi operatori.

T. censura severamente tale comportamento in quanto contrario in modo eclatante ai principi di rango comunitario codificati dal D.L.vo 18 del 1999, secondo i quali l’utilizzo delle infrastrutture centralizzate da parte dei prestatori di servizi di assistenza a terra costituisce addirittura la regola fondamentale del "sistema" (cfr. al riguardo l’art. 9 del D.L.vo 18 del 1999: "L’E.N.A.C. riserva la gestione delle infrastrutture centralizzate all’ente di gestione che ne assicura la gestione in via esclusiva (…) rendendone eventualmente obbligatorio l’impiego da parte dei prestatori di servizio e degli utenti che effettuano l’autoassistenza. Il Ministero dei trasporti, avvalendosi dell’E.N.A.C., vigila affinché la gestione delle infrastrutture centralizzate si svolga secondo criteri trasparenti, obiettivi e non discriminatori, che garantiscano l’accesso dei prestatori di servizi e degli utenti che effettuano l’autoassistenza"); senza sottacere – poi – che lo stesso D.L.vo 18 del 1999 è stato – per l’appunto – emanato allo scopo primario di liberalizzare il mercato dei servizi di assistenza a terra dei prestatori di servizi, in applicazione della normativa comunitaria.

Se così è, quindi, la riserva dell’utilizzo della Cargo City solo ad alcuni operatori imposta da A. D. R. costituirebbe già ex se una rilevante e quanto mai discutibile deroga ai principi della liberalizzazione del settore; e aggiungere a tali limitazioni anche quella di non permettere l’utilizzo a terzi delle (poche) infrastrutture centralizzate rimaste parrebbe ancor di più illegittimo.

T. afferma, pertanto, che non potrebbero farsi ricadere su di sé le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni di A. D. R..

La medesima appellante rimarca pure che con nota prot. 165176 22/9/2010, indirizzata all’E.N.A.C. e all’Agenzia delle Dogane, l’Ufficio Vigilanza e Difesa Fitosanitaria della Regione Lazio ha vibratamente denunciato le condizioni di lavoro dei veterinari addetti ai controlli presso l’Aeroporto di F., affermando essere "doveroso segnalare… che ultimamente si sono aggravati i numerosi problemi con le Società di Gestione dei magazzini A. e Alha, già opportunamente informate, che devono garantire la speditezza dei controlli fitosanitari per i motivi che di seguito si rappresentano: i) mancanza di un operatore specificatamente incaricato……(omissis) questo comporta violazione di norme di cui al D.L.vo 9 aprile 2008 n. 81 (sottolineato in originale)… 2) il mancato riconoscimento delle singole spedizioni costituisce pericolo di entrata di organismi nocivi, generando violazione del D.L.vo 19 agosto 2005 n. 214… (omissis); 3) sala quarantena (cella frigorifera) fatiscente…… (omissis);. 4) Sala visite destinata da Alitalia al Servizio Fitosanitario ultimamente occupata da personale per le società Alha – Alitalia senza preavviso…..(omissis); 5) mancanza di comunicazione dell’inizio della gestione della nuova società Flich Air di alcuni voli importanti da sottoporre al controllo fitosanitario. Detta società sta operando senza conoscere le procedure ed i requisiti minimi richiesti dal Servizio Fitosanitario per il controllo delle merci vegetali né si è a conoscenza di referente……..(omissis); 6) Difficoltà a reperire i manifesti dei voli, indispensabili per poter effettuare la verifica del carico…. (omissis); Mancanza della pulizia ordinaria delle aree esterne… (omissis)".

Da tutto ciò discenderebbe, quindi – ad avviso di T. – che le gravi carenze e la circostanza dei paventati rischi sui controlli delle merci potenzialmente infette (su cui più volte si sono diffusi sia la ricorrente in primo grado, sia la stessa sentenza resa dal T.A.R.) riguardano per certo gli altri handlers dello scalo e involgerebbero la responsabilità dei gestori dei luoghi, ma non già la responsabilità della medesima T., mai citata nella missiva surriportata.

T. evidenzia – altresì – come il giudice di primo grado sostiene pure che, se anche sia astrattamente ipotizzabile lo svolgimento di alcune attività di handling presso aree comuni, una simile soluzione contraddirebbe la scelta organizzativa e funzionale adottata dall’ente gestore dell’aeroporto di Roma F., il quale quindi "rimane il soggetto direttamente investito dalla normativa della relativa competenza"; ma, sempre secondo T., con ciò il T.A.R. stravolgerebbe la corretta applicazione della disciplina vigente, laddove segnatamente afferma che sarebbero l’Agenzia delle Dogane, e soprattutto l’E.N.A.C., a doversi adeguare alle determinazioni di A. D. R..

In realtà – rimarca T. – risulterebbe l’esatto contrario, posto che, à sensi del D.L.vo 18 del 1999, l’E.N.A.C.:

a) vigila (art. 10) affinché sia garantito l’accesso agli impianti aeroportuali da parte dei prestatori di servizi e degli utenti che effettuano l’autoassistenza, e le condizioni poste all’accesso siano

adeguate, trasparenti, obiettive e non discriminatorie;

b) autorizza (art. 12) l’ente di gestione a disporre limitazioni all’accesso dei prestatori dei servizi di assistenza a terra (ove, per "assistenza a terra", a norma dell’art. 2, lett. e), si intende "qualsiasi

servizio tra quelli elencati nell’allegato A" del medesimo decreto legislativo, e quindi anche le attività di handling);

c) per motivate ragioni, inerenti alla sicurezza (art. 5), alla capacità o allo spazio disponibile presenti in aeroporto, l’ente di gestione medesimo "può limitare il numero dei prestatori per le categorie di servizi di (…) assistenza merci".

Da tutto ciò deriverebbe quindi che l’E.N.A.C., nell’imporre ad A. D. R. S.p.a. di mettere a disposizione di T. le strutture centralizzate presenti nell’Aeroporto di F., ha fatto uso delle prerogative di vigilanza e supervisione affidategli dalla legge.

T. evidenzia, quindi, che tutto quanto attiene allo svolgimento delle formalità doganali è di competenza dell’Agenzia delle Dogane, la quale aveva quindi facoltà di stabilire le procedure di controllo delle merci in arrivo non transitanti per la Cargo City: e ciò à sensi di quanto disposto dal Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio CE 450/2008 dd. 23 aprile 2008, istitutivo del codice doganale comunitario.

Va anche soggiunto che la soluzione organizzativa adottata da A. D. R. S.p.a. (contraddistinta da una suddivisione delle aree e delle strutture disponibili presso la Cargo City fra i diversi handlers autorizzati e selezionati secondo procedure di evidenza pubblica) è stata reputata dal giudice di primo grado come perfettamente conforme alla disciplina contenuta nell’art. 11 del D.L.vo 18 del 1999, la quale, "pur nell’ottica dell’apertura al libero mercato dei servizi aeroportuali di assistenza a terra, prevede che, nel caso di limitazioni collegate ad esigenze di sicurezza o alla capacità o spazio disponibile nell’aeroporto, il numero dei prestatori dei servizi può essere soggetto a limitazioni, ed in tal caso l’ente di gestione deve indire una selezione ad evidenza pubblica che consenta la verifica anche di tutti i requisiti previsti dal successivo art. 13" (cfr. pag. 10 e ss. della sentenza impugnata).

Secondo T., posto che, à sensi degli artt. 5 e 12 del D.L.vo 18 del 1999, il potere di limitare il numero di prestatori dei servizi di terra negli A. competerebbe – semmai – unicamente all’E.N.A.C. e. posto che fino ad ora quest’ultimo, per quanto segnatamente concerne i servizi prestati da T. e A. Air Service, non ha disposto alcuna limitazione, dovrebbe trarsi la conseguenza che A. D. R. S.p.a. si è semplicemente limitata a concedere con gara l’utilizzo delle strutture della Cargo City.

T. rimarca soprattutto che quanto sostenuto da A. D. R. S.p.a. e da A. Air Service, e acriticamente recepito nella sentenza impugnata, circa gli obblighi del concessionario dello scalo aeroportuale di ricorrere a gare per l’assegnazione di spazi all’interno dell’aeroporto medesimo o circa l’esistenza di limitazioni ope legis per l’assegnazione degli spazi medesimi, sarebbe in realtà inconferente per l’economia di causa: dall’insieme della disciplina di fonte comunitaria e di quella di fonte statuale, infatti, si evincerebbe che per esigenze di sicurezza, di capacità e di spazi disponibili negli scali aeroportuali sarebbe consentito, ma non imposto, all’E.N.A,C. di porre limitazioni all’accesso al mercato dei prestatori di assistenza a terra (cfr. al riguardo gli artt. 4 comma 2, e 5, comma 2, del D.L.vo 18 del 1999, nonché l’art. 6 della direttiva 96/67/CE), nel rispetto dei criteri di trasparenza, obiettività e non discriminazione; e, anche laddove previste (cfr., ad es. gli artt. 12 e 9 della medesima direttiva 96/67 CE), le cosiddette "deroghe" risultano comunque possibili in presenza di vincoli specifici di spazio e di capacità disponibile e per una breve durata entro la quale rimuovere le criticità che hanno dato luogo alla richiesta.

Nel proprio appello T. si diffonde pure sulle considerazioni contenute nella sentenza impugnata sui rischi di una distorsione delle regole della concorrenza che risulterebbero asseritamente indotti dagli atti impugnati in primo grado.

In tal senso T. reputa facilmente intuibile il notevole vantaggio, in termini di costi di gestione, derivante dall’utilizzo della Cargo City da parte degli operatori autorizzati, i quali peraltro hanno conseguito tale posizione di supremazia partecipando alla gara indetta da A. D. R. S.p.a.: ma in questa clausola di esclusività, dovrebbe, ad avviso di T., arrestarsi il corrispettivo degli oneri economici sopportati per assicurarsi la commessa e per l’utilizzo in regime di concessione delle strutture medesime, posto che pretendere che gli operatori ivi insediati abbiano maturato il diritto di escludere dall’Aeroporto di F. anche i soggetti che di tali strutture non usufruiscono parrebbe ictu oculi una forzatura ed un’evidente violazione dei principi di libera concorrenza introdotti dal D.L.vo 18 del 1999.

T. rimarca – altresì – che, nonostante tale liberalizzazione, i costi dei servizi a terra per le compagnie aeree negli scali italiani, e in particolare nello scalo di F., così come più volte accertato dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il mercato, sono ben maggiori della media europea: e ciò, sempre secondo la tesi dell’appellante, proprio a causa dei reiterati tentativi di frapporre barriere all’ingresso di nuovi operatori.

T. reputa che lo scenario sia ben diverso da quello prospettato nella sentenza impugnata, avuto riguardo alla circostanza che, a seguito di una propria segnalazione all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato concernente gli impedimenti materiali frapposti da A. D. R. S.p.a. all’esercizio della propria attività, l’Autorità ha avviato un’istruttoria per accertare se vi siano in atto comportamenti lesivi del diritto della concorrenza ed abuso di posizione dominante da parte della menzionata ultima società.

T. riferisce pure che la medesima Autorità si sarebbe già più volte occupata di A. D. R., e che con il procedimento A 376 avrebbe verificato proprio l’incongruità della determinazione dei corrispettivi per l’accesso all’area doganale della Cargo City con riferimento all’art. 82 del Trattato, ossia per abuso di posizione dominante.

T. rimarca che negli anni sino al 2008, di fatto, la posizione dell’handlercargo sarebbe stata di assoluto monopolio in capo ad A. D. R. S.p.a. e che con l’ingresso nel mercato di A. A. C. sarebbe stato creato un mercato fondato su un unico gestore A., con Alitalia in autoproduzione (senza sottacere, peraltro, che A. A. C., al momento in cui sono stati proposti innanzi al T.A.R. i ricorsi in primo grado, neppure aveva ancora la qualifica di handler doganale, non avendo ancora ottenuto le relative autorizzazioni).

T. rileva che qualunque soggetto autorizzato intenda utilizzare le infrastrutture centralizzate in essere all’interno del sedime aeroportuale (rulliera, cella frigorifera, ecc.) deve sottostare al costo del canone autodeterminato da A. D. R. S.p.a. e, di fatto – e proprio per le ragioni sottolineate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – sopportare i costi del "doppio" passaggio attraverso la Cargo City, poiché ora come allora (i fatti del procedimento A376 sono del 20062008; il procedimento si è concluso con Provvedimento di sanzione del 23 ottobre 2008 n19020 – v. stralcio della decisione, doc. 3 fasc. II grado) l’Aeroporto di F. non è dotato di varchi doganali al di fuori di Cargo City.

Secondo T. sarebbe questa, dunque, la violazione della concorrenza attuata mediante lo sviamento delle regole del mercato, come opportunamente denunciato dall’Antitrust, e non già la ricostruzione operata dal T.A.R. per il Lazio; e sottolinea che dalla lettura dell’istruttoria e della decisione dell’Antitrust medesima emergerebbe a chiare lettere che vi sono legittimamente handlers che operano, come in tutta Europa, al di fuori delle cargo cities e che non si comprenderebbe donde discenderebbe la limitazione che avrebbe indotto il primo giudice alla sua decisione (cfr. doc. 2 fasc. II grado, Par. 67).

2.4. Da ultimo, T. si fa cura di replicare a tutti gli altri motivi di ricorso dedotti innanzi al T.A.R. da A. A. C. e assorbiti dal giudice di primo grado.

a) In tal senso, quindi, va innanzitutto denotato che secondo A. A. C. l’Agenzia delle Dogane non avrebbe avuto la competenza ad autorizzare l’apertura di un deposito doganale o di un magazzino e che, viceversa, T. reputa che la facoltà delle autorità doganali di attribuire lo status di deposito doganale sia puntualmente contemplata dall’art. 153 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 450del 2008, del 23 aprile 2008, istitutivo del codice doganale comunitario.

b) In via subordinata, A. A. C. aveva dedotto l’incompetenza relativa dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2 ad emettere l’autorizzazione di cui trattasi, in quanto tale potere spetterebbe in ogni caso alla Direzione Regionale.

A tale riguardo T. rimarca che con nota prot. 20224 dd. 13 giugno 2008 la Direzione Regionale del Lazio e dell’Umbria dell’Agenzia delle Dogane aveva delegato alla sede locale l’esercizio del potere autorizzatorio al riguardo, e che – comunque – anche la medesima Direzione Regionale aveva autorizzato con propria nota prot. 35518 dd. 22 ottobre 2008 la T. s.r.l. all’esercizio dell’attività di deposito in temporanea custodia.

c) T. afferma che – a differenza di quanto sostenuto da A. A. C. – non sussisterebbe alcuna disciplina di fonte comunitaria o statuale che contempli in materia doganale competenze amministrative esclusive, concorrenti o di rango secondario, ai soggetti gestori aeroportuali gestore aeroportuale, e men che meno ai soggetti gestori di diritto privato quale è – per l’appunto – la A. D. R. S.p.a..

d) A. A. C. aveva pure sostenuto che l’apertura di nuovi depositi doganali sarebbe stata subordinata ad un incremento del traffico aereo che, al contrario, nel caso dell’Aeroporto di F. sarebbe sensibilmente diminuito.

A tale conclusione A. A. C. era pervenuta in considerazione di quanto disposto dal Par. 1.3, lett. a) della Circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 16/D dd. 28 aprile 2006, laddove segnatamente si chiede che l’operatore interessato dimostri l’esigenza dell’immagazzinamento, "con riferimento ai traffici internazionali realmente esistenti o programmati, da comprovare a mezzo di idonea corrispondenza commerciale, contratti, lettere d’intenti, richieste della clientela, ecc., e con riferimento alle effettive necessità della locale realtà economica e commerciale".

A tale proposito T. afferma di aver puntualmente dimostrato, nel corso dell’istruttoria della propria domanda, di aver concluso accordi con le compagnie aeree per la fornitura di servizi di handling presso l’aeroporto di F., rimarcando comunque che i depositi doganali della zona di F. vengono abitualmente utilizzati anche per le merci pervenute via mare dal porto di Civitavecchia e che l’argomento di A. A. C. circa l’illegittimità dell’autorizzazione al deposito doganale per il decremento dei traffici aerei cargo di F. nel primo trimestre 2009, oltre ad essere inconferente (posto che, come detto innanzi, la stessa ricorrente in primo grado neppure espletava tale attività doganale essendo sprovvista delle autorizzazioni), comproverebbe la scarsa conoscenza del settore da parte di A. A. C., proprio poiché non terrebbe nella dovuta considerazione anche tutto il traffico via mare che viene regolarmente e legittimamente trattato nella zona di competenza dei depositi doganali laziali.

e) Secondo A. A. C. l’impugnato ordine di servizio dell’Agenzia delle Dogane n. 12 del 2009 neppure recherebbe le motivazioni che ne avrebbero giustificato l’emanazione.

T., a sua volta, evidenzia che tale provvedimento non contiene alcun invito agli interessati a chiedere l’autorizzazione all’apertura e alla gestione di depositi doganali, ma si limiterebbe a normare le procedure che le compagnie aeree sono tenute a seguire qualora la merce in arrivo non deve essere introdotta nei depositi franchi operanti all’interno dello scalo.

f) Sempre secondo A. A. C., sussisterebbe la necessità che il rilascio dell’autorizzazione alla gestione del magazzino di temporanea custodia sia subordinato al parere favorevole della Guardia di Finanza; secondo T., per contro, nessuna disposizione contenuta nel T.U. della legge doganale approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 prevederebbe che tale parere venga acquisito.

3.1. A loro volta, l’Agenzia delle Dogane, l’E.N.A.C. e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno proposto à sensi dell’art. 96, comma 2 e 3, cod. proc. amm. impugnativa avverso la medesima sentenza resa dal T.A.R. nelle forme dell’appello incidentale.

3.2. Con un primo motivo tali appellanti deducono l’inammissibilità dei ricorsi proposti in primo grado da A. A. C. in quanto gli atti ivi impugnati risulterebbero inidonei ad essere oggetto di ricorso.

Dopo aver evidenziato – tra l’altro – che tale eccezione di inammissibilità era stata da loro puntualmente dedotta innanzi al T.A.R., ma da quest’ultimo neppure esaminata, gli appellanti medesimi affermano che le predette note dell’Agenzia delle Dogane neppure parrebbero assumere le caratteristiche richieste dal nostro ordinamento per poter essere impugnate innanzi al giudice amministrativo, in quanto intrinsecamente prive di carattere provvedimentale definitivo e, comunque, insuscettibili di ledere diritti soggettivi o interessi legittimi di soggetti terzi.

In particolare, secondo gli appellanti incidentali, l’ordine di servizio n. 12 del 2009 si sostanzierebbe in un mero chiarimento o nota esplicativa diretta ai soggetti interessati circa le modalità concrete da seguire per la procedura di inoltro delle merci non comunitarie arrivate presso l’aeroporto in regime dì transito con destinazione verso altri luoghi appositamente autorizzati a ricevere merci (depositi doganali, magazzini di temporanea custodia, ecc), ovvero si tratterebbe di un provvedimento di carattere generale assolutamente privo di qualsivoglia elemento in grado di identificare una violazione o lesione di posizioni giuridiche soggettive e che tantomeno innoverebbe rispetto alla regolamentazione attualmente vigente nel settore, sostanziandosi – al più – quale "guida operativa" o "esemplificativa" per gli operatori del settore.

L’autorizzazione dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2 dd. 20 marzo2009, invece, costituirebbe, ad avviso degli appellanti medesimi, un mero "nulla osta" rilasciato a T. al fine dell’utilizzo di un cancello, cosiddetto "lato delivery", interno agli spazi doganali, tale da consentire alla T. medesima il disbrigo delle formalità doganali quali la presentazione delle merci e l’assoggettamento delle stesse al regime doganale "del transito comunitario esterno".

L’autorizzazione predetta concernerebbe quindi soltanto gli aspetti doganali di competenza dell’ufficio emittente e – non sussistendo motivi di carattere fiscale o, in generale, di sicurezza doganale, ostativi al passaggio di merce fra zone interne agli spazi doganali oggetto del provvedimento – sarebbe stata emessa nei confronti della parte direttamente interessata; né sarebbe dato di vedere come l’atto stesso possa ledere interessi o diritti soggettivi di soggetti terzi ed, in particolare, di A. A. C., che, al pari della T., qualora dovesse svolgere operazioni analoghe, potrebbe ottenere l’emissione di atto conforme.

Sempre secondo gli appellanti incidentali, anche le note dell’E.N.A.C. nn. 2403 e 2797 risulterebbero prive di autonomia funzionale, costituendo – a ben vedere – mera conseguenza dei predetti atti dell’Agenzia delle Dogane; il che sarebbe pure confermato dalla circostanza che l’E.N.A.C. neppure è titolare di competenze in merito alla definizione della possibilità di effettuare attività di sdoganamento al di fuori del sedime aeroportuale e che, proprio in considerazione di ciò, le sue note sono indirizzate al gestore aeroportuale e non già alle società contendenti.

3.3. Con un secondo motivo gli appellanti medesimi sostanzialmente ripropongono il primo motivo già dedotto nell’appello principale di T. circa la non corretta nozione di handling considerata dal T.A.R. e posta – per l’appunto – a fondamento della sentenza impugnata.

I medesimi appellanti affermano pure che l’ordine di servizio impugnato ed il nulla osta per l’utilizzo del cancello interno impugnati da A. A. C. sarebbero stati ora superati dalla circolare n. 19/D dd. 30 dicembre 2010 emanata dalla Direzione Centrale Gestione Tributi dell’Agenzia delle Dogane, per quanto segnatamente riguarda i principi dettati in relazione alla dichiarazione sommaria di entrata e della trasmissione telematica dei manifesti merci in arrivo.

In particolare, secondo la nuova disciplina dettata dall’art. 4 e ss della circolare, le limitazioni alle potestà organizzative dell’Agenzia delle Dogane e dell’ENAC che A. A. C. e lo stesso giudice di primo grado hanno voluto leggere nella disciplina vigente non sarebbero più attuali, in quanto gli adempimenti previsti dalla legislazione comunitaria per le merci all’entrata nel territorio doganale della Comunità in applicazione delle misure di sicurezza sono stati modificati.

In relazione a ciò, pertanto, gli appellanti incidentali ipotizzano pure una sopravvenuta carenza di interesse di A. A. C. a coltivare il presente contenzioso.

3.4. Con un terzo motivo gli appellanti incidentali affermano che il giudice di primo grado avrebbe comunque errato per il fatto di non aver considerato che gli atti di cui è causa costituirebbero una puntuale e precisa applicazione di quelli che sono i principi stabiliti, a livello comunitario e nazionale in materia di circolazione della merce in regime di "transito comunitario esterno" ed, anche, dei dettami della disciplina dettata in materia di mercato di servizi di assistenza a terra.

Gli appellanti evidenziano che il T.A.R. si è in tal senso riferito alla disciplina contenuta nell’anzidetto allegato A" del D.L.vo 18 del 1999 laddove elenca i servizi di assistenza a terra fra cui rientra, al Par. 4 "l’Assistenza merci e posta" che comprende, segnatamente al Par. 4.1 – "per le merci esportate, importate o in transito, la movimentazione fisica delle merci, il trasferimento dei relativi documenti, le formalità doganali e tutte le misure conservative convenute fra le parti o hieste dalle circostanze " e, in accoglimento delle tesi di A. A. C., ha ritenuto che nella specie si sia attuata una delocalizzazione al di fuori del sedime aeroportuale delle formalità doganali connesse all’attività di handling ivi previste: delocalizzazione che è, per l’appunto, vietata dalla disciplina vigente in materia.

Secondo i medesimi appellanti – che anche su questo punto ricalcano le medesime argomentazioni proposte nell’appello principale – il giudice di primo grado non avrebbe considerato che T. nella specie effettua il disbrigo delle cosiddette formalità doganali (ossia quelle stesse operazioni che A. A. C. fa rientrare nella nozione di handling di cui al Par. 4 dell’Allegato "A" al D.L.vo 18 del 1999) presso il confine aeroportuale non compiendo alcuna violazione di legge, di modo che non corrisponderebbe al vero la circostanza, dedotta sempre da A. A. C., che le "formalità doganali" – intendendosi per queste anche quelle ricomprese nell’attività di handling di cui al D.L.vo 18 del 1999 – sarebbero effettuate da T. al di fuori del sedime aeroportuale.

Secondo gli appellanti medesimi tale circostanza neppure risulterebbe dai chiarimenti che l’E.N.A.C. ha fornito in corso di causa.

Semmai, ad avviso degli appellanti incidentali, nel caso di specie sarebbe stata fatta una puntuale e precisa applicazione della procedura prevista per la circolazione delle merci in regime di "transito comunitario esterno", da sempre attuato in tutto il territorio dell’Unione Europea.

I medesimi appellanti rimarcano in tal senso che le merci che T. può prendere in consegna sono vincolate allo specifico regime doganale denominato "regime del transito comunitario esterno" (art. 4, 40,48, e, soprattutto, 91 e ss. del Regolamento CE 2193/92 e art. 340 bis e ss. del Regolamento CE 2454/93) a fronte di apposita dichiarazione effettuata in dogana attraverso il sistema telematico NCTS da un dichiarante doganale (doganalista) per conto di T..

Per effetto di tale procedura, le merci medesime vengono regolarmamente asportate da T. dagli spazi doganali di confine ubicati nell’aeroporto di F. solo dopo che le merci stesse sono state ivi sottoposte alle formalità doganali sia documentali, sia del c.d. "Circuito doganale di controllo".

Gli appellanti affermano, pertanto, che solo dopo l’espletamento di tali formalità – che avvengono, si ribadisce, in aeroporto e negli appositi spazi doganali – viene rilasciata la documentazione doganale di accompagnamento delle merci (DAUT1 – copia per l’accompagnamento merci).

Le merci vengono poi prese in carico e trasportate verso una successiva "destinazione doganale interna".

3.5. Gli appellanti incidentali affermano, con un quarto motivo di appello, che il giudice di primo grado neppure avrebbe considerato che l’ordine di servizio 12 del 2009 e il successivo "nulla osta" del 20 marzo 2009, emessi entrambi dall’Ufficio delle Dogane di Roma 2, non sono nient’altro che la "chiarificazione" della procedura da applicare per lo svolgimento di tali attività ed il "nulla osta" all’utilizzazione del cancello "lato delivery" concesso alla T. per l’accesso diretto agli spazi doganali al fine dell’espletamento di tale attività; e T., del resto, altro non farebbe che agire come qualsiasi altro operatore agirebbe non solo a F., ma in qualsiasi altra "dogana di confine" del territorio europeo, scegliendo di dare alle merci una destinazione doganale successiva (importazione, nuovo transito) presso una dogana interna, differente da quella del luogo di introduzione delle medesime merci, grazie allo strumento di mobilità in cui consiste il sopra citato regime.

I medesimi appellanti rimarcano a tale riguardo che T. risulta essere in possesso di idonea autorizzazione n. 75 rilasciata dall’E.N.A.C. quale prestatore di servizi di assistenza a terra e che pertanto anche la medesima T. è handler, al pari di A. A. C.: l’unica differenza consisterebbe nella circostanza per cui T., anziché condurre direttamente tali merci in una "dogana interna" per assegnare alle stesse la destinazione doganale successiva, le trasferisce prima, nel suo "magazzino di temporanea custodia", debitamente autorizzato e ubicato circa 10 chilometri da F., dove le merci vengono stoccate in attesa di provvedere alle successive operazioni di sdoganamento (importazione, nuovo transito): operazioni, queste, che vengono effettuate seguendo la stessa identica procedura che è stata sopra descritta presso un ufficio di dogana interna (normalmente quello della SOT – Sezione Operativa Territoriale – di F., che dipende dall’Ufficio delle Dogane di Roma 2, ma si trova decentrato rispetto all’aeroporto).

Prima dell’apertura del deposito doganalemagazzino di temporanea custodia di T., tutte le merci in regime di transito esterno venivano condotte nel deposito franco di Cargo City, nel mentre, con l’apertura del suo deposito doganale, la medesima T. può ora evitare di fare passare le merci di sua competenza da tale deposito franco e prelevarle direttamente dagli spazi doganali per il varco concesso.

3.6. Con un quinto motivo gli appellanti incidentali affermano che il giudice di primo grado, sempre a proposito della libera concorrenza nel settore e del ruolo di A. D. R. S.p.a. nella gestione del sedime aeroportuale, neppure avrebbe preso in considerazione gli art. 8 e 16 della Direttiva CE 96/67, recepita con il D.L.vo 18 del 1999.

3.7. Con un sesto motivo i medesimi appellanti affermano pure che il T.A.R. avrebbe malamente interpretato anche l’art. 705 cod. nav., laddove chiaramente dispone che al gestore aeroportuale spetta di coordinare e controllare l’attività dei prestatori di servizi a terra presenti "nell’aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato", ossia anche in strutture situate al di fuori dell’area di stretta pertinenza dell’aeroporto; lo stesso T.A.R. non avrebbe poi tenuto conto: né della circostanza che il D.L.vo 18 del 1999 non stabilirebbe espressamente che le infrastrutture necessarie allo svolgimento delle attività di assistenza a terra debbano essere ubicate all’interno dello scalo; né – ancora – del rilievo (parimenti svolto anche nel ricorso principale di T.) che il provvedimento n. 19020 del 2008 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si riferisce alle merci in partenza e non a quelle d’arrivo, come si evince dalla previsione che gli adempimenti doganali e di sicurezza debbano essere espletati nell’area prospiciente le piste in quanto "intervengono successivamente alla predisposizione delle unità di carico", prima che queste vengano "prese in consegna dall’handler di rampa che provvede al trasporto delle stesse sull’aeromobile" (cfr. ivi, punto 70); e – rimarcano sempre gli appellanti – anche dal Regolamento dello scalo aeroportuale approvato dall’E.N.A.C. con ordinanza n. 11 del 2006 si evincerebbe chiaramente che il coordinamento fra gli operatori deve essere finalizzato a consentire loro di accedere allo scalo senza limitazioni, al fine di svolgere le attività per le quali sono autorizzati, e senza quindi quella subordinazione alla localizzazione dei depositi doganali dentro la linea di confine che erroneamente il giudice di primo grado avrebbe seguito nella sua decisione.

In sostanza, il giudice di primo grado avrebbe dunque errato nel fare riferimento all’art. 705 cod. nav. quale fonte della decisione da esso assunta, laddove le modalità operative attuate con gli atti impugnati risulterebbero pienamente conformi allo spirito dell’articolo medesimo ed al Regolamento dello scalo con il quale ne è stata data attuazione.

3.8. Con un settimo ordine di censure gli appellanti incidentali rilevano – anche in questo caso sulla scorta di censure già svolte dall’appellante principale – che il giudice di primo grado avrebbe malamente inteso – e, anzi, erroneamente ipotizzato – la divisione di competenze e ruoli fra E.N.A.C. e A. D. R. S.p.a., atteso che l’Agenzia delle Dogane e 1’ENAC non devono adeguarsi alle determinazioni di A. D. R. S.p.a., e che à sensi dell’art. 10 del D.L.vo 18 del 1999 l’E.N.A.C. vigila affinché sia garantito l’accesso agli impianti aeroportuali da parte dei prestatori di servizi e degli utenti che effettuano l’autoassistenza, ed affinché le condizioni poste all’accesso siano adeguate, trasparenti, obiettive e non discriminatorie; ed è sempre 1’ENAC che, à sensi degli artt. 5 e 12 del medesimo D.L.vo, potrebbe – semmai – disporre limitazioni all’accesso dei prestatori dei servizi di assistenza a terra, comprese le attività di handling.

Se così è, pertanto, del tutto correttamente l’E.N.A.C. ha chiesto ad A. D. R. S.p.a. di mettere a disposizione di T. le strutture centralizzate presenti nell’Aeroporto di F.; e, d’altro canto, l’Agenzia delle Dogane è competente per ciò che invece attiene allo svolgimento delle formalità doganali e, quindi, ben poteva stabilire, à sensi del Regolamento CE 450/2008, le procedure di controllo delle merci in arrivo non transitanti per la Cargo City.

3.9. Anche l’Agenzia delle Dogane, l’E.N.A.C. e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

hanno replicato, nei medesimi termini di T., a tutti gli altri motivi di ricorso dedotti innanzi al T.A.R. da A. A. C. e assorbiti dal giudice di primo grado.

4. A. A. C., medio tempore divenuta F. L. E. S.r.l., si è costituita nel presente grado di giudizio, replicando puntualmente e diffusamente alle censure dell’appellante principale e degli appellanti incidentali e concludendo per la reiezione di entrambi gli appelli.

5. Si è parimenti costituita nel presente grado di giudizio A. D. R. S.p.a., rassegnando conclusioni del tutto analoghe a quelle di F. L. E..

6. Si è pure costituita nel presente grado di giudizio la F. I. S.p.a. nella sua qualità di sub concessionaria di una porzione di un magazzino merci all’interno del sedime aeroportuale e già parte del processo di primo grado quale cointeressata.

Anche tale Società ha concluso per la reiezione di entrambi gli appelli.

7.1. Ha viceversa dispiegato intervento ad adiuvandum rispetto agli appelli, nonché opposizione di terzo, à sensi degli artt. 108 e 109 cod. proc. amm., Bas S.r.l., nella sua dichiarata qualità di operatore che svolge nell’Aeroporto di F., per conto dei vettori propri clienti, servizi di assistenza alle merci in arrivo e in partenza in forza di apposita certificazione E.N.A.C. di idoneità.

Bas precisa di non effettuare servizi di assistenza a terra in pista, ossia tra l’aerostazione cargo e gli aerei, svolti viceversa da altri handlers specializzati.

Bas precisa in tal senso di disporre in modo esclusivo, per la propria attività di assistenza per le formalità doganali e di assistenza per il trasporto a terra, di appositi spazi in regime di sub concessione all’interno di Cargo City adibiti a ufficio e magazzini, utilizzando ivi il sistema ETV in forza di apposita convenzione da essa stipulata con A. D. R. S.p.a..

Con nota raccomandata dd. 25 gennaio 2011 la medesima A. D. R. S.p.a. ha pertanto comunicato a Bas il recesso da tale contratto in dipendenza della sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 315 del 2011 qui, per l’appunto, appellata da T., dall’Agenzia delle Dogane, dall’E.N.A.C. e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e recante l’annullamento dei provvedimenti che consentivano non soltanto a T., ma anche alla stessa Bas di effettuare l’inoltro diretto delle merci non comunitarie mediante apposita procedura doganale con utilizzo dell’infrastruttura ETV e della relativa rulliera.

B. reputa pertanto che tale comunicazione di A. D. R. S.p.a. fondi il proprio titolo ad intervenire nel presente procedimento e di proporre opposizione di terzo alla sentenza qui impugnata, non essendo essa stata parte nel processo di primo grado e sussistendo comunque un proprio intreresse diretto ed attuale ad opporsi a tale statuizione resa dal giudice di primo grado.

A tale riguardo Bas ha dedotto l’avvenuta violazione degli artt. 8 e 16 della direttiva 96/67CE recepita dal D.L.vo 18 del 1999, violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 11 della direttiva 96/67/CE e degli artt. 4 e 12 del D.L.vo 18 del 1999, erroneità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione per travisamento dei fatti di causa, nonché violazione ed erronea applicazione dell’art. 705 cod. nav..

7.2. F. L. E. S.r.l. ha aderito al contraddittorio processuale instaurato da Bas S.r.l. concludendo per l’inammissibilità dell’opposizione da quest’ultima presentata.

8. Alla pubblica udienza del 12 luglio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

9. Tutto ciò doverosamente premesso, il Collegio deve innanzitutto farsi carico di esaminare la deduzione degli appellanti in forma incidentale circa l’inammissibilità dei ricorsi proposti in primo grado da T..

Come detto innanzi, infatti, al Par. 3.2., secondo la prospettazione di tali appellanti, l’ordine di servizio n. 12 del 2009 contestato da A. A. C. si sostanzierebbe in un mero chiarimento o nota esplicativa diretta ai soggetti interessati circa le modalità concrete da seguire per la procedura di inoltro delle merci non comunitarie arrivate presso l’aeroporto in regime di transito con destinazione verso altri luoghi appositamente autorizzati a ricevere merci (depositi doganali, magazzini di temporanea custodia, ecc), ovvero si tratterebbe di un provvedimento di carattere generale assolutamente privo di qualsivoglia elemento in grado di identificare una violazione o lesione di posizioni giuridiche soggettive e che tantomeno innoverebbe rispetto alla regolamentazione attualmente vigente nel settore, sostanziandosi – al più – quale "guida operativa" o "esemplificativa" per gli operatori del settore.

Il Collegio dissente da tale tesi, posto che l’ordine di servizio emanato dall’Ufficio delle Dogane di Roma 2 assume, per contro, una ben chiara valenza provvedimentale proprio in quanto, al di là dei diversi errori materiali e sintattici in esso contenuti, fissa un puntuale regime, ancorché dichiaratamente "sperimentale" e applicabile a domanda degli operatori interessati, per l’inoltro delle merci non comunitarie arrivate presso l’aeroporto, ma in transito con destinazione verso altri luoghi appositamente autorizzati a ricevere merci, quali – per l’appunto – depositi doganali o magazzini di temporanea custodia ubicati al di fuori del sedime aeroportuale.

Tale regime si appalesa lesivo per l’interesse dei soggetti che esercitano le attività di handling, disponendo invece di aree di magazzinaggio in subconcessione all’interno di Cargo City proprio in quanto in tal modo viene alterato il sostanziale contesto di "oligopoli" nel quale i soggetti medesimi operano.

La conseguente autorizzazione dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2 dd. 20 marzo2009 rilasciata a T. al fine dell’utilizzo di un cancello "lato delivery" (consegna) interno agli spazi doganali e tale da consentire alla T. medesima il disbrigo delle formalità doganali quali la presentazione delle merci e l’assoggettamento delle stesse al regime doganale "del transito comunitario esterno" si configura, a sua volta, quale provvedimento che materialmente applica il regime contemplato dall’ordine di servizio n. 12 del 2009, e assume quindi, a sua volta, analoga valenza provvedimentale, incidendo per certo sulle posizioni soggettive degli anzidetti handlers oligopolisti.

Altrettanto va detto per le note prot. n. 2403/OFC/OFC dd. 10 marzo 2009 e prot. n. 2797/OFC/OFC dd. 23 marzo 2009 dell’E.N.A.C. aventi ad oggetto "Aereoporto di F.. Richiesta uscita delle merci da parte della società T. S.r.l.", con le quali l’E.N.A.C. medesimo ha impartito misure organizzative deputate alla recezione delle determinazioni assunte dall’Amministrazione Doganale per il regime nel quale opera T.; e – a maggior ragione – risulta in tale contesto indubbia la valenza provvedimentale, e la conseguente incisione delle sfere giuridiche dei predetti handlers oligopolisti, propria del nulla osta dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2 n. 14923 del 20 marzo 2009 rilasciato sempre a T. ed avente ad oggetto "Inizio attività handling Cargo Air China" e dell’ordinanza della direzione aeroportuale n. 5 del 2009, che ha imposto ad A. D. R. S.p.a. – sempre in dichiarata attuazione del predetto ordine di servizio n. 12 del 2009 e, quindi, quale misura organizzativa da esso conseguente – di consentire la fuoruscita delle merci prese in carico da T. attraverso il sistema ETV (Elevating Transfer Vehicles).

10. Sempre in via preliminare, va parimenti respinta l’eccezione degli appellanti in forma incidentale circa la sopravvenuta carenza di interesse di A. A. C. – medio tempore divenuta

F. L. E. S.r.l. a seguito dell’integrazione con la Malpensa Logistica Europa, M.L.E. S.p.a. – a coltivare il presente contenzioso in dipendenza della sopravvenuta circolare n. 19/D dd. 30 dicembre 2010 emanata dalla Direzione Centrale Gestione Tributi dell’Agenzia delle Dogane per quanto segnatamente riguarda i principi dettati in relazione alla dichiarazione sommaria di entrata e della trasmissione telematica dei manifesti merci in arrivo.

In particolare, gli appellanti in forma incidentale affermano in tal senso che, in forza della nuova disciplina dettata dall’articolo (rectius: paragrafo) 4 e ss di tale Circolare, le limitazioni alle potestà organizzative dell’Agenzia delle Dogane e dell’ENAC che A. A. C. e lo stesso giudice di primo grado hanno voluto leggere nella disciplina vigente non sarebbero più attuali, e ciò in quanto gli adempimenti previsti dalla legislazione comunitaria per le merci all’entrata nel territorio doganale della Comunità in applicazione delle misure di sicurezza sono stati modificati.

Il Collegio dissente da tale assunto.

In effetti, il Par. 4 di tale circolare disciplina la gestione elettronica della dichiarazione sommaria di entrata (ENS) in attuazione del c.d. "emendamento sicurezza" introdotto nel Codice doganale comunitario (CDC) approvato con Regolamento (CEE) 2913/1992 e successive modifiche, segnatamente mediante gli adempimenti di cui all’art. 184 e ss. del Regolamento (CEE) 2454/1993 (DAC), a sua volta recante il Regolamento di attuazione del Codice predetto; e, in relazione a ciò, il Par. 7.3. della Circolare medesima disegna anche i possibili scenari per il traffico aereo conseguenti all’applicazione della nuova normativa, in vigore dall’1 gennaio 2011.

Tuttavia, anche a prescindere dalla circostanza che la Circolare stessa espressamente affronta il tema della "complessità dell’architettura dell’emendamento sicurezza introdotto nel codice doganale comunitario" – non sottaciuta (come ivi si legge) dagli stessi organi comunitari – e contempla in caso di conclamate difficoltà la convivenza delle nuove misure gestionali con il precedente regime cartaceo, va evidenziato – in via del tutto assorbente – che anche la nuova disciplina lascia impregiudicata tutta la problematica coincidente con la questione sostanziale che attiene alla presente causa, ossia se l’inoltro delle merci non comunitarie arrivate presso l’aeroporto in regime di transito con destinazione verso altri luoghi appositamente autorizzati a ricevere merci (depositi doganali, magazzini di temporanea custodia, ecc) presupponga, o meno, la materiale utilizzabilità a tal fine di "luoghi" ubicati anche al di fuori del sedime aeroportuale.

Rimane – altresì – assodato che la questione stessa non può che essere risolta mediante una ricostruzione, in base alla disciplina ad oggi vigente, delle materiali incombenze dell’handler, anche – e soprattutto – con riguardo ai propri obblighi nei confronti dell’amministrazione doganale.

Né va sottaciuto – per completezza espositiva – che, comunque, già al punto 10 della circolare n. 46/D del 12 febbraio 2006 emanata dall’Area Centrale Gestione Tributi dell’Agenzia delle Dogane era stato previsto l’inoltro via terra, dagli spazi doganali aeroportuali ai luoghi di destinazione finale, di merci pervenute via aerea scortate da manifesto aereo (mma) predisposto ed inviato con procedure informatizzate.

11.1. Il Collegio deve, a questo punto, dichiarare inammissibile l’opposizione di terzo proposta dalla Bas S.r.l. à sensi degli artt. 108 e 109 cod. proc. amm.

11.2. A" sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm. la trattazione di tale impugnazione straordinaria proposta avverso la medesima sentenza resa dal giudice di primo grado va per certo disposta unitamente a quella degli appelli rispettivamente proposti da T. e dall’Agenzia delle Dogane unitamente all’E.N.A.C. e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Va invero denotato che se, in linea di mera forma, la comunicazione della A. D. R. S.p.a. della rescissione della convenzione da essa stipulata con Bas reca a giustificazione di tale iniziativa la notizia dell’avvenuta emissione della sentenza stessa da parte del T.A.R. Lazio nell’ambito di un giudizio nel quale Bas non era stata chiamata, ciò – nondimeno – non significa che quest’ultima sia divenuta ipso facto titolare di un interesse qualificato, immediato e diretto ad opporsi alla sentenza medesima.

Anche a prescindere, infatti, che la rescissione del contratto può essere opposta da Bas innanzi al giudice ordinario il quale ben potrebbe decidere al riguardo senza vincoli di sorta derivanti dalla sentenza resa inter alios dal T.A.R. per il Lazio, è assorbente denotare che il magazzino di Bas è allo stato ubicato al di fuori di Cargo City, ma, comunque, all’interno del sedime aeroportuale.

Tale circostanza sostanzia, pertanto, in capo a Bas una posizione ben diversa rispetto a quella di T., non potendo di fatto la stessa essere destinataria dell’ordine di servizio n. 12 del 2009: e ciò anche a prescindere dal fatto che, come rilevato al Par. 1.1. di questa stessa sentenza, l’ordine medesimo le era stato comunque inviato per conoscenza dall’Ufficio doganale di Roma 2.

Né consta che Bas, a differenza di T., abbia chiesto all’Autorità doganale di avvalersi della procedura normata dal medesimo ordine di servizio e sia stata resa conseguentemente destinataria, da parte di E.N.A.C., di provvedimenti analoghi a quelli da quest’ultima emessi nei riguardi di T. e, per l’appunto, conseguentemente impugnati in primo grado da A. A. C., la quale – a sua volta – avrebbe per certo ragionevolmente assunto iniziative analoghe anche nei confronti di Bas ove questa si fosse venuta a trovare in una posizione effettivamente identica a quella di T..

Giova, infatti, rimarcare che la contestazione di A. A. C. scaturisce non già dalla circostanza che il magazzino di Transervice è al di fuori di Cargo City, ma in quanto esso è al di fuori del sedime aeroportuale.

Pertanto, in dipendenza di tutto ciò nessun interesse può essere riconosciuto a Bas al fine della sua opposizione alla sentenza qui appellata, proprio in quanto soggetto terzo privo del necessario requisito di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione (cfr. sul punto, ad es. e tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010 n. 4578).

12.1. Tutto ciò premesso, la sentenza resa dal T.A.R. per il Lazio va riformata e, per l’effetto, i due ricorsi proposti in primo da A. A. C. vanno respinti.

12.2. Va innanzitutto evidenziato che la materia dei servizi di assistenza a terra, tra cui rientrano le attività di assistenza merci o handling cargo, è disciplinata dal D.L.vo 13 gennaio 1999 n. 18, recante "Attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli A. della Comunità".

A" sensi dell’art. 1 di tale decreto legislativo le disposizioni in esso contenute si applicano, nel rispetto delle vigenti normative in materia di ordine pubblico e di sicurezza negli A., ai servizi di assistenza a terra individuati nell’allegato A del decreto legislativo stesso e prestati negli A. aperti al traffico aereo commerciale.

Il Par. 4.1 di tale allegato dispone, quindi, che l’attività di "assistenza merci" comprende "j.. per le merci esportate, importate o in transito, la movimentazione fisica delle merci, il trattamento dei relativi documenti, le formalità doganali e tutte le misure conservative convenute tra le parti o richieste dalle circostanze".

Ciò posto, il soggetto che intende fornire assistenza merci (cargo handler) all’interno del sedime dell’Aeroporto di F. deve essere in possesso di apposta certificazione di prestatore di servizi di assistenza a terra rilasciato dall’E.N.A.C. per lo svolgimento dei servizi di cui alle categorie 1 e 4 dell’Allegato "A" al D.L.vo 18del 1999.

Va opportunamente precisato – altresì – che esistono soggetti certificati allo svolgimento di tali attività che operano sia all’interno degli spazi doganali (e cioè in una porzione nel sedime aeroportuale), sia nell’ambito dell’intero sedime aeroportuale

L’attività di assistenza merci comprende una serie di attività e servizi, quali la preparazione dell’unità di carico, il carico e lo scarico delle merci dall’aeromobile, il trasporto delle merci dall’aeromobile alla Cargo City e viceversa, il ritiro e la consegna della documentazione commerciale e doganale dalle compagnie aeree, il ritiro e la consegna della documentazione commerciale e doganale dagli spedizionieri doganali, l’immagazzinamento e il deposito temporaneo delle merci, il consolidamento e il deconsolidamento del carico, ecc.

Va anche precisato che non tutti i soggetti certificati quali prestatori di assistenza merci offrono i medesimi servizi; l’offerta degli stessi avviene infatti in funzione della dimensione dell’azienda, nonché in dipendenza del possesso di idonea strumentazione, di spazi appositamente attrezzati, ecc..

T. è comunque in possesso di idonea certificazione quale prestatore di servizi di assistenza a terra n.75 rilasciata dall’ENAC.

Corre ora l’obbligo di illustrare il contenuto della disciplina di fonte comunitaria per l’assoggettamento al regime del transito delle merci in arrivo presso lo scalo di F., ai fini del loro inoltro ad altra località del territorio doganale della Comunità.

A" sensi dell’art. 40 del Codice doganale comunitario (CDC), approvato con Regolamento (CEE) 2913/1992 (e, ora, à sensi dell’art. 95 del nuovo CDC approvato con Regolamento 08/450/CE) "le merci che entrano nel territorio doganale della Comunità sono presentate in dogana", e à sensi dell’art. 48 del CDC (ora art. 97 del nuovo CDC) "le merci non comunitarie presentate in dogana devono ricevere una delle destinazioni doganali ammesse per tali merci".

In forza dell’art. 4, punto 15), lettera a) e punto 16) lettera b) CDC (rispettivamente, ora, artt. 6 e 29 del nuovo CDC) una delle destinazioni doganali previste è il "vincolo al regime del transito" che, come disposto dall’art. 91, Par. i, lett. a, CDC (ora art. 99 e ss. del nuovo CDC) "consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale".

Tutto ciò, pertanto, significa che l’ordinamento consente l’inoltro di merci estere in regime di transito dall’Aeroporto di F., così come da qualsiasi altro punto di entrata della Comunità, verso altra località del territorio comunitario; il che peraltro avviene mediante una serie di controlli, contemplati dalle vigenti discipline pubblicistiche di settore, non solo di natura doganale, ma anche di carattere sanitario, veterinario, fitosanitario, ecc, che devono essere svolti al momento dell’entrata nel territorio della Comunità; ma rimane fermo che l’esecuzione di tali ulteriori controlli non sancisce obblighi o vincoli in merito a quale destinazione doganale dare alle merci, posto che soltanto l’eventuale risultato positivo dei controlli medesimi potrebbe determinare l’adozione di provvedimenti da parte dell’Autorità doganale o di altre Autorità di confine limitativi della disponibilità della merce controllata (come, ad es., per l’ipotesi di respingimento all’estero per motivi sanitari da parte dei Posti di ispezione frontaliera – P.I.F. del Ministero della Salute ubicati negli A. internazionali à sensi delle direttive 91/496/CEE e 97/78/CE rispettivamente attuate con D.L.vo 3 marzo 1993 n. 43 e con D.L.vo 25 febbraio 2000 n. 80, ovvero per l’ipotesi di applicazione, da parte degli appositi uffici del Corpo Forestale dello Stato presenti negli A. internazionali, degli Allegati "A""e "B" del Regolamento (CE) 338/1997 e successive modifiche ed integrazioni che attua nel territorio comunitario la Convenzione di Washington – CITES di tutela delle specie animali in via di estinzione).

Pertanto, ove ne ricorrano i presupposti, un soggetto certificato quale prestatore di servizi di assistenza merci può inoltrare in regime di transito, qualora tale servizio sia richiesto dalle compagnie aeree con le quali intrattiene rapporti commerciali, merci estere senza che le stesse siano preventivamente introdotte in deposito.

Giova anche precisare che l’Autorità Doganale non è tenuta ad effettuare considerazioni in merito al numero dei soggetti che hanno ottenuto o intendono ottenere un’autorizzazione alla gestione di depositi doganali o di magazzini di temporanea custodia.

A" sensi dell’art. 100, Par. 2 CDC (ora art. 136 del nuovo CDC), la persona che intende gestire un deposito doganale deve farne richiesta scritta, contenente le indicazioni necessarie al rilascio dell’autorizzazione e – segnatamente – quelle relative a un’esigenza economica di depositare le merci.

L’esigenza presupposta dalla disciplina comunitaria si sostanzia, quindi, nella verifica che il deposito doganale delle merci sia funzionale all’attività economica del richiedente, posto che uno dei motivi per i quali l’autorizzazione stessa può essere revocata è la mancanza di operazioni doganali di introduzione in deposito doganale nell’ambito dell’autorizzazione rilasciata, ossia la mancanza dell’esigenza economica di depositare merci.

Sia nell’intero territorio di competenza dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2, che, specificatamente, nel sedime dell’aeroporto di F., operano diversi depositi doganali e magazzini di temporanea custodia.

Inoltre, sempre nel territorio di competenza dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2 operano vari soggetti beneficiari di autorizzazione allo svolgimento di operazioni doganali in procedura domiciliata, abilitati quindi a ricevere presso le proprie sedi, preventivamente autorizzate dalla Dogana, merci estere in regime di transito.

La circostanza per cui nel sistema logisticoterritoriale di F. operano diversi soggetti in concorrenza fra loro, così come la dimensione del mercato di riferimento di tale settore logistico, non costituiscono – quindi – presupposto determinante per il rilascio delle autorizzazioni a gestire depositi doganali o magazzini di temporanea custodia.

Secondo il giudice di primo grado, l’attività di T. non si limiterebbe all’espletamento di "attività doganali, strictu sensu intese, in quanto tali espletabili anche al di fuori del sedime aeroportuale" e dagli atti acquisiti nel relativo processo risulterebbe che "tutte le attività di handling preliminari rispetto alla conservazione nei magazzini (ivi compresi tutti i prescritti controlli), vengono svolte da T. presso gli spazi comuni esterni a Cargo City, in partepresso l’infrastruttura centralizzata e in parte negli spazi di uso comune centralizzata, e in parte presso il suo magazzino di temporanea custodia posto all’esterno del sedime aeroportuale".

Il T.A.R., peraltro, non ha colto la materiale diversità fra le attività di handling e quelle oggetto degli atti impugnati; né, soprattutto, ha considerato che l’art. 97 del D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, recante l’approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, dispone che l’Autorità doganale può autorizzare enti ed imprese, sia pubbliche che private, ad istituire e gestire magazzini o recinti per la temporanea custodia delle merci, che la relativa autorizzazione è rilasciata ad enti e imprese riconosciuti di notoria solvibilità e che essa può essere tuttavia rilasciata anche ad enti ed imprese che non siano riconosciuti di notoria solvibilità, quando, per i diritti gravanti sulle merci introdotte nel magazzino o recinto di temporanea custodia, si impegnino a prestare cauzione in uno dei modi indicati nell’art. 87, ovvero quando il magazzino o recinto per il quale viene richiesta l’autorizzazione sia ubicato nell’ambito degli spazi doganali.

In tal senso, il nulla osta all’utilizzo del cancello prot. n. 14923 dd. 20 marzo 2009 rilasciato dall’Ufficio delle Dogane di Roma 2 attiene ai meri aspetti doganali di competenza dell’Ufficio medesimo, e consegue dall’accertamento che non sussistono motivi ostativi di natura fiscale, ovvero di sicurezza doganale, al passaggio di merce tra zone interne agli spazi doganali; e, se così è, risulta pertanto del tutto apodittica la conseguenza tratta dal T.A.R. laddove individua nell’autorizzazione anzidetta il presupposto affinché T. svolga attività di handling diversa rispetto all’attività doganale in senso stretto, al di fuori del sedime aeroportuale.

In tal senso, il giudice di primo grado ha dunque criticabilmente confuso gli effetti dell’autorizzazione doganale con quelli derivanti dalla certificazione quale handler cargo presso l’aeroporto di Fiumicirno rilasciata alla T. medesima dalla Direzione Aeroportuale E.N.A.C..

Nel caso di specie, dunque, l’Autorità doganale altro non ha fatto che applicare in modo puntuale e preciso la procedura prevista per la circolazione delle merci in regime di "transito comunitario esterno" contemplata dall’art. 91 e ss. del CDC -approvato con Regolamento CEE n. 2913/92 e dall’art. 340 bis e ss. del suo regolamento di attuazione approvato con Regolamento CEE n. 2454/93: procedura, questa, correntemente attuata in tutto il territorio dell’Unione Europea.

Né il T.A.R. ha considerato che l’attività svolta nella specie da T. è del tutto conforme alla disciplina di fonte comunitaria ora descritta, posto che:

a) il magazzino di temporanea custodia è stato autorizzato con regolare provvedimento da parte della competente Direzione Regionale;

b) le modalità di controllo doganale e le formalità doganali effettuate sulle merci e le procedure doganali sono assolutamente identiche a quelle che avvengono quotidianamente in tutti i punti di dogana di confine o interna presenti non solo in Italia, ma in qualsiasi altro Paese del territorio doganale comunitario;

c) le attività di vigilanza e sicurezza sulle merci sono assicurate dal personale dipendente da T. sia in fase di trasporto, che di custodia delle stesse, al pari di quanto accade in qualsiasi altro magazzino di temporanea custodia o deposito doganale, nel rispetto della normativa vigente.

Né, soprattutto, va sottaciuto che T., conformemente alla disciplina in vigore, effettua il disbrigo delle cosiddette formalità doganali nel perimetro dell’aeroporto e non già presso il proprio deposito destinato alla merce assoggettata al regime di transito.

In tal senso, quindi, il giudice di primo grado ha del tutto travisato l’esito della verificazione da esso affidato ad E.N.A.C. laddove ha apoditticamente affermato – per contro – che le formalità doganali, anche quelle ricomprese nell’attività di handling di cui al D.L.vo 18 del 1999, sarebbero effettuate da T. al di fuori del sedime aeroportuale.

La conferma della piena legittimità e liceità della posizione di T. si ricava, al riguardo, dalla stessa Relazione di E.N.A.C. acquisita dal T.A.R. nel corso del giudizio di primo grado, laddove segnatamente si legge, a pag. 5, che "sotto il profilo operativo, le merci vengono scaricate dall’aereo della Air China dalla società F. S.p.a., e dalla stessa portate nel corridoio antistante la rulliera dove vengono prese in consegna dal personale T.. Tale personale, dopo aver effettuato la spunta della merce in arrivo rispetto al manifesto di carico, pone i pallets sulla rulliera, al termine della quale raggiungono il piazzale prospiciente l’uscita della Cargo City. Qui viene effettuato il caricamento sui mezzi di superficie che li conducono per il successivo passaggio nel varco doganale da dove il carico viene trasferito con destinazione al magazzino di temporanea custodia (…) ove le merci vengono stoccate per le successive operazioni di importazione attraverso lo sdoganamento (ovvero la consegna della merce al cliente) o per un nuovo transito (…) nel caso in cui si tratti di merci particolari, prima del posizionamento sulla rulliera, vengono effettuati i controlli specifici, richiesti dalla normativa di riferimento, nelle strutture di uso comune gestite da A. D. R.").

Pertanto, le uniche attività svolte nel magazzino esterno di temporanea custodia sono quelle di "sdoganamento" e di "transito della merce": ed è dunque presumibile che il giudice di primo grado abbia equivocato proprio sul significato del termine "sdoganamento", riconducendolo concettualmente ad un’operazione strictu sensu doganale; il che non è, posto che lo stesso E.N.A.C. ha correttamente rimarcato che con lo sdoganamento avviene lo svincolo della merce, ossia la sua consegna al cliente, ove prevista dai documenti che la accompagnano.

Va da sé, comunque, che à sensi dell’art.) l’art. 95, primo comma, prima parte, del T.U. approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (testo unico legge doganale) "i magazzini o recinti per la temporanea custodia delle merci sono situati nell’ambito degli spazi doganali o in altri luoghi soggetti a vigilanza finanziaria", e che pertanto lo svincolo delle merci medesime, che può avvenire soltanto previo pagamento dei diritti doganali (ove dovuti), è espressis verbis effettuabile anche al di fuori dello spazio doganale, purché sia per l’appunto garantita, nei medesimi luoghi extradoganali adibiti alla temporanea custodia,, la "vigilanza finanziaria" da parte della stessa Amministrazione Doganale.

La legittimità di tale procedura trova inoltre conferma anche nella nota dell’E.N.A.C. dd. 9 aprile 2009 (doc. 6. prodotto in primo grado dalla difesa dell’Agenzia delle Dogane ed, evidentemente, non considerato nel suo contenuto dal giudice di primo grado), con la quale si afferma che "in osservanza della vigente normativa, allo stato attuale, non sussistono vincoli alla richiesta della società T. s.r.l. di trasferire direttamente la propria merce in uscita senza dover necessariamente transitare da alcun magazzino della Cargo City".

E’ ovvio che, mediante l’utilizzo (legittimo e lecito) di tale procedura T. realizza consistenti economie di scala, in quanto con ciò evita di utilizzare il deposito doganale sito all’interno di Cargo City per ingenti quantitativi di merce, abbattendo, così, i costi di deposito; né si serve dei servizi di handling presenti in aeroporto e gestiti, fra gli altri, anche da F. L. E., già A. A. C. S.r.l.: ma tale circostanza non può essere oggetto di alcun tipo di censura, in quanto rientra a pieno titolo nel libero gioco della concorrenza, espressamente sancito e tutelato sia dall’art. 41 Cost., sia dall’ordinamento comunitario (cfr. art. 81 e ss. Trattato CE).

In tal senso, il giudice di primo grado neppure ha considerato che gli atti impugnati in primo grado ed, in generale, il comportamento tenuto dalla Amministrazione doganale e da E.N.A.C. sono legittimamente improntati all’esigenza, comunitariamente orientata, di aumentare la concorrenza e di stimolare la libera attività imprenditoriale degli operatori del settore; il che è ancor più vero se si considera la situazione del mercato dei servizi di assistenza a terra attualmente presenti nell’Aeroporto di F. dove, attualmente, come ricordato più volte dall’E.N.A.C. (cfr., al riguardo, le note dd. 3 aprile 2009 e dd. 23 marzo 209 allegate alla nota prot. N. 24849 dd. del 19 maggio 2009 dell’Ufficio delle Dogane di Roma 2), "lo scenario.., non è conforme ai criteri di trasparenza e non discriminazione sanciti dall’art. 705 del Codice della Navigazione…. né al principio di libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra decretato dal D. L.vo 18 del 1999".

Non trova, pertanto, rispondenza al vero l’assunto del giudice di primo grado secondo il quale gli atti impugnati da A. A. C. sarebbero addirittura forieri di "asimmetrie concorrenziali o di una vera e propria alterazione della fisiologia dei rapporti concorrenziali fra gli handlers che operano presso l’aeroporto di F., a discapito di quelli che, per potere prestare il servizio presso le strutture appositamente dedicate dall’ente gestore dell’aeroporto, in una prospettiva organizzativa voluta da quest’ultimo e per la quale non era ritenuta assentibile la prestazione del servizio al di fuori delle dette strutture, hanno partecipato ad una selezione pubblica, accollandosene costi, rischi e relative responsabilità".

Semmai, va denotato che se – come è vero – nessuna disposizione di fonte comunitaria o statuale è stata violata, e che nessuna disposizione del vigente regolamento dello scalo di F. approvato da A. D. R. S.p.a. impedisce quanto assentito a T. (né potrebbe impedirlo, posto che è piuttosto il regolamento apprestato da A. D. R. a doversi conformare alle sovrastanti disposizioni di carattere doganale e di assetto del sistema aeroportuale rispettivamente emanate dall’Agenzia delle Dogane e dall’E.N.A.C.), un’idea imprenditoriale nuova, quale quella di T., non può venire avversata per il solo fatto che altri operatori, spinti da logiche tradizionali, non sono in grado di evolvere le proprie strategie.

La concentrazione nel solo ambito aeroportuale e in regime di subconcessione della custodia delle merci in transito sostanzia, di fatto, un monopolio dei servizi di handling contrario ai predetti principi di concorrenza e configura, quindi, una delle tante "rigidità di sistema" che impediscono all’economia dei trasporti di svolgere un appropriato e quanto mai necessario ruolo di stimolo per la crescita del nostro sistema socioeconomico.

Va anche considerato che il regime di deposito in aree esterne al perimetro portuale (cc.dd. "aree retroportuali") è fenomeno da tempo acquisito nell’ambito del trasporto marittimo, anche con il fattivo e sperimentato apporto dell’autorità doganale; e davvero non è dato di vedere il motivo per cui ciò non debba accadere anche per il trasporto aereo delle merci.

Non a caso, infatti, T. ha rimarcato che nel proprio deposito ubicato al di fuori del sedime aeroportuali confluiscono pure le merci da essa assistite e che sono sbarcate nel medesimo regime di transito presso il porto di Civitavecchia.

Il giudice di primo grado neppure ha considerato in questo senso la valenza degli artt. 8 e 16 della Direttiva CE 96/67, recepita con il D.L.vo 18 del 1999, in forza dei quali l’accesso agli scali aeroportuali non può essere limitato in alcun modo, cristallizzando viceversa in tal modo di fatto la situazione di privilegio di A. A. C. – F. L. E. a delle Dogane e di F. (Alitalia opera all’interno di Cargo City in regime di autoproduzione, à sensi dell’art. 706 cod. nav.) e alterando, quindi, la stessa logica che deve assistere l’eventuale insediamento dei magazzini degli handlers all’interno di Cargo City: insediamento che deve essere riguardato come opportunità, e non già come obbligo, anche – e soprattutto – in considerazione del contingentamento (allo stato esaurito) degli spazi disponibili.

Né va sottaciuto, quindi, che proprio l’ermeneutica prescelta dal giudice di primo grado è, per usare un termine contenuto nella stessa sentenza impugnata, "asimmetrica" rispetto agli anzidetti principi nazionali e comunitari della libera concorrenza; e che per pervenire a tale risultato l’ermeneutica medesima – come puntualmente evidenziato nell’atto di appello di T. – non solo ha stravolto l’esito della verificazione disposta a mezzo di E.N.A.C., ma ha anche utilizzato un dato intrinsecamente erroneo.

Infatti, risulta del tutto errato l’assunto contenuto nella sentenza impugnata secondo cui "le indicazioni normative, nel senso della localizzazione delle attività di handling all’interno dell’aeroporto, peraltro, risultano logicamente coerenti con le caratteristiche ontologiche del servizio e con la necessità di garantire le esigenze di sicurezza tipicamente sottese alla sua erogazione con riguardo alle merci oggetto di trasporto aereo in vista del loro sdoganamento o del loro transito" e che "in questo senso, del resto, si è espressa anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, con provvedimento n. 19020 del 23 ottobre 2008, ha chiarito che le attività di assistenza a terra devono necessariamente essere svolte all’interno del sedime aeroportuale; precisando addirittura che alcune di esse, e cioè gli adempimenti doganali e di sicurezza, debbano essere svolte in aree prospicienti le piste".

Come ha puntualmente comprovato T. nel suo atto di appello, tale pronuncia dell’Autorità Garante riguarda soltanto le pratiche doganali delle merci in partenza, e non già delle merci in arrivo; e – semmai – la copiosa documentazione offerta dalla stessa T. e puntualmente descritta nel suo atto di appello comprova che anche la stessa Autorità ha puntualmente censurato l’attuale situazione di monopolio/oligopolio determinatasi all’interno dello scalo di F..

13. Conclusivamente, alla stregua di tutto quanto fin qui esposto, l’appello principale e gli appelli in forma incidentale vanno dunque accolti e, per l’effetto ed in riforma della sentenza impugnata, i ricorsi proposti in primo grado da A. A. C. vanno respinti, nel mentre l’opposizione di terzo proposta da Bas va dichiarata inammissibile.

Ogni altro profilo non esaminato della posizione delle parti appellanti è assorbibile alla luce della preminenza della sostanziale ragione di accoglimento degli appelli principale ed incidentale autonomo. Pure gli altri profili dedotti dalla parte appellata sono in conferenti e privi di sostegno in fatto ed in diritto.

Ad ogni buon conto, e per mera completezza espositiva, va comunque ribadito che:

a) l’Agenzia delle Dogane è pienamente competente ad autorizzare l’apertura di un deposito doganale o di un magazzino à sensi dell’art. 153 del nuovo CDC;

b) tale competenza, nel riparto interno delle incombenze dei vari uffici che compongono l’Agenzia, è stata nella specie legittimamente esercitata dall’Ufficio Dogane di Roma 2 su delega ad esso conferita con nota prot. 20224 dd. 13 giugno 2008 della Direzione Regionale del Lazio e dell’Umbria dell’Agenzia delle Dogane, la quale ultima ha comunque a sua volta (e ad ogni buon conto) autorizzato con propria nota prot. 35518 dd. 22 ottobre 2008 la T. all’esercizio dell’attività di deposito in temporanea custodia;

c) non consta che l’apertura di nuovi depositi doganali sia, di per sé, subordinata ad un incremento del traffico aereo, tra l’altro nel caso dell’Aeroporto di F. sensibilmente diminuito; in effetti, à sensi del Par. 1.3, lett. a) della Circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 16/D dd. 28 aprile 2006 è chiesto all’operatore di dimostrare l’esigenza dell’immagazzinamento, "con riferimento ai traffici internazionali realmente esistenti o programmati, da comprovare a mezzo di idonea corrispondenza commerciale, contratti, lettere d’intenti, richieste della clientela, ecc., e con riferimento alle effettive necessità della locale realtà economica e commerciale"; pertanto, l’assenso all’apertura di nuovi depositi non è assoggettato ad una valutazione da parte dell’Autorità Doganale del complessivo andamento del mercato del trasporto merci per via aerea, ma delle concrete esigenze idoneamente comprovate da ciascun operatore: e, nella specie, T. ha puntualmente dimostrato, nel corso dell’istruttoria della propria domanda, di aver concluso accordi con alcune compagnie aeree per la fornitura di servizi di handling presso l’aeroporto di F., rimarcando comunque – come si è visto innanzi – anche le opportunità consentite dalla complementarietà dell’utilizzazione del deposito anche quale struttura retroportuale per le merci sbarcate via nave nel porto di Civitavecchia;

d) l’ordine di servizio dell’Agenzia delle Dogane n. 12 del 2009 non può definirsi privo di motivazione: essa risulta implicita in quanto, come dianzi evidenziato, tale provvedimento è deputato ad attuare un istituto proprio del regime doganale comunitario fruibile da parte di ogni operatore che ne richieda l’applicazione, e disciplina pertanto le procedure che le compagnie aeree sono tenute a seguire qualora la merce in arrivo non deve essere introdotta nei depositi franchi operanti all’interno dello scalo;

e) il rilascio dell’autorizzazione alla gestione del magazzino di temporanea custodia non è in alcun modo subordinato al parere favorevole della Guardia di Finanza; posto che nessuna disposizione contenuta nel T.U. della legge doganale approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 contempla che tale parere sia acquisito.

14, In ragione della complessità della materia, si ritiene di poter compensare integralmente tra tutte le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio, ad eccezione dei compensi di verificazione che il giudice di primo grado ha liquidato e posto in via solidale a carico dell’Agenzia delle Dogane e di T.; liquidazione che può essere qui confermata per motivi di semplificazione.

Va – altresì – posto solidalmente a carico di F. L. E. S.r.l., di A. D. R. S.p.a. e di F. I. S.p.a. il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche relativo al presente grado di giudizio e corrisposto da T. S.r.l., nel mentre va dichiarato irripetibile il contributo unificato medesimo corrisposto da A. A. C. S.r.l. nel giudizio di primo grado, nonché il contributo unificato corrisposto nel presente grado di giudizio da Bas S.r.l..

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto da T. S.r.l. e sull’appello in forma incidentale congiuntamente proposto dall’Agenzia delle Dogane, dall’E.N.A.C. e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti li accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi proposti in primo grado da A. A. C. S.r.l. (ora F. L. E. S.r.l.).

Dichiara inammissibile l’opposizione di terzo proposta da Bas S.r.l.

Compensa integralmente tra tutte le parti le spese e gli onorari di entrambi gradi del giudizio, con il limite del corrispettivo per la verificazione di prime cure.

Pone solidalmente a carico di F. L. E. S.r.l., di A. D. R. S.p.a. e di F. I. S.p.a. il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche relativo al presente grado di giudizio e corrisposto da T. S.r.l., nel mentre dichiara irripetibile il contributo unificato medesimo corrisposto da A. A. C. S.r.l. nel giudizio di primo grado, nonché il contributo unificato corrisposto nel presente grado di giudizio da Bas S.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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