Cons. Stato Sez. IV, Sent., 29-12-2011, n. 6987 Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 2315 del 2011, il Ministero dell’economia e delle finanze propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 37897 del 21 dicembre 2010 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da S. C. per l’accertamento del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni per il ritardato inquadramento nella qualifica dirigenziale, per tardiva attribuzione delle funzioni e per perdita di chance.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, l’originaria parte ricorrente aveva premesso d’aver partecipato al concorso per titoli di servizio, indetto dall’allora Ministero delle finanze il 2 luglio 1997, per 163 posti di dirigente, in esito al quale si collocò al 189° posto della graduatoria definitiva (punti 20,40), ossia in posizione non utile a conseguire la qualifica invocata.

Avverso tale esito, l’attuale appellata aveva quindi proposto ricorso al T.A.R., il quale, con sentenza n. 14915 del 28 dicembre 2005, accoglieva la domanda attorea con statuizione poi parzialmente confermata da questa Sezione, con decisione n. 3036 dell’8 giugno 2007. Nelle more del giudizio d’appello, la ricorrente veniva dichiarata vincitrice del concorso de quo, divenendo dirigente del Reparto III Relazioni internazionali – accordi e trattati presso il Dipartimento per le politiche fiscali del MEF, uff. relaz. internazionali.

Reputando allora d’aver subito un danno ingiusto a causa di tal vicenda, l’attuale appellata si era rivolta dapprima al giudice ordinario per ottenere il risarcimento, ma la relativa domanda fu dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione e, successivamente, aveva riassunto la causa dinanzi al T.A.R., con il ricorso dal quale è sorta la censura ora gravata, deducendo in punto di diritto vari profili di censura e chiedendo il risarcimento del danno subito con riguardo alle differenze retributive, nonché alla perdita di chance per il mancato ottenimento d’un incarico di I fascia dirigenziale.

Costituitosi il Ministero intimato, deducendo la prescrizione dell’azione risarcitoria e l’infondatezza della pretesa attorea, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, riconoscendo integralmente la spettanza delle poste oggetto di domanda risarcitoria.

Contestando le statuizioni del primo giudice, il Ministero appellante evidenzia l’erronea ricostruzione operata in fatto ed in diritto dal giudice di prime cure, contestando il quantum risarcitorio liquidato in sentenza.

Nel giudizio di appello, si è costituita S. C., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 29 aprile 2011, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello è parzialmente fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, la difesa erariale contesta il criterio utilizzato dal T.A.R. nel calcolare il risarcimento del danno da ritardata assunzione riconosciuto all’appellata Crisafulli, ed indicato nelle differenze retributive e contributive, nel periodo intercorrente dalla domanda del 2002 all’inquadramento nella qualifica di dirigente di prima fascia, tra il trattamento in godimento e quello inerente la qualifica di successiva attribuzione.

Premessa una ricostruzione della particolare tipologia del rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici, e della differenza intercorrente tra l’acquisto della qualità di dirigente ed il conferimento delle funzioni dirigenziali, il Ministero evidenzia l’erroneità della soluzione fornita in sentenza dal T.A.R. che ha attribuito all’appellata l’integrale risarcimento vantato, nella quantificazione sopra indicata.

2.1. – La doglianza è fondata nei limiti appresso precisati.

In via preliminare, va osservato che in questa sede non è in discussione l’an debeatur, ma unicamente la sua quantificazione, in relazione alla quale l’amministrazione deduce l’erroneità della liquidazione operata dal T.A.R., che ha esplicitamente affermato come, in merito al danno da ritardata assunzione, debba operare il principio dell’integrale riparazione del danno, sancito dall’art. 1223 c.c., senza che sussista spazio alcuno per la ancorchè parziale applicazione della compensatio lucri cum damno.

La posizione teorica sostenuta dal giudice di prime cure, in relazione all’agevole determinazione del profilo di danno azionato, e quindi la valutazione del fatto lesivo, che si sottrae alle differenziazioni valevoli in tema di restitutio ad integrum in relazione alla differente vicenda della costituzione e della prosecuzione del rapporto, può essere parzialmente condivisa, almeno nei limiti per cui, nel caso di ritardata assunzione in servizio o ritardata progressione di carriera, il profilo economico della lesione appare ricostruibile in rapporto proprio alla diversità del trattamento retributivo e contributivo spettante.

Va tuttavia precisato, come bene argomenta la difesa erariale, che tale differenza va colta unicamente in relazione alla parte non variabile della retribuzione, comprensiva cioè della quota tabellare e della indennità di posizione fissa, e non invece in rapporto alle altre voci, ossia l’indennità di posizione variabile e l’indennità di risultato, che sono collegate all’attività concretamente effettuata dal dipendente e che quindi si collegano ad una corrispettività di prestazioni.

Si tratta infatti di istituti economici ispirati "alla finalità di modulare i trattamenti retribuitivi del personale dirigenziale in ragione delle mansioni e degli incarichi svolti, in presenza però di una base, costituente una voce retributiva aggiuntiva di carattere ordinario, ossia di un elemento accessorio allo stipendio, correlata al livello particolare di professionalità richiesta per lo svolgimento di mansioni dirigenziali a prescindere dal materiale disimpegno delle mansioni stesse" (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 18 gennaio 2011, n. 294).

Pertanto, l’attribuzione dell’integrale ristoro spettante deve essere primariamente considerata facendo riferimento unicamente alle dette voci.

In merito, poi, alla inapplicabilità del principio della compensatio lucri cum damno, occorre osservare come invece la giurisprudenza di questo Consiglio, partendo dal riconoscimento di una valutazione solamente equitativa del danno, sebbene ricostruibile facendo riferimento proprio al tema delle differenze stipendiali, evidenzia come "il danno patito nella specie non può essere fatto coincidere toutcourt con l’importo differenziale fra le retribuzioni, ma tale differenziale va in qualche misura decurtato in considerazione del dato incontestabile della mancata prestazione lavorativa nella qualifica solo tardivamente conseguita" (Consiglio di Stato, sez. V, 10 maggio 2010, n. 2750), indicando altresì la decurtazione dovuta nella misura del venti per cento.

La Sezione, non ritenendo di doversi discostare da tali principi, ritiene quindi che la censura di appello vada quindi accolta nei limiti sopra indicati, individuando la misura del risarcimento dovuto nel differenza tra le retribuzioni conseguite e quelle spettanti in relazione al migliore inquadramento, limitatamente alle voci retributive sopra indicate e previa decurtazione nella misura del venti per cento.

3. – Con il secondo motivo di diritto, la difesa erariale censura la quantificazione operata dal giudice di prime cure in rapporto al danno da perdita di chance. In concreto il T.A.R. ha attribuito all’appellata, in relazione a tale posta, "un risarcimento da calcolarsi in base alla media tra le tariffe di CCNL per le retribuzioni di funzione e di posizione dei dirigenti di I fascia per il periodo 2002/2006, aumentato di un terzo". Si tratterebbe quindi di un’erronea applicazione dei principi valevoli in materia, tant’è che il giudice, anziché operare una decurtazione dell’eventuale somma spettante in relazione alla probabilità del suo conseguimento, ne ha addirittura aumentata l’entità.

3.1. – La doglianza va condivisa.

Il danno da perdita di chance, ritenuto applicabile anche alle fattispecie sottoposte all’esame del giudice amministrativo, è certamente collegato, da un lato, all’esistenza di un provvedimento illegittimo che comporta la lesione dell’integrità del patrimonio del soggetto, e dall’altro, alla probabilità che tale danno si potesse effettivamente verificare. In particolare, trattandosi di una prognosi postuma e quindi relativa ad un evento ipotetico e non reale, la valutazione sulla sua efficacia eziologica deve aver luogo in maniera accurata, onde evitare l’attribuzione di risarcimenti del tutto slegati dalla situazione e dalla concretezza del danno.

Proprio in relazione a tale ultimo profilo, la Sezione ritiene che non vi sia uno spazio giuridico per ritenere esistente un’apprezzabile probabilità di conseguimento dell’incarico dirigenziale, ossia di un’attribuzione funzionale a tempo determinato, conferito con atto provvedimentale ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 165 del 2001 a cui accede un ulteriore trattamento economico mediante contratto individuale accessivo. In effetti, ciò che connota tale situazione è la stretta temporaneità legata ad un rapporto di natura strettamente fiduciaria, al cui raggiungimento concorrono anche, ma non esclusivamente, le considerazioni sui risultati precedentemente conseguiti.

Nel caso in specie, il T.A.R. ha ritenuto esistenti i presupposti in relazione alla reiterazione dell’incarico ricevuto della stessa appellata in posizione vicaria del direttore centrale dell’ufficio dirigenziale generale in cui era incardinata. Tuttavia, tale unico elemento, relativo ad una prestazione di fatto e slegata dalle conseguenze giuridiche ed economiche dell’effettiva attribuzione dell’incarico funzionale, paiono difficilmente utilizzabili come elemento di prova, dovendosi contemperare con la natura esclusivamente fiduciaria dell’incarico stesso e quindi con l’assoluta non prevedibilità della sua attribuzione.

Consequenzialmente, la voce di danno per perdita di chance deve essere espunta dal paniere risarcitorio, non essendovi prova della sua rilevanza, nemmeno dal punto di vista meramente probabilistico.

4. – L’appello va quindi accolto in parte, nei limiti sopra indicati, ferme rimanendo le ulteriori statuizioni del giudice di prime cure, anche in relazione alle modalità a cui si dovrà attenere la pubblica amministrazione per la sua liquidazione. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie in parte l’appello n. 2315 del 2011 e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 37897 del 21 dicembre 2010, accoglie il ricorso di primo grado nei limiti indicati in parte motiva;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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