Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-06-2012, n. 9250 Crediti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 9.11.2010 il Tribunale di Milano respingeva l’opposizione proposta da Equitalia Esatri s.p.a. avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato del fallimento Termaco Italia s.r.l., nell’ammettere al passivo il credito di Euro 2.828.905,00, aveva negato la collocazione ipotecaria, previa revoca della garanzia ai sensi della L. Fall., art. 67. In particolare il creditore istante aveva contestato la correttezza del provvedimento di ammissione, sostenendo che l’ipoteca iscritta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 avesse natura di ipoteca legale (e in quanto tale sottratta al regime di cui alla L. Fall., art. 67), prospettazione che non veniva tuttavia condivisa dal tribunale, che per l’appunto riteneva che la costituzione dell’ipoteca legale non richiedesse una specifica determinazione del creditore, la cui sollecitazione risultava viceversa necessaria nel caso di specie.

Da tale circostanza discendeva quindi, secondo il tribunale, che correttamente il giudice delegato avesse ammesso il credito nei termini indicati.

Avverso il decreto Equitalia Esatri proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi poi ulteriormente illustrati da memoria (depositata da Equitalia Nord, quale incorporante della società ricorrente), cui non ha resistito l’intimato.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 15.5.2012.

Motivi della decisione

Con i motivi di impugnazione la ricorrente ha rispettivamente denunciato:

1) violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 atteso che la natura legale dell’ipoteca in questione risulterebbe dalla Legge delega 28 settembre 1998, n. 337, art. 1, lett. h, n. 4 e d’altro canto anche l’interpretazione sistematica della normativa vigente confermerebbe la differenza tra l’ipoteca oggetto di esame e quella giudiziale;

2) violazione del medesimo articolo sotto altro aspetto, e cioè per il fatto che l’irrevocabilità dell’ipoteca sarebbe desumibile indirettamente anche da altre norme, vale a dire dal D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 3 bis e dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 19 che per l’appunto escludono dalla revocatoria L. Fall., ex art. 67 l’ipoteca volontaria rilasciata a garanzia dal contribuente o da un terzo.

Osserva il Collegio che i due motivi di impugnazione devono essere esaminati congiuntamente perchè fra loro connessi, e sono fondati nei termini appresso precisati.

Al riguardo va premesso che il vigente codice civile contempla tre diverse tipologie di ipoteche, individuate rispettivamente:

nell’ipoteca legale (art. 2817), in quella giudiziale (art. 2818), in quella volontaria (art. 2821). Quest’ultima presuppone l’adesione del debitore, ed è dunque da escludere, anche in via del tutto ipotetica, la sua astratta configurabilità nel caso di specie.

Quanto agli altri due tipi di ipoteca sopra indicati, il legislatore ha rispettivamente indicato le ipotesi che danno luogo a quella legale (originariamente tre, poi ridotte a due per effetto delle innovazioni riconducibili all’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale) ed ha quindi stabilito che ogni sentenza di condanna al pagamento di somma di denaro, all’adempimento di obbligazione, al risarcimento del danno – ad esse equiparati i provvedimenti giudiziali cui la legge attribuisce i medesimi effetti -, costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Poichè appare del tutto evidente che l’iscrizione di ipoteca in esame non è esattamente riconducibile ad alcuna delle due ipotesi sopra considerate, la questione che ne discende va individuata nello stabilire se i connotati che contraddistinguono l’ipoteca oggetto di revoca siano o meno tali da farla rientrare nell’ambito di una delle due ipotesi contemplate, e da determinare, quindi, l’applicazione della relativa disciplina in tema di revocatoria fallimentare (L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4, limita invero la previsione di revocabilità a quelle volontarie e giudiziali, restandone quindi escluse quelle legali). Alla prima questione il Collegio ritiene che debba darsi risposta negativa.

Ed infatti, quanto all’ipoteca legale di cui all’art. 2817 c.c., il legislatore ne ha previsto l’iscrizione automatica su specifici beni immobili oggetto di negoziazione (quindi con oggetto predeterminato e senza sollecitazione di parte), in ragione dell’avvertita esigenza di rafforzare l’adempimento di obbligazioni derivanti da operazioni di trasferimento della proprietà, per effetto di atti di alienazione (n. 1) ovvero di divisione (n. 2).

Pare dunque che la diversità della fattispecie in esame, che richiede un’attivazione del creditore e che non presuppone l’esistenza di un preesistente atto negoziale il cui adempimento il legislatore ha inteso garantire, non consente, per le caratteristiche che la distinguono, la sua assimilazione ad una ipotesi di ipoteca legale. Ad identiche conclusioni deve però pervenirsi con riferimento al possibile accostamento dell’ipoteca oggetto di esame a quella giudiziale. L’art. 2818 c.c. infatti, ispirato dall’esigenza di rafforzare l’adempimento di una generica obbligazione pecuniaria (e quindi non specifica, come viceversa nel caso di ipoteca legale), individua il titolo per l’iscrizione di tale ipoteca in una sentenza o in altro provvedimento giudiziale cui la legge riconosce tale effetto. Orbene, pur risultando del tutto agevole l’accostamento dell’ipoteca in questione a quella giudiziale sul duplice piano delle modalità di iscrizione (ad istanza di parte, quanto meno per una delle due ipotesi contemplate dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 sulla base di precostituito titolo esecutivo) e della genericità dell’obbligazione garantita, è ugualmente evidente la differenza che emerge fra le due fattispecie oggetto di esame, atteso che la richiesta di iscrizione ipotecaria ai sensi del citato art. 77 non è sorretta da provvedimento giudiziale ma, piuttosto, da provvedimento amministrativo.

Tale diversità è sufficiente per far ritenere che a torto sia stata ritenuta revocabile l’ipoteca in questione, e ciò in quanto erroneamente ne è stata affermata l’assimilazione, sul piano della disciplina normativa, a quella giudiziale. Peraltro in proposito non sembra inutile rilevare, da un lato, che non è ravvisabile alcun motivo di ordine logico o giuridico che imponga la necessità di comprendere l’ipoteca iscritta ex art. 77 sulla base cioè dell’esistenza di titolo esecutivo costituito da un atto amministrativo – nell’ambito delle qualificazioni risultanti dal codice civile e, dall’altro, che non vi è ragione per negarne una propria autonomia. Sotto quest’ultimo riflesso vale anzi al contrario ricordare che la questione relativa alla qualificazione della detta ipoteca è stata più volte affrontata – anche se con posizioni e soluzioni non coincidenti – in sede dottrinaria e giurisprudenziale (di merito e di legittimità), essendone stata avvertito il non agevole inquadramento nelle categorie espressamente contemplate e disciplinate, soprattutto con riferimento all’ipoteca penale e a quelle conseguenti a sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie.

In ogni modo, quel che interessa rilevare in questa sede è: che la L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4, stabilisce fra l’altro, e ricorrendo le ulteriori condizioni, la revocabilità delle sole ipoteche giudiziali e volontarie; che l’ipoteca D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77 non può essere compresa in alcuna delle due categorie sopra indicate; che conseguentemente la stessa non può essere suscettibile di revoca in sede fallimentare. D’altra parte conferma indiretta della correttezza della soluzione rappresentata si trae pure dalla peculiarità della natura del credito fatto valere e dalla disciplina di favore a vantaggio del creditore che il legislatore, in ragione della qualità del creditore, ha nella specie inteso attuare.

Al riguardo va invero considerato che il D.P.R. 602 del 1973, art. 49 ha attribuito efficacia di titolo esecutivo al ruolo (che costituisce l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute) formato dall’Ufficio finanziario ai fini della riscossione a mezzo concessionario, così consentendo la formazione del detto titolo sulla base di un atto della stessa amministrazione, senza la necessità di ulteriore vaglio da parte dell’autorità giudiziaria.

L’art. 77 del medesimo provvedimento normativo stabilisce altresì, come sopra evidenziato, l’idoneità del titolo rappresentato dal ruolo a costituire pure titolo per l’iscrizione di ipoteca sugli immobili del debitore, e quindi a determinare una garanzia reale a favore del creditore in ragione di provvedimento autonomamente emesso dall’Amministrazione, senza contraddittorio preventivo e senza il controllo successivo da parte del giudice.

L’art. 89 del D.P.R. in esame dispone infine che i pagamenti di imposte scadute non sono soggetti alla revocatoria prevista dalla L. Fall., art. 67, così venendosi a confermare in modo estremamente significativo il regime eccezionale e derogatorio che il legislatore ha voluto assicurare all’Amministrazione Finanziaria, in forza delle finalità pubblicistiche della sua attività, individuabili nella necessità di favorire l’adempimento del debito fiscale e di assicurare, per quanto possibile, la più pronta riscossione delle entrate erariali.

Conclusivamente il ricorso deve quindi essere accolto, con cassazione del decreto impugnato e, decisione nel merito sulla domanda di Equitalia Romagna non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto.

Conseguentemente va disposta l’ammissione del credito dell’istante al passivo del fallimento L’Antico Restauro s.r.l. nella misura già determinata, con collocazione ipotecaria. L’assenza di precedenti giudiziari in termini all’epoca della presentazione del ricorso (in senso conforme alla decisione si è invece successivamente pronunciata questa Corte, con le sentenze nn. 3400, 3399, 3398, 3397, 3232 del 2012) induce alla compensazione delle spese del giudizio di merito e alla declaratoria di non ripetibilità di quelle sostenute dal ricorrente nel giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette il credito della ricorrente al passivo del fallimento Termaco Italia s.r.l. in liquidazione nell’importo precedentemente determinato, con collocazione ipotecaria.

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e non ripetibili quelle del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012

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