Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-06-2012, n. 9244 Condizione generale di contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 7 febbraio 1994, la Vams Ingegneria s.r.l. che, con la s.p.a. Rete Ferroviaria italiana (da ora: RFI) aveva nel 1988 concluso un contratto per la fornitura di servizi di elaborazione grafica per redigere il progetto esecutivo della linea dell’Alta Velocità (OMISSIS) dal Km. 0.000 al Km 13,500, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma, l’altra contraente, perchè fosse condannata al risarcimento dei danni dovuti per la indebita sospensione dei lavori dal 17 febbraio 1989 al 14 marzo 1991.

Deduceva l’attrice che la convenuta aveva disposto la sospensione delle sue prestazioni, dichiarando di dovere chiedere il parere dei comuni e della Regione sui cui territori la linea ferroviaria doveva passare sul progetto di massima, pur non essendo prevista, dalla legge o dal contratto autorizzazioni di detti enti e di avere formulato, all’atto della ripresa dei lavori, espressa riserva per i danni, liquidati nella domanda di risarcimento in L. 414.654.582, oltre interessi e rivalutazione. RFI si costituiva ed eccepiva la decadenza dall’azione, ai sensi dell’art. 44 delle condizioni generali dei contratti aventi ad oggetto appalti ferroviari e, in subordine, deducendo la infondatezza della domanda.

Il tribunale rigettava la domanda con sentenza del 25 luglio 2003, per tardività della riserva effettuata il 28 marzo 1991, mentre la sospensione durava dal febbraio 1989; ai sensi dell’art. 44 delle richiamate condizioni generali per il quale le riserve dovevano formularsi "con l’invio per lettera raccomandata al direttore del lavori entro 15 giorni dal momento in cui i fatti e le circostanze su cui si fondano erano conoscibili all’appaltatore".

La s.r.l. VAMS proponeva appello contro tale sentenza, deducendo che l’art. 44 delle indicate condizioni generali di contratto costituiva clausola vessatoria, inefficace per la mancanza della doppia sottoscrizione e inapplicabile in concreto e comunque che la riserva non era tempestiva.

R.F.I. chiedeva il rigetto del gravame e comunque la riduzione della entità del risarcimento domandato dall’appaltatore.

La Corte d’appello, con la sentenza del 2 ottobre 2008, ha accolto il gravame e condannato RFI a pagare all’appellante, a titolo risarcitorio, Euro. 122.608,08, con gli interessi dalla domanda al saldo e le spese del doppio grado.

Ritenuta sussistere la doppia sottoscrizione della clausola dell’art. 44 delle condizioni generali, apposta in contratto e in una dichiarazione aggiuntiva, la Corte ha considerato tempestiva la riserva del marzo 1991, perchè solo all’atto della ripresa dei lavori era stato possibile, per la società appellante, valutare il danno subito dalla sospensione e chiedere il risarcimento.

Non conoscendo la durata della disposta sospensione, non era possibile, prima della ripresa dei lavori, avere la certezza dei pregiudizi che, dal perdurare dei lavori, potevano derivare se non quando la società ha espresso e specificato la riserva di chiedere il risarcimento di L. 389.977.000. Analizzate le perdite e i mancati guadagni chiesti dalla società fornitrice, la Corte di merito ha ritenuto dovuta la perdita connessa al mancato utilizzo del personale per un periodo di venti giorni, di Euro 33.645,51 e l’aumento dei costi per l’esecuzione di Euro 67.913,02, con gli ulteriori esborsi per la riorganizzazione del servizio, liquidati in Euro 21.049,45, pervenendo alla condanna sopra riportata. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di cui sopra, RFI propone ricorso notificato il 25 maggio 2009 di sei motivi, cui resiste VAMS Ingegneria s.r.l. con controricorso notificato il 4 – 6 luglio 2009.

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo di ricorso, RFI denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ. in relazione all’art. 44 delle Condizioni generali di contratto dell’Ente Ferrovie dello Stato del 1987 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’art. 3 dell’accordo concluso dalle parti richiama le condizioni generali di contratto di cui sopra, il cui art. 44 stabilisce che le riserve siano formulate in modo specifico, precisando quali siano le conseguenze delle ragioni su cui si fondono e che le stesse devono essere comunicate a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, entro quindici giorni dal momento in cui i fatti su cui si fondono sono divenuti conoscibili all’appaltatore, a pena di decadenza del diritto di questo di far valere le stesse richieste in seguito.

I fatti generatori delle doglianze e non i danni, secondo la ricorrente, danno diritto alla riserva e per la VAMS s.r.l. era sin dall’inizio chiara la illegittimità della sospensione dei lavori disposta da RFI, motivata con la necessità di accertare la conformità del progetto di massima agli strumenti urbanistici dei comuni e delle Regioni i cui territori dovevano essere attraversati dalla linea veloce, enti che nessuna autorizzazione dovevano rilasciare, tanto che alcuna previsione in contratto vi era di tali oneri. Lo stesso riconoscimento del danno per i soli primi venti giorni della disposta sospensione dimostra, per la ricorrente, che, sin da tale momento era prospettabile la riserva, essendo tale termine sufficiente a far rilevare le situazioni pregiudizievoli a base dell’azione oggetto di causa, per cui, entro quindici giorni dalla conclusione di tale periodo di sospensione, occorreva formulare la riserva che invece si ebbe dopo oltre due anni.

La appaltatrice era quindi decaduta dal diritto di agire e la corte di merito, in violazione dell’art. 1362 c.c., ha ritenuto di collegare al danno e non alla conoscenza dei fatti che avrebbero potuto provocarlo, l’onere di formulare la riserva.

La formula dell’art. 44 delle citate condizioni generali non collega al rilevarsi dei danni, per giunta di una certa consistenza, l’onere della riserva, bastando la potenzialità dannosa della sospensione a dar diritto a formulare la riserva (il ricorso cita in tal senso Cass. 18 settembre 2003 n. 13734 e Cass. 7 marzo 2009 n. 6443), come emerge chiaro dalla lettera della clausola.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. si domanda di affermare che "nel caso in contratto sia prevista la formulazione specifica delle riserve con la precisazione del loro contenuto economico a mezzo raccomandata a.r. da inviare al direttore dei lavori entro quindici giorni dal momento in cui i fatti e le circostanze su cui si fondono erano conoscibili all’appaltatore, violi le norme indicate sull’ermeneutica contrattuale affermare, come accade nella sentenza impugnata, che l’onere della riserva sorge solo quando per l’appaltatore si sia verificato un danno effettivo e di una certa rilevanza." 1.2. Il secondo motivo del ricorso lamenta violazione delle stesse norme di cui al primo motivo per un diverso profilo.

Anche in rapporto alla liquidazione del risarcimento riconosciuto solo per le perdite subite a causa della sospensione soltanto per i primi venti giorni in cui questa fu disposta, ad avviso della ricorrente, è da qualificare tardiva la riserva prospettata nel 1991, quando il danno massimo risarcibile in tesi, per la sentenza impugnata, doveva esaurirsi entro il marzo 1989, e nei quindici giorni successivi doveva quindi formularsi la riserva. Il quesito conclusivo del ricorso chiede di affermare il principio per cui, "pur con una clausola che imponga di formulare le riserve all’atto del compiuto verificarsi del danno, viola gli articoli sull’interpretazione dei contratti, dichiarare tempestiva una riserva formulata due anni dopo l’esaurimento del danno riconosciuto dovuto", 1.3. Si lamenta in terzo luogo il difetto di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 sulla asserita tempestività dell’iscrizione della riserva dalla VAMS, per i seguenti tre profili.

In ordine alla immediatezza, questa è da intendere in modo speciale nel caso, come il presente, in cui l’evento sospensivo di per sè non da luogo a maggiori costi; in secondo luogo, i danni non erano rilevatali subito, non essendo prevista la durata della sospensione, e in terzo luogo non poteva accertarsi con immediatezza un danno di una certa rilevanza.

L’esigenza di buoni rapporti tra stazione appaltante e appaltatore non giustifica il ritardo della riserva per il primo profilo nè può dirsi che la mancata indicazione della durata di per sè integri un pregiudizio in quanto la sospensione stessa era da ritenere per la ricorrente illegittima o non conforme alla legge, mentre il richiamo ai soli danni di una certa rilevanza resta del tutto generico e irrilevante.

La sintesi conclusiva del motivo chiede di rilevare la mancanza di motivazione della decisione per la quale "a fronte di una lettura del contratto per cui l’appaltatore ha l’onere di formulare la riserva quando si sia verificato un danno": 1) la immediatezza vada intesa cum grano salis allorchè l’evento non determini di per sè un maggior costo come afferma la sentenza; 2) sia corretta l’argomentazione per cui una sospensione pur illegittima che non contenga un termine finale nessun danno provoca all’appaltatore; 3) possa giustificarsi come tempestiva la riserva formulata solo quando il danno si presenti di una certa rilevanza, come scritto in sentenza.

1.4. Il quarto motivo di ricorso denuncia la motivazione contraddittorìa della sentenza impugnata con riferimento alle parti della sentenza relative all’interpretazione della norma del capitolato sopra richiamata e alla quantificazione del danno, avendo dapprima affermato che, non essendo prevista la durata della sospensione, non poteva pretendersi la immediata riserva e poi rilevato che, nel termine di soli venti giorni, sarebbe stato possibile riutilizzare il personale in altri impieghi, così riconoscendo i pregiudizi solo per tale limitato periodo. La sintesi, qualificata in ricorso come quesito conclusivo, chiede di ritenere "contraddittorio da un canto ritenere tempestiva ia riserva alla fine della sospensione e dall’ altro riconoscere come produttivo del danno la cessazione del lavoro per soli venti giorni." 1.5. Ancora contraddittoria è ritenuta dalla ricorrente, con il quinto motivo di ricorso, la motivazione che condiziona l’onere della riserva alla esistenza effettiva del danno. Afferma la sentenza dapprima la sufficienza della potenzialità dannosa, obbiettivamente apprezzabile, della sospensione per obbligare alla riserva, rilevando poi che solo la concreta idoneità del fatto a produrre il danno obbliga alla riserva, essendo evidente che le situazioni poste a base dell’onere dell’appaltatore sono descritte in modo diverso e contraddittorio sul piano logico.

Nella sintesi finale si chiede di rilevare la contraddizione dei descritti diversi eventi – potenzialità del danno e concreto pregiudizio – come determinativi dell’obbligo di formulare la riserva.

1.6. Si denuncia infine violazione dell’art. 1218 c.c. per il mancato accertamento della illegittimità della sospensione e quindi dell’inadempimento della stazione appaltante, anche per omessa motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.

Secondo la sentenza impugnata, l’onere della formulazione della riserva si rende attuale quando emerge la concreta idoneità del fatto generatore a determinare il pregiudizio, trattandosi nel caso di un fatto continuativo, ma in nessun modo la disposta sospensione dei lavori si qualifica inadempimento, per cui è ingiustificata la stessa condanna al risarcimento del danno.

Il quesito di diritto conclusivo del motivo di ricorso in ordine alla dedotta violazione di legge chiede di affermare il principio, per cui è impossibile una condanna ai sensi dell’art. 1218 c.c. senza accertare l’inadempimento della parte da condannare e, in sintesi, si chiede di accertare la mancanza di motivazione sulla esistenza di tale condotta inadempiente della stazione appaltante.

2.1. I primi due motivi di ricorso devono trattarsi insieme e devono ritenersi fondati.

L’art. 44 delle condizioni generali dei contratti di appalto delle Ferrovie dello Stato, incontestatamente operativo nella fattispecie, prescrive che le riserve, da formulare in modo specifico e con la precisazione delle richieste economiche conseguenti ad esse, devono "essere inviate per lettera raccomandata a.r. al Direttore dei Lavori per conto t dell’Ente, entro quindici giorni dal momento in cui i fatti e le circostanze su cui si fondano erano conoscibili all’appaltatore", che, qualora non proponga tali riserve nei termini e con il rispetto delle condizioni di cui sopra, "decade da ogni eventuale diritto di farle valere successivamente o in altra sede".

Ad avviso del ricorrente, non è alla potenzialità dannosa della sospensione dei lavori ma al mero sussistere di questa come fatto continuativamente dannoso, disposto senza una giustificazione normativa o contrattuale, che trovava ragione la riserva, che quindi è stata in sostanza trasmessa con gravissimo ritardo e circa due anni dopo che la direzione dei lavori aveva disposto la sospensione, iniziata nel 1989. Si tratta di un fatto cd. continuativo da cui si genera la riserva dell’appaltatore, con un giudizio di fatto sulla sua tempestività dal giudice di merito, che va valutato alla stregua della disciplina legale e contrattuale di esso (Cass. 16 dicembre 2000 n. 15485) e che, non a caso, è stato diversamente considerato in primo grado e in appello. In rapporto alla sospensione dei lavori disposta dalla stazione appaltante a mezzo del direttore dei lavori, questa Corte ha distinto l’evento fenomenico della sospensione dei lavori dalle conseguenze dannose di essa, ritenendo che la riserva, da prospettare comunque nei termini di legge, debba iscriversi, ovvero come nel caso, inviarsi alla committente al momento in cui, secondo la normale diligenza, poteva rilevarsi la potenzialità dannosa della interruzione dei lavori (in tal senso: Cass. 7 luglio 2011 n. 15013, Cass. 17 marzo 2009 n. 6443, 24 giugno 2008 n. 17083).

L’onere della prova del tempo in cui poteva rilevarsi la potenziale dannosità del fatto continuativo generatore del diritto al risarcimento o ai maggiori compensi è a carico dell’appaltatore e, nel caso, non risulta che la s.r.l. VAMS Ingegneria, nel giudizio di merito, abbia dimostrato che la lesività della sospensione o la sua potenziale dannosità potesse emergere solo dal 14 marzo 1991, data di ripresa dei lavori, entro quattordici giorni dalla quale, in data 28 marzo 1991, la riserva fu proposta con la lettera di cui all’art. 44 delle condizioni generali.

In tal caso, infatti la riserva si è trasmessa, quando "i fatti e le circostanze su cui essa si fonda" erano "conoscibili all’appaltatore" da molto tempo prima della data conclusiva della sospensione dei lavori. Anche a non ritenere immediata la consapevolezza della affermata illegittimità della sospensione motivata al di fuori di ogni previsione normativa o contrattuale ma non necessariamente in contrasto con leggi imperative che impongano di valutare le,osservazioni di comuni e Regione sul progetto di massima delle linee ferroviarie, sin dal momento in cui si era disposto di fermare le prestazioni della controricorrente senza termine e con motivazione che non rendeva indispensabile tale comportamento della committente, la appaltatrice doveva formulare la riserva. In base ad una risalente giurisprudenza di questa Corte, l’appaltatore, per il solo sospetto di un comportamento illegittimo e prima ancora del rilievo dei danni, avrebbe dovuto, sin dal 1989, inviare la lettera con la riserva al direttore dei lavori(Cass. 2 luglio 1981 m. 4285). Comunque, non può che riconoscersi la tardività della riserva prospettata dopo la ripresa dei lavori, pur essendo chiaro a quella data che il danno, coincidente con la durata stessa del fermo dei lavori, maturava giorno per giorno e nel caso, come accertato dalla stessa Corte di merito, era cessato dopo venti giorni di tale stato di quiescenza, dato che per la durata successiva nulla si era riconosciuto dovuto all’impresa a titolo di pregiudizio subito. In tale contesto, alla luce della lettera del contratto e dell’art. 44 delle condizioni generali di appalto delle Ferrovie dello Stato, in rapporto alle perdite ingiustamente subite dalla società appaltatrice, questa era tenuta a prospettare la riserva già dopo due mesi dall’inizio della sospensione e quindi la lettera inviata il 28 marzo 1991 era sicuramente tardiva e la controricorrente era da ritenere decaduta dall’azione esercitata in questa sede. L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso comporta l’assorbimento degli altri motivi di esso, essendo irrilevante l’accertamento della potenziale dannosità della sospensione dei lavori, non potendosi alla stessa collegare l’obbligo di riserva, che sorge già per il fatto continuativo, ingiustificato per legge o per contratto, della disposta sospensione, indipendentemente dai danni che la stessa può produrre (terzo motivo) e in ragione della durata dei primi venti giorni di lavori sospesi come rilevanti per la quantificazione delle perdite per cui sarebbe illogico il riconoscimento della tempestività della riserva circa due anni dopo tale termine finale dell’effetto dannoso(quarto motivo).

L’accoglimento dei primi due motivi assorbe anche il quinto motivo di ricorso, che lamenta la motivazione insufficiente sulla durata del periodo di sospensione rilevante a cagionare il danno di soli venti giorni e sulla riserva relativa ad essa proposta quasi due anni dopo tale periodo. E’ infine assorbito pure il sesto motivo di ricorso, essendo del tutto irrilevante la declaratoria di inadempimento che la ricorrente chiede, dal momento che la stessa è implicita nella dichiarazione di responsabilità della RFI e nella condanna ai danni che peraltro era preclusa per il ritardo della riserva proposta dall’appaltatrice.

3. In conclusione, i primi due motivi di ricorso devono accogliersi con assorbimento degli altri; la sentenza impugnata deve cassarsi in relazione ai motivi accolti e la causa, non essendo necessari altri accertamenti di fatto può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c, rigettando la domanda di risarcimento del danno proposta da VAMS Ingegneria s.r.l..

Per la soccombenza le spese dell’intero giudizio devono porsi a carico della controricorrente che dovrà rimborsarle alla ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e, decidendo la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., rigetta la domanda risarcitoria di Varas Ingegneria s.r.l. nei confronti di RFI – Rete Ferroviaria italiana. Condanna la controricorrente a pagare alla ricorrente le spese dell’intero giudizio, che liquida, per il primo grado, in Euro 9.600,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari ed Euro 1.800,00 per diritti, per il giudizio di appello, in Euro 10.300,00, di cui Euro 7.500,00 per onorari ed Euro 2.000,00 per diritti e, per il giudizio di cassazione, in Euro 6.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012

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