Cons. Stato Sez. V, Sent., 29-12-2011, n. 6978 Inquinamento atmosferico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- La signora P. P., proprietaria di un appartamento posto al primo piano della stabile di via Solferino 18, in Firenze, con un primo ricorso proposto davanti al TAR per la Toscana (iscritto al n. 559/08), aveva impugnato la nota del 7 gennaio 2008 con la quale la locale Azienda Sanitaria l’aveva invitata a provvedere all’immediata rimozione dello scarico in parete dell’impianto termico a servizio del suo appartamento, in assenza delle condizioni per la deroga all’obbligo di scaricare oltre il colmo del tetto i prodotti della combustione, con riserva di adottare i provvedimenti necessari alla salvaguardia dell’incolumità pubblica e privata, nonché la successiva nota del 18 febbraio che confermava la precedente statuizione non essendo possibili deroghe all’obbligo di scarico oltre il colmo del tetto.

Con successivo ricorso (n. 1667/08) la signora P. aveva impugnato davanti al TAR per la Toscana il provvedimento del 9 ottobre 2008, con il quale il Comune di Firenze le aveva fatto divieto di utilizzo dell’impianto termico installato nell’appartamento in questione, perché non conforme alle prescrizioni normative vigenti in materia di progettazione, installazione, esercizio e manutenzione degli impianti termici degli edifici, con particolare riferimento all’assenza delle condizioni per lo scarico dei fumi a parete.

Con un terzo ricorso (n. 951/09) la signora P. aveva impugnato infine la nota dirigenziale del 16 marzo 2009 con cui il Comune di Firenze le aveva trasmesso, dichiarando di condividerla, la relazione tecnica attestante la fattibilità dello scarico a tetto dell’impianto termico dell’appartamento di via Solferino 18.

Il TAR per la Toscana, sede di Firenze, con la sentenza n. 953 del 12 aprile 2010, riuniti i tre ricorsi, ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibili le domande proposte dalla ricorrente.

In particolare il TAR ha affermato che la norma che prevede l’obbligo di scaricare oltre il colmo del tetto i prodotti della combustione (l’art. 5, comma 9 del D.P.R. n. 412/93) non dà autonoma rilevanza, ai fini della possibile deroga, "all’ipotetica impossibilità tecnica di portare gli scarichi oltre la copertura dell’edificio… Né, per questo aspetto, la deroga può ritenersi consentita dal Regolamento edilizio comunale, che in materia di scarichi dei fumi degli impianti termici fa rinvio al D.P.R. n. 412/93; ovvero dalla circolare della Direzione ambiente del 1 aprile 2004, che a sua volta rinvia alle soprastanti norme regolamentari statali e comunali per l’individuazione dei casi di deroga all’obbligo di scarico sopra il tetto, richiedendone la certificazione da parte del progettista incaricato; o, ancora, dalla circolare c.d. "Nencioni" la quale, nella parte in cui introduce fra i motivi di "autoderoga" allo scarico sul tetto la impossibilità di realizzare la canna fumaria su facciata principale, arbitrariamente effettua una sorta di bilanciamento fra i diversi interessi tutelati dalle disposizioni normative che vengono in considerazione nella fattispecie… ";

La signora P. ha proposto ricorso in appello avverso la menzionata sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.

L’ Azienda Sanitaria Firenze, il Comune di Firenze e la controinteressata E. C. si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 406/2010, questa Sezione ha disposto una verificazione ai sensi dell’art. 66 del codice del processo amministrativo, incaricando il Direttore Generale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT) al fine di compiere accertamenti sulla possibile nocività per i vicini e per la controinteressata signora E. C., dei fumi prodotti dall’impianto di riscaldamento autonomo a gas metano installato nell’appartamento di proprietà della signora P., indicando anche eventuali necessarie modifiche allo scarico esistente o soluzioni alternative che consentano il sostanziale rispetto delle disposizioni normative.

Con successiva ordinanza n. 4379/2011, la Sezione ha preso atto dei problemi rappresentati dall’ARPAT con riferimento agli accertamenti sulla possibile nocività per i vicini e per la controinteressata signora E. C. dei fumi prodotti dall’impianto di riscaldamento autonomo a gas metano installato nell’appartamento di proprietà della signora P. ed ha ritenuto di limitare l’accertamento alla indicazione di eventuali necessarie modifiche allo scarico esistente o soluzioni alternative che consentano il sostanziale rispetto delle disposizioni normative, estendendolo alla "situazione dell’impianto termico antecedente l’intervento in contestazione (se era, o meno, già impianto individuale)" e alla "fattibilità sotto il profilo tecnico della realizzazione dell’impianto con canna fumaria oltre il colmo del tetto (avuto riguardo sia alle perizie prodotte in giudizio sia a soluzioni tecniche alternative)".

Anche questa volta la disposta istruttoria non è stata espletata, in quanto l’ARPAT ha rappresentato di non avere al proprio interno figure professionali competenti a svolgere gli accertamenti richiesti.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla verifica della legittimità della installazione nell’appartamento della signora P. di un impianto misto di riscaldamento autonomo a gas e produzione di acqua calda per uso domestico con lo scarico dei fumi a parete.

Tenuto conto della difficoltà riscontrata nel procedere agli accertamenti oggetto della verificazione, il Collegio ritiene di poter definire alcune delle domande proposte, riservando l’esame di alcune censure all’esito di una nuova verificazione da affidare a soggetto diverso dall’ARPAT, che ha sostanzialmente rifiutato di procedere sulla base di una carenza di competenze tecniche, che avrebbe dovuto rappresentare dopo l’adozione della prima ordinanza istruttoria della Sezione.

Con un primo motivo l’appellante contesta il capo dell’impugnata sentenza, con cui il Tar ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la nota del 7 gennaio 2008 con la quale la locale Azienda Sanitaria l’aveva invitata a provvedere all’immediata rimozione dello scarico in parete dell’impianto termico a servizio del suo appartamento.

Il giudice di primo grado ha ritenuto tale nota di natura endoprocedimentale con conseguente carenza di interesse al suo annullamento.

L’appellante sostiene, invece, che il citato provvedimento, con cui le è stata ordinata la immediata rimozione dello scarico, ha evidente carattere di lesività.

Il motivo è fondato.

La nota in questione ordina un immediato facere alla appellante e costituisce un atto immediatamente lesivo, risultando irrilevante il rinvio alla adozione di ulteriori futuri provvedimenti.

Nel merito, tale atto è illegittimo, non avendo l’azienda comunicato il formale avvio del procedimento e soprattutto non essendo stato consentito alcun contraddittorio procedimentale in sede di accertamento (sopralluogo).

Sotto ulteriore profilo, l’Azienda sanitaria non ha in alcun modo valutato gli atti compiuti dal Comune in relazione all’immobile e all’impianto in questione, assumendo la decisione sulla base di una istruttoria non completa.

In riforma dell’impugnata sentenza, va, quindi, accolto il ricorso di primo grado n. 559/08.

3. Sono fondate anche le ulteriori censure proposte dall’appellante avverso le statuizioni dell’impugnata sentenza, relative al divieto di utilizzo dell’impianto termico disposto dal comune.

Secondo il giudice di primo grado non sussisteva alcun presupposto per la deroga all’obbligo dello sbocco sopra il tetto degli edifici della canna fumaria dell’impianto, non assumendo rilievo l’eventuale impossibilità tecnica di realizzare tale sbocco.

Al riguardo, va ricordato che l’art. 5, comma 9 del D.P.R. n. 412/93 stabilisce che gli impianti termici siti negli edifici costituiti da più unità immobiliari devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione, con sbocco sopra il tetto dell’edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente, nei seguenti casi: – nuove installazioni di impianti termici, anche se al servizio delle singole unità immobiliari; – ristrutturazioni di impianti termici centralizzati; – ristrutturazioni della totalità degli impianti termici individuali appartenenti ad uno stesso edificio; – trasformazioni da impianto termico centralizzato a impianti individuali; – impianti termici individuali realizzati dai singoli previo distacco dall’impianto centralizzato.

In deroga a tale previsione di carattere generale, la stessa norma dispone che, fatte salve diverse disposizioni normative, ivi comprese quelle contenute nei regolamenti edilizi locali, la regola dello sbocco dei sistemi di evacuazione dei fumi sopra il tetto dell’edificio possa non venire applicata (purché si adottino generatori di calore che, per i valori di emissioni nei prodotti della combustione, appartengano alla classe meno inquinante prevista dalla norma tecnica UNI EN 297) nell’ipotesi di singole ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari, qualora nella versione iniziale non dispongano già di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto dell’edificio, funzionali ed idonei o comunque adeguabili alla applicazione di apparecchi con combustione asservita da ventilatore, ovvero di nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di tipo conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto termico, a condizione che non esista camino, canna fumaria o sistema di evacuazione fumi funzionale ed idoneo, o comunque adeguabile allo scopo.

La disciplina vigente, oltre a far salve diverse disposizioni, anche contenute nei regolamenti edilizi locali, consente, quindi, una deroga all’obbligo di carattere generale nel caso di sostituzione di precedenti impianti autonomi con nuovi impianti (in sostanza, se l’impianto da sostituire ha già uno scarico esterno, che non raggiunge il tetto dell’edificio, è possibile conservare tale configurazione senza realizzare lo scarico a tetto, purchè si adotti un generatore di calore che soddisfi determinate caratteristiche).

In fatto, si rileva che l’impianto realizzato dalla signora P. era stato in un primo momento dichiarato conforme alla vigente normativa nei sopralluoghi compiuti dai tecnici della Direzione Ambiente del Comune e solo successivamente sono stati adottati gli atti impugnati.

Non si è, quindi, in presenza di un diniego da parte del Comune alla installazione dell’impianto o di un ordine di rimozione legato alla accertata abusività di tale installazione; nel caso di specie, il Comune ha riesaminato in autotutela la propria precedente valutazione di conformità dell’impianto (nota del 14 novembre 2007), mutando opinione circa la legittimità dell’installazione.

Il caso in esame presenta, quindi, la peculiarità dell’esistenza di un impianto termico con sbocco a parete, ritenuto conforme dal Comune e di una successiva rivalutazione della situazione da parte dell’ente locale.

Tale ipotesi non può essere assimilata a quella della installazione o trasformazione di un nuovo impianto termico, da vietare; l’amministrazione non poteva non tenere conto del fatto che l’impianto era già realizzato e che era stato valutato da essa stessa come conforme.

Tale valutazione, del tutto assente nel caso di specie, precludeva l’adozione di un provvedimento di divieto di utilizzo dell’impianto, che si risolve nella sostanza in un divieto di utilizzo dell’appartamento nei mesi invernali in assenza di soluzioni alternative.

Il Comune avrebbe dovuto farsi carico di questo problema, limitandosi ad assegnare un termine per eseguire le modifiche necessarie a riportare a conformità l’impianto.

Tale conclusione è, peraltro, imposta dall’art. 33, comma 4, della legge n. 10/1991 (Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), che prevede che "In caso di accertamento di difformità su opere terminate il sindaco ordina, a carico del proprietario, le modifiche necessarie per adeguare l’edificio alle caratteristiche previste dalla presente legge" (fissando un termine ai sensi del successivo art. 35).

Il mancato rispetto di tale previsione normativa assume rilievo sia con riguardo alla (illegittima) immediata apposizione del divieto di utilizzo in luogo dell’ordine di provvedere entro un termine, sia con riferimento alla mancata indicazione delle modifiche necessarie per adeguare l’edificio alle caratteristiche previste dalla presente legge.

In una situazione complessa, quale quella in esame, non poteva il Comune limitarsi ad un generico ordine di riportare l’impianto a conformità, ma doveva farsi carico dell’indicare in che modo ciò poteva avvenire.

In riforma dell’impugnata sentenza e in accoglimento del ricorso di primo grado n. 1667/08, va, di conseguenza, annullato l’impugnato provvedimento, restando assorbite le ulteriori censure.

4. Con un ulteriore capo dell’impugnata sentenza il Tar ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la nota dirigenziale del 16 marzo 2009, con cui il Comune di Firenze ha trasmesso alla ricorrente, dichiarando di condividerla, la relazione tecnica attestante la fattibilità dello scarico a tetto dell’impianto termico dell’appartamento di via Solferino 18.

L’appellante contesta anche in questo caso che la nota abbia natura non provvedimentale.

Il motivo è fondato, anche se – come spiegato in seguito – l’esame nel merito del ricorso di primo grado richiede specifici accertamenti tecnici.

Con l’impugnata nota il Comune ha inteso condividere una relazione di parte sulla fattibilità tecnica dello sbocco a tetto della canna fumaria dell’impianto, espletando – seppur con mera condivisione di una perizia di parte – quell’accertamento sulle modifiche necessarie per adeguare l’edificio alle caratteristiche previste dalla presente legge, di cui si è detto in precedenza.

La ricorrente ha interesse a contestare tale accertamento, al fine di non vedere preclusa nel corso dei successivi procedimenti la dimostrazione dell’impossibilità tecnica di portare a tetto la canna fumaria, che nel caso di specie può assumere rilievo per le ragioni anzidette.

L’abbandono di un modello puramente impugnatorio del processo amministrativo ha, infatti, registrato una importante tappa con l’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, che ha costituito l’esito di una tendenza già condivisa dalla giurisprudenza.

Di conseguenza, anche in relazione al presente giudizio antecedente all’entrata in vigore del Codice, il giudice deve tendere a pervenire ad una soluzione della controversia che dia una risposta alle pretese sostanziali delle parti ed eviti inutili formalismi, che conducono a duplicare procedimenti amministrativi e giudizi.

Ritenere inammissibile la contestazione della nota in questione avrebbe, nel caso di specie, lasciato irrisolto il punto centrale della controversia, costituito dall’individuazione della fattibilità tecnica della realizzazione di una canna fumaria che superi il tetto dell’edificio e dalle conseguenti valutazioni sugli eventuali obblighi di fare che possono essere imposti alla appellante.

La necessità di pervenire a "pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa" (criterio di delega di cui all’art. 44, comma 2, lett. b), n. 4, della legge n. 69/09) costituisce un principio interpretativo ricognitivo di una tendenza già in atto, da applicare anche ai giudizi anteriori all’entrata in vigore del Codice e impone, nel caso di specie, di procedere all’accertamento tecnico descritto di seguito.

Al fine di decidere nel merito il ricorso di primo grado n. 951/09, deve, pertanto, essere disposta una verificazione, che il Collegio ritiene di dover affidare al Provveditore interregionale alle opere pubbliche per la Toscana e l’Umbria (o dirigente o funzionario da questi delegato).

Il soggetto verificatore dovrà accertare:

a) sulla base degli atti o di ogni altro elemento fornito dalle parti, la situazione dell’impianto termico antecedente l’intervento in contestazione (se era, o meno, già impianto individuale, o se con l’intervento in contestazione è avvenuto un distacco dall’impianto centralizzato o, comunque, in che modo era riscaldato l’appartamento della ricorrente prima di questo intervento);

b) la fattibilità, sotto il profilo tecnico, della realizzazione dell’impianto con canna fumaria oltre il tetto dell’edificio con indicazione delle modalità attraverso cui perseguire tale obiettivo;

c) ogni altro accertamento utile con riferimento alla problematica dell’accertamento della conformità a legge dell’impianto in questione, compresa ogni soluzione alternativa;

d) accertamento del valore di locazione dell’immobile dall’ottobre del 2008 ad oggi, da estendere agli elementi forniti dalle parti circa l’effettivo utilizzo dell’appartamento in tale periodo.

L’accertamento sub d) è funzionale all’esame della domanda di risarcimento del danno.

La verificazione dovrà avvenire in contraddittorio tra le parti nel rispetto delle seguenti modalità:

1) le parti e, in particolare, l’appellante dovranno trasmettere al verificatore la copia di tutti gli atti del giudizio, con una sintesi delle questioni controverse;

2) le parti hanno facoltà di farsi assistere da propri consulenti;

3) il soggetto verificatore dovrà trasmettere alle parti ovvero, se nominati, ai consulenti di parte uno schema della propria relazione, assegnando un termine per la presentazione di eventuali osservazioni e dovrà poi redigere la relazione finale, tenendo conto di tali osservazioni;

4) la relazione di verificazione con ogni allegato dovrà essere trasmessa alla segreteria di questa Sezione del Consiglio di Stato in 5 copie entro il termine del 30 marzo 2012.

5. In conclusione, non definitivamente pronunciando, il ricorso in appello va in parte accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza, vanno accolti i primi due ricorsi proposti in primo grado.

Con riferimento al ricorso di primo grado n. 951/09 va disposta la menzionata verificazione.

E’ riservata ogni ulteriore decisione, compresa quella relativa alle spese del giudizio e della verificazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie i ricorsi di primo grado n. 559/08 e n. 1667/08, annullando i provvedimenti impugnati.

In relazione al capo della sentenza appellata concernente il ricorso n. 951/09, dispone di procedere ad una verificazione, con contenuto, modalità e termini di cui in parte motiva, incaricando a tal fine il Provveditore interregionale alle opere pubbliche per la Toscana e l’Umbria (o dirigente o funzionario da questi delegato).

Fissa per l’ulteriore trattazione del ricorso l’udienza di discussione del 22 maggio 2012.

Ordina alla segreteria della Sezione di provvedere alla comunicazione della presente decisione alle parti e al soggetto verificatore.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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