Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-06-2012, n. 9241 Procedimento di controllo giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 31 marzo 2007 il Tribunale di Verona liquidò il compenso spettante al Dott. G.F., per l’attività svolta quale amministratore giudiziario della Camping Cisano s.p.a., comprensivo anche delle spese legali da lui corrisposte nel corso dell’amministrazione giudiziaria agli studi legali Agnoli Bernardi e Associati, Mucciarelli e Pedrazzi e TCM, quest’ultimo facente capo agli avv. T. e M..

Il provvedimento fu impugnato dalla Camping Cisano sia con ricorso proposto a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, sia con atto di opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c.. L’opponente evocò in giudizio anche lo Studio Pirola Pennuto Zei e Associati, del quale il Dott. G. faceva parte e che aveva fatturato ed incassato il compenso di cui sopra, lo studio Agnoli Bernardi e Associati, cui era stata devoluta una parte della somma liquidata a titolo di spese legali, nonchè la Consulfiduciaria s.p.a., ad iniziativa della quale era stato promosso il procedimento a norma dell’art. 2409 c.c. conclusosi con la nomina del suindicato amministratore giudiziario, e gli ex amministratori della società, sigg.ri D.P. ed D.A., che a detto procedimento avevano preso parte.

Riuniti i due procedimenti, il tribunale (in composizione monocratica), con ordinanza resa pubblica il 27 novembre 2009, rigettò l’opposizione proposta avverso la liquidazione del compenso.

Preliminarmente il tribunale rilevò che entrambi detti procedimenti dovevano esser ricondotti alla previsione del citato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 3, lett. n, e art. 170; quanto al merito, osservò che la vicenda in relazione alla quale era stata disposta la nomina dell’amministratore giudiziario risultava essere stata assai complessa e connotata da elevatissima conflittualità, e che la società ricorrente doveva ormai considerarsi priva di interesse ad impugnare la liquidazione del compenso spettante al predetto amministratore giudiziario, giacchè sin dal 20 marzo 2007 era stata raggiunta tra le parti una transazione, destinata a porre termine ad ogni possibile controversia tra esse, comprensiva anche del riconoscimento del suindicato compenso. Quella transazione – osservò ancora il tribunale – era stata approvata in assemblea dai soci della Camping Cisano e, successivamente, anche dal nuovo amministratore unico della società, e del prelevamento della relativa somma si era poi dato atto nel bilancio, del pari approvato dall’assemblea senza obiezioni di sorta. Non sussisteva, d’altronde, alcun motivo di nullità o di annullabilità dell’anzidetta transazione: nè sotto il profilo dell’attribuzione al tribunale della competenza esclusiva a liquidare il compenso dell’amministratore giudiziario, nulla vietando al medesimo tribunale di provvedervi adeguandosi ad accordi intervenuti al riguardo tra le parti, nè sotto il profilo del preteso conflitto d’interessi in cui si sarebbe trovato lo stesso amministratore giudiziario nel rappresentare la società quando fu stipulato l’accordo che parzialmente lo riguardava, non essendo stato quel conflitto rilevato a suo tempo dal revisore contabile e dal collegio sindacale che avevano esaminato il bilancio. Da ultimo, il tribunale rigettò la domanda dei convenuti che avrebbero voluto la condanna dell’opponente al risarcimento dei danni per lite temeraria, escludendo che ne ricorressero gli estremi, e compensò tra le parti le spese del giudizio.

Tale ordinanza è stata impugnata dalla Camping Cisano sia con un atto d’appello dinanzi alla corte territoriale, sia con ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.

Il Dott. G., unitamente allo studio Pirola Pennuto Zei e Associati, non si è limitato a difendersi con controricorso, ma ha altresì formulato dodici motivi di ricorso incidentale, ai quali la Camping Cisano ha, a propria volta, replicato con controricorso.

Nessuna difesa hanno svolto in questa sede gli altri intimati.

Tanto la ricorrente principale quanto il ricorrente incidentale hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. I ricorsi proposti avverso la medesima ordinanza debbono preliminarmente esser riuniti, come dispone l’art. 335 c.p.c..

2. E’ stata eccepita l’inammissibilità del ricorso principale nella sua interezza, siccome proposto avverso un provvedimento che sarebbe invece suscettibile d’appello (peraltro anch’esso proposto).

L’eccezione appare, però, destituita di fondamento.

Il controricorrente invoca il principio, affermato in diverse pronunce di questa corte (tra cui Cass. n. 6578 de 2005), secondo cui le decisioni sulle opposizioni a decreto ingiuntivo in materia di onorari professionali dovuti agli avvocati hanno valore di ordinanza e sono impugnabili a mezzo di ricorso straordinario per cassazione quando sia controverso soltanto il quantum del compensi dovuti al professionista, mentre hanno valore di sentenza, e come tali sono appellabili, qualora nell’opposizione si facciano valere anche altre ragioni di merito: il che sarebbe nella specie accaduto.

Sennonchè occorre anzitutto osservare che le varie questioni agitate nella presente causa in merito alla transazione intervenuta tra le parti ed alla sua validità non implicano mai la messa in discussione del diritto dell’amministratore giudiziario al compenso, ma rilevano pur sempre soltanto in funzione della determinazione della misura di tale compenso, avendo il tribunale ritenuto che la Camping Cisano fosse ormai priva di un adeguato interesse a contestarne la liquidazione perchè aveva già manifestato il proprio consenso al riguardo aderendo alla suindicata transazione.

D’altro canto, la specificità della presente vicenda processuale, come s’è già accennato, sta proprio in ciò: che la parte opponente ha promosso contemporaneamente due procedimenti, l’uno idoneo a concludersi con un provvedimento immediatamente impugnabile per cassazione e l’altro invece suscettibile solo d’appello, e che il tribunale ha invece espressamente ricondotto anche la seconda di tali iniziative nell’alveo della prima dichiaratamente quindi pronunciando un’ordinanza che, per il procedimento in cui è intervenuta, è soggetta unicamente a ricorso per cassazione. In realtà, posto che la figura dell’amministratore giudiziario non è assimilabile a quella di un ausiliario del giudice, non avrebbe dovuto trovare spazio il procedimento speciale di liquidazione dei compensi spettanti a tali ausiliari, essendo invece esperibile avverso il provvedimento di liquidazione del compenso emesso dal tribunale a norma dell’ultimo comma dell’art. 93 disp. att. c.c., avente natura monitoria, solo l’opposizione ex art. 645 c.p.c. (si veda da ultimo, in tal senso, Cass. n. 7631 del 2011). In presenza di siffatto rimedio, in concreto esperito dalla Camping Cisano, il tribunale investito dell’opposizione avrebbe dovuto dunque dar corso al relativo procedimento, destinato a concludersi con una sentenza appellabile, e non perciò immediatamente suscettibile d’impugnazione in sede di legittimità. Ma – come già dianzi sottolineato – il tribunale ha invece dichiaratamente affermato di voler provvedere a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, (non essendo all’epoca ancora stato emanato il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15), e poichè tale norma richiama il processo speciale previsto per la liquidazione degli onorari di avvocato, l’ordinanza che lo conclude – non impugnabile per l’esplicita indicazione della L. n. 794 del 1942, art. 30, – è assoggettabile a ricorso straordinario per cassazione.

Avendo allora il giudice compiuto una consapevole ed esplicita scelta, coerente con il rito in concreto adottato, ancorchè tale scelta sia discutibile, non ci si può discostare dal principio secondo il quale l’individuazione del mezzo d’impugnazione da esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione che sia stata data, con il provvedimento impugnato, all’azione proposta ed alla conseguente decisione, a prescindere dalla sua esattezza (principio da ultimo ribadito anche da Sez. un. n. 390 del 2011).

Pertanto, il rilievo secondo cui il tribunale avrebbe travalicato, con la propria pronuncia, i limiti del procedimento di liquidazione del compenso, decidendo questioni controverse non comprimibili nel ristretto perimetro di quel procedimento, fondato o meno che sia, avrebbe potuto eventualmente esser dedotto come ragione d’impugnazione del provvedimento emesso in forma di ordinanza, all’esito del procedimento svoltosi secondo il rito previsto dal citato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, ma non consente di mettere in discussione il regime di successiva impugnabilità del suindicato provvedimento.

Non è riscontrabile neppure l’ulteriore profilo d’inammissibilità del ricorso, denunciato dal controricorrente con riferimento alla mancanza di adeguata indicazione dei documenti sui quali il ricorso si fonda, risultando invece che tali documenti sono senz’altro ben identificabili (ed allegati al ricorso medesimo).

3. Passando allora all’esame del ricorso principale, va detto subito che una specifica ragione d’inammissibilità investe il primo motivo.

La doglianza espressa in tale motivo, pur se dichiaratamente volta ad evidenziare vizi di motivazione dell’impugnato provvedimento, in realtà sollecita una rivisitazione complessiva delle risultanze documentali in base alle quali il tribunale ha ravvisato l’esistenza tra le parti di una transazione avente ad oggetto anche le spettanze dell’amministratore giudiziario. La società ricorrente non individua vizi intrinseci al ragionamento svolto in proposito dal giudice di merito, ma per un verso afferma che la lettura di alcuni documenti prodotti in causa avrebbe dovuto condurre ad una conclusione diversa, per altro verso sostiene che altri documenti (o parti di documenti) sarebbero ugualmente valsi ad avallare una differente soluzione.

Nell’uno come nell’altro caso, però, il risultato cui si vorrebbe pervenire è frutto non già dell’evidenza di elementi trascurati dal giudice di merito ed in sè soli decisivi, bensì dell’insieme di argomentazioni e valutazioni, più o meno condivisibili, ma che sempre comportano una riconsiderazione complessiva dei dati istruttori raccolti: riconsiderazione che investe il campo del giudizio di merito e non può essere svolta in questa sede, neppure ricorrendo al sistema di infarcire il ricorso con copie dei documenti acquisiti in causa per far si che la Corte di cassazione li esamini e ne valuti direttamente il contenuto, come se fosse essa stessa un giudice di merito.

4. Col secondo motivo di ricorso la Camping Cisano, nel lamentare la violazione degli artt. 1418 e 1419 c.c., e art. 92 disp. att. c.c., oltre che vizi di motivazione dell’impugnata ordinanza, insiste nel sostenere che la natura di pubblico ufficiale, espressamente riconosciuta dal legislatore all’amministratore giudiziario, e la previsione secondo la quale il suo compenso è liquidato dal giudice osterebbero in radice alla validità di accordi privati con cui le parti determinino esse stesse la misura di tale compenso. Lo confermerebbe sia il fatto che solo al giudice spetta stabilire anche a carico di chi il medesimo compenso debba essere posto, sia le disposizioni degli artt. 2637 e 2638 c.c., che originariamente prevedevano sanzioni penali a carico dell’amministratore giudiziario in caso di assunzione di un interesse privato o di accettazione di retribuzioni non dovute e la cui successiva depenalizzazione non implica ora la liceità di tali comportamenti. Non avrebbe quindi potuto il tribunale supinamente adeguarsi ad un accordo non lecitamente stipulabile.

4.1. La doglianza non appare fondata.

Il compenso spettante all’amministratore giudiziario è stato liquidato dal giudice in conformità a quanto previsto dal citato art. 92 disp. att.. Il fatto che la successiva opposizione sia stata rigettata perchè, secondo il tribunale, la corrispondenza tra quanto giudizialmente liquidato e la transazione al riguardo intervenuta tra le parti aveva provocato venir meno l’interesse della società a coltivare detta opposizione non implica, evidentemente, alcuna indebita abdicazione del giudice alla propria competenza in materia.

D’altronde, la circostanza che il compenso spettante all’amministratore giudiziario debba esser liquidato dal giudice non esclude affatto, in via di principio, che le parti possano raggiungere un accordo al riguardo, implicando semmai solo che la pronuncia del giudice non è vincolata al rispetto di tale accordo e che questo, perciò, è da ritenersi naturalmente condizionato all’emanazione di un successivo provvedimento giudiziale che non lo contraddica. Ma se – come nella specie è avvenuto – il giudice non rinviene ragioni per una liquidazione diversa da quella suggerita o pattuita tra l’amministratore giudiziario e la società in cui favore quest’ultimo ha prestato la sua opera, non è postulabile che l’accordo intervenuto tra le parti sia nullo e che la sua nullità renda illegittimo il successivo provvedimento giudiziale di liquidazione che vi si è adeguato. Nè gioca alcun rilievo, a questo riguardo, la qualifica di pubblico ufficiale spettante al medesimo amministratore giudiziario, la cui prestazione resta nondimeno quella propria di un amministratore di società, pur se con caratteristiche e regole in parte sui generis, instaurandosi tra l’una e l’altro un rapporto da cui deriva un credito per remunerazione di attività che nulla consente di ritenere indisponibile.

Naturalmente, ciò non significa che per l’amministratore giudiziario sia lecito percepire retribuzioni non dovute o agire in conflitto d’interesse con la società da lui amministrata (a prescindere dalle modifiche apportate al testo originario degli artt. 2637 e 2638 c.c.), ma questo può riflettersi sulla liceità in concreto di singoli comportamenti di volta in volta posti in essere, non certo implicare a priori la nullità di qualsiasi accordo avente ad oggetto il credito per compenso di cui l’amministratore giudiziario sia titolare.

5. L’ultimo motivo del ricorso principale denuncia, oltre a vizi di motivazione, la violazione degli artt. 1394 e 1444 c.c., ribadendo che la transazione stipulata dal Dott. G., in proprio e nella veste di amministratore della società, era palesemente affetta da conflitto d’interessi, non sanato dal mero fatto che gli organi di controllo della società avevano poi omesso di rilevarlo. Sostiene poi la ricorrente che la successiva delibera assembleare con cui i soci avevano preso atto di detta transazione non conteneva alcuna esplicita volontà di ratificarla, nè a ciò avrebbe potuto sopperire l’approvazione in seguito manifestata dal rinominato amministratore unico, giacchè questi era colui contro il quale l’amministratore giudiziario avrebbe potuto esperire l’azione di responsabilità preventivamente transatta e perciò versava anch’egli in situazione di conflitto d’interessi.

5.1. Neppure queste doglianze colgono nel segno, benchè occorra sul punto modificare la motivazione del provvedimento impugnato.

S’è già detto sopra che il tribunale ha operato esso stesso la liquidazione del compenso di cui si discute e che il riferimento alla transazione precedentemente intervenuta al riguardo tra le parti è valso solo a far ritenere ormai cessato ogni apprezzabile interesse della Camping Cisano a rimettere in discussione quella liquidazione.

Questa essendo la logica dell’ordinanza qui impugnata, se è vero che eventuali (ma, come si è visto sopra, in concreto non riscontrabili) ragioni di radicale nullità della suindicata transazione effettivamente avrebbero implicato che di essa il giudice non avrebbe potuto tener conto, neppure nei termini sopra riferiti, altrettanto non può dirsi per i vizi che in ipotesi ne possano comportare solo l’annullabilità. Vizi che, evidentemente, non impediscono all’atto di produrre i propri effetti, fin quando esso non venga annullato, e che, in difetto di un’autonoma azione a tal fine proposta da chi sia legittimato a farlo, non possono esser dedotti in via di mera eccezione nell’ambito di un procedimento ad oggetto limitato, quale è – come già dianzi si è ricordato – quello per opposizione alla determinazione del compenso spettante all’amministratore giudiziario, disciplinato dal combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, e L. n. 794 del 1942, art. 28 e segg..

6. Il ricorso incidentale proposto dal Dott. G. e dallo studio Pirola Pennuto Zei e Associati, quanto ai motivi dal primo al decimo, è dedicato ad illustrare vizi processuali dai quali sarebbe affetta l’impugnata ordinanza, la quale, a parere dei suddetti ricorrenti, non avrebbe dovuto emettere alcuna pronuncia di merito sulle domande della Camping Cisano, bensì accogliere una serie di eccezioni preliminari sollevate dalla parte convenuta e dichiarare l’estinzione del giudizio o comunque l’inammissibilità oppure l’improcedibilità dell’opposizione.

6.1. Appare però evidente che i suaccennati motivi d’impugnazione incidentale – pur in difetto di un’esplicita indicazione in tal senso – siano da considerare come logicamente subordinati all’accoglimento del ricorso principale. Il provvedimento impugnato, infatti, nel rigettare integralmente nel merito l’opposizione alla liquidazione del compenso avanzata dalla Camping Cisano, costituisce per gli odierni ricorrenti incidentali il più favorevole tra tutti i possibili esiti del processo: quindi, giacchè quella pronuncia regge alle censure che le sono state rivolte col ricorso principale, è chiaro che non residua interesse alcuno delle controparti a coltivare il ricorso incidentale per profili di carattere meramente processuale.

La reiezione del ricorso principale, per le ragioni illustrate nei paragrafi precedenti, comporta perciò l’integrale assorbimento dei motivi da uno a dieci del ricorso incidentale.

6.2. Gli ultimi due motivi del ricorso incidentale riguardano il regime delle spese processuali del giudizio di merito. In particolare, i ricorrenti incidentali si dolgono della motivazione con la quale il tribunale ha rigettato la loro richiesta di risarcimento del danno per lite temeraria (undicesimo motivo) e di quella in base alla quale il medesimo tribunale ha invece disposto la compensazione delle spese di lite (dodicesimo motivo).

6.3. Tali doglianze non appaiono fondate.

Il tribunale ha escluso che al rigetto delle domande proposte dalla Camping Cisano potesse accompagnarsi la condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria; e lo ha fatto sia precisando che nel caso in esame non è applicabile, ratione temporis, la modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, all’art. 96 c.p.c., sia notando che l’iniziativa giudiziaria della società opponente, benchè infondata, trovava spiegazione anche nel comportamento del Dott. G. (evidentemente considerato, per questo aspetto, non impeccabile), il quale aveva proceduto ad incassare il contestato compenso prima ancora che ne fosse intervenuta la liquidazione ad opera del giudice.

Quest’ultimo argomento ha giustificato poi anche la decisione di compensare le spese processuali tra le parti.

La censura che i ricorrenti incidentali ora muovono trascura del tutto il rilievo concernete l’inapplicabilità nella specie delle modifiche apportate dal legislatore alla disciplina del risarcimento del danno per lite temeraria. Modifiche che, com’ è noto, comportano il superamento della necessità per il richiedente di allegare e di provare, sia pure soltanto per presunzioni, il danno asseritamente subito. Nel caso di specie, non potendosi tali modifiche normative applicare, gli odierni ricorrenti incidentali avrebbero dunque dovuto adempiere quell’onere di allegazione e di prova; ma nel ricorso nulla è detto che consenta di ritenere detto onere adempiuto, nè si rinviene alcuna censura che investa questo profilo della questione.

Quanto, poi, all’ulteriore argomento addotto dal tribunale per evidenziare aspetti del comportamento delle parti che non solo hanno fatto escludere la configurabilità di una lite temeraria, ma hanno addirittura indotto il tribunale medesimo ad avvalersi del proprio potere di compensare equitativamente le spese processuali, i rilievi critici che si leggono nel ricorso incidentale non risultano idonei ad evidenziare un qualche vizio logico nel ragionamento svolto dal giudice. Si tratta di rilievi che esprimono un dissenso, in sè ovviamente legittimo, ma non sufficiente a configurare un motivo di ricorso riconducibile alla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anche perchè, in definitiva, non in grado di intaccare seriamente il giudizio espresso dal giudice sul comportamento della parte:

comportamento irrilevante si, ai fini della decisione sul merito della causa, ma non per questo insuscettibile di esser valutato nel contesto equitativo cui si ispira la pronuncia di compensazione delle spese processuali.

7. La reciproca soccombenza induce a compensare tra le parti anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012

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