Cons. Stato Sez. V, Sent., 29-12-2011, n. 6976 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza n. 194/2011 il Tar per la Campania ha accolto il ricorso proposto dal Consorzio Stabile S. A. s.c.a.r.l. avverso l’aggiudicazione della gara bandita dal Comune di Cerreto Sannita per l’affidamento dell’esecuzione delle "Infrastrutture delle aree destinate ad insediamenti produttivi": area PIP in Contrada 12 Angeli, area PIP Turistico Casalone Monte Coppe.

Il Comune di Cerreto Sannita ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.

Il Consorzio Stabile S. A. si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso e riproponendo i motivi assorbiti in primo grado.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del giudizio è costituito dalla contestazione da parte del secondo classificato dell’esito di una gara indetta dal Comune di Cerreto Sannita per l’affidamento dei lavori sopra indicati.

Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso, rilevando che la stazione appaltante ha illegittimamente aggiudicato la gara alla ATI E. P. e C. I., che non aveva rispettato la previsione, posta a pena di esclusione, della presentazione della lista delle categorie di lavoro e forniture, per l’esecuzione dell’appalto, sottoscritta da tutte le imprese facenti parte del soggetto costituendo.

Non è in contestazione che la aggiudicataria non abbia rispettato tale formalità.

Il Comune appellante sostiene che la previsione in questione costituirebbe un mero refuso del bando di gara e che deve prevalere una interpretazione compatibile con l’intero assetto delle regole di gara ex art. 1362 c.c., aggiungendo che non vi sarebbe stata nessuna negligenza dell’amministrazione.

Tali motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di fondamento.

La presentazione della lista delle categorie di lavoro e forniture, per l’esecuzione dell’appalto, sottoscritta da tutte le imprese facenti parte del soggetto costituendo era chiaramente prevista, a pena di esclusione, dal bando di gara (artt. 6.4, 15 del bando, art. 1, pp. 1 e 1.3 del disciplinare).

Il punto 15 del bando ha previsto, a pena di esclusione, la presentazione di tre buste contenenti specifica documentazione e, in particolare, la busta n. 3 doveva essere formulata con le modalità di cui all’art. 1.3 del Disciplinare di gara.

Tale art. 1.3 ha prescritto che "Qualora l’offerta (economica) sia presentata da un GEIE, un’associazione temporanea d’imprese o da un consorzio di cui all’art. 34, comma 1, lettere d) ed e) del D.L.vo 163/06 e successive modiche ed integrazioni, non ancora formalmente costituiti, la "lista delle categorie di lavoro e forniture previste per l’esecuzione dell’appalto" dovrà essere sottoscritta da tutte le imprese facenti parte dei costituendi associazione o consorzio".

Si tratta di una prescrizione inequivoca posta a pena di esclusione e contenuta in una clausola del bando, che non è stata oggetto di ricorso incidentale o di autotutela da parte della stazione appaltante.

In presenza di una previsione dal chiaro tenore letterale non vi è alcuno spazio per ricorrere a criteri di interpretazione diversi da quello letterale, fondati su una asserita necessità di una interpretazione sistematica dell’intero bando.

La chiara clausola del bando doveva, quindi, essere applicata dalla stazione appaltante, non potendo essere disapplicata dalla stessa, nè essere in modo del tutto irrituale considerata un mero refuso (il che equivale ad una non consentita disapplicazione).

L’aver nella sostanza disapplicato una chiara clausola del bando comporta una illegittimità che si riflette sull’aggiudicazione correttamente annullata dal Tar, che è stata, quindi, il frutto di una condotta negligente della stazione appaltante, come affermato dal giudice di primo grado.

3. E’ infondato anche l’ultimo motivo di ricorso, con cui il Comune appellante sostiene che il Tar avrebbe contraddittoriamente dapprima ritenuto non proposta la domanda di risarcimento del danno, salvo poi ammettere che tale domanda era risultata sfornita di prova; il giudice di primo grado avrebbe dovuto respingere la domanda, mentre in tal modo ha consentito la sua successiva proponibilità.

Al riguardo, è sufficiente osservare come la domanda di risarcimento del danno non sia stata proposta nel ricorso di primo grado e nei successivi atti di motivi aggiunti e, di conseguenza, tale domanda non poteva essere respinta, nè vi poteva essere spazio per valutare le prove fornite in relazione ad una domanda non proposta.

In primo grado, il ricorrente ha tentato di ottenere la declaratoria di inefficacia del contratto con domanda non accolta dl Tar in considerazione dello stato di esecuzione delle opere.

E’ significativa la parte finale dell’atto di motivi aggiunti depositato il 30.6.2009, in cui il ricorrente afferma che "Quanto al rivendicabile (teorico) ristoro economico, l’alternativa sembra un mero ripiego non giustificabile a priori, peraltro foriero di ben più gravi ripercussioni per l’erario".

La ricorrente ha adottato chiaramente una (consentita) strategia processuale di agire in giudizio per ottenere il conseguimento del bene della vita (aggiudicazione e stipula del contratto), e non il suo equivalente monetario, riservandosi tale possibilità all’esito del giudizio in caso di mancata possibilità di esecuzione in forma specifica (totale o parziale).

Nessuna prova doveva, quindi, essere fornita e il Tar correttamente non si è pronunciato sul merito del risarcimento.

5. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto e non vi è, quindi, necessità di esaminare i motivi assorbiti in primo grado e riproposti in appello.

Alla soccombenza dell’appellante seguono le spese del presente grado di giudizio nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Condanna il Comune appellante alla rifusione, in favore del Consorzio Stabile S. A., delle spese di giudizio, liquidate nella complessiva somma di Euro 5.000,00, oltre Iva e C.P.;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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