Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-06-2012, n. 9238 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 23 dicembre 2009 il Tribunale di Treviso rigettava l’opposizione allo stato passivo del fallimento E.Con- Conegliano Ecologia s.r.l. in liquidazione promossa dal sig. G.E., dipendente con mansione di autista, la cui domanda di ammissione al rango privilegiato del credito di Euro 16.158,84 per trattamento di fine rapporto era stata respinta in sede di verifica. Per l’effetto, condannava l’opponente alla rifusione delle spese processuali.

Motivava:

che la curatela aveva sottoscritto un contratto di affitto di ramo d’azienda con la Savno s.r.l., in cui si prevedeva, fino alla data dell’eventuale cessione, il mantenimento parziale dell’occupazione, incluso il rapporto di lavoro subordinato dell’opponente, senza accollo del trattamento di fine rapporto;

che il diritto del dipendente al T.F.R. maturava solo alla data di cessazione del rapporto di lavoro, che nella specie era invece proseguito con la società affittuaria, senza soluzione di continuità, ai sensi dell’art. 2112 c.c., comma 4, fino al nuovo accordo stipulato, nelle more del giudizio di opposizione, in data 2 dicembre 2009 con il quale il debito del T.F.R. era stato accollato definitivamente dalla Savno s.r.l., resasi acquirente del ramo d’azienda. Avverso il provvedimento, notificato il 2 Febbraio 2010, il sig. G. proponeva ricorso per cassazione in ordine alla condanna alla rifusione delle spese processuali, affidato a due motivi e notificato il 3 marzo 2010.

Deduceva:

1) la violazione degli artt. 2112 e 2120 cod. civ. e della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47 (Legge comunitaria per il 1990);

2) la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. nell’affermazione della sua soccombenza virtuale.

Resisteva con controricorso la curatela del fallimento E.Con- Conegliano Ecologia s.r.l. in liquidazione, che entro il termine di cui all’art.378 cod. proc. civ. depositava altresì una memoria illustrativa.

All’udienza del 16 Aprile 2012 il Procuratore generale precisava le conclusioni, come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Sono infondate le eccezioni pregiudiziali di rito di inammissibilità o improcedibilità del ricorso.

Il fatto incontroverso che con la cessione di azienda la società acquirente Savno s.r.l. abbia accettato l’accollo del debito da trattamento di fine rapporto maturato fino a tale data, liberandone il fallimento cedente, non fa venir meno l’interesse del dipendente all’impugnazione del capo di condanna alla rifusione delle spese processuali fondato sull’accertamento incidentale della sua soccombenza virtuale in una controversia avente ad oggetto un diritto soggettivo.

Nè il presente ricorso appare volto ad un inammissibile riesame nel merito, riguardando invece la questione squisitamente giuridica della sussistenza, o no, del credito previdenziale alla date della sentenza dichiarativa di fallimento ed a quella dell’opposizione allo stato passivo ex art. 98, L. Fall..

Ciò premesso, i due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, dato il rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra le violazioni di legge dedotte, in ordine al capo impugnato del regolamento delle spese processuali.

Le censure sono fondate.

Nel decreto del Tribunale di Treviso la condanna alla rifusione delle spese di giudizio trae origine dall’accertamento della soccombenza effettiva (o anche solo virtuale: pure contemplata, in via alternativa, in motivazione) del G., ravvisata nell’inattualità del diritto al trattamento di fine rapporto, la cui genesi viene ricondotta solo alla cessazione del rapporto di lavoro, ex art. 2120 codice civile: esclusa, nella specie, dalla prosecuzione del rapporto di lavoro, senza soluzione di continuità a seguito del contratto di affitto del ramo d’azienda stipulato con la curatela fallimentare.

In contrario, si osserva come trovi applicazione la norma speciale di cui alla L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle comunità europee: legge comunitaria per il 1990) che sotto la rubrica "Trasferimenti di azienda" introduce una deroga espressa alla regola del mantenimento dei diritti dei lavoratori previsto dall’art. 2112 cod. civ.. Recita infatti il quinto comma della norma suddetta:

"Qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento …, nel caso in cui … sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’art. 2112 c.c., salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore".

La fattispecie concreta all’esame appare perfettamente conforme alla previsione di legge. La società affittuaria del ramo d’azienda non si era infatti accollata il debito maturato per il T.F.R. dei dipendenti assorbiti, tra cui il sig. G.. Ne consegue che quest’ultimo, per non perdere definitivamente il proprio diritto non poteva che insinuare al passivo il credito previdenziale già maturato. E tale situazione permaneva ancora all’atto della proposizione dell’opposizione allo stato passivo ex art. 98, L. Fall., facendo permanere l’interesse all’ammissione.

Solo nelle more della fase di opposizione, è venuta meno la necessità dell’accertamento del credito concorsuale, per effetto della cessione definitiva del ramo di azienda con accollo dell’obbligazione del TFR da parte della società acquirente (già affittuaria): onde, appare giustificata la prospettata cessazione dalla materia del contendere dipendente dalla carenza sopravvenuta di interesse, con la richiesta di compensazione delle spese di giudizio, non ravvisandosi alcuna soccombenza virtuale a carico del dipendente:

tanto più alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte secondo cui il credito da T.F.R. maturato fino al momento della vendita d’azienda non solo è passibile di immediata azione di accertamento verso il datore di lavoro cedente (che, nel regime ordinario dell’art. 2112 cod. civ., resta obbligato per la quota di sua spettanza, salva la solidarietà del cessionario: Cass., sez. lavoro, 22 Settembre 2011, n. 19.291) pur se esigibile dopo la futura cessazione del rapporto di lavoro subordinato, che funge da termine per l’adempimento – ma, per di più, è azionabile contro il cessionario solo se risulti dallo stato passivo del fallimento dante causa (Cass., sez. lavoro, 23 Novembre 2009 n. 24.635; Cass., 13 novembre 2009, n. 24.098). La mancata ammissione allo stato passivo del fallimento E.Con-Conegliano Ecologia s.r.l. in liquidazione era dunque suscettibile di determinare la perdita definitiva del diritto al trattamento di fine rapporto: parziale, per la parte maturata con la società fallita, o addirittura totale ove non avesse fatto seguito alla situazione interinale di affitto, senza accollo – vigente alla data di instaurazione dell’opposizione ex art. 98, L. Fall. – l’accordo contrario in sede di cessione definitiva di azienda.

Per completezza di analisi si osserva come la motivazione del decreto impugnato sia anche contraddittoria, in quanto da un lato esige la liberazione del fallimento da ogni obbligo nei confronti del lavoratore – quale condizione sospensiva dell’accollo del trattamento di fine rapporto a carico della società acquirente (già affittuaria dell’azienda) – e dall’altro non rileva che la richiesta dichiarazione della cessazione della materia contendere, da parte del dipendente, nel corso di un giudizio di opposizione allo stato passivo da cui il credito per T.F.R. era stato escluso, nessùaltra efficacia pratico poteva rivestire, se non di rinunzia alla domanda (o quanto meno agli atti: ma con identica portata preclusiva per l’avvenire) nei confronti del fallimento.

Il ricorso è dunque fondato e va accolto.

In assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, alla cassazione del decreto può conseguire la decisione di compensare le spese del grado di merito; mentre quelle della fase di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, dichiara cessata la materia del contendere, con compensazione delle spese del grado di merito;

– Condanna il fallimento E.Con-Conegliano Ecologia s.r.l. in liquidazione alla rifusione delle spese della fase di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 1.300,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il Roma, il 16 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012

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