Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-10-2011) 24-11-2011, n. 43461 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 12 gennaio 2011, veniva accolta la domanda proposta da S.F. volta all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, in relazione a due sentenze di condanna pronunciate dal GIP del Tribunale di Napoli il 29.10.2009 e dal Tribunale per i minorenni di Napoli l’8.2.2008, entrambe per reati di rapina di autovetture consumate con analoghe modalità, propone ricorso per cassazione il Procuratore della repubblica di Napoli, che ne denuncia l’illegittimità per illogicità della motivazione impugnata.

Lamenta, in particolare, il procuratore ricorrente: A) che il giudice del merito non avrebbe indicato la pena base stabilita per il reato individuato come più grave nonchè l’entità della pena in aumento per la continuazione; B) che i reati dedotti in giudizio risultano commessi a distanza di un anno e sei mesi (dall’ (OMISSIS)) e che tale elemento temporale, pure valorizzato ai fini di causa dall’insegnamento del giudice di legittimità, non risulta per nulla considerato dal giudice territoriale al fine di motivare in ordine al riconosciuto vincolo.

2. Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta, motivatamente concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

3. Il ricorso è fondato.

3.1 Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 12.05.2006, n. 35797) secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Cass., Sez. 2A, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1A, 15.11.2000/31.1.2001, Barresi).

La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo, ed il loro l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni.

Detto accertamento, infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.

3.2 Tanto premesso sul piano dei principi non può non pervenirsi alla conclusione che il giudice di merito non abbia fatto di essi puntuale applicazione e che il provvedimento non appare articolato logicamente.

Il giudice a quo infatti ha affermato il vincolo della continuazione tra i reati dedotti al suo esame pur in presenza di condotte consumate a ragguardevole distanza di tempo, un anno e sette mesi, distanza temporale di per sè non ostativa al riconoscimento del vincolo della continuazione, ma comunque necessariamente da delibare ai fini del giudizio e da interpretare con motivazione puntuale se considerato, nonostante la sua dimensione non irrilevante, non impeditivo al riconoscimento del beneficio.

3.3 Del pari fondata si appalesa la doglianza del procuratore ricorrente in relazione alla mancata indicazione da parte del giudice dell’esecuzione della pena base relativa al reato più grave sulla quale poi eseguire l’aumento per la continuazione.

Pur ritenendo infatti questa Corte che la omessa indicazione del reato più grave ai fini della determinazione della pena nel caso di più reati unificati nella continuazione, non configura una nullità di ordine generale, nè una nullità specifica della ordinanza resa ai sensi dell’art. 671 c.p.p., in applicazione del principio di tassatività delle nullità, cionondimeno non può non rilevarsi nel contempo che l’anzidetta omissione configuri una ipotesi di omessa motivazione dell’ordinanza in ordine alla determinazione della pena, giacchè sottratto al destinatario del provvedimento giudiziale il controllo sull’uso fatto dal giudice del suo potere discrezionale (Cass., Sez. 4, 27/01/2009, n. 6853; Cass., Sez. 1, 27/11/2009, n. 3100; Cass., Sez. 2, Sent., 15/05/2008, n. 23653) 4. Alla stregua delle esposte considerazioni l’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente al punto innanzi trattato (contenendo l’ordinanza medesima distinte disposizioni non dedotte nel presente giudizio) con rinvio al GIP del Tribunale di Napoli per nuovo esame della vicenda proposta rispettoso dei principi interpretativi innanzi indicati.

P.Q.M.

La Corte, annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al riconoscimento della continuazione e rinvia per nuovo esame al riguardo al GIP del Tribunale di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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