Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-10-2011) 24-11-2011, n. 43456Custodia cautelare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 16 giugno 2010 la Corte di Appello di Genova, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da F.S.R. volta al computo, nel cumulo emesso dalla procura Generale della stessa sede, della porzione di pena posta in esecuzione nelle forme di cui alla L. n. 207 del 2003 (c.d. indultino).

A sostegno della decisione la Corte distrettuale poneva il principio di diritto che l’art. 657 c.p.p., comma 2 si applica tassativamente alle ipotesi ivi previste e tra esse non è contemplato il c.d. indultino e che la sospensione condizionata della pena di cui alla L. n. 207 del 2003 non integra espiazione della stessa.

2. Si duole della decisione l’interessato il quale, con l’assistenza del difensore di fiducia, ricorre per cassazione chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a, b, c, d, ed e. Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente che la porzione di pena patita nelle forme di cui alla L. n. 203 del 2003 deve ritenersi a tutti gli effetti come pena espiata.

Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta, motivatamente concludendo per il rigetto del ricorso.

3. Il ricorso è fondato.

Il ricorso in esame pone la questione giuridica se l’applicazione della normativa indicata (il c.d. "indultino") costituisca una forma di espiazione della pena e dunque renda applicabile la disciplina di cui all’art. 657 c.p.p., comma 2.

Ad avviso della Corte al quesito deve essere data risposta positiva.

Ed invero, indipendentemente dalla possibilità di inquadrare teoricamente l’istituto della sospensione condizionata tra i casi di misure alternative alla detenzione (va infatti osservato che di queste misure la sospensione condizionata presenta varie caratteristiche) non può non rilevarsi che la L. n. 207 del 2003, art. 4, comma 2, prevede espressamente che si applichi ad essa la L. n. 354 del 1975, art. 47, commi da 5 a 10, (ordinamento penitenziario).

Si tratta della possibilità di applicare alla persona affidata in prova al servizio sociale una serie di limitazioni della libertà di locomozione, della libertà di frequentare determinati ambienti o addirittura di soggiornare in uno o più comuni, di avere determinati rapporti personali. Orbene sono, quelle appena elencate, limitazioni significative delle libertà fondamentali, che fanno comprendere come la sospensione condizionata della pena, oltre che soggetta a revoca, partecipa delle medesime limitazioni dell’affidamento in prova e dunque può essere equiparata ad una forma di misura alternativa alla detenzione.

Si aggiunga che la stessa L. n. 207 del 2003 (art. 5) equipara, sia pure per determinati e specifici fini (allo scopo di favorire l’attività lavorativa dei detenuti ritenuti svantaggiati) le persone che abbiano ottenuto la sospensione condizionata a quelle che hanno fruito della concessione di una misura alternativa alla detenzione.

Del resto è stato affermato che, ferma restando la natura indulgenziale della sospensione condizionata, la stessa è strutturata come mezzo di recupero sociale, tanto che non si applica ai condannati ai quali sia stata revocata una misura alternativa per fatto non incolpevole (v. Cass., sez. 1A, 21 settembre 2004 n. 42273, Fabrizi, rv. 229775; 21 settembre 2004 n. 41115, Bongiorno, rv.

229783). Ma v’è di più; la giurisprudenza di legittimità ha, in più occasioni, equiparato le due forme alternative alla detenzione, stabilendo che si applica alla sospensione condizionata la revoca – anche al di fuori dei casi espressamente disciplinati – allorchè la prosecuzione del beneficio risulti in contrasto con i parametri in relazione ai quali vengono applicate le misure alternative alla detenzione previste dalla L. n. 354 del 1975 (cfr. Cass., sez. 1A, 20 settembre 2006 n. 35708, Gavioli, rv. 234896; 7 aprile 2005 n. 15308, Giannetti, rv. 230987; 23 novembre 2004 n. 365, Guida, rv. 230724).

Inoltre, è stata considerata pena espiata – nel caso in cui sopraggiunga un titolo che non consenta la modalità di esecuzione nella forma della sospensione condizionata in caso di unica esecuzione cumulativa – il tempo precedentemente trascorso in regime di sospensione condizionata (v. Cass., sez. 1A, 24 giugno 2005 n. 34279, Pagnozzi, rv. 232171).

Anche in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la sospensione condizionata è stata ritenuta come modalità di espiazione della pena (Cass., Sez. 4, 13/01/2010, n. 5080).

4. Può pertanto concludersi, al fine di regolare la fattispecie dedotta all’esame del Collegio, che, ai fini della fungibilità prevista dall’art. 657 c.p.p., comma 2, norma la quale fa riferimento non alla "custodia cautelare" (come il precedente comma 1) ma alla "pena detentiva espiata", l’espiazione deve ritenersi avvenuta indipendentemente dalle modalità con le quali essa ha avuto luogo e, quindi, anche nel caso in cui vi sia stata applicazione della sospensione condizionata della pena stessa a mente della L. n. 207 del 2003 (in ipotesi di affidamento in prova Cass., Sez. 1, 23/01/2004, n. 7651).

5. Nelle more del processo il 2/9/11 (v. attestazione DAP), il ricorrente è stato posto in libertà, di guisa che, alla luce delle considerazioni svolte, l’ordinanza impugnata deve essere cassata, ancorchè senza rinvio considerazione della cessata detenzione in forza di provvedimento in data 24/8/11 del Procuratore della Repubblica di Palermo che ha detratto dalla residua pena in esecuzione 1 anno, 10 mesi e 23 gg espiati dal F. dal 22/4/04 al 14/3/06 in regime di sospensione condizionata ex L. n. 207 del 2003.

P.Q.M.

La Corte, annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2011

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