T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 29-12-2011, n. 10310

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti espongono di essere tutti dipendenti del Consiglio di Stato e del Ministero della Giustizia e che l’onere derivante dal loro rapporto di lavoro grava sul Ministero del Tesoro e sul Ministero della Giustizia.

Soggiungono che la l. 27/1981 aveva previsto per il personale togato una c.d. indennità giudiziaria con rivalutazione triennale dell’importo ai sensi dell’art. 3 della stessa legge e che tale emolumento è stato poi esteso, con l. 221/1988 e l. 51/1989, al personale amministrativo senza il riconoscimento dell’adeguamento periodico ex art. 3 l. 27/1981.

Fanno altresì presente che la l. 525/1996 ha riconosciuto, fino all’entrata in vigore dei contratti collettivi per il biennio 1996/1997, l’adeguamento periodico triennale previsto dall’art. 3 l. 27/1981 dell’indennità giudiziaria di cui all’art. 1 l. 221/1988 ed all’art. 1 l. 51/1989, escludendo però, al comma 5 dell’art. 1 della stessa legge, la corresponsione di interessi legali e rivalutazione monetaria sulle somme dovute.

Di talché – avendo percepito in diverse tranche gli arretrati di cui alla l. 525/1996, senza percepire però interessi e rivalutazione monetaria – hanno proposto il presente ricorso con cui, tra l’altro, hanno evidenziato che la corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria è assolutamente legata alla sorte capitale e ne costituirebbe parte integrante e necessaria, sicché sarebbe principio fondamentale nella materia del pubblico impiego l’automatismo applicativo della rivalutazione e degli interessi ai crediti di lavoro dipendente.

Hanno altresì sostenuto che l’irragionevolezza del mancato riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme percepite sarebbe insita nella circostanza che il diritto al percepimento della rivalutazione periodica era già consolidato in capo al personale amministrativo delle cancellerie sin dalla legge istitutiva dell’indennità giudiziaria.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio per resistere al ricorso ed ha concluso per la sua reiezione.

All’udienza pubblica del 9 novembre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio rileva in via preliminare che, ai sensi dell’art. 1 allegato 3 al codice del processo amministrativo, nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice (16 settembre 2010), le parti presentano una nuova istanza di fissazione d’udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura e dal suo difensore, relativamente ai ricorsi pendenti da oltre cinque anni e per i quali non è stata ancora fissata l’udienza di discussione; in difetto il ricorso è dichiarato perento con decreto del Presidente.

Nel caso di specie, trattandosi di ricorso ultraquinquennale, hanno provveduto a presentare nuova istanza di fissazione d’udienza e hanno manifestato inequivocabilmente l’interesse alla prosecuzione del giudizio con firma congiunta ed entro il detto termine semestrale il sig. A.I., N.I.S.R.C., A.A.C., R.D.B., C.D.P., A.F., C.F., M.F., P.F., V.G., S.G., A.M.G., D.L.F., R.M., L.M., S.P., M.Q., C.R., L.R., G.S., A.V. e M.Z., nonché i sigg.ri C.V., L.E.C., A.P., V.F., L.P., R.L., C.M., R.A.G.M., F.S., T.F., V.F., M.R.R.E.R.P., N.I.S.A.P., T.V., R.D., C.R., I.B., A.F., I.B. e M.D.A. nonché i sigg.ri T.M., C.P., I.P., G.T. e A.V..

Viceversa, i sigg.ri M.A., A.C., C.G.C., A.F.D., S.D.I., D.M., G.M., F.M., M.A.P., F.S., A.S., G.S.i e R.T. nonché i sigg.ri B.A., L.B., N.B., G.F., C.M., L.M., I.N., A.P., A.P., S.P., A.S. e V.Z., hanno proposto istanza di fissazione con firma congiunta successivamente alla scadenza del semestre decorrente dalla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

Ne consegue che per questi ultimi ricorrenti nonché per tutti gli altri ricorrenti che non hanno proposto alcuna nuova istanza di fissazione d’udienza né hanno evidenziato in altro modo il loro interesse alla prosecuzione del giudizio, il Collegio rimette gli atti al Presidente per l’eventuale adozione del decreto di perenzione ai sensi dell’art. 1 allegato 3 al codice del processo amministrativo.

2. Il ricorso, sebbene notificato il 15 settembre 2000 e depositato il 29 settembre 2000, è ricevibile ed ammissibile.

L’art. 45, co. 17 d.lgs. 80/1998 (oggi art. 69, co. 7, d.lgs. 165/2001), nel devolvere al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie attinenti al c.d. pubblico impiego privatizzato relative al rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 2008, ha fatto presente che le controversie attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000.

Pertanto, essendo stato il presente ricorso notificato il 15 settembre 2000 e depositato il 29 settembre 2000, occorre stabilire se, al fine di evitare di incorrere nella decadenza dall’azione, è sufficiente che il ricorso sia stato notificato entro il 15 settembre 2000 ovvero se sia necessario entro tale data anche il suo deposito.

Il Collegio ritiene che, ai fini in discorso, è sufficiente che il ricorso sia stato notificato entro il 15 settembre 2000.

Infatti, come rilevato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, il termine del 15 settembre 2000 è stato stabilito non al fine di delimitare il rapporto tra giurisdizione amministrativa ed ordinaria bensì allo scopo di fissare un limite interno alla giurisdizione amministrativa nell’ottica della previsione di una decadenza sostanziale dall’azione e, pur non potendosi dubitare che il rapporto processuale avviene nel processo amministrativo con l’atto del deposito, si impone una interpretazione in bonam partem della normativa, anche nell’ottica di un approccio ermeneutico costituzionalmente compatibile, sub specie di decadenza sostanziale, e non di sottoposizione ad altra giurisdizione (cfr. Cons. St., IV, 3 aprile 2006, n. 1719, che richiama Cons. St., VI, 3394/2005 e Cons. St., IV, 3121/2005).

3. Il ricorso si rivela fondato nei sensi e nei limiti di quanto di seguito specificato.

L’art. 1, co. 1, l. 525/1996 stabilisce che alle indennità previste dall’art. 1 l. 221/1998 e dall’art. 1 l. 51/1989 si applica fino al 31 dicembre 1993 il meccanismo di adeguamento periodico di cui all’art. 3 l. 27/1981; il successivo quarto comma prevede che le somme maturate fino al 30 settembre 1996 sono corrisposte per il trentacinque per cento nel corso dell’anno 1997, per il trentacinque per cento nel corso dell’anno 1998 e per la restante parte nel corso dell’anno 1999.

Il quinto comma, infine, prevede che sulle somme derivanti dall’applicazione dell’articolo stesso non sono dovuti gli interessi e la rivalutazione monetaria.

Il disposto di tale ultimo comma, laddove sancisce la non debenza di interessi e rivalutazione sulle somme derivanti dall’applicazione della norma, non si applica alle somme maturate dal 1° ottobre 1996 in quanto si riferisce logicamente solo a quelle dovute in forza della efficacia retroattiva del riconoscimento economico ivi operato, mentre, per le somme maturate fino al settembre 1996, interessi e rivalutazione sono parimenti dovuti, con il criterio della decorrenza dalla domanda giudiziale, per la parte in cui il meccanismo di rateizzazione stabilito dal quarto comma dell’art. 1 risulti venuto a scadenza anteriormente a detta domanda (cfr. Cons. St., IV, 18 dicembre 2008, n. 6367).

Di talché, nel caso di specie, mentre sugli importi maturati a decorrere dall’ottobre 1996 sono dovuti senz’altro gli accessori di legge, per gli importi maturati sino a tutto settembre 1996 interessi e rivalutazione sono dovuti a far tempo dal 15 settembre 2000, data di proposizione della domanda giudiziale.

Va da sé, peraltro, che, ai sensi dell’art. 22, co. 36, l. 724/1994, per gli emolumenti di natura retributiva per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994, opera, attraverso il richiamo dell’art. 16, co. 6, l. 412/1991, la regola del divieto di cumulo di rivalutazione ed interessi, secondo cui l’importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione di valore del suo credito.

4. Sussistono giuste ragioni, considerata la complessa esegesi della normativa di riferimento, per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

così provvede sul ricorso in epigrafe:

per i ricorrenti sigg.ri A.I., R.C., A.A.C., R.D.B., C.D.P., A.F., C.F., M.F., P.F., V.G., S.G., A.M.G., D.L.F., R.M., L.M., S.P., M.Q., C.R., L.R., G.S., A.V., M., C.V., L.E.C., A.P., V.F., L.P., R.L., C.M., R.A.G.M., F.S., T.F., V.F., M.R.R., R.P., A.P., T.V., R.D., C.R., I.B., A.F., I.B., M.D.A., T.M., C.P., I.P., G.T. e A.V.

accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, accerta il diritto di credito e condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle somme dovute;

compensa le spese del giudizio;

per tutti gli altri ricorrenti

rimette gli atti al Presidente per l’eventuale adozione del decreto di perenzione di cui all’art. 1, allegato 3, al codice del processo amministrativo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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