Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-10-2011) 24-11-2011, n. 43454 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 29.10.2010 il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta rigettava l’istanza di concessione delle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare formulate da P.F., condannato alla pena complessiva di anni nove di reclusione per reati di cui all’art. 416 bis c.p. ed in materia di stupefacenti. In data (OMISSIS) era stato sospeso l’ordine di esecuzione per la pena residua pari ad anni uno, mesi due e giorni ventisei di reclusione per reati in materia di lesioni, rapina, violazione legge armi, furto aggravato. Il rigetto veniva motivato con la valutazione della gravità dei reati oggetto del provvedimento di cumulo, con il fatto che allo stesso per ben due volte venne applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che il P. risultava avere pendente un processo per spaccio di stupefacente, che dalle informative della Questura era emerso come affiliato alla Stidda, che dalle relazioni UEPE si evinceva che lavorava alle dipendenze della soc. CPP sas in Gela, come operatore meccanico di automezzi, continuando a vivere nel contesto gelese ove operava la consorteria mafiosa di appartenenza.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell’istante per dedurre:

2.1 violazione di legge in relazione all’art. 47 OP, difetto e contraddittorietà della motivazione. Il comportamento tenuto dal condannato e le relazioni degli organi di controllo non erano ostative alla concessione del beneficio dell’affidamento in prova;

non sarebbe stato valutato che la richiesta di sottoposizione a misura di prevenzione venne rigettata per mancanza del requisito della pericolosità sociale nel 1996; nel 2007 la misura medio tempore applicata gli veniva revocata per mancanza del requisito della pericolosità sociale, così come veniva del tutto trascurato che il prevenuto era inserito in ambito lavorativo e che costituiva l’unica fonte di reddito della famiglia.

2.2 Violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla concessione della detenzione domiciliare: tale richiesta veniva rigettata utilizzando le negative informazioni di polizia e considerando che lo stesso continuava a vivere nel contesto gelese ove opera la consorteria di appartenenza. Ma la misura della detenzione domiciliare è pur sempre una misura con rigide limitazioni, con carattere contenitivo, ragion per cui risulterebbe illogica la motivazione addotta.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

I giudici a quibus hanno, in piena adesione al disposto normativo, operato sulla base di un giudizio di pericolosità sociale che è stato formulato non solo valorizzando la gravità dei reati pei quali l’istante riportò condanna, ma in ragione delle informative raccolte, che hanno dipinto il prevenuto come affiliato alla organizzazione mafiosa della Stidda, operante sul territorio gelese, associazione dalla quale il P. non risulta essersi mai dissociato: questa circostanza ha indotto ad esprimere il giudizio di pericolosità sociale e di inidoneità della misure alternative alla detenzione a contenere la ritenuta pericolosità del prevenuto. Il percorso inferenziale è corretto e si sottrae alle doglianza avanzate dal ricorrente che tendono a provocare una diversa valutazione su base fattuale non consentita in detta sede.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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