Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-06-2012, n. 9195 Indennità di mancato preavviso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 717 del 16 novembre 2009, pronunciando sugli appelli proposti da ENEL Rete Gas spa nei confronti di P.G., S.P.G., T.R., L.M.E., M.A., C.S., avverso le sentenze nn. 722, 723, 724, 720, 721 e 719, tutte emesse, in data 24 novembre 2008, dal Tribunale di Massa, rigettava le impugnazioni e condannava l’appellante a rifondere agli appellati le spese del grado che liquidava in complessivi Euro tremilacinquecento oltre rimborso spese generali, IVA e CPA. 2. Le suddette sentenze del Tribunale di Massa avevano confermato i decreti ingiuntivi emessi a favore dei singoli suddetti lavoratori e opposti dall’ENEL. La società opponente riteneva non dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso richiesta dai lavoratori all’atto del loro passaggio alle dipendenza da ENEL Rete Gas spa a GAIA spa, ai sensi dell’art. 6, del CCNL 30 aprile 2004, per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale (FISE).

Infatti, ad avviso dell’ENEL Rete Gas spa, la ratio del preavviso portava ad escludere che i lavoratori appellati, passati senza soluzione di continuità, a seguito di passaggio di gestione per scadenza del contratto di appalto, da ENEL a GAIA, avessero diritto a tale indennità, la quale assolveva, invece, alla funzione di consentire al lavoratore la ricerca di altra occupazione in caso di licenziamento.

3. Per la cassazione della suddetta sentenza resa in grado di appello ricorre ENEL Rete Gas spa, prospettando tre motivi di ricorso.

4. Resistono con controricorso P.G., S.P. G., T.R., L.M.E., M. A., C.S..

5. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2118 c.c., in relazione all’art. 12 disp. gen..

Ad avviso della ricorrente, erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che il licenziamento comporta sempre, a carico del datore, l’obbligo del preavviso e dell’indennità sostitutiva, salvo che nel caso della giusta causa per il recesso in tronco e in caso di risoluzione consensuale.

Tale interpretazione non tiene conto della ratio dell’istituto e del criterio logico dell’intentio legis. L’esigenza soddisfatta dal preavviso, di consentire allo stesso di trovare una nuova occupazione, non sussiste nel caso in esame, in cui per effetto del meccanismo contrattuale, di cui all’art. 6 del CCNL FISE, i lavoratori in questione sono stati assunti dall’impresa neo appaltatrice senza soluzione di continuità.

2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata violazione e falsa applicazione dell’art. 6, del CCNL 30 aprile 2003 FISE, in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c..

La sentenza di secondo grado erra nel ritenere che la contrattazione collettiva ha ribadito in capo all’impresa cessante gli obblighi derivanti dalla cessazione del rapporto di lavoro tra i quali figura quello di dare il preavviso e di pagare la relativa indennità.

La previsione nella suddetta disposizione contrattuale della "corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante", nonchè la dichiarazione congiunta in calce all’articolo in questione, non possono, ai sensi degli artt. 1362 e 1363 c.c., ritenersi estese all’indennità sostitutiva, in quanto tale istituto è incompatibile con il meccanismo ivi previsto.

3. Con il terzo motivo di ricorso è prospetto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, nella parte in cui la stessa ha affermato che la circostanza fattuale che i lavoratori abbiano trovato immediata occupazione è suggestiva, ma priva di conseguenze, in ragione del principio di carattere generale posto dall’art. 2118 c.c.. Ed infatti, il ricollocamento dei lavoratori non costituisce una mera circostanza di fatto ma l’adempimento di precisi obblighi giuridici previsti dalla contrattazione collettiva.

4. I suddetti motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati e devono essere rigettati.

5. La sentenza impugnata si presenta corretta in diritto, facendo corretta applicazione dell’art. 2118 c.c., interpretato alla stregua della sua ratio e nel rispetto dell’art. 12 preleggi, e motivata congruamente e con logica coerenza.

6. Il presupposto del ragionamento della ricorrente è che il preavviso abbia efficacia reale. La natura reale del preavviso è stato però negata da una pluralità di decisioni di questa Corte, le quali hanno affermato la tesi della efficacia obbligatoria.

6.1. Cass., n. 11740 del 2007, ha affermato il seguente principio di diritto: "Alla stregua di una interpretazione letterale e logico- sistematica dell’art. 2118 cod. civ., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso".

6.2. Il principio è stato poi ribadito in ambiti diversi e con plurime ricadute.

6.3. Cass., n. 1216 del 2009, ha affermato che l’efficacia obbligatoria del preavviso, implicando l’estinzione immediata del rapporto con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva, comporta che tale indennità non rientra nella base di calcolo delle mensilità supplementari, delle ferie e del trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore dimissionario, non riferendosi ad un periodo lavorato dal dipendente.

6.4. Cass., n. 13959 del 2009, ha. a sua volta, affermato che "Il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con esonero per il lavoratore dalla relativa prestazione, determina l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro a tutti gli effetti giuridici, con la conseguenza che il periodo di preavviso non lavorato non può essere computato ai fini del raggiungimento del requisito dei due anni d’iscrizione nell’AGO contro la disoccupazione involontaria per la corresponsione dell’indennità ordinaria di disoccupazione".

6.5. Cass., n. 22443 del 2010, sul presupposto che nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale, ma efficacia obbligatoria, ha rilevato che il datore di lavoro aveva licenziato il lavoratore per giustificato motivo, individuandolo nell’abolizione della qualifica rivestita dal lavoratore, per poi convertirlo, due mesi dopo, in licenziamento per giusta causa, asserendo l’esistenza di gravi inadempimenti, ha dichiarato il secondo licenziamento privo di efficacia, in quanto intervenuto nell’ambito di un rapporto già estinto.

6.6. Cass., n. 36 del 2001 ha statuito che "In tema di licenziamento del lavoratore, la revoca del recesso datoriale non può. di per sè, avere l’effetto di ricostituire il rapporto di lavoro, occorrendo a tal fine una manifestazione di volontà, anche tacita, del lavoratore, restando, tuttavia, escluso che il consenso al ripristino del rapporto possa derivare dalla prestazione di lavoro nel periodo di preavviso, che ha efficacia solo obbligatoria. Ne consegue che la revoca non può sottrarre al lavoratore il diritto all’indennità sostitutiva, prevista dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, comma 5, nel testo introdotto dalla L. 11 maggio 1990, n. 108, art. 1, il cui esercizio verrebbe altrimenti ad essere di fatto rimesso al datore di lavoro".

6.7. Nel caso in esame, l’efficacia meramente obbligatoria del preavviso comporta l’irrilevanza della immediata rioccupazione del lavoratore, come correttamente affermato dalla Corte d’Appello con adeguata motivazione, ai fini della corresponsione dell’indennità di preavviso.

Peraltro, le disposizioni della contrattazione collettiva – art. 6 del CCNL di settore e la dichiarazione congiunta in calce allo stesso – non introducono elementi atti a sostenere fa tesi della ricorrente, come da quest’ultima prospettato.

L’art. 6 in questione, richiamato nella sentenza del giudice d’appello, afferma "nei casi di passaggio di gestione per scadenza del contratto di appalto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante, il datore di lavoro subentrante e la RSU e, in mancanza le RSA delle OO.SS stipulanti, congiuntamente alle strutture territoriali competenti, si incontreranno in tempo utile per avviate le procedure relative al passaggio diretto ed immediato del personale dell’impresa cessante addetto allo specifico appalto, nei limiti dei dipendenti in forza 180 giorni calendariali prima della scadenza dell’appalto".

La medesima disposizione prevede, altresì:

"Al personale di cui al comma che precede l’azienda subentrante riconosce il trattamento economico e normativo contrattuale già corrisposto dall’impresa cessante".

Come ritenuto dalla Corte d’Appello, facendo corretta applicazione delle regole dell’ermeneutica contrattuale, con congrua motivazione, la suddetta previsione della contrattazione collettiva esclude che nel passaggio di gestione si configuri continuità del rapporto di lavoro tra impresa cessante e impresa subentrante.

Il rapporto che si verrà ad instaurare è nuovo rispetto a quello cessato. Le parti sociali hanno voluto sottolineare la cesura tra i due rapporti laddove, nella dichiarazione congiunta in calce all’art. 6, hanno espressamente ribadito che "le parti stipulanti si danno atto che la normativa di cui al presente articolo, in caso di assunzione per passaggio diretto ed immediato, non modifica il regime connesso alla cessazione di appalto che prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con l’impresa cessante – ai sensi della L. 15 luglio 1996, n. 604, art. 3 – e la costituzione ex nova del rapporto di lavoro con l’impresa subentrante".

7. Il ricorso deve essere rigettato.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 50,00 per esborsi, Euro tremila per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 22 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012

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