Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-06-2012, n. 9192 Prepensionamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 6 luglio 2009, la Corte d’Appello di Bologna accoglieva parzialmente il gravame svolto da S.L. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti dell’INPS per il riconoscimento dei benefici contributivi per l’esposizione all’amianto, in misura rilevante, per il periodo di lavoro svolto alle dipendenze della Orsi Mangelli e Saom-Sidac di (OMISSIS), per il periodo dall’8 maggio 1963 al 30 dicembre 1993.

2. La S., con l’esperito gravame, ha reiterato la richiesta di espletamento di esame peritale volto ad accertare le condizioni ambientali e le caratteristiche quantitative e temporali di concentrazione di amianto nell’ambiente lavorativo ove veniva svolta attività di produzione di filati sintetici (polimeri) ed aveva prestato la propria attività nei reparti di testurizzazione, torcitura, orditura, oltre ad essere addetta alla pulizia dei filtri di condizionamento per due volte all’anno.

3. La Corte d’appello, fatte proprie le conclusioni del consulente officiato nel giudizio di gravame, ha accertato il superamento della soglia consentita e, quanto al periodo lavorativo, ha delimitato il lasso temporale dall’8 maggio 1963 al 28 febbraio 1978, per complessivi 13 anni e 6 mesi, riconoscendo il beneficio della maggiorazione contributiva per il predetto lasso temporale e rigettando la domanda per il periodo residuo.

4. L’Inps propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo di impugnazione.

5. L’assicurata resiste con controricorso eccependo l’improcedibilità, inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

6. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

7. Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps, denunciando vizio di motivazione, si duole che la corte territoriale non abbia sufficientemente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto la S. esposta all’amianto, per oltre dieci anni, in concentrazioni superiori al limite di 100 fibre per litro, esprimendo condivisione agli accertamenti compiuti dal perito e fondando, su di essi, il convincimento dell’assoggettamento della lavoratrice all’asbesto in misura sufficiente per ottenere la pretesa rivalutazione contributiva. Assume l’INPS che, per converso, l’accertamento peritale non conforterebbe l’avviso cui sono pervenuti i giudici del gravame in ordine all’accertata esposizione qualificata all’amianto.

8. Preliminarmente va ritenuta infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dall’intimata, deducendo l’omesso deposito della consulenza tecnica d’ufficio e delle note critiche sollevate dall’INPS in sede di gravame, atteso che la parte ricorrente ha correttamente assolto gli oneri imposti dal novellato art. 366 c.p.c., n. 6, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ha anche prodotto, in sede di legittimità, copia della consulenza tecnica.

9. Nè l’INPS era tenuto ad assolvere il predetto onere anche con riferimento ai rilievi critici svolti, in sede di gravame, avverso l’elaborato peritale giacchè, nella specie, la doglianza risulta incentrata non sull’accertamento peritale sibbene sulle conclusioni cui è pervenuta la corte territoriale all’esito di quell’incombente istruttorio.

10. Tanto premesso, il Collegio ritiene l’unico motivo di censura non meritevole di accoglimento.

11. La Corte territoriale ha, invero, operato un giudizio di sintesi in ordine all’effettiva esposizione all’amianto nell’ambiente lavorativo ove la lavoratrice ha svolto le mansioni, richiamando la consulenza dell’ausiliare officiato in sede di gravame fondata sulla valutazione di elementi di giudizio e sull’espressione di un giudizio in ordine all’accertata esposizione qualificata.

12. Per l’INPS, proprio sulla scorta di quell’accertamento e il giudizio tecnico espresso dall’ausiliare, la corte territoriale sarebbe dovuta pervenire ad un giudizio di infondatezza del beneficio contributivo.

13. Ma, la lettura delle conclusioni cui è pervenuto l’ausiliare non palesano la contestata discrasia.

14. In particolare, l’ausiliare, con accertamento ex post all’esito della bonifica ambientale compiuta nei luoghi di lavoro, ha accertato "un’esposizione ambientale, prevalentemente indiretta e solo parzialmente diretta che, nel suo complesso, ha potuto sostenere un’esposizione effettiva a livelli contenuti. Tale livello, per tempi lunghi ed intesa come stima del possibile livello espositivo assegnabile può aver superato la soglia delle 0,1 ff/cc. Tuttavia la natura indiretta di tale stima e la totale carenza di elementi certi di riscontro ponderale porta a considerare come tale ipotesi/stima possibile ma con un livello probabilistico contenuto. Non sussistono le condizioni oggettive per poter assegnare, come in altre diverse situazioni di stima a posteriori, un livello di certezza probabilistica su livelli più elevati (discreta-buona-elevata probabilità)…L’esposizione per come quindi realizzatasi ha sicuramente concorso ad esposizione superiore a quella ipotizzabile come generica esposizione ambientale comune per tutta la popolazione.

Una tale contenuta esposizione non può essere totalmente disgiunta da un rischio effettivo per patologie degenerative dell’apparato pleuro-polmonare. Circa il periodo effettivo cui tale esposizione stimata come possibile può essere considerata ai sensi dell’assegnazione dei benefici previdenziali si può ritenere un primo periodo continuativo, peraltro interrotto da un anno di maternità, ricompreso tra l’8.5.1963 al 28.2.1978, pari quindi ad anni 13 e 6 mesi. …" (cosìil giudizio espresso dall’ausiliare).

15. Si tratta di un ragionamento conforme ai principi affermati da questa Corte (cfr., ex multis, Cass. 19456/2007 e numerose successive conformi) che in analoghe controversie ha osservato che il fatto costitutivo del diritto in questione non si identifica con la mera durata ultradecennale di un’attività lavorativa svolta in un luogo di lavoro in cui sia presente l’amianto, bensì con l’esposizione del lavoratore al rischio di ammalarsi a causa dell’inspirazione – per oltre un decennio – di fibre di amianto presenti in quel luogo in quantità superiore ai valori limite prescritti dalla normativa di prevenzione del D.Lgs. n. 277 del 1991.

16. Con riferimento all’accertamento del rischio effettivo, id est l’apprezzamento di un’esposizione qualificata al rischio amianto, la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis, Cass. 4898/2010; Cass. 10390/2009) richiede la presenza di un elevato grado di probabilità di esposizione in misura superiore alle soglie previste dalla legge, e nel caso di specie, l’effettiva intensità del rischio morbigeno, in mancanza di un’impossibile verifica dell’ambiente lavorativo, stimata dall’ausiliare "con un livello probabilistico contenuto" è stata poi tradotta in termini di "rischio effettivo per patologie degenerative dell’apparato pleuro- polmonare" con giudizio, favorevole alla lavoratrice anche se solo per un segmento temporale rispetto alla pretesa azionata, fatto proprio dalla corte territoriale nell’an e nella durata dell’effettiva esposizione all’amianto.

17. Deve perciò concludersi che le critiche che vengono mosse alla sentenza con il motivo in esame sono inattendibili.

18. Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese, da distrarsi. attendibili.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012

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