Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-06-2012, n. 9385 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 3.07.1998, G. e C.C. con A.R. proponevano, dinanzi alla Corte di appello di Brescia e nei confronti del Comune di Bozzolo, opposizione alla stima sia dell’indennità di espropriazione definitiva (pronunciata con decreto in data 15.03.1996, del Presidente della Provincia di Manto va) e sia dell’indennità di occupazione legittima (autorizzata con decreto sindacale n. 2252 del 1989), procedimenti inerenti ad un’area edificabile, della quale i C. erano proprietari e l’ A. usufruttuaria.

Con sentenza del 26.05-25.06.2010, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parte ed in base anche all’esito della disposta CTU, determinava l’indennità di espropriazione in complessivi Euro 377.891,50, e l’indennità di occupazione legittima, (protrattasi dal 10.04.1989 al 15.03.1996) in Euro 231.214,49, oltre interessi legali, dichiarando il Comune di Bozzolo tenuto al deposito degli importi differenziali e condannando il medesimo ente al pagamento delle spese processuali. La Corte territoriale osservava e riteneva:

– che l’area, estesa circa mq 24.390, aveva natura edificabile, essendo stata urbanisticamente inserita nel Piano degli Insediamenti Produttivi del Comune di Bozzolo ed era stata interamente urbanizzata a spese del Comune che venuti meno per incostituzionalità, i criteri indennitari di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5-bis l’indennità di espropriazione doveva essere commisurata al valore venale del bene, come previsto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39 giacchè, risultando la dichiarazione di pubblica utilità nella specie anteriore al 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, erano inapplicabili, in virtù della disciplina transitoria di cui all’art. 57 di tale decreto e del contenuto della norma intertemporale di cui alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2 comma 90 le modifiche all’art. 37, commi 1 e 2, del medesimo D.P.R., apportate dalla citata L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. a) che non essendo applicabile il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 era assorbito l’esame delle questioni sollevate dalle parti, rispettivamente in ordine all’applicabilità della maggiorazione del 10% di cui all’art. 37, comma 2 e della riduzione del 25% prevista dal primo comma della stessa norma che il CTU, applicando nella stima il criterio sintetico – comparativo, aveva assegnato alle aree in oggetto un valore di L. 20.253 al mq., valore che gli attori avevano contestato assumendo che gli atti comparati non riguardavano terreni omogenei e proponendo a comparazione l’atto di compravendita 24.3.1993, relativo ad area confinante con la loro e nel quale il prezzo risultava convenuto in L. 42.000 al mq che in effetti, quale parametro di valore doveva essere assunta, nell’ambito del suddetto metodo di stima, la compravendita in data 24.3.1993, per atto notaio Chizzini, intervenuta tre anni prima dell’esproprio in discussione ed inerente ad area omogenea, sia per la sua collocazione limitrofa a quella degli opponenti sia perchè avente le stesse caratteristiche di urbanizzazione che il prezzo indicato nell’atto comparato doveva essere peraltro ridotto dei costi dell’urbanizzazione, sostenuti dal comune e pari, come da CTU, a circa L. 13.534 al mq (L. 10.940 del 31.7.1991 rivalutate al 15.3.1996) che conclusivamente il valore venale unitario dell’area in questione andava determinato in L. 30.000 al mq, riferito all’epoca dell’esproprio, valore che si rivelava anche conforme ai prezzi ricavati da tre dei cinque atti esaminati dal CTU, sostanzialmente omogenei e tali da consentire una più ampia valutazione del mercato – che l’indennità di occupazione legittima andava calcolata col sistema degli interessi legali sulla somma capitale rappresentante l’indennità di espropriazione, in base alla disciplina generale prevista dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 72, comma 4. – che gli indennizzi andavano maggiorati degli interessi legali, per l’indennità di esproprio con decorrenza dalla data del decreto di esproprio e fino alla data di deposito di essa e per l’indennità di occupazione dalla data di maturazione delle singole annualità alla data del deposito.

Avverso questa sentenza il Comune di Bozzolo ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria e notificato ai C. ed alla A., i quali hanno resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale fondato su tre motivi, cui il Comune ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza. A sostegno del ricorso principale il Comune di Bozzolo denunzia:

1. "Violazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37 falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39".

Si duole che la Corte di Appello abbia determinato l’indennità di espropriazione sulla base del criterio del valore venale del bene previsto dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 senza l’applicare la chiesta riduzione del 25%, nonostante che la disciplina dettata dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1 e 2, come modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. a) fosse applicabile anche ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della novella legislativa, ancorchè riguardanti espropriazioni per le quali la dichiarazione di pubblica utilità fosse intervenuta, come nella fattispecie, prima del 30.6.2003.

Il motivo non è fondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato anche a sezioni unite: a) che dopo la declaratoria di incostituzionalità dei primi due commi, art. 5 bis ad opera della sentenza 348/2007 della Corte Costituzionale è tornato a trovare applicazione ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, il criterio del valore venale del bene previsto dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, sostanzialmente corrispondente con la riparazione integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea, nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU; b) che non è invocabile neppure lo ius superveniens costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90, sia perchè la nuova norma avendo introdotto modifiche al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2, segue la disciplina transitoria prevista dall’art. 57, D.P.R. cit., ed è quindi inapplicabile nei procedimenti espropriativi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa, come nella fattispecie, prima del 30 giugno 2003; sia perchè la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di espropriazione solo con riferimento "ai procedimenti espropriativi" e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonchè 11480/2008 e successive). Ha evidenziato altresì la corrispondenza di questa opzione ermeneutica con la giurisprudenza della Corte Edu, nonchè della Grande Chambre della Corte, la quale, pur non escludendo che in materia civile una nuova normativa possa avere efficacia retroattiva, ha ripetutamente considerato lecita l’applicazione dello ius superveniens in causa soltanto in presenza di "imperieux motifs d’interet general" e che si deve applicare la regola generale del menzionato art. 39 della legge fondamentale anche per il principio più volte ricordato dalla Corte Costituzionale che sul giudice comune grava l’obbligo di interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti in cui ciò sia permesso dal suo tenore. E tanto è sufficiente ad escludere il dubbio manifestato dal ricorrente circa la legittimità costituzionale della non applicazione della menzionata nuova disposizione premiale del 2007 ai giudizi in corso ed antecedenti alla disciplina del T.U., che per quanto detto è conforme ai principi enunciati dalla CEDU e perciò stesso al precetto dell’art. 117 Cost. e che d’altra parte non viola il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost, invocabile in situazioni che si svolgono nell’ambito della medesima dimensione temporale, non già quando si abbia il succedersi nel tempo di situazioni diversamente regolate (Cass. 25862/2011; 16062/2004;

8031/2002; 14223/2000). Pertanto la Corte distrettuale doveva applicare, come ha fatto, non già il criterio introdotto dalla menzionata L. n. 244 del 2007, con il sistema delle previste riduzioni e maggiorazioni, ma la regola generale del menzionato art. 39 della legge fondamentale per il quale "la indennità dovuta all’espropriato consisterà nel giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita".

2. "Omessa o insufficiente motivazione della sentenza appellata circa un punto decisivo della controversia." Si duole che la corte distrettuale abbia disatteso le risultanze della consulenza tecnica di ufficio, determinando l’indennità di espropriazione sulla base dell’atto di compravendita prodotto dagli attori, deducendo che:

il discostamento non è stato adeguatamente motivato ed in particolare che non sono state esplicitate le ragioni che hanno portato ad escludere gli ulteriori elementi di valutazione considerati dal C.T.U. è stato detratto dal prezzo della compravendita de qua l’importo afferente al costo delle opere di urbanizzazione del comparto assoggettato a P.I.P., come se l’incidenza delle opere di urbanizzazione non variasse in relazione alle diverse caratteristiche dei comparti cui accedono. Con il ricorso incidentale i C. e la A. deducono:

1. "Violazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37".

Per l’ipotesi che si ritenessero applicabili il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1 e 2 nel testo introdotto dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, chiedono che l’indennità di esproprio sia incrementata della percentuale del 10%, giacchè è stata loro offerta un’indennità provvisoria inferiore agli 8/10 di quella dovuta e, comunque, non hanno concluso l’accordo di cessione delle aree per cui è causa per fatto ad essi non imputabile.

2. "Violazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 50", estendendo all’indennità di occupazione legittima le considerazioni e la richiesta d’incremento svolte nel primo motivo.

3. "Omessa o insufficiente motivazione della sentenza appellata circa un punto decisivo della controversia." Sostengono che la Corte territoriale ha solo parzialmente recepito i loro rilievi inerenti alla determinazione del valore di mercato dell’area edificabile, occupata ed ablata, alla quale avrebbe dovuto attribuire un valore superiore a quello contemplato nell’atto di compravendita 24.3.1993, anteriore di un triennio all’esproprio, tempo in cui il prezzo ivi indicato era lievitato, che comunque tale prezzo era inattendibile per difetto, noto essendo che i prezzi dichiarati scontano riduzioni di comodo, dettate da interessi di mero risparmio fiscale, e che mera affermazione di principio si rivelava quella dell’omogeneità delle due aree. Il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale restano assorbiti dal rigetto del primo motivo del ricorso principale, alla cui diversa e favorevole sorte il relativo esame è stato condizionato.

Il secondo motivo del ricorso principale ed il terzo motivo del ricorso incidentale sono entrambi privi di pregio, risolvendosi eminentemente in rilievi critici inammissibili perchè generici, privi di autosufficienza, per mancata trascrizione dei dati di conforto emersi nei pregressi gradi di merito e/o di qualsiasi decisività, o nuovi nonchè per la residua parte in infondate censure, smentite dal contenuto dell’impugnata sentenza, da cui emergono puntualmente ed adeguatamente chiarite le ragioni per le quali è stato privilegiato nella comparazione l’atto di vendita del 1993 nonchè detratto il costo effettivo sostenuto dal Comune per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione. Conclusivamente i ricorsi principale ed incidentale devono essere respinti, con compensazione integrale delle spese del giudizio di cassazione, in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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