Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-10-2011) 24-11-2011, n. 43318

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19 luglio 2010, la Corte d’Appello di L’Aquila, sezione penale, confermava la sentenza del Tribunale di Teramo del 9.12.2004 appellata da A.R. e G.P., con la quale erano state dichiarate colpevoli di concorso nel delitto di tentata estorsione (artt. 56, 110 e 629 c.p.) in danno di N. C.V., per avere commesso atti idonei diretti in modo non equivoco a costringerla a corrispondere loro la somma di Euro 3000,00 per l’utilizzo di un posto dove esercitare la prostituzione lungo la bonifica del Tronto, con minacce di morte e di atti lesivi della sua incolumità, non riuscendo nell’intento per l’intervento dei Carabinieri, in (OMISSIS), ed erano state condannate, concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva contestata all’ A., alla pena di un anno quattro mesi di reclusione ed Euro 200 di multa ciascuna, con il beneficio della sospensione condizionale della pena per la G..

La Corte territoriale riteneva fondata la responsabilità delle imputate sulla scorta delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa e da C.L. nel corso delle indagini (dei cui verbali era stata data correttamente lettura essendo impossibile la ripetizione dell’audizione in dibattimento perchè irreperibili e perchè tale irreperibilità era imprevedibile) e della testimonianza del M.llo Ca. in quanto questi aveva riferito quanto caduto sotto la sua diretta osservazione e percezione. Il fatto era stato correttamente qualificato come tentativo di estorsione. Le doglianze sulla dosimetria della pena erano state dedotte genericamente.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputata G.P., che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

– inosservanza di norme processuali per mancato accoglimento dell’istanza di rinvio per impedimento del difensore contemporaneamente impegnato di fronte al Tribunale di Ascoli Piceno, in udienza dibattimentale fissata prima della notifica dell’avviso di udienza dinanzi alla Corte di appello, con conseguente violazione del diritto di difesa;

– erronea applicazione della legge penale, perchè il M.llo Ca. ha riferito quanto appreso dalla persona offesa e perchè le dichiarazioni di quest’ultima nella fase predibattimentale non possono essere utilizzate allorchè la ragione che ha reso impossibile la ripetizione dell’esame consiste nella libera scelta del dichiarante di sottrarsi al contraddittorio;

– errata applicazione della legge penale per avere la Corte di appello condiviso le argomentazioni del primo giudice ed ha quindi ritenuto di confermare la condanna sulla base di quanto riferito dal M.llo Ca. anche per la parte in cui questi ha riferito quanto appreso dalla denunciante N., riferimento come tale inutilizzabile ed in violazione dell’art. 526 c.p.p., comma 1-bis;

– inosservanza di norme processuali in relazione a quanto disposto dall’art. 62 c.p.p. perchè la frase che il M.llo Ca. ha riferito di aver udito pronunciare dalla G. all’indirizzo della N. ("tu devi pagare, hai capito") non poteva essere oggetto di testimonianza da parte del verbalizzante;

– inosservanza o erronea applicazione della legge penale per mancanza di minaccia idonea ad incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo. La parola "pagare" venne pronunciata solo per esprimere il disappunto provato alla vista dei Carabinieri, sicchè è configurabile eventualmente il solo delitto di minaccia. La ritenuta inattendibilità della teste M. da parte del primo giudice è stata oggetto di specifica critica con l’appello; la Corte territoriale non ha tenuto conto di tale elemento e non ha valutato il motivo di gravame;

– inosservanza o errata applicazione della legge penale perchè la Corte di appello ha ritenuto inammissibile il motivo di gravame in punto di dosimetria della pena, senza considerare che la doglianza atteneva non al trattamento sanzionatorio ma all’errata applicazione della norma penale relativamente alla ritenuta aggravante di cui all’art. 629 c.p., comma 2.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è dedotto in maniera generica e quindi inammissibile, perchè la doglianza si limita a denunciare il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio ("L’istanza non veniva accolta") senza muovere alcuna critica specifica idonea a spiegare per quale ragione la scelta della Corte territoriale sarebbe stata tale da comportare violazione del diritto di difesa e quindi l’affermata nullità assoluta. Ed invero l’istanza di rinvio non comporta un automatico accoglimento della stessa, essendo rimessa al giudice la valutazione della tempestività della stessa; dell’idoneità della documentazione eventualmente allegata all’istanza a dare prova della legittimità dell’impedimento per la contemporaneità di altro impegno defensionale; dell’impossibilità di nominare un sostituto in uno dei due procedimenti.

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato, perchè la Corte territoriale ha giustificato il suo convincimento sulla scorta non soltanto di quanto riferito dal M.llo Ca., ma altresì di quanto risultante dalla lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e della C. nel corso delle indagini, verbali ritenuti utilizzabili per sopravvenuta impossibilità di ripetizione per essersi rese le testimoni imprevedibilmente irreperibili nella fase dibattimentale. Tale parte della motivazione non è stata oggetto di specifica critica, sicchè deve ritenersi incontestata la correttezza ed esaustività dell’accertamento dell’impossibilità sopravvenuta di ripetere l’esame nel contraddittorio delle parti, impossibilità di natura oggettiva, come tale derogatoria (art. 111 Cost., comma 5) della regola generale di rango costituzionale recepita dall’art. 526 c.p.p., comma 1 bis, in conformità del dettato dell’art. 6, comma 3, lett. d) della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cass. Sez. 2, 27.5.2010 n. 22358).

Vero è che "le dichiarazioni predibattimentali rese in assenza di contraddittorio, ancorchè legittimamente acquisite, non possono conformemente ai principi affermati dalla giurisprudenza europea, in applicazione dell’art. 6 della CEDU – fondare in modo esclusivo o significativo l’affermazione della responsabilità penale" (Cass. SS.UU., 25.11.2010-14.07.2011 n. 27918).

Ma nel caso in esame la sentenza impugnata ha vagliato l’attendibilità delle stesse perchè riscontrate da quelle del M.llo Ca. per la parte in cui quest’ultimo ha riferito quanto caduto sotto la sua diretta percezione sensoriale.

3. Anche il tergo motivo di ricorso è infondato, perchè il M.llo Ca. è stato testimone diretto in relazione a quanto accaduto lungo la strada della Bonifica. Erroneamente la ricorrente invoca la causa di inutilizzabilità di cui all’art. 62 e.p.p., in quanto in tale fase ella non rivestiva ancora la qualità di indagata e il procedimento a suo carico non era ancora iniziato. 1/ ufficiale di p.g. si è avvicinato alle donne che stavano discutendo ed ha direttamente percepito le parole pronunciate dalla ricorrente alla N..

4. Anche il quarto motivo di ricorso è infondato perchè la condotta estorsiva si è sostanziata non soltanto nella pronuncia delle parole percepite dal M.llo Ca. (peraltro correttamente ritenute dai giudici di merito inequivoche nel loro significato minaccioso finalizzato a costringere la persona offesa a "pagare") ma anche nella precedente condotta oggetto di denuncia da parte della persona offesa e della sua amica. Questo essendo il quadro probatorio posto a base della sentenza impugnata, deve ritenersi che per implicito la Corte territoriale ha disatteso la valenza dimostrativa della testimonianza M..

5. Anche l’ultimo motivo di ricorso è infondato, posto che la Corte territoriale ha preso in considerazione il motivo di appello relativo alla quantificazione della pena e lo ha dichiarato inammissibile per genericità, Ed invero già il Tribunale, ai fini della quantificazione della pena (tenuto conto delle riconosciute attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante), aveva individuato come pena base quella di cui all’art. 629 c.p., comma 1; l’aggravante di cui all’art. 629 c.p., comma 2 non risulta esser stata nè contestata nè ritenuta.

6. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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