Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-06-2012, n. 9374 Dichiarazione di adottabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 63 del 21.07-4.08.2010^ il Tribunale per i minorenni di Catanzaro dichiarava lo stato di adottabilità del minore T. A., nato il (OMISSIS), figlio naturale di M.X., nei cui confronti disponeva la sospensione della potestà genitoriale, con contestuale conferma del collocamento del minore presso una famiglia idonea.

Con sentenza del 20.12.2010-3.01.2011 la Corte di appello di Catanzaro, sezione minori, respingeva il gravame del M..

La Corte territoriale premetteva che il M. aveva dedotto l’erroneità della decisione adottata dal Tribunale, in quanto:

a) a suo parere fondata in maniera del tutto insufficiente sulla sola valutazione delle negative risultanze ricavabili dal procedimento penale sorto a suo carico, per il reato di maltrattamenti in famiglia e definito con sentenza di condanna che però non era ancora passata in giudicato;

b) sarebbe stato necessario al fine di accertare la sua inadeguatezza allo svolgimento della funzione genitoriale disporre ulteriori approfondimenti istruttori anche di natura tecnica;

c) dopo il disposto allontanamento del piccolo A. e degli altri suoi figli, si era impegnato per cercare un contatto fisico e:morale con gli stessi ed aveva adottato una condotta di vita consona al suo ruolo genitoriale;

d) di recente il Tribunale per i Minorenni di Catanzaro aveva disposto il suo ricongiungimento con l’altro figlio minore T. M., nato a (OMISSIS), e, dunque, favorevolmente apprezzato la sua condotta di vita più regolare, così da non ravvisare ; nelle già manifestate carenze, ragioni insuperabilmente ostative alla possibilità di un adeguato espletamento dei compiti genitoriali.

Tanto premesso, la Corte distrettuale osservava e riteneva, che la decisione impugnata si sottraeva alle censure esposte nell’atto di gravame, risultando le statuizioni con essa adottate frutto di una corretta ed adeguata valutazione degli elementi probatori acquisiti in esito alla lunga ed articolata attività istruttoria compiuta dal Tribunale per i Minorenni di Catanzaro, che aveva condotto ad accertare la totale inidoneità del M. alla funzione genitoriale e lo stato di abbandono morale e materiale del figlio minore di costui T.A.. Alla stregua dei dati acquisiti era chiaramente emerso, per come peraltro rilevato anche da parte del curatore speciale del minore, che quest’ultimo continuava a versare in uno stato di grave abbandono da parte del padre, il quale si era reso autore in ambito familiare di reiterati maltrattamenti mediante atti di violenza, in danno del bambino e degli altri figli minori (accertate anche in sede penale), da lui costretti all’accattonaggio, trascurandone altresì l’obbligo scolastico. Risultava, inoltre, che il M. era dedito all’uso di alcolici e che era stato ritenuto responsabile della morte della madre dei minori, T.N., deceduta a seguito di un incidente stradale, mentre si trovava a bordo di un veicolo da lui condotto in stato di ubriachezza.

La inequivoca valenza del complesso dei dati probatori surrichiamati non appariva seriamente resistita dai motivi di gravame e le connotazioni di esaustività e completezza proprie dell’esperita attività istruttoria rendevano del tutto ultroneo l’espletamento in appello dei sollecitati, ulteriori approfondimenti istruttori. Da considerare era pure la significativa circostanza che lo stesso minore T.A., più volte sentito dai Servizi Sociali e da ultimo anche in sede di audizione dinanzi al Tribunale peri Minorenni di Catanzaro, non aveva manifestato alcun intento di ricongiungersi al padre, di cui aveva solo rievocato i comportamenti pregiudizievoli tenuti ai danni suoi e degli altri componenti della famiglia e nei cui confronti nutriva sentimenti di profondo disagio e distacco affettivo; ciò costituiva un ulteriore indice confermativo del sicuro persistere in capo al ricorrente, proprio con specifico riferimento al suo rapporto interpersonale con il figlio minore coinvolto nella presente procedura, di una condizione di assoluta inidoneità all’assunzione responsabile ed all’adeguato esercizio dei compiti inerenti alla funzione genitoriale, nonostante il lungo percorso di sostegno ai fini del recupero di quest’ultima, avviato in suo favore dagli organi competenti, durante il quale egli era stato più volte concretamente messo nelle condizioni di dimostrare la effettività e la serietà di un suo eventuale ravvedimento, ma con risultati assolutamente negativi. Avuto, quindi, riguardo alla carenza comprovata in atti di cure morali e materiali da parte della figura paterna, tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte lo sviluppo e l’equilibrio psicofisico del T.A. e stante l’acclarata mancanza di risorse alternative endofamiliari, potevano senz’altro ritenersi sussistenti nella specie, in conformità di quanto correttamente già affermato dal Tribunale di prime cure, i presupposti per la dichiarazione dello stato di adottabilità del predetto minore, che giustificava il sacrificio dell’esigenza del medesimo di crescere nella famiglia di origine, in funzione dell’obiettivo primario della tutela del suo interesse ad una crescita armonica ed equilibrata.

Avverso questa sentenza, notificatagli il 14.01.2011, il M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e notificato al PG presso il giudice a quo ed all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Crotone, quale tutore provvisorio del minore, che non hanno svolto attività difensiva, nonchè al curatore speciale del medesimo minore Avv.to P. G., che ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

A sostegno del ricorso il M. denunzia "Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5".

Il ricorrente sostiene:

– che l’impugnata sentenza è illogicamente motivata e priva di elementi atti a fondarla;

– che tutte le deduzioni della difesa sono state ignorate;

– che la sentenza penale relativa al reato di maltrattamenti in famiglia ancora non è passata in giudicato e che, pertanto, non è possibile addivenire ad una valutazione negativa circa la sua inidoneità a svolgere il ruolo paterno;

– che ha sempre cercato un legame ed un contatto fisico e morale con il piccolo A. e con gli altri figli minori ed ha assunto una condotta di vita più tranquilla, consona ai doveri di padre;

– che proprio sulla base della sua positiva evoluzione affettiva e del sincero ravvedimento, il Tribunale per i minorenni di Catanzaro ha di recente disposto il suo ricongiungimento con l’altro figlio minore T.M., nato il (OMISSIS), sicchè i fratelli tornerebbero a vivere insieme.

Il ricorso non ha pregio.

Il ricorrente avversa con critiche generiche le ampie e logiche argomentazioni con cui, in aderenza al dettato normativo, la Corte distrettuale ha irreprensibilmente disatteso i motivi del suo appello, sostanzialmente riproposti in questa sede, senza nuovi e decisivi elementi di conforto.

Dal tenore dell’avversata sentenza si evince sia che sono stati puntualmente esaminate le censure, pure espressamente richiamate, dedotte dal M. a sostegno del proposto appello, sia ineccepibilmente considerati singolarmente e nel loro complesso i dati probatori emersi nella pregressa fase istruttoria, dotati di significativa, concordante ed univoca valenza probatoria, inerenti pure a gravi condotte dal medesimo M. tenute in danno dei familiari e delle quali si è soltanto sottolineato il rilievo che avevano assunto anche in sede penale, senza peraltro alcun riferimento motivazionale ad eventuali pronunce rese in tale diversa sede, e sia ancora l’esito sfavorevole del lungo percorso di sostegno e recupero della sua funzione genitoriale, che induceva anche a disattendere la sostenuta tesi del sopravvenuto ravvedimento. D’altra parte, appaiono sempre ineccepibilmente valutati ai fini della conferma dell’accertato stato di abbandono del minore T.A., le sue specifiche e peculiari condizioni personali, tra cui l’età, diversa ed inferiore a quella del fratello T.M., nonchè le propensioni e gli elementi emersi dal suo ripetuto ascolto, giustamente ponderati alla luce dell’intera istruttoria del caso, che aveva consentito pure di acclarare la mancanza di risorse alternative endofamiliari. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Giusti motivi, essenzialmente desunti dalla natura e dalle peculiarità della vicenda, giustificano la compensazione integrale, tra le parti costituite, delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del giudizio di cassazione, tra il M. ed il curatore speciale controricorrente.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 2 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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