Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-06-2012, n. 9369 Nullità e inesistenza della sentenza Sentenza

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Svolgimento del processo

1. – Con citazione del 7 ottobre 1982, V.F. convenne dinanzi al Tribunale ordinario di Savona la s.n.c. I.E.A.L. (Impresa Edile Artigiana Loanese) ed i soci di questa C.V., D. G.G. e T.G. esponendo che, in forza di scrittura privata del 5 marzo 1976, riconfermata il successivo 8 giugno – avente ad oggetto la vendita alla Società IEAL di una quota indivisa di un’area edificabile -, egli era creditore di L. 58.500.000, a titolo di prezzo, di L. 6.300.000, a titolo di quota spese sostenute, e di L. 4.750.000 a titolo di recupero IN.V.IM, e così complessivamente di L. 64.800.000. Chiese, pertanto, la condanna dei convenuti al pagamento di tale somma, oltre interessi.

Risultando il T. deceduto al momento della notificazione della citazione, il V., con altra citazione del febbraio 1983, convenne dinanzi allo stesso Tribunale di Savona i suoi eredi V.V. ed T.A., formulando nei loro confronti le medesime predette domande.

Costituitisi, i convenuti contestarono innanzitutto i crediti vantati dal V., opponendogli in compensazione un credito pari a L. 64.783.840, somma dovuta dall’attore e dalla Società semplice ELCE, rappresentata dallo stesso V., alla Società IEAL a titolo di corrispettivo per i lavori eseguiti dalla stessa Società in una villa del V. in (OMISSIS).

Con altra citazione del 20 febbraio 1984, C.L., quale titolare della omonima Impresa Edile Artigiana convenne dinanzi allo stesso Tribunale di Savona il V. e la Società semplice ELCE, chiedendo il pagamento della somma di L. 68.417.000, a titolo di corrispettivo dei lavori strutturali eseguiti nella villa di (OMISSIS).

Infine, il V., con citazione del febbraio 1986 convenne dinanzi allo stesso Tribunale di Savona C.L. formulando, in via principale, le medesime conclusioni di cui al primo atto di citazione del 7 ottobre 1982 e, in via subordinata, chiedendo di essere manlevato dal C. e dalla Società Elce dalle domande contro di lui proposte.

Riunite la quattro cause, dopo lunga trattazione – entrata in vigore il 20 agosto 1997 la L. 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina dei giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari -, esse furono assegnate alla sezione stralcio del Tribunale di Savona e rimesse al giudice istruttore onorario aggregato, dr. Ce.Fr..

Il giudice istruttore designato, istruite documentalmente ed oralmente le quattro cause riunite, all’udienza del 21 maggio 2004, trattenne la causa in decisione sulla base delle conclusioni dinanzi a lui formulate.

Il Presidente del Tribunale di Savona, con decreto del 6 maggio 2005, rilevato che il dr. Ce. ha cessato la sua attività, dispose che la suddetta causa venga assegnata al dr. Te..

Il Tribunale di Savona – Sezione Stralcio, nella persona del Magistrato: Avv. Te.Ca. – Giudice Aggregato Onorario -, con la sentenza n. 508 del 16-18 maggio 2005, condannò la Società IEAL, in solido con il legale rappresentante e con i soci e con gli eredi del socio T.G., a pagare a F. V. le somme di Euro 30.212,73, a titolo di prezzo del terreno di causa, oltre interessi e rivalutazione, e di Euro 3.253,68, a titolo di spese, calcolate forfetariamente, relative alla medesima vendita, oltre interessi e rivalutazione; condannò altresì F. V., in proprio e quale socio amministratore della Società semplice ELCE, a pagare in favore della impresa individuale IEA di C.L. la somma di Euro 35.119,07, a titolo di corrispettivo per i predetti lavori strutturali eseguiti nella villa del V. di (OMISSIS), oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonchè a pagare alla Società IEAL le somme di Euro 15.000,00 a titolo di corrispettivo per la realizzazione di opere di finitura nella stessa villa, e di Euro 2.453,17, a titolo di restituzione dell’IN.V.IM. indebitamente accollata alla Società IEAL, acquirente a titolo oneroso della quota della predetta area edificabile, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

2. – Avverso tale sentenza proposero appello principale, dinanzi alla Corte d’Appello di Genova, R.E., R. e V. S., quali eredi di V.F., e la stessa E. R., quale socia amministratrice della Società Semplice ELCE, nonchè appello incidentale la s.n.c. I.E.A.L. di C.V. e D.G.G. e C.L. quale titolare della Impresa Edile Artigiana, censurando le decisioni di merito rispettivamente a loro sfavorevoli e riproponendo anche le medesime conclusioni formulate nel giudizio di primo grado.

In particolare, gli appellanti principali denunciarono la nullità della sentenza di primo grado, in quanto deliberata da giudice onorario aggregato (Avv. Te.Ca.) diverso da quello (dr. Ce.Fr.) designato per l’istruzione, dinanzi al quale erano state formulate le conclusioni e che aveva rimesso la causa in decisione.

La Corte adita, con la sentenza n. 816/09 del 29 luglio 2009, in parziale riforma della sentenza impugnata: ha rigettato la domanda della Società IEAL, volta ad ottenere dagli eredi V. il pagamento del corrispettivo per la realizzazione di opere di finituro nella villa di V.F. e riconosciuta dal Tribunale nella misura di Euro 15.000,00; ha confermato nel resto la sentenza impugnata, rigettando ogni altra domanda.

che la Corte di Genova, per quanto in questa sede ancora rileva: a) ha ritenuto infondato il motivo concernente la denunciata nullità della sentenza impugnata, osservando che, sebbene il provvedimento presidenziale di sostituzione del G.o.a. dr. Ce.Fr. con l’Avv. Te.Ca. non risultasse agli atti, era incontestata l’esistenza di tale provvedimento, adottato in data 6 maggio 2005 per cessazione dall’incarico del dr. Ce., con la conseguenza che detta sostituzione, anche se adottata in violazione degli artt. 174 cod. proc. civ. e art. 79 disp. att. cod. proc. civ. non da luogo ad alcuna nullità, risolvendosi in una mera irregolarità di carattere interno non incidente sulla rituale costituzione del giudice; b) ha osservato che l’appello principale, pur presentando consistenti profili di inammissibilità per carenza di specificità dei motivi, è parzialmente meritevole di accoglimento quanto alla censura concernente il capo di pronuncia relativo ai lavori di finitura; c) ha condiviso tutti gli altri capi di pronuncia della sentenza impugnata.

3. – Avverso tale sentenza R.E., R. e V. S., quali eredi di V.F., e la stessa E. R., quale socia amministratrice della Società Semplice ELCE, hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, di cui il primo in via principale e gli altri due in via subordinata.

Resistono, con controricorso, la s.n.c. I.E.A.L. di V. C. e D.G.G., M. e C.L., in qualità di eredi di C.V., nonchè C.L. nella qualità di titolare della Impresa Edile Artigiana, i quali hanno anche proposto ricorso incidentale fondato su due motivi.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti contro la stessa sentenza, debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ..

2. – Con il primo motivo (con cui deducono: Violazione o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 per mancato rilievo della inesistenza o nullità della sentenza del Tribunale. Violazione o falsa applicazione dell’art. 159 c.p.c., dell’art. 161 c.p.c., comma 1, degli artt. 158, 114 c.p.c., dell’art. 216 c.p.c., comma 1.

Violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’ art. 11 disp. gen., e della L. 18 giugno 2009, n. 69, artt. 45 e 58), i ricorrenti principali criticano la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto infondato il motivo d’appello concernente la denunciata nullità della stessa sentenza, sostenendo che:

a) il principio di immutabilità del giudice stabilito dall’art. 276 c.p.c., comma 1, secondo periodo, vale sia per il giudice collegiale sia per il giudice monocratico; b) la violazione di tale principio comporta vizio irrimediabile della sentenza rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, con la conseguenza che, ove tale vizio venga accertato in sede di legittimità, la Corte di cassazione deve annullare la sentenza del giudice in unico grado o della corte d’appello e rinviare a questi per una nuova decisione; c) in tale prospettiva, è irrilevante il provvedimento presidenziale di sostituzione del dr. Ce. con l’Avv. Te., in quanto quest’ultimo, designato in sostituzione del primo, avrebbe dovuto rimettere la causa sul ruolo, quantomeno, per una nuova udienza di precisazione delle conclusioni e di rimessione in decisione; d) l’art. 174 cod. proc. civ. è erroneamente evocato dalla Corte genovese, in quanto esso riguarda soltanto la designazione e la sostituzione del giudice istruttore;

Il motivo non merita accoglimento, anche se, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, deve essere corretta, sul punto, la motivazione in diritto della sentenza impugnata.

Infatti, secondo costante orientamento di questa Corte, la decisione di primo grado deliberata in camera di consiglio da un collegio diverso, in uno o più membri, da quello che ha assistito alla discussione della causa, in violazione dell’art. 276 c.p.c., comma 1, è causa di nullità della sentenza, riconducibile al vizio di costituzione del giudice di cui all’art. 158 cod. proc. civ. ed è soggetta al relativo regime, con la conseguenza che il giudice d’appello che rilevi anche d’ufficio detta nullità, è tenuto a trattenere la causa e a deciderla nel merito, provvedendo alla rinnovazione della decisione come naturale rimedio contro la rilevazione della nullità (salvo dar corso anche ad eventuali attività cui sia stato sollecitato nell’ambito del regime dei nova in appello), e non deve, invece, rimettere la causa al primo giudice che ha pronunciato la sentenza affetta da nullità, in quanto non ricorre nella specie alcuna delle ipotesi di rimessione tassativamente previste dall’art. 354 cod. proc. civ. (dovendosi in particolare escludere che il vizio in questione sia assimilabile al difetto assoluto di sottoscrizione della sentenza, contemplato dall’art. 161 c.p.c., comma 2, per il quale, invece, detta rimessione è imposta dallo stesso art. 354), con l’ulteriore conseguenza che, allorquando il vizio venga rilevato (anche d’ufficio) dalla Corte di cassazione – come nella specie, la causa va rimessa al giudice d’appello ovvero al giudice che ha pronunciato in unico grado per la rinnovazione della decisione, non potendo la rinnovazione della decisione essere effettuata nel giudizio di legittimità (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 4285 del 2002, 15629 del 2005, 20859 del 2009).

Nella specie, la causa è stata decisa in primo grado dalla sezione stralcio del Tribunale ordinario di Savona – ai sensi della L. 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina dei giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari -, in persona di un giudice onorario aggregato (dr. Te.Ca.), designato dal Presidente del Tribunale in sostituzione del precedente cessato dall’attività, diverso da quello (dr. Ce.Fr.) dinanzi al quale erano state precisate le conclusioni e che aveva trattenuto la causa in decisione, ciò senza che il nuovo giudice onorario aggregato avesse previamente rimesso la causa sul ruolo per la rinnovazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, ai sensi del combinato disposto della citata L. n. 276 del 1997, artt. 12 e 13, art. 281-quinquies c.p.c., comma 1, e art. 276 c.p.c., comma 1, (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 20859 del 2009 cit.).

E’, quindi, indubbio che una fattispecie siffatta integra non una mera irregolarità, come erroneamente affermato dai Giudici a quibus, i quali hanno fatto riferimento alla diversa fattispecie della sostituzione del giudice istruttore da parte del presidente del tribunale – ma una vera e propria nullità per vizio di costituzione del giudice.

Tuttavia – come si vedrà meglio più oltre -, la Corte di Genova ha sostanzialmente "rinnovato", per effetto delle impugnazioni principale ed incidentale hinc inde proposte, il giudizio di merito e la decisione di primo grado, sicchè il vizio della sentenza del Tribunale di Savona, accertato in questa sede, non comporta l’accoglimento del motivo in esame, la cassazione della sentenza impugnata ed il conseguente rinvio alla Corte di Genova per la rinnovazione della decisione.

3. – La Corte di Genova – dopo aver osservato che l’appello principale proposto dagli eredi di V.F. e da E. R., quale socia amministratrice della Società semplice ELCE, è ai limiti dell’ammissibilità per mancata specificazione dei motivi – ha individuato, Pur con le riserve di cui innanzi, tutti i punti costituenti il decisum impugnato, così descrivendoli: a) il credito in capo al defunto V. della somma di L. 58.000.000 oltre L. 6.300.000 per accessori per la vendita alla IEAL s.n.c. ed ai suoi soci C. e D.G. di quote di comproprietà di un terreno sito in (OMISSIS) con relativa licenza di costruzione; b) il preteso controcredito di L. 64.783.840 vantato da IEAL nei confronti del V. in proprio e quale amministratore della ELCE quale corrispettivo per l’esecuzione dei lavori di rifinitura nella casa del V. … opposto in compensazione al credito di cui al punto a); c) altri lavori relativi alla medesima villa (strutture in cemento armato ed altre opere di muratura) eseguiti dalla IEA in favore del V. per l’importo di L. 68 milioni.

Se si pongono a raffronto, da un lato, il decisum di primo grado (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 1) e, dall’altro, sia gli ora descritti punti, oggetto del giudizio di appello, sia il relativo decisum (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2), sia i motivi dei ricorsi per cassazione, principale ed incidentale, è agevole rilevare che i Giudici a quibus – nonostante l’errore dianzi rilevato – hanno esaminato tutti i punti ancora controversi della lite e, quindi, sostanzialmente "rinnovato" il giudizio di merito e la decisione (nulla) di primo grado.

3.1. – Quanto ora osservato consente di dichiarare inammissibile, in limine, il primo motivo del ricorso incidentale, con il quale i ricorrenti incidentali deducono Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Nullità della sentenza d’appello e/o del procedimento di gravame e sostengono che i Giudici a quibus, avendo affermato, con ampia motivazione, la mancanza di specificità dei motivi dell’appello principale proposto dagli eredi di V.F. e da E. R., quale socia amministratrice della Società semplice ELCE, avrebbero dovuto dichiarare inammissibile tout court tale impugnazione, senza esaminare nel merito i motivi d’appello.

L’inammissibilità del motivo in esame discende dal rilievo che – come già evidenziato – la Corte di Genova ha comunque deciso l’appello principale nel merito, Pur con le riserve di cui innanzi, sicchè la precedente affermazione che l’appello principale è ai limiti dell’ammissibilità per mancata specificazione dei motivi, affermazione supportata da ampi riferimenti giurisprudenziali, deve intendersi, letteralmente, nel senso che l’appello principale è, appunto, ai limiti dell’ammissibilità e non già inammissibile, con l’ulteriore conseguenza che tale affermazione e la motivazione che la sorregge, dovendo qualificarsi come argomentazioni della sentenza impugnata svolte ad abundantiam e pertanto non costitutive della ratio decidendi, non sono suscettibili di impugnazione, per difetto di interesse a proporla (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 23635 del 2010 e 24591 del 2005).

4. – In particolare, la Corte di Genova – quanto al credito di L. 64.783.840, preteso dalla Società IEAL nei confronti del V. e della Società semplice ELCE, rappresentata dallo stesso V., a titolo di corrispettivo per i lavori eseguiti dalla stessa Società IEAL in una villa del V. in (OMISSIS) – ha affermato: Il V. ha ammesso di aver ordinato alla IEAL solo lavori consistenti nelle fondamenta, strutture in cemento armato e muri di cinta, senza fornitura di materiali, per l’importo già pagato di L. 68 milioni e di non aver mai ordinato alla IEAL alcun lavoro di finitura. Il primo giudice ritenne che, ammesso dal debitore il credito di L. 68 milioni, non fosse stato provato dal V. il pagamento; e quanto all’importo dei lavori di rifinitura la miscellanea di documenti prodotti autorizzasse a ritenere liquidabile l’importo dei lavori, effettivamente eseguiti, non nell’importo domandato ma in L. 15 milioni in via equitativa.

Condivide parzialmente il Collegio siffatta decisione.

Effettivamente, al V. che aveva ammesso di aver ordinato alla IEAL lavori per L. 68 milioni spettava l’onere di dimostrare l’avvenuto pagamento; onere al quale non pare al Collegio aver lo stesso assolto non potendo essere ritenuta prova una serie di estratti conto che la controparte ha contestato esser riferibili alle lavorazioni di che trattasi. Ma neppure la IEA, cui incombeva dimostrare di aver eseguito lavori per l’importo di L. 64.783.840 risulta aver assolto a tale onere non avendo prodotto un contratto che dimostrasse tale particolare rapporto. Gli unici elementi probatori sarebbero costituiti da una denuncia all’INAIL di esecuzione di nuovo lavoro definito rifiniture di una casa di civile abitazione sita in (OMISSIS) e da una denuncia di infortunio sul lavoro occorso ad un dipendente in occasione di tali lavori, nonchè da alcune dichiarazioni manoscritte di alcuni operai che si sarebbero occupati delle lavorazioni. Detta documentazione non pare al Collegio sicuramente dimostrativa dell’assunto consistendo in parte in atti unilaterali (v. la denuncia all’INAIL) in parte in dichiarazioni che non sono state confermate in sede giudiziale. Inoltre non è chiaro in cosa consistessero i lavori di rifinitura essendo possibile che potessero identificarsi o confondersi con i lavori strutturali; nè è stata dedotta in questa sede prova alcuna a conferma delle dichiarazioni degli operai anzidette.

Tale parte della sentenza è impugnata dai ricorrenti principali con il secondo motivo, nonchè dai ricorrenti incidentali con il secondo motivo.

4.1. – Con il secondo motivo (con cui deducono: Violazione o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 1823, 1832 c.c., art. 1193 c.c., comma 1 e art. 1195 cod. civ. Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio), i ricorrenti principali criticano, anche sotto il profilo dei vizi di motivazione, la sentenza impugnata – nella parte in cui ha ritenuto che il pagamento del corrispettivo dei lavori strutturali, pacificamente appaltati dal V. alla Società IEAL e da questa eseguiti nella villa di (OMISSIS), pari a circa L. 68.000.000, non è stato provato dallo stesso V., non essendo idonei al riguardo una serie di estratti conto che la controparte ha contestato esser riferibili alle lavorazioni di che trattasi -, sostenendo che i Giudici a quibus avrebbero omesso di considerare e di motivare adeguatamente in ordine al rapporto di conto corrente intrattenuto dalle parti ( V.F. e C. V.) dal 28 febbraio 1975 all’8 gennaio 1976 e, in particolare, l’estratto conto in tale ultima data sottoscritto da V. C. che, così sottoscrivendolo e quietanzando contestualmente l’importo di L. 14.664.821, avrebbe al contempo dato atto e riconosciuto il pagamento, da parte del V., dell’intero corrispettivo dei lavori strutturali.

Il motivo è inammissibile per più ragioni. In primo luogo, perchè i ricorrenti non deducono specificamente in I ordine al carattere "decisivo" dei documenti (estratti conto) il cui esame sarebbe stato omesso dai Giudici dell’appello. In secondo luogo, perchè le questioni giuridiche introdotte dagli stessi ricorrenti (violazione degli artt. 1823, 1832, 1193 e 1195 cod. civ.) sono certamente "nuove" rispetto a quelle dibattute nei precedenti gradi del giudizio, in quanto esse si fondano esclusivamente sulla generica espressione una serie di estratti conto utilizzata dalla Corte di Genova, senza peraltro alcuna deduzione circa l’esistenza di un vero e proprio rapporto di conto corrente tra il V. ed il C., quale disciplinato dall’art. 1823 c.c. e segg.. Infine, perchè, a ben vedere, la censura è sostanzialmente volta ad una nuova valutazione del materiale probatorio documentale, acquisito dinanzi ai Giudici del merito e dagli stessi valutato, in senso favorevole alle tesi sostenute dai ricorrenti medesimi, valutazione notoriamente preclusa in sede di legittimità.

4.2. – Con il secondo motivo (con cui deducono: Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su altro fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), i ricorrenti incidentali criticano sotto il profilo dei vizi di motivazione la sentenza impugnata – nella parte in cui ha ritenuto non sorretto da prova il contratto d’appalto, avente ad oggetto i lavori di "rifinitura" della Villa di (OMISSIS), in tesi commessi dal V. alla Società IEAL -, sostenendo che i Giudici a quibus avrebbero omesso di considerare e di valutare compiutamente e correttamente i documenti prodotti e le deposizioni testimoniali acquisite, nonchè di motivare le ragioni dell’implicito rigetto delle istanze di integrazione istruttoria più volte formulate e di disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio.

Anche tale motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

E’ innanzitutto infondato, perchè, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, i Giudici dell’appello hanno esaminato e valutato – negativamente, ai fini della dimostrazione sia dell’esistenza sia dell’oggetto di un contratto d’appalto V. – Società IEAL concernente, in tesi, lavori di rifinitura della villa del V. di (OMISSIS) – tutti i documenti prodotti dai ricorrenti medesimi (denunce INAIL e dichiarazioni degli operai della IEAL), sicchè nessun vizio di omessa motivazione al riguardo è addebitabile alla sentenza impugnata. E’, inoltre, inammissibile, nella misura in cui tende, in definitiva, a provocare una nuova valutazione -notoriamente preclusa in questa sede – delle prove documentali ed orali acquisite dai Giudici del merito: infatti, la Corte di Genova, con motivazione adeguata e corretta sul piano logico- giuridico, ha negato compiuta valenza probatoria, in ordine all’esistenza ed all’oggetto di detto contratto d’appalto, sia alle denunce INAIL, perchè costituite da atti unilaterali, sia alle dichiarazioni degli operai IEAL, perchè non confermate dalla prova testimoniale assunta. Quanto, in particolare, alla determinazione dell’oggetto del contratto, i Giudici a quibus hanno specificamente affermato che non è chiaro in cosa consistessero i lavori di rifinitura: essendo possibile che potessero identificarsi o confondersi con i lavori strutturali: al riguardo, il motivo in esame è privo di autosufficienza, perchè non riproduce integralmente le dichiarazioni degli operai IEAL, ivi soltanto menzionate in senso favorevole alla tesi dell’esistenza e dell’oggetto del contratto, e non risponde specificamente alla valutazione, secondo cui i dedotti lavori di rifinitura potevano identificarsi o confondersi con i lavori strutturali. E’, infine, inammissibile laddove denuncia l’omessa motivazione delle ragioni dell’implicito rigetto delle istanze di integrazione istruttoria più volte formulate e di disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio -, sia perchè non riproduce integralmente l’articolata prova per testi, indispensabile ai fini della valutazione del carattere "decisivo" dei fatti dedotti, sia perchè è noto che la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo di prova.

5. – Con il terzo motivo (con cui deducono: Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 e dell’art. 112 c.p.c. per nullità della sentenza d’appello per extrapetizione o ultrapetizione. Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio), i ricorrenti principali denunciano il vizio di extra od ultrapetizione di cui in rubrica, perchè i Giudici a quibus avrebbero erroneamente individuato nella Società IEAL, anzichè nell’impresa individuale IEA di C.L., l’esecutrice dei lavori strutturali.

Il motivo è infondato.

L’attenta analisi degli atti e, segnatamente, della sentenza impugnata mostra che: a) con citazione del 20 febbraio 1984, L. C., quale titolare della omonima Impresa Edile Artigiana (TEA) ha convenuto dinanzi al Tribunale di Savona V.F. e la Società semplice ELCE, chiedendo il pagamento della somma di L. 68.417.000, a titolo di corrispettivo dei lavori strutturali eseguiti nella villa di (OMISSIS); b) il Tribunale adito, con la sentenza n. 508 del 16-18 maggio 2005, ha condannato la Società IEAL, in solido con il legale rappresentante e con i soci e con gli eredi del socio T.G., a pagare a V.F. le somme di Euro 30.212, 73, a titolo di prezzo del terreno di causa, oltre interessi e rivalutazione, e di Euro 3.253,68, a titolo di spese, calcolate forfetariamente, relative alla medesima vendita, oltre interessi e rivalutazione; ha condannato inoltre F. V., in proprio e quale socio amministratore della Società semplice ELCE, a pagare in favore della impresa individuale IEA di C.L. la somma di Euro 35.119,07, a titolo di corrispettivo per i lavori strutturali eseguiti nella villa del V. di (OMISSIS), oltre interessi e rivalutazione monetaria; ha condannato infine lo stesso V.F. a pagare alla Società IEAL le somme di Euro 15.000,00 a titolo di corrispettivo per la realizzazione di opere di finitura nella stessa villa, e di Euro 2.453,17, a titolo di restituzione dell’IN.V.IM. indebitamente accollata alla Società IEAL, acquirente a titolo oneroso della quota della predetta area edificabile, oltre interessi e rivalutazione monetaria; c) la sentenza impugnata ha accertato che l’esistenza, l’oggetto ed il corrispettivo del contratto d’appalto concernente i lavori strutturali sono incontestati tra le parti, controverso essendo soltanto il pagamento o no di tale corrispettivo da parte di V.F.: in particolare, sono incontestati le parti contraenti, vale a dire lo stesso V. e C.L., quale titolare della impresa individuale IEA, l’oggetto, cioè l’esecuzione dei lavori strutturali della villa del V. in (OMISSIS), la misura del corrispettivo, pari a L. 68.417.000; ha affermato altresì che il V. non ha dimostrato di aver pagato detto corrispettivo; d) la Corte di Genova, con la sentenza n. 816/09 del 29 luglio 2009, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Savona: ha rigettato la domanda della Società IEAL, volta ad ottenere dagli eredi V. il pagamento del corrispettivo per la realizzazione di opere di finitura nella villa di V.F. e riconosciuta dal Tribunale nella misura di Euro 15.000,00; ha confermato nel resto la sentenza impugnata, rigettando ogni altra domanda: ciò vuoi dire che la Corte, laddove conferma nel resto la sentenza impugnata, conferma anche la condanna di V.F., in proprio e quale socio amministratore della Società semplice ELCE, a pagare in favore della impresa individuale IEA di C.L. la somma di Euro 35.119,07, a titolo di corrispettivo per i lavori strutturali eseguiti nella villa del V. di (OMISSIS), oltre interessi e rivalutazione monetaria.

E’, dunque, evidente che la condanna del V., in proprio e quale legale rappresentante della Società semplice ELCE, al pagamento del corrispettivo del contratto d’appalto concernente i lavori strutturali è pronunciata nei confronti di C.L., nella predetta qualità di titolare della impresa individuale IEA, e non già – come erroneamente dedotto dai ricorrenti principali – della s.n.c. I.E.A.L, (Impresa Edile Artigiana Loanese) e dei soci di questa C.V., D.G.G. e G. T..

6. – La soccombenza reciproca giustifica la compensazione integrale delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 23 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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