T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 29-12-2011, n. 10313

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

RILEVATO che il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e sentite sul punto le parti costituite;

ATTESO che il ricorso appare infondato;

RILEVATO che il diniego di visto di ingresso opposto al ricorrente appare motivato, sbarrando nel relativo modulo la motivazione che la foto sarebbe stata sostituita;

CONSIDERATO che avverso tale provvedimento l’interessato deduce, con un’unica articolata doglianza la violazione dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998; la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione ed eccesso di potere ex art. 29 del d.lgs n. 104 del 2010 e sotto il profilo della mancata motivazione del rigetto di visto per lavoro subordinato, l’assenza di motivazione e il difetto di istruttoria: il ricorrente lamenta che ai sensi della norma di cui sopra il diniego di visto non deve essere motivato salvo quando riguarda le domande di visto per motivi di lavoro, famiglia, studio e cure mediche, mentre nel caso in esame la motivazione del diniego si è risolta nell’applicazione di una formula di stile. Osserva che il barrare una casella prestampata, nel caso di specie quella con la dicitura foto sostituita non dà contezza dell’iter logico giuridico che ha portato l’amministrazione a ritenere la foto apposta come non autentica e riferibile al passaporto A0833947, laddove si sarebbero dovuti effettuare seri riscontri;

RILEVATO che la censura appare destituita di fondamento, avuto riguardo alla relazione prodotta in atti dall’Amministrazione degli esteri e dalla quale risulta che, dietro la formula sintetica recata dalla motivazione del provvedimento, in effetti i compiuti riscontri, pure ritenuti mancanti da parte del ricorrente, si sono avuti ed hanno portato a constatare, sul passaporto

A 0833947, che "la firma di continuità tra la foto ed il fondo della pagina sulla quale aderisce era difforme dalla firma originale del funzionario addetto, tanto da ritenere che la stessa foto fosse stata sostituita"; inoltre continua la relazione "a confortare quanto sopra è il riscontrare che nei primi due passaporti citati (A0833947 e F 0585349 ambedue scritti con grafia a mano), rilasciati a distanza di circa tre anni, risultano apposte le medesime foto, mentre nell’ultimo passaporto digitale AA 9127920 la foto è di recente fattura";

OSSERVATO che il controllo è stato effettuato sul passaporto A0833947, redatto a mano che il ricorrente ha esibito al momento della richiesta di visto pur essendo titolare del passaporto AA 9127920 digitale e più recente;

RILEVATO che pertanto non può essere condiviso nessuno degli aspetti della articolata censura proposta, in specie la ritenuta violazione dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 atteso che il visto di ingresso può essere concesso alle condizioni da detta norma previste, sempre che però il soggetto sia in possesso di "passaporto valido", come richiesto dal precedente comma 1 e tale di certo non può essere considerato un passaporto sul quale risulta manomessa la foto identificativa, come stabilito dallo stesso art. 4, comma 2 del decreto legislativo citato al quale è stata aggiunta espressamente la disposizione relativa alle conseguenze della presentazione di documentazione falsa dalla legge 30 luglio 2002, n. 189: "La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda." e secondo la pur costante giurisprudenza in materia, (TAR Lazio, sezione I quater, 10 marzo 2011, n. 2196 e Consiglio Stato, sez. VI, 03 giugno 2010, n. 3515 ivi citata);

CONSIDERATO che anche il difetto di motivazione, pure dedotto, non appare condivisibile alla luce della giurisprudenza della sezione che pone in evidenza la vincolatezza del provvedimento di diniego di visto (TAR Lazio, sezione I ter, 9 settembre 2009, n. 8425 citata in TAR Lazio, sezione I quater, 10 marzo 2011, n. 2180);

RITENUTO che, di conseguenza, il provvedimento vada trovato scevro dalle dedotte censure e che il ricorso vada respinto;

CONSIDERATO che quanto alle spese di lite esse possono tuttavia essere compensate;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Elia Orciuolo, Presidente

Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

Maria Ada Russo, Consigliere

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