T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 29-12-2011, n. 10311

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione in epigrafe indicata in data 20 novembre 2006 e depositato il successivo 6 dicembre, espone la prima ricorrente di essere proprietaria in quel Comune di un lotto di terreno, sul quale nel 1993 realizzava un manufatto della consistenza di mq. 103. In relazione ad esso chiedeva il condono edilizio, che tuttavia veniva rigettato in quanto la domanda sarebbe stata presentata oltre il termine del 31 dicembre 1995.

Successivamente tra il 2000 ed il 2003 realizzava al piano terra dell’immobile, già edificato, degli ampliamenti per circa mq. 80, mentre il piano primo rimaneva inalterato sia nella sagoma sia nella volumetria. Il manufatto veniva suddiviso in tre unità immobiliari dovendo servire da abitazione sua e dei figli e di conseguenza, entrata in vigore la legge n. 326 del 2003 venivano presentate dai ricorrenti tre domande di condono.

In un primo momento l’Amministrazione comunale con nota del 12 giugno 2006 comunicava che non sussistevano vincoli ostativi all’ottenimento dei permessi a costruire e successivamente invece l’Amministrazione comunale notificava l’ingiunzione in esame, emessa sul presupposto che i manufatti non fossero stati realizzati entro il 31 marzo 2003.

Avverso tale provvedimento gli interessati deducono:

1. Violazione dell’art. 32, comma 25 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 in relazione all’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in relazione agli articoli 31, 38, 43, 44 della legge 28 febbraio 1985, n. 47; violazione e falsa applicazione degli articoli 7, 47 e 27 della medesima legge; eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza, imparzialità, correttezza e buon andamento.

2. Eccesso di potere per falsità di presupposto e per difetto di istruttoria.

3. Eccesso di potere per carenza di motivazione e per genericità dell’atto.

4. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa; eccesso di potere per ingiustizia manifesta.

5. Eccesso di potere per sviamento funzionale dell’atto.

Concludono con istanza cautelare e chiedendo l’accoglimento del ricorso.

In assenza di costituzione dell’Amministrazione comunale pur correttamente evocata in giudizio l’istanza cautelare è stata accolta alla Camera di Consiglio del 9 gennaio 2007.

Il ricorso infine è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 17 novembre 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei termini di cui appresso.

Con esso i ricorrenti impugnano l’ordinanza con cui il Comune di Palombara Sabina ha ingiunto loro la demolizione ex art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 delle opere recate dalle domande di condono edilizio a prot. 30208, 30209 e 30210 del 10 dicembre 2004, sostanzialmente motivata con riferimento alla "perizia tecnica dell’architetto incaricato dal Tribunale di Tivoli redatta in base all’areofotografia del Comune di Palombara Sabina del 12 luglio 2003 che riporta testualmente "conseguentemente le domande di condono, essendo relative anche ad ampliamenti non realizzati alla data del 12 luglio 2003 e quindi sicuramente non esistenti alla data del 31 marzo 2003, come invece affermato dai richiedenti nei modelli di condono si ritiene non possano essere accolte"".

2. Avverso tale provvedimento gli interessati oppongono di avere presentato altrettante domande di condono per gli abusi sanzionati con l’ordinanza di demolizione in esame, dei quali almeno il primo, quello più esteso, si è concluso nel 1994, contrariamente a quanto affermato nella perizia a servire per la causa promossa dinanzi al giudice ordinario di Tivoli e nella quale si afferma che in base all’areofotografia del 12 luglio 2003 gli abusi non sarebbero stati realizzati entro il 31 marzo 2003.

In ordine all’implicito diniego delle domande di condono contenuto nel provvedimento di demolizione osservano che è da rilevare che il Comune avrebbe almeno dovuto comunicarlo, mentre non risulta adottato allo stato attuale un provvedimento negativo.

Con la seconda censura oppongono che la consulenza tecnica redatta da un ausiliario del PM può essere utilizzata nella fase delle indagini preliminari dall’organo inquirente per finalità istruttorie, ma non può avere alcun valore nel procedimento amministrativo; oltre tutto il Comune ha recepito acriticamente una consulenza tecnica di parte, laddove risultava per tabulas che una parte dell’abuso era risalente almeno al 1994.

Con la terza lamentano che l’atto impugnato non individua con certezza le opere oggetto del provvedimento sanzionatorio, si limita a recepire acriticamente il verbale di sopralluogo dei Carabinieri, della Polizia Municipale e dei tecnici del Comune.

Con la quarta doglianza osservano pure che l’atto è in aperto contrasto con i precedenti ed è contraddittorio rispetto alla nota del precedente 7 giugno 2006 nella quale il tecnico comunale attestava che non vi erano elementi ostativi al rilascio della sanatoria fatta salva l’integrazione della documentazione.

Ed infine notano che l’ingiunzione contrasterebbe pure con i principi generali del buon funzionamento, del buon andamento, dell’imparzialità e della logicità dell’azione amministrativa.

3. Le censure vanno accolte in specie laddove i ricorrenti fanno valere sia la violazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 sul condono edilizio sia la violazione dei principi di correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa, oltre che l’eccesso di potere per difetto dei presupposti e della motivazione.

E’ infatti da osservare che anzitutto dall’ordinanza di demolizione non si evince quali siano le opere da demolire, facendosi riferimento a quelle indicate nelle domande di condono presentate dai ricorrenti, senza individuarle, con conseguente genericità della motivazione dell’atto ed accoglimento anche del rilevato difetto di istruttoria; infatti l’osservazione per cui tutte le ridette opere non sarebbero condonabili perché non realizzate entro il 31 marzo 2003, incluso il manufatto principale, realizzato almeno entro il 1994, appare contrastare con lo svolgimento della vicenda sopra riportata.

Se poi si volesse ritenere, come argomentato dagli interessati, che il provvedimento costituisca anche una forma di diniego implicito delle domande di condono, occorre pure osservare che l’amministrazione comunale, lungi dal rappresentare le proprie osservazione circa la inaccoglibilità delle stesse, in chiaro sviamento dell’atto dalla funzione tipica, si riferisce alle valutazioni del perito del Tribunale, che qualora abbia effettivamente svolto le osservazioni e tratto le conclusioni che sono, nell’ingiunzione, riportate in grassetto e sottolineate e identificate dall’espressione "si ritiene non possano essere accolte", non possono avere alcuna rilevanza né nel procedimento di valutazione delle ridette domande di condono, né tanto meno al fine di ingiungere agli interessati la demolizione.

E’ bene chiarire che ancorché l’Amministrazione comunale non abbia ovviamente alcuna possibilità di discostarsi dalla pronuncia definitiva del Tribunale in ordine all’illecito edilizio realizzato dai ricorrenti, sentenza che farà sicuramente riferimento alla perizia dal medesimo Tribunale disposta, tuttavia, al momento in cui ha adottato il provvedimento in esame, né disponeva ancora di tale pronuncia definitiva, né aveva concluso il procedimento di condono, finendo così per realizzare coll’ordinanza in esame, un ibrido dei due procedimenti – di condono e sanzionatorio – completamente non corrispondente alle norme di legge in esso citate.

A ciò si aggiunga che la linea tenuta dal Collegio in ordine alle domande di condono pendenti e più volte ribadita comporta che, in presenza di una richiesta di condono, l’Amministrazione deve valutare la condonabilità o meno dell’abuso commesso e, si aggiunga, di concludere il procedimento avviato, seppure ad istanza di parte, prima di adottare provvedimenti sanzionatori, con la conseguenza che va ritenuta come sussistente la rilevata illegittimità del provvedimento adottato dall’Amministrazione comunale prima di avere concluso l’iter avviato dagli interessati con le istanze di condono del 10 dicembre 2004 (TAR Lazio, sezione I quater, 3 agosto 2010, n. 29669 e T.A.R. Lazio Roma, sez. I quater, 11 settembre 2009, n. 8578 e 2 ottobre 2009, n. 9540 oltre che TAR Puglia, Lecce, sezione III, 12 febbraio 2010, n. 553).

4. Per le superiori considerazioni il ricorso va pertanto accolto e per l’effetto va annullata l’ordinanza n. 85 del 15 settembre 2006 con la quale il Comune di Palombara Sabina ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione di opere abusive, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti sulle domande di condono di cui ai protocolli n. 30208, 30209, 30210 del 10 dicembre 2004 da essi presentate.

5. Trattandosi di questione attinente comunque ad abusi edilizi, si ritiene, in assenza di costituzione del Comune intimato, di dichiarare la irripetibilità delle spese processuali sostenute dai ricorrenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’ordinanza n. 85 del 15 settembre 2006 con la quale il Comune di Palombara Sabina ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione di opere abusive, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti sulle domande di condono di cui ai protocolli n. 30208, 30209, 30210 del 10 dicembre 2004 da essi presentate.

Spese irripetibili.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Elia Orciuolo, Presidente

Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

Maria Ada Russo, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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