Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-06-2012, n. 9358 Costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 171/98, il Tribunale di Civitavecchia, nel giudizio promosso da T.F. e G.M., nei confronti della convenuta Ecolcasa s.a.s. di Giovanni Amato & C. e dei chiamati in causa, Ca.Pi., M.D., P.L., Ma.Lu. e Pr.Ma. (acquirenti di unità immobiliari vendute dalla Ecolcasa), accertava che la soc. Ecolcasa aveva eretto, in (OMISSIS), un edificio, su un terreno distinto in catasto con le partt. 69 e 131 del foglio 3, classificato in zona " B2" nel piano urbanistico comunale, in violazione della normativa in materia di distanze legali e di altezza rispetto al villino confinante dei coniugi T. – G.. Condannava, quindi, i convenuti in solido al pagamento, in favore di questi ultimi, della somma di L. 16.630.000,oltre accessori di legge, a titolo di risarcimento dei danni per la violazione di detta normativa. Con riferimento alla domanda riconvenzionale spiegata dalla soc. convenuta nei confronti degli attori, dichiarava che le finestre aperte sulla parete nord-ovest del villino dei coniugi T. G., violavano le prescritte distanze legali e, pertanto, ne ordinava la chiusura; dichiarava, inoltre, che la striscia di terreno, posseduta dagli attori, posta sul retro di Via (OMISSIS), era di proprietà della soc. convenuta e ne disponeva la restituzione in favore della stessa.

Avverso tale decisione G.M., T.C., T. O. e T.G. proponevano appello cui resistevano la soc. Ecolcasa e gli altri chiamati in causa, compresa C. F., avanzando distinti appelli incidentali.

Con sentenza depositata il 23.2.2005 la Corte di Appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello principale e rigettava entrambi gli appelli incidentali e, per l’effetto, rilevato che il Tribunale aveva omesso di decidere sulla domanda principale degli attori diretta alla demolizione di quanto illegittimamente edificato dalla soc. Ecolcasa, ordinava la demolizione e l’arretramento della porzione di parete dell’edificio costruito dalla soc. Ecolcasa sino al rispetto della distanza di m. 10 dalla fronteggiante parete del villino di proprietà T. – G.; riduceva l’importo risarcitorio dovuto agli appellanti a L. 15.000.000, pari ad Euro 7.746,85, oltre accessori; rigettava la domanda riconvenzionale spiegata in primo grado dalla soc. Ecolcasa, nei confronti dei T. – G. e difetta alla eliminazione di vedute ed al rilascio di terreno, accertata al riguardo l’intervenuta usucapione da parte dei coniugi T. – G.; condannava gli appellati in solido alla refusione, in favore degli appellanti T. – G., delle spese processuali del grado e condannava, altresì, la soc. Ecolcasa alla rifusione, nei confronti dei chiamati in causa, delle spese del giudizio di appello.

Osservava la Corte di merito che, in base all’art. 44 n. 26 del Reg.

edilizio del Comune di (OMISSIS), l’edificio realizzato dalla società convenuta violava la distanza minima di mt. 10, "indipendentemente dalla circostanza che la porzione della parete del villino di proprietà T. – G., fronteggiante quella di detto edificio, sia o meno priva di finestre"; che,ai sensi del D.M. 2 aprile 1968, art. 8, n. 2 il nuovo fabbricato edificato dalla Ecolcasa, violava pure il limite di altezza, posto che si innalzava per circa mt. 10, a fronte dell’altezza di mt. 7 del villino T. – G. sicchè, ex art. 872 c.c., era dovuto per tale violazione il risarcimento del danno ridotto equitativamente (rispetto alla somma liquidata in primo grado), ad Euro 7.746,85, essendo stato escluso il danno per violazione della distanza a seguito della disposta demolizione della porzione immobiliare illegittimamente edificata.

Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso Ca.

P., M.D., P.L., Ma.Lu., Pr.Ma. e C.F., formulando due motivi.

Resistono con controricorso e successiva memoria M.G., T.C., T.O. e T.G..

Motivi della decisione

I ricorrenti deducono:

1) violazione e falsa applicazione delle norme relative alla distanza tra costruzioni, previste, in particolare, dal D.M. n. 1444 del 1968;

il C.T.U. aveva accertato che il nuovo edificio della Ecolcasa era stato realizzato in aderenza all’immobile dei T. – G. e, pertanto, nella specie, trovava applicazione l’art. 877 c.c. e non la norma sulle distanze minime tra costruzioni con la conseguenza che doveva escludersi pure la violazione della normativa edilizia sull’altezza;

2) omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, non avendo i giudici di merito, di primo e di secondo grado, tenuto conto che le pareti oggetto di causa, poste a distanza di mt. 5,50 l’una dall’altra, si fronteggiavano solo per una lunghezza pari a m. 1,40, in una porzione priva di finestre; nessun danno era, perciò, derivato alla proprietà T. – G. dalla costruzione ad opera della Ecolcasa, di detta parete fronteggiante;

la disposta demolizione della porzione di parete oggetto di causa, comportando anche l’abbattimento di quella parte costruita in violazione delle norme sull’altezza, per la quale la demolizione non era stata disposta", violava il principio secondo cui, per la violazione relativa all’altezza, è dovuto solo il risarcimento del danno e non anche la demolizione. Il ricorso è infondato.

La prima censura riguarda una questione nuova, non dedotta in appello e, come tale, inammissibile. In ogni caso va rilevato che la società Ecolcasa non poteva costruire sul confine, in aderenza al vecchio fabbricato, ma era tenuta a rispettare la distanza prevista dal D.M. 2 aprile 1968 e quella identica stabilita dal regolamento edilizio del Comune di (OMISSIS), come applicati dalla Corte di merito.

La seconda doglianza, nella parte in cui censura che non si sia tenuto conto che le pareti si fronteggiavano solo per una lunghezza di m. 1,40 e che su tale lunghezza non erano aperte finestre, è inammissibile in quanto non pertinente alle ragioni della decisione.

La sentenza impugnata ha, infatti, ordinato l’arretramento solo della porzione di parete fronteggiante l’edificio degli attori, sita a meno di dieci metri dallo stesso, indipendentemente dalla presenza di finestre sulla parete stessa, avuto riguardo al tenore dell’art. 44 n. 26 del regolamento edilizio comunale (V. pagg. 11-12 sent. app.).

Il motivo di ricorso è, invece, infondato, nella parte che investe la sanzione comminata per la violazione delle norme relative all’altezza dell’edificio. Sul punto si osserva che il concorso della violazione delle distanze e di quella delle altezze non esclude l’autonomia della violazioni stesse; peraltro, il carattere specifico delle due fattispecie non consente di ritenere assorbita la tutela ripristinatoria in tema di distanze in quella risarcitola prevista per l’inosservanza delle norma sull’altezza degli edifici. Va, infatti, rammentato che le norme degli strumenti urbanistici, disciplinanti le distanze tra costruzioni, comunque queste siano considerate, nella loro accezione di spazio tra edifici frontistanti o in riferimento al distacco tra fabbricato e confini ovvero nel loro rapporto con l’altezza dell’opera, hanno carattere integrativo delle norme del codice civile, onde la loro violazione comporta la sanzione sia del risarcimento del danno e sia della riduzione in pristino, ai sensi dell’art. 872 c.c., trattandosi di norme destinate a tutelare l’interesse dei vicini alla fruizione di un distacco congruo e quello della collettività ad un assetto urbanistico ordinato(Cfr. Cass. n. 4343/99; n. 3820/97; n 7384/2001).

Nella specie, pertanto, essendo stata disposta la demolizione ai sensi dell’art. 44 n. 26 del regolamento edilizio del Comune di Tarquinia, senza alcun riferimento a pareti finestrate, per violazione della distanza minima di m, 10 dalla parete fronteggiante del villino di proprietà T. – G., legittimamente è stato riconosciuto, oltre al diritto al risarcimento del danno, quello alla demolizione ed all’arretramento della porzione di parete dell’edificio Ecolcasa, sino al rispetto di detta distanza minima di m. 10.( Cfr. Cass. n. 13963/1999).

Costituisce, poi, una questione nuova e, quindi, inammissibile, quella secondo cui l’esecuzione dell’arretramento avrebbe comportato la mancanza di pregiudizio per la accertata violazione delle norme in tema di altezza dell’immobile in questione. Al riguardo, peraltro, la sentenza impugnata ha equitativamente ridotto il danno "per riduzione di affaccio e luminosità della porzione di parete fronteggiante il Villino T. – G.", avuto riguardo alla successiva demolizione della porzione immobiliare illegittimamente edificata.

Il ricorso, alla luce delle considerazioni svolte, va rigettato.

Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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