Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-06-2012, n. 9357 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione 28.10.2003 B.L. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo 16.9.2002 emesso dal Giudice di Pace di Almeno San Salvatore, su ricorso della TMG dei f.lli Turani s.n.c., per la somma capitale di Euro 1.648,48 oltre interessi, sulla base della fattura di vendita n. (OMISSIS), rilasciata dalla TMG per la fornitura di una scala a chiocciola.

La opponente esponeva che l’opera eseguita da controparte era inidonea all’uso ed, in via riconvenzionale, chiedendo la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni.

Si costituiva la TMG contestando la qualificazione del contratto intercorso con l’opponente come appalto, anzichè come vendita.

Istruita la causa mediante interrogatorio formale e prova testimoniale ed espletata C.T.U., con sentenza 25.5.2004, il Giudice di Pace ravvisava l’esistenza di un contratto di fornitura con il conseguente esonero della opposta da ogni responsabilità per la posa in opera della scala in questione; revocava il decreto ingiunto opposto e condannava parte opponente al pagamento, in favore della opposta, della somma di Euro 1.372,48, come da fattura della TMG, dedotta la somma di Euro 320,90 per i costi di riposizionamento degli "scalini non a misura e per il raccordo antiestetico".

Avverso tale sentenza la B. proponeva appello cui resisteva la TMG che, in via incidentale, chiedeva condannarsi l’appellante alla refusione delle spese processuali di primo grado.

Con sentenza depositata il 25.5.2010 il Tribunale di Bergamo rigettava l’appello della B. ed, in accoglimento dell’appello incidentale della TMG, condannava l’appellante principale al pagamento delle spese di causa del giudizio di primo grado oltre a quelle del giudizio di appello. Il Tribunale ribadiva che fra le parti era stata concluso un contratto di "fornitura" e non di appalto, avuto riguardo alle risultanze probatorie riscontrate dalla fattura n. (OMISSIS), attestante che la TGM aveva chiesto solo il saldo per il pagamento del materiale fornito senza che fosse stato provato la redazione, da parte della TGM, di un qualsiasi progetto relativo alla posa in opera della scala oggetto di causa.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso B.L. formulando quattro motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso e successiva memoria la TMG dei F.lli Turani s.n.c..

Motivi della decisione

La ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 228 c.p.c. e dell’art. 2730 c.c., e dell’art. 2733 c.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;

i giudici di primo e di secondo grado avevano omesso di valutare le dichiarazioni, di natura confessoria, rese in sede d’interrogatorio formale nel giudizio di primo grado dal legale rappresentante della TMG, con riferimento alla provenienza del progetto della scala e della misurazioni; al riguardo T.D., legale rappresentante della TMG, aveva dichiarato che la società stessa aveva inviato in loco un geometra di sua fiducia che aveva provveduto alle misurazioni per la realizzazione della scala e tali dichiarazioni erano state confermate dalle prove testimoniali che il giudice di appello aveva omesso di valutare;

2) omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 con riguardo alla testimonianza resa all’udienza di primo grado del 30.5.2003, dal posatore della scala, F.A. che, secondo quanto da lui dichiarato, era stato contattato dalla TMG ed aveva eseguito la posa in opera della scala attenendosi al progetto fornitogli dalla TMG;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1470, 1655 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; il giudice di appello aveva qualificato come contratto di mera fornitura( di alzate in marmo) l’accordo contrattuale fra la TMG e la B., basandosi sulla qualifica di artigiano del posatore F.A., omettendo di accertare la comune volontà delle parti alla luce di quanto risultante dalla istruttoria e dalla C.T.U.;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 645 c.p.c., dell’art. 1460 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il giudice di primo e di secondo grado aveva desunto la natura delle obbligazioni assunte dalla TMG nei confronti della B. sulla base della fattura n. (OMISSIS) posta a fondamento del decreto ingiuntivo opposto, non tenendo conto che,nel giudizio di opposizione; a tale fattura non poteva attribuirsi alcuna efficacia probatoria in ordine alla rispondenza della prestazione a quella pattuita, la cui prova incombeva alla società opposta alla quale era stato contestato dalla opponente l’inadempimento.

Il ricorso è infondato.

Il primo motivo si risolve in una valutazione delle prove divergente da quella del giudice di appello, a fronte di una motivazione esente da vizi logici e giuridici, come tale insindacabile in sede di legittimità.

In particolare, il Giudice di appello ha evidenziato che non risultava provato che la TMG avesse redatto un qualsiasi progetto relativo alla posa in opera della scala e che gli interventi effettuati dal suo geometra erano stati determinati dagli inconvenienti verificatesi nel corso della messa in opera.

Del pari infondata è la seconda censura in quanto non rapportata alle argomentazioni della sentenza impugnata, laddove è stata escluso che, in sede di accordi fra le parti, si fosse fatto riferimento alla posa in opera della scala; è stato, inoltre, correttamente rilevato, che gravava sull’opponente l’onere di provare che il contratto comprendesse anche la posa in opera della scala, onere ritenuto non soddisfatto.

Il terzo motivo attiene ad una valutazione di merito sulla interpretazione del contratto intercorso fra le parti, sulla base di circostanze che la ricorrente assume non essere state valutate dalla Corte distrettuale e da ravvisarsi nella progettazione della scala da parte della TGM in base alle misure prese da un suo geometra; nelle dichiarazioni testimoniali di Bu.Wi. da cui emergerebbe che la B. aveva ordinato un’opera finita; nella mancata conoscenza, da parte del posatore della scala, delle generalità della committente. Tali circostanze sono state, però, superate avuto riguardo a quanto sopra osservato (relativamente al primo motivo) sulla corretta valutazione probatoria riportata in sentenza, compreso il fatto che la T.G.M. si era limitata a richiedere solo il saldo del pagamento per il materiale fornito, come risultante dalla fattura n. (OMISSIS), senza richiedere alcun compenso a titolo di progettazione. Va rammentato, poi, in linea con la giurisprudenza di questa Corte che, in tema di interpretazione del contratto, l’accertamento della volontà dei contraenti si traduce in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo in caso di insufficiente o contraddittoria motivazione, tale da non consentire l’individuazione dell’iter logico seguito da giudice, ovvero ove siano violate le regole ermeneutiche, ipotesi non ricorrenti nella specie. Le censure poste a fondamento del ricorso non possono, pertanto, risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito nè prospettare un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello rappresentato dal giudice stesso, come avvenuto nella specie (Cfr. Cass. n. 11728/2002; n. 19044/2010; n. 7992/2007). Quanto all’ultimo motivo di ricorso, si osserva che detta fattura è stata valutata dalla Corte di merito, unitamente alle altre risultanze probatorie e ad essa è stata, quindi, correttamente attribuita la valenza di "un indizio del tipo di contratto intercorso fra le parti"(V. pag. 4 sent.). Va aggiunto che avendo l’opposta chiesto l’adempimento di un contratto di vendita, gravava sulla – opponente, che aveva eccepito l’inadempimento ad un contratto di appalto, provare che tra le parti era stato stipulato detto contratto; al riguardo la sentenza ha affermato che tale prova non era stata fornita e che l’opposto aveva regolarmente adempiuto alla vendita. Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato.

Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità,liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 800,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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