Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-10-2011) 24-11-2011, n. 43472

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di D.L.G. in ordine ai reati di cui agli artt. 609 bis, 610, 56 e 610 c.p., art. 612 bis c.p., commi 1 e 2, a lui ascritti per avere costretto con violenza, colpendola con pugni e calci, D.A. a subire atti sessuali, consistiti in baci e palpeggiamenti del seno e della vagina, averla costretta con minacce a rimettere una querela presentata il 18.7.2008, averla minacciata di sgozzarla al fine di indurla a non denunciare la violenza sessuale subita, nonchè avere rivolto alla persona offesa continue ingiurie e minacce, ingenerando nella medesima un concreto timore per l’incolumità propria e del figlio.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva censurato la valutazione del giudice di primo grado in ordine alla attendibilità della persona offesa, deducendo che il fatto si collocava nel contesto di una relazione burrascosa, e chiesto, in subordine, ravvisarsi la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

La sentenza ha, però, escluso l’applicazione della recidiva, rideterminando la pena inflitta all’imputato nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore del D.L., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 609 bis c.p., nonchè manifesta illogicità della motivazione sul punto. In sintesi, si deduce che la Corte territoriale ha erroneamente interpretato alcune argomentazioni contenute nell’atto di appello quale sostanziale ammissione del fatto e non ha proceduto alla verifica della attendibilità della parte lesa che era stata chiesta con i motivi di gravame; verifica che si rende necessaria in considerazione delle contraddizioni in cui era incorsa la persona offesa nelle varie narrazioni del fatto, nonchè dell’interesse del quale la stessa è portatrice, essendosi anche costituita parte civile.

Nel prosieguo si deduce che la vicenda doveva essere inquadrata nell’ambito di una relazione amorosa, che era ancora in corso all’epoca del fatto, e della natura burrascosa di tale relazione, caratterizzata in determinate circostanze da un approccio diretto, brusco ed aggressivo da parte dell’imputato, che costituiva una modalità abituale per chiedere la congiunzione carnale. A essa faceva seguito la desistenza del D.L. allorchè la partner, come nel caso in esame, avesse manifestato la propria opposizione.

Sulla base delle stesse argomentazioni, in via gradata, viene censurato il diniego dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c.. Il ricorso è manifestamente infondato.

Con il ricorso la difesa dell’imputato si limita a riproporre in sede di legittimità le stesse argomentazioni difensive già esaminate dai giudici di merito e disattese con motivazione adeguata, immune da vizi logici.

La sentenza impugnata, infatti, ha correttamente osservato che la abitualità dell’approccio violento ed aggressivo con il quale l’imputato, pur nell’ambito di una relazione sentimentale, chiedeva alla partner le prestazioni sessuali non incide affatto sulla valutazione della illiceità della condotta, caratterizzata dall’imposizione violenta degli atti sessuali, che integra l’ipotesi di reato di cui all’imputazione.

Inoltre, la sentenza ha anche rilevato che l’episodio di violenza sessuale si inquadra in un periodo del rapporto tra l’imputato e la persona offesa in cui lo stesso D.L. era consapevole che la D. era intenzionata a troncare quella burrascosa relazione e, quindi, la condotta era diretta esclusivamente a soddisfare gli istinti sessuali dell’imputato mediante l’azione violenta descritta nella contestazione.

Anche il diniego dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., ha formato oggetto di adeguato motivazione mediante il riferimento alla oggettiva gravità della condotta del D.L., valutata nella sua complessiva portata.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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