Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-06-2012, n. 9346

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Caltanissetta, con la sentenza n. 643 del 6 novembre 2009, decidendo sull’impugnazione proposta dal Consorzio per l’area e lo sviluppo industriale di ENNA, nei confronti di B. F.G., in ordine alla sentenza n. 30 del 2007 del Tribunale di Nicosia, la dichiarava inammissibile, per omessa notifica dell’atto di appello, compensando le spese di giudizio.

2. Il suddetto Tribunale aveva dichiarato illegittima la valutazione negativa dell’operato del ricorrente B. relativamente all’anno 2004 e riconosceva il diritto dello stesso alla conferma nell’incarico precedentemente ricoperto di direttore generale del Consorzio ovvero il diritto al conferimento di un incarico equivalente, con compensazione delle spese di lite.

3. Affermava la Corte d’Appello che il ricorrente non aveva prodotto agli atti la relata di notifica del ricorso in appello, e nessun ulteriore chiarimento era stato proposto in sede di udienza di discussione, avendo sostanzialmente ammesso parte appellante all’udienza del 23 aprile 2008 l’omessa notifica dell’atto di appello, che risultava pienamente provata.

Il giudice di secondo grado, quindi richiamava a sostegno della ritenuta inammissibilità la sentenza di questa Corte, a Sezioni Unite, n. 20604 del 2008.

4. Per la cassazione della suddetta sentenza, resa in secondo grado, ricorre il Consorzio per l’area e lo sviluppo industriale di ENNA. 5. Resiste con controricorso B.G.F..

6. In prossimità dell’udienza veniva depositata istanza di rinvio per trattative.

7. All’udienza pubblica le parti non comparivano.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 136 disp. att. c.p.c., e dell’art. 45 disp. att. c.p.c..

Deduce il ricorrente che dopo il deposito del ricorso non gli veniva comunicata, da parte della cancelleria, la data di fissazione della prima udienza, mentre proprio da tale comunicazione doveva decorrere il termine per la notificazione dell’atto di appello, la cui mancanza gli si addebitava.

Censura, quindi, la statuizione della Corte d’Appello circa l’equivalenza dell’asserito avvenuto ritiro della copia del decreto di fissazione da parte del difensore, rispetto alla comunicazione di cancelleria, dal momento che mancava la certezza dell’avvenuta individuazione e consegna al difensore, considerato che non vi era la sottoscrizione per ricevuta.

1.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

Nel rito del lavoro, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 15 del 1977, poichè, nel quadro della garanzia costituzionale della difesa, ove un termine sia prescritto per il compimento di tale attività, la cui omissione si risolva in pregiudizio della situazione tutelata, deve essere assicurata all’interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli, all’appellante deve essere comunicato l’avviso di deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione.

La Corte d’Appello ha affermato, nel non accogliere le deduzioni formulate in merito dal ricorrente, che nell’annotazione apposta sul retro del citato decreto risulta che il difensore ha ritirato sia le copie del ricorso per la notifica sia il citato decreto e quindi tale ritiro deve ritenersi in tutto equipollente alla avvenuta comunicazione, producendo il medesimo effetto processuale della conoscenza della data di udienza fissata.

Come ricordato dal ricorrente, a sostegno delle proprie difese, questa Corte con la sentenza n. 11319 del 2004 ha affermato che, sebbene le comunicazioni di cancelleria debbano avvenire, di norma, con le forme previste dall’art. 136 c.p.c. e dall’art. 45 disp. att. c.p.c. (consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario), esse possono essere validamente eseguite anche in forme equivalenti, purchè risulti la certezza dell’avvenuta consegna e della precisa individuazione del destinatario. Sicchè il rispetto di queste condizioni consente di ritenere sufficienti prassi come il "visto per presa visione" apposto dal procuratore sull’originale del biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione o sul provvedimento del giudice (Cass., n. 11319 del 2004).

Va, tuttavia, richiamato il più recente orientamento che di tale principio ha fatto applicazione con riguardo al rilascio di copia dell’atto che avrebbe dovuto essere comunicato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che con l’estrazione di copia (nella fattispecie copia ordinanza del giudice dell’esecuzione, rilasciata ad uso opposizione) la forma di conoscenza è acquisita in via formale e non di mero fatto, in quanto trova origine in due convergenti attività tipicizzate sul piano processuale, quali la richiesta di copia autentica del provvedimento "ad uso opposizione" ad iniziativa del difensore della parte interessata e la consegna allo stesso ad opera del cancelliere della copia in questione (art. 58 c.p.c.). Nella specie la conoscenza del provvedimento non è acquisita, come sostenuto dal ricorso in esame, in via di mero fatto, ma all’esito di un’attività istituzionale di cancelleria, concretizzatasi in una attività di ufficio regolata dalla legge (il rilascio della copia autentica) che impone l’individuazione del soggetto richiedente e di quello che ritira la copia, nonchè dell’annotazione della data di rilascio della copia. Tale attività, al pari di quanto previsto in caso di "presa visione" dell’ordinanza, costituisce quindi forma equipollente della comunicazione di cancelleria, caratterizzata dagli stessi requisiti di certezza di avvenuta consegna della copia e di individuazione del destinatario (Cass. 24418 del 2008).

A tale principio va data continuità con riguardo alla fattispecie in esame.

In applicazione dello stesso, la statuizione impugnata è corretta in ragione delle regole legali sul rilascio delle copie degli atti giudiziari, che fondano, peraltro, sul mandato e sul conseguente ius postulandi, nonchè sulle complessive attribuzioni processuali del cancelliere, ed è congruamente motivata in ragione del rilievo attribuito all’attestazione del cancelliere in ordine all’avvenuta richiesta e rilascio di copie con l’indicazione dell’avvocato al quale venivano consegnate, che consentiva al giudice di appello di ritenere intervenuta la conoscenza dell’atto.

2. Con il secondo motivo d’impugnazione è dedotta insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. Il giudice di appello ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, richiamando la sentenza n. 20604 del 2008, ma senza analizzare le ricadute della stessa con riguardo alla fattispecie concreta. La sentenza citata pone in rilievo l’esigenza di un processo celere nel quale viene rispettato il diritto di difesa delle parti. Perciò, assume il ricorrente, quando la parte tenuta alla notifica non ha interessi dilatori il giudice di merito deve esercitare i poteri officiosi per la prosecuzione nel merito del giudizio.

Un intento dilatorio non era configurabile con riguardo ad esso ricorrente, che aveva depositato appello avverso due sentenze negative, in ordine alle quali controparte aveva già avviato azioni esecutive.

2.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato. Ed infatti, il principio di diritto enunciato da questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 20604 del 2008, non è compatibile con il distinguo che intende introdurre il ricorrente. La sentenza afferma, tra l’altro, l’orientamento che queste Sezioni Unite intendono seguire, oltre a trovare un ulteriore conforto in una scissione degli effetti tra fase di deposito dell’atto di impugnazione (o dell’opposizione al decreto ingiuntivo) e fase di notificazione del ricorso – decreto – che ricalca, in qualche misura e con le dovute differenze stante le fattispecie a confronto, la scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il suo destinatario, correlata dal giudice delle leggi al principio di ragionevolezza ed al rispetto dei rispettivi interessi (cfr. Corte Cost. 26 novembre 2002 n. 477) – risulta obbligato, è bene ribadirlo ancora una volta, in ragione di una doverosa interpretazione "costituzionalmente orientata del dato normativo", in applicazione del dictum di queste stesse Sezioni Unite, secondo cui la costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo impone all’interprete una nuova sensibilità ed un nuovo approccio interpretativo per cui ogni soluzione che si adotti nella risoluzione di questioni attinenti a norme sullo svolgimento del processo, "deve essere verificata non solo sul piano tradizionale della sua coerenza logico-concettuale ma anche, e soprattutto, per il suo impatto operativo sulla realizzazione di detto obiettivo costituzionale" (cfr. sul punto in motivazione: Cass., Sez. Un., 28 febbraio 2007 n. 4636 cit.), così palesando una affermazione di principio non mutevole per il ruolo assunto da ciascuna delle parti processuali, in ragione degli interessi di cui sono portatrici in considerazione delle fattispecie concrete, come invece assume il Consorzio.

3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 435 c.p.c.; omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Esso ricorrente, essendo la vicenda verificatasi nell’aprile 2008, aveva invocato il principio del legittimo affidamento sulla concessione del termine per il rinnovo della notifica, ma sul punto la Corte d’Appello non argomentava, incorrendo in vizio di motivazione. L’applicazione del nuovo orientamento giurisprudenziale, quindi, sarebbe in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., sotto il profilo del diritto di difesa e del giusto processo.

3.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato. Lo stesso investe il tema della overruling. Ritiene la Corte di condividere quanto statuito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 15144 del 2011, laddove ha affermato che qualora la overruling correttiva interessi una norma processuale, è difficile sfuggire alla conseguenza che l’atto compiuto dalla parte, od il comportamento da esso tenuto, in conformità all’orientamento overuled, risulti – ora per allora – non rituale, "inidoneo per effetto appunto del mutamento di indirizzo giurisprudenziale" (così già Sez. 2A 14627/2010 cit).

Ad una diversa conclusione potrebbe invero giungersi solo ove si ritenga che la precedente interpretazione, ancorchè poi corretta, costituisca il parametro normativo immanente per la verifica di validità dell’atto compiuto in correlazione temporale con essa (ut lex temporis acti).

Ma con ciò, all’evidenza, si trasformerebbe una sequenza di interventi accertativi del contenuto della norma in una operazione di creazione di un novum ius, in sequenza ad un vetus ius, con sostanziale attribuzione, ai singoli arresti, del valore di atti fonte del diritto, di provenienza dal giudice: soluzione non certo coniugabile con il precetto costituzionale dell’art. 101 Cost.".

Nè nella specie, come si evince dalla stessa motivazione della sentenza n. 20604 del 3008, la statuizione del suddetto principio di diritto, di cui la Corte d’Appello ha fatto applicazione, era imprevedibile, in ragione dell’articolato dibattito dottrinale giurisprudenziale sul punto.

Correttamente, la Corte d’Appello ha applicato il principio di diritto in questione, dando atto con congrua motivazione della sussistenza di un precedente orientamento e delle ragioni, in un bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti, per superarlo, che escludono la lesione delle disposizioni costituzionali invocate.

4. Il ricorso deve essere rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 30,00 per esborsi, Euro duemila/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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