Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-10-2011) 24-11-2011, n. 43467

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di M.L. in ordine al reato di cui all’art. 609 bis c.p., e art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1), a lui ascritto per avere costretto con violenza la minore R. F. di anni (OMISSIS) a subire atti sessuali, consistiti nel baciarla sul collo e sulla bocca, nel toccarle il seno, nell’infilarle la mano destra negli slip, palpeggiandole la vagina, nello strofinare il pene all’altezza del pube della minore.

Secondo la ricostruzione della vicenda riportata in sentenza gli atti sessuali di cui alla contestazione sono stati commessi dal M. presso la sua abitazione ove impartiva lezioni private di musica alla R., sua allieva anche presso la scuola pubblica ove lo stesso M. insegnava.

La Corte territoriale ha riesaminato analiticamente tutti i principali atti processuali sui quali la sentenza di primo grado, all’esito del giudizio abbreviato, aveva fondato l’affermazione di colpevolezza dell’imputato.

In sintesi, è stata confermata la valutazione del Tribunale in ordine alla capacità di testimoniare ed alla credibilità della minore, mentre sono state disattese le deduzioni difensive, di segno opposto fondate sulle risultanze della consulenza di parte della difesa dell’imputato.

Nella sostanza è stato valorizzato, ai fini del giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della minore, oltre alle risultanze della consulenza del P.M., la genuinità e spontaneità del racconto reso inizialmente alla madre la mattina successiva ai fatti, e ripetuto nelle varie sedi, la costanza del narrato anche nei particolari, resistenza di riscontri di natura psicologica.

La Corte territoriale ha, inoltre, respinto la subordinata richiesta che venisse ritenuta l’ipotesi del fatto di minore gravità ex art. 609 bis c.p., u.c., nonchè di concessione delle attenuanti genetiche, ma ha ridotto la pena inflitta all’imputato nella misura precisata in epigrafe, nonchè la quantificazione della provvisionale liquidata in favore delle parti civili.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i difensori dell’imputato, che la denunciano per vizi di motivazione e violazione di legge.

Motivi della decisione

Con vari mezzi di annullamento i ricorrenti denunciano:

1) Violazione di legge. Mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione. In estrema sintesi viene censurata la motivazione della sentenza con la quale sono state ritenute pienamente affidabili le conclusioni del consulente del P.M., che ha affermato la piena capacità di testimoniare della minore e la credibilità della stessa, e svalutate le diverse conclusioni del consulente della difesa dell’imputato, che aveva, invece, classificato la minore quale soggetto immaturo sul piano affettivo, paragonabile ad una bambina di sei anni, e ritenuto compatibile la falsa accusa con il desiderio di ritorsione della minore nei confronti dell’imputato, determinato dall’atteggiamento brusco che il M. avrebbe avuto quel giorno nei suoi confronti. Sul punto vengono evidenziate le violazioni, da parte della consulente del P.M., delle prescrizioni contenute nella Carta di Noto da osservarsi nell’esame dei minori vittime di abusi sessuali, quali in primo luogo la mancata videoregistrazione o fonoregistrazione degli incontri, peraltro prescritta anche dall’art. 398 c.p.p., comma 5 bis, necessaria per valutare il tenore più o meno suggestivo delle domande e le reazioni del minore. La ulteriore violazione delle prescrizioni della Carta di Noto per avere il P.M. ammonito la minore sull’obbligo di dire la verità prima del suo esame ed il consulente detto stesso P.M. consigliato alla minore un comportamento mendace nei confronti del M.; la mancata applicazione di test indicatori di abuso sessuale denunciata dalla consulente della difesa. Si fa rilevare la incompatibilità di una situazione di stress postraumatico da abuso sessuale con la condotta della minore, che sarebbe intervenuta varie volte su un sito internet nel quale si tratta di abusi sessuali. Viene censurato, per travisamento delle risultanze probatorie, il ritenuto riscontro all’accusa costituito dall’accertamento che il M. aveva frequentato siti pornografici, trattandosi di un fatto verificatosi successivamente all’episodio denunciato dalla R..

2) Violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p.p., art. 530 c.p.p., comma 2 e art. 533 c.p.p..

Con il mezzo di annullamento si deduce che la prova sulla capacità di testimoniare della minore era insufficiente o contraddhtoria; si reiterano, poi, le censure relative alla violazione della Carta di Noto nell’esame della R.; alla mancata applicazione di test indicatori di abuso sessuale, la cui valutazione da parte della consulente della difesa aveva dato come risultato la compatibilita con un "falso positivo". Si deduce che dal raffronto tra le dichiarazioni rese dallo zio della ragazza su quanto appreso dalla sorella e il contenuto della denunzia si evidenzia che l’episodio attraverso le successive narrazioni è stato man mano ingrandito con l’aggiunta di particolari più gravi. Si conclude deducendo che la incertezza del quadro probatorio avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale ad adottare una pronuncia di assoluzione quanto meno ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2. 3) Violazione di legge in relazione all’art. 609 bis c.p., u.c., e art. 133 c.p..

Si censura la motivazione con la quale è stata negata la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., ed in particolare l’affermazione secondo la quale la stessa potrebbe essere riconosciuta solo in relazione ad abusi posti in essere in un contesto ludico. Si denuncia, poi, carenza di motivazione della sentenza con riferimento alla valutazione degli indici della gravità del reato indicati dall’art. 133 c.p. dei quali si deve tener conto ai fini dell’accertamento dell’ipotesi di minore gravità dell’abuso sessuale.

4) Difetto di motivazione e travisamento di elementi in atti in relazione all’art. 133 c.p..

Si denuncia carenza di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti genetiche e, nella sostanza, riportando i motivi di appello sul punto e altra documentazione medica, si denuncia la omessa valutazione di elementi favorevoli all’imputato afferenti alla sua condotta di vita anteatta ed alle sue condizioni attuali.

5) Mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione sul risarcimento dei danni.

I genitori della persona offesa, pur essendosi costituiti parte civile anche in proprio, non avevano indicato alcun tipo di danno da essi subito, sicchè la relativa domanda doveva essere respinta. Si deduce, poi, che la sentenza di primo grado aveva liquidato le somme in essa indicate in favore delle parti civili a titolo di integrale risarcimento del danno morale, mentre la Corte territoriale ha ridotto l’importo liquidato dalla sentenza di primo grado, qualificandolo erroneamente quale provvisionate. Sì denuncia, infine, carenza di motivazione nella quantificazione del danno in assenza di qualsiasi elemento di valutazione dello stesso. Il ricorso non è fondato.

E’ appena il caso di ricordare in punto di diritto, a proposito dei vizi della motivazione della sentenza, che, anche a seguito delle modificazioni apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b), rimane esclusa la possibilità che la verifica della correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, sicchè il vizio di motivazione è ravvisatole solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste ovvero su risultanze probatorie incontestabilmente diverse da quelle reali (cfr. sez. 4, 10.10.2007 n. 35683, Servirei, RV 237652; sez. 1, 15.6.2007 n. 24667, Musimeci, RV 237207; sez. 5, 25.9.2007 n. 39048, Casavola ed altri, RV 238215).

Orbene, le censure del ricorrente in punto di vizi di motivazione si esauriscono nella richiesta di una nuova valutazione di merito delle consulenze delle parti e delle risultanze probatorie, inammissibile in sede di legittimità.

Peraltro, la affermazione della piena attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e della assenza di elementi patologici che rendessero inattendibile il narrato della medesima sono state fondate dai giudici di merito di entrambi i gradi del giudizio su una valutazione approfondita di tutte le risultanze processuali, così come sinteticamente indicato in narrativa, oggetto di motivazione esaustiva ed immune da vizi logici.

Va ricordato a proposito delle contrapposte risultanze degli elaborati dei consulenti tecnici che il giudice che aderisca alle conclusioni di quello di ufficio non è gravato dell’obbligo di fornire un’autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica di tali conclusioni e dell’erroneità delle altre, essendo sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato tutte le argomentazioni dei consulenti (sez. 1, 17.2.2009 25183, Panini e altro, RV 243791; conf.

200434379, RV 229279; 199806528, RV 210712).

Sono, poi, infondate le ulteriori eccezioni del ricorrente in ordine la mancato rispetto delle prescrizioni della Carta di Noto nell’esame della persona offesa.

E’ stato già reiteratamente affermato da questa Corte che tali prescrizioni costituiscono meri suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso, ma sono privi di valore normativo, sicchè la loro inosservanza non determina nullità (sez. 3, 10.4.2008 n. 20568, Gruden; sez. 3, 14.12.2007 n. 6464 del 2008, G.) Peraltro, la loro scrupolosa osservanza, al fine di accertare la capacità di testimoniare del minore e la attendibilità delle sue dichiarazioni, se si palesa necessaria allorchè si tratti di bambini di tenera età, portati ad assecondare gli adulti e a subirne le suggestioni, si affievolisce in presenza di persone offese minori in età adolescenziale, che hanno già raggiunto un adeguato grado di maturazione e sono meno suscettibili di subire l’influenza degli adulti.

In tali casi assume prevalentemente rilevanza l’accertamento della assenza di elementi patologici, quali una particolare predisposizione all’elaborazione fantasiosa o alla suggestione, tali da rendere dubbio il narrato, (cfr. sez. 3, 6.11.2007 n. 44971, Saveri, RV 238279; sez. 3, 6.5.2008 n. 27742, Z., RV 240695); elementi patologici che sono stati esclusi dai giudici di merito.

Inoltre, la mancata utilizzazione di strumenti di videoregistrazione e fonoregistrazione prevista dall’art. 398 c.p.p., comma 5 bis, non è sanzionata con la nullità dell’atto.

In ogni caso, la prescrizione riguarda le modalità di espletamento dell’incidente probatorio e non gli atti di indagine effettuati dal P.M., sicchè il ricorrente, avendo chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato, non può formulare censure sul punto.

La valutazione della attendibilità della persona offesa, infine, costituisce indagine riservata al giudice di merito e non è di competenza del perito o del consulente, in quanto le dichiarazioni della stessa devono essere valutate nel contesto di tutte le altre risultanze processuali che valgono a renderle più o meno credibili.

Orbene, nel caso in esame, l’affermazione della attendibilità della persona offesa ha formato oggetto in entrambe le sentenze di merito di una motivazione assolutamente esaustiva che ha tenuto conto di tutte le risultanze processuali e delle stesse contestazioni della difesa dell’imputato.

Con motivazione adeguata, giuridicamente corretta, inoltre, è stata esclusa la configurabilità del fatto di minore gravità, avendo i giudici di merito evidenziato la gravità dell’episodio, caratterizzato dalla preordinazione da parte dell’imputato della aggressione sessuale, dalla protrazione della condotta, le ripercussioni sotto il profilo psicologico subite dalla vittima (sentenza di primo grado la cui motivazione integra quella della sentenza di appello), il carattere invasivo (non lieve) degli atti sessuali posti in essere.

Anche il diniego delle genetiche e la conseguente determinazione della pena hanno formato oggetto di motivazione esaustiva, che si sottrae, in sede di legittimità, alle censure del ricorrente.

Infine, effettivamente il giudice di primo grado aveva liquidato in via definitiva il danno subito dalla persona offesa, mentre la sentenza di appello ne ha ridotto la quantificazione, qualificando l’importo liquidato come provvisionale.

Tali disposizioni, però, non si pongono in antitesi inconciliabile, ben potendo essere interpretate le statuizioni civili della sentenza di appello nel senso che sì è ritenuto equo liquidare a titolo di provvisionale la somma di Euro 50.000,00, fermo restando il limite della quantificazione totale del danno liquidato dal Tribunale, che non potrà essere superato, in caso di accertamento nella competente sede civile, per carenza di impugnazione della statuizione del Tribunale dalla parte civile.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *