Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-06-2012, n. 9342 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 30 novembre 2009, la Corte d’Appello di Trieste respingeva il gravame svolto da C.D. ed altri 5 litisconsorti in epigrafe indicati contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti dell’Agenzia delle entrate per differenze retributive.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– C.D. ed altri 5 litisconsorti in epigrafe indicati, tutti dipendenti dell’Agenzia del Friuli Venezia Giulia, inquadrati nella 9 qualifica funzionale ora C3, lamentando che il personale del ruolo ad esaurimento, operante nei medesimi uffici e con il medesimo inquadramento, percepiva una retribuzione maggiorata per effetto del D.P.R. n. 748 del 1972, artt. 60 e 61 agivano nei confronti della predetta Agenzia per le differenze retributive, invocando la disparità di trattamento;

– l’Agenzia delle entrate eccepiva il difetto di giurisdizione del g.o., la decadenza dalla domanda, l’estinzione per prescrizione dei crediti azionati, l’infondatezza, nel merito, delle pretese;

– il primo giudice respingeva le domande;

– proponevano appello i dipendenti e, appello incidentale, l’Agenzia.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva quanto segue:

– la pretesa dei dipendenti era limitata al periodo successivo al 30.6.1998, onde andava affermata la giurisdizione del g.o.;

– il principio di parità, invocato dai dipendenti (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2), veniva derogato, in via transitoria, dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, per gli appartenenti al ruolo ad esaurimento;

– i dipendenti nulla avevano provato con riferimento alle mansioni svolte in concreto e si erano limitati all’allegazione dell’identità di mansioni dei colleghi del ruolo ad esaurimento con quelle da essi svolte, senza allegare lo svolgimento di compiti di pertinenza dei predetti colleghi, nè come, in concreto, operassero i dipendenti assunti come termine di paragone;

la precipuità del personale di cui al D.P.R. n. 748 del 1972, artt. 60 e 61 precludeva l’invocazione, nella specie, degli artt. 36 e 97 Cost..

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, C. D. e gli altri 5 litisconsorti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

L’intimata ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

Motivi della decisione

5. I ricorrenti, con due motivi di ricorso, denunciano violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), per aver la corte di merito riconosciuto la legittimità del trattamento retributivo differenziato e superiore per una parte del personale (collocato nel ruolo ad esaurimento) appartenente alla medesima qualifica, rispetto all’altra parte.

6. Rileva questa Corte che la sentenza della corte territoriale si basa su due rationes decidendi – la riconosciuta legittimità del trattamento retributivo differenziato e il difetto di prova, da parte dei ricorrenti, della sostanziale identità, in concreto, delle mansioni svolte rispetto al personale proveniente dai ruoli ad esaurimento – una sola delle quali, inerente alla legittimità del trattamento retributivo differenziato, risulta investita dalle censure dei ricorrenti.

7. Al riguardo questo Collegio richiama la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nel caso in cui venga impugnata, con ricorso per cassazione, una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in foto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano.

8. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (v. ex multis, Cass. SU 10374/2007;

Cass. 13906/2007; Cass., SU 16602/2005).

9. Ove pure, nella specie, si ritenesse devoluta alla Corte di legittimità, tra gli argomenti svolti con il ricorso per cassazione, la censura del capo relativo al difetto di allegazione delle mansioni svolte dai ricorrenti rispetto al personale proveniente dai ruoli ad esaurimento, non solo nella formulazione del vizio di motivazione non è riportata la statuizione della Corte territoriale che si censura sul punto, ma, in violazione dell’autosufficienza del ricorso e degli oneri di allegazione e produzione nel giudizio di cassazione, non sono nè indicati i passaggi degli atti difensivi del giudizio di merito da cui possa evincersi che "le parti concordano circa l’identità delle mansioni effettivamente svolte dai ricorrenti con quelle del personale proveniente dai ruoli ad esaurimento" (come si legge nel ricorso per cassazione), nè risultano richiamate le sedi e gli atti processuali da cui desumere il detto assunto difensivo.

10. Peraltro, pur volendo passare all’esame del motivo devoluti alla Corte di legittimità sotto il profilo della violazione di legge, la doglianza va comunque ritenuta inammissibile non risultando indicata la ragione giuridica per la quale la decisione impugnata sarebbe in contrasto con la legge, nè svolti argomenti dal cui insieme sia consentito desumere quali norme o principi di diritto siano stati violati dalla corte territoriale ed infondata alla stregua di precedenti di questa Corte che hanno escluso l’illegittima discriminazione sulla base del rilievo che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, non vieta ogni trattamento differenziato nei confronti di singole categorie di lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni normative (ex multis, Cass. 22437/2011).

11. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 60,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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