Cass. civ. Sez. V, Sent., 08-06-2012, n. 9336 Agevolazioni tributarie Contenzioso tributario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La srl CO.BI.CA. impugnò gli avvisi di diniego di condono relativi alla definizione, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9- bis, di omessi versamenti di imposte dichiarate per gli anni dal 1995 al 2003 – IRPEF in qualità di sostituto d’imposta, IRAP e IVA -, per avere la contribuente pagato la sola prima rata, e non anche le successive, dell’importo dovuto.

Impugnò quindi la cartella di pagamento relativa all’iscrizione a ruolo delle dette somme non versate, oltre alle sanzioni, relative ai soli periodi d’imposta 2000 e 2001.

I ricorsi, riuniti, venivano accolti in primo grado sul rilievo della validità del condono anche in caso di omesso pagamento di una o più rate del piano di versamenti programmato, non sussistendo ragioni per differenziare la definizione di cui all’art. 9-bis dalle altre previste dalla stessa L. n. 289 del 2002.

La Commissione tributaria regionale della Puglia, rigettando l’appello principale dell’amministrazione e quello incidentale della contribuente, confermava la decisione, ponendo specialmente in luce che la procedura di riscossione delle somme dovute per effetto dell’adesione ai condoni di cui alla L. n. 289 del 2002, introdotta con il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 32, comma 7, come convertito nella L. 28 gennaio 2009, n. 2, aveva sostanzialmente equiparato alle altre la fattispecie di condono prevista dall’art. 9- bis.

Nei confronti della sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso (rgn. 2629/2010) sulla base di un motivo.

La società contribuente resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale articolato in tre motivi, cui replica l’Agenzia delle entrate con controricorso.

La srl CO.BI.CA. con un distinto ricorso impugnò la cartella di pagamento relativa all’iscrizione a ruolo delle somme dovute a titolo di imposte dirette e di IVA per l’anno 2003, oltre alle sanzioni, a seguito del mancato perfezionamento del condono, ai sensi dell’art. 9- bis L. 27 dicembre 2002, n. 289, relativo ad omessi versamenti di imposte dichiarate per gli anni dal 1995 al 2003, per avere la contribuente pagato la sola prima rata, e non anche le successive, dell’importo dovuto per accedere al beneficio.

L’atto di diniego del condono veniva impugnato con separato ricorso, che dava origine ad un distinto giudizio.

La Commissione tributaria regionale della Puglia, nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella di pagamento, disattesa la domanda dell’Agenzia di sospensione in attesa della definizione del giudizio pendente avente ad oggetto l’impugnazione del diniego del condono, rigettandone l’appello ed accogliendo parzialmente quello incidentale della contribuente, dichiarava l’illegittimità del provvedimento di diniego del condono ed annullava la cartella di pagamento, disponendo l’emissione di una nuova cartella "con rideterminazione dell’importo dovuto a seguito della conferma della validità della domanda di condono".

Nei confronti della sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso (rgn. 22542/2010) sulla base di due motivi.

La spa Equitalia E.TR. e la società contribuente resistono con controricorso, la seconda proponendo ricorso incidentale articolato in tre motivi.

La srl CO.BI.CA. impugnò l’avviso di iscrizione ipotecaria ad essa notificato l’il aprile 2008 a seguito della mancata impugnazione di tre cartelle di pagamento che ne erano alla base, relative alla liquidazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 633, art. 36 bis, di imposte dovute per il 1999.

La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, ordinando all’agente per la riscossione, la spa Equitalia E.TR., di provvedere alla cancellazione dell’ipoteca.

In un separato giudizio veniva impugnato il diniego del condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9-bis, del quale la contribuente aveva inteso avvalersi in relazione alle dette cartelle di pagamento non impugnate. L’Agenzia delle entrate aveva infatti ritenuto non perfezionata la definizione per avere la contribuente pagato la sola prima rata, e non anche le successive, dell’importo dovuto. In primo grado il ricorso veniva accolto, il diniego di condono era dichiarato illegittimo e le cartelle di pagamento venivano annullate, "lasciando impregiudicata la facoltà dell’ufficio per l’iscrizione a ruolo delle somme relative alle rate non versate di condono e relativi accessori". La sentenza veniva confermata in appello.

Nel giudizio che ci occupa, la Commissione tributaria regionale, "sulla base di tali fatti", vale a dire la conferma in appello in altro giudizio dell’illegittimità del diniego di condono e l’annullamento delle cartelle, confermava l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria.

Secondo il giudice d’appello del giudizio che ci occupa, era pur vero che la contribuente non aveva impugnato a suo tempo le cartelle di pagamento, ma per il debito iscritto a ruolo che ne era oggetto aveva avanzato istanza di definizione ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9-bis, in relazione alla quale il diniego di condono opposto dall’amministrazione era stato annullato, con sentenza confermata dalla Commissione regionale, in altro giudizio. "Stante ciò, era venuto meno il presupposto della pretesa tributaria ed illegittima è divenuta l’iscrizione ipotecaria perchè priva del presupposto essenziale costituito da tale pretesa tributaria".

Nei confronti della sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso (rgn. 18113/2010) sulla base di due motivi.

La società contribuente resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale articolato in quattro motivi.

Motivi della decisione

I tre giudizi, in ragione della connessione soggettiva ed oggettiva, vanno riuniti ai sensi dell’art. 274 c.p.c..

Quanto al primo giudizio, rubricato al r.g. con il n. 2629/2010, con l’unico motivo del ricorso principale l’amministrazione, denunciando la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9-bis, assume che il condono ivi previsto si perfezionerebbe solo con l’integrale pagamento delle somme in forza di esso dovute.

La società contribuente, che anzitutto eccepisce l’inammissibilità del ricorso principale perchè non notificato all’agente per la riscossione, la spa Equitalia E.TR., con il primo motivo del ricorso incidentale si duole della mancata sottoscrizione dell’avviso di diniego del condono e della cartella di pagamento a seguito di esso emessa; con il secondo motivo lamenta la mancata indicazione nella cartella del responsabile del procedimento; con il terzo motivo censura la decisione per insufficiente motivazione sull’eccepito difetto di motivazione della cartella di pagamento.

Va in primo luogo disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale perchè non notificato al concessionario per la riscossione, atteso che tra questo e l’ente impositore non è ravvisabile litisconsorzio necessario (cfr. Cass., sez. un, 16421 del 2007).

Quanto al rilievo del primo motivo, concernente la mancata sottoscrizione del diniego di condono, dalla sentenza impugnata esso non risulta formulato nei precedenti gradi, ed è perciò inammissibile in quanto domanda nuova.

In ordine, poi, alla sottoscrizione della cartella ed al difetto di motivazione della stessa, questa Corte ha chiarito che "la cartella esattoriale, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25 quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, dev’essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, essendo sufficiente la sua intestazione per verificarne la provenienza nonchè l’indicazione, oltre che della somma da pagare, della causale tramite apposito numero di codice" (Cass. n. 8613 del 2011 e n. 14894 del 2008).

Quanto all’indicazione nella cartella del responsabile del procedimento, si osserva che "in tema di atti tributar, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, lett. a), il quale dispone che per qualsiasi atto dell’Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione – e, quindi, anche per le cartelle esattoriali – si debba "tassativamente" indicare il responsabile del procedimento, non comporta, nel caso di omissione di tale indicazione, la nullità dell’atto, non equivalendo la predetta espressione ad una previsione espressa di nullità, come confermato anche dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito nella L. 28 febbraio 2008, n. 31 – norma ritenuta dalla Corte costituzionale, con sent. n. 58 del 2009, non in contrasto con gli artt. 3, 23, 24, 97 e 111 Cost. – che, nell1introdurre specificamente la sanzione di nullità per le cartelle non indicanti il nome del responsabile del procedimento, fissa la decorrenza di tale disciplina dal 1 giugno 2008, precisando, con portata interpretativa, che "la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse" (Cass. n. 8613 del 2011, n. 10805 del 2010).

Il ricorso principale è invece fondato.

Secondo l’orientamento di questa Corte, "in tema di condono fiscale, in assenza di disposizioni quali quelle di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 8, 9, 15 e 16 – che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale insuscettibili di applicazione analogica, perchè connesse a norme di tipo eccezionale, nell’ipotesi prevista dall’art. 9 bis della legge citata la non applicazione delle sanzioni si verifica solo se si provvede al pagamento (in un’unica soluzione o in modo rateale) delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione anticipata" (Cass. n. 19546 del 2011, n. 20745 del 2010).

Nè argomenti in senso contrario possono desumersi dall’art. 16-bis introdotto nella L. 27 dicembre 2002, n. 289, dall’art. 32, comma 7, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, come convertito nella L. 28 gennaio 2009, n. 2. La portata della disposizione, infatti, per quanto qui rileva, è circoscritta all’estensione "anche alle definizioni effettuate ai sensi dell’art. 9-bis", disposta in un distinto comma 1-bis, delle procedure "potenziate" di riscossione coattiva – dalla stessa norma introdotte – in caso di omesso versamento delle somme dovute a seguito delle definizioni agevolate di cui alla L. n. 289 del 2002, analiticamente indicate al precedente comma 1.

Il ricorso principale va pertanto accolto, mentre va rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto dei ricorsi introduttivi del contribuente, di impugnazione del diniego di condono per omessi versamenti di imposte dichiarate per gli anni dal 1995 al 2003, nonchè delle cartelle di pagamento relative all’iscrizione a ruolo delle somme non versate, oltre alle sanzioni, relative ai soli periodi d’imposta 2000 e 2001.

Con il primo motivo del ricorso principale, nel giudizio rubricato al r.g. con il n. 18113/2010, l’amministrazione, denunciando violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, assume che l’iscrizione ipotecaria riguardava l’omesso pagamento di tributi e contributi per i quali erano state emesse le cartelle non impugnate, sicchè tutti i vizi concernenti il merito della pretesa impositiva, tra cui l’asserita validità del condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9-bis, avrebbero potuto essere dedotti esclusivamente avverso le cartelle di pagamento e non avverso l’atto consequenziale costituito dall’iscrizione ipotecaria, atto autonomamente impugnabile in base alla norma in rubrica.

Con il secondo motivo l’Agenzia delle entrate, denunciando violazione dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, si duole che il presente giudizio non sia stato sospeso in attesa della definizione della causa avente ad oggetto la validità e l’efficacia del condono pendente, e che il giudice d’appello abbia erroneamente ritenuto illegittima l’iscrizione di ipoteca sulla base di una sentenza non ancora definitiva, resa dalla Commissione tributaria regionale nel giudizio concernente la validità ed efficacia della definizione L. n. 289 del 2002, ex art. 9-bis, avente senza dubbio rilevanza pregiudiziale rispetto al giudizio riguardante l’iscrizione ipotecaria.

In ordine al primo motivo occorre ricordare che "il processo tributario è strutturato secondo le regole proprie del processo impugnatorio di provvedimenti autoritativi e, in particolare, di quelli enumerati al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, per cui l’oggetto del giudizio, da promuovere nei confronti del soggetto che ha emanato l’atto, è circoscritto agli elementi della sequenza procedimentale propria del provvedimento impugnato, con rigida preclusione di qualsiasi contestazione coinvolgente fasi precedenti;

ne deriva che la legittimità di un atto a contenuto concreto ed autonomamente impugnabile davanti al giudice adito – nella specie le iscrizioni a ruolo portate dalle cartelle di pagamento non impugnate e il diniego di condono -, non resi oggetto di diretta ed autonoma impugnazione, non è suscettibile di delibazione in base a cognizione meramente incidentale, essendo consentita la disapplicazione (e, quindi, la cognizione meramente incidentale) solo di atti e provvedimenti a contenuto normativo o generale, ed è ammissibile la sospensione tra processi tributari, ex art. 295 c.p.c." (Cass. n. 9999 del 2006 e n. 9183 del 2011).

Questa Corte ha, in particolare, chiarito che il giudizio tributario avente ad oggetto la validità o il perfezionamento della definizione agevolata di un’imposta, ovvero la decadenza dalla stessa, ha carattere pregiudiziale rispetto a quello, vertente tra le medesime parti, riguardante il merito dell’accertamento relativo alla stessa imposta, e quindi all’esistenza della pretesa impositiva alla base delle cartella di pagamento costituente atto presupposto rispetto all’iscrizione ipotecaria, in quanto la decisione sul condono si riflette necessariamente condizionandola, sulla decisione concernente il merito dell’accertamento. Pertanto, ove risulti la pendenza di un altro giudizio tra le medesime parti in ordine alla validità o al perfezionamento del condono o alla decadenza dallo stesso, il giudice tributario è tenuto, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., a sospendere il giudizio riguardante il merito dell’accertamento, fino alla decisione del primo con autorità di giudicato (Cass. n. 19821 del 2009).

Il primo motivo è pertanto fondato, essendo inammissibile l’impugnazione dell’iscrizione ipotecaria per far valere vizi concernenti atti presupposti ovvero il perfezionamento del condono, involgente un accertamento pregiudiziale.

L’esame del secondo nativo del ricorso principale è assorbito dalla ritenuta legittimità del diniego del condono per i periodi d’imposta dal 1995 al 2003 di cui al giudizio che precede.

E’ del pari assorbito l’esame del primo e del quarto motivo del ricorso incidentale della contribuente, aventi ad oggetto, rispettivamente, l’asserita sopravvenuta inefficacia di titoli presupposti all’iscrizione ipotecaria, e la nullità dell’iscrizione ipotecaria per non essere stata una delle cartelle "preceduta da alcuna intimazione di pagamento".

Quanto al secondo ed al terzo motivo, con i quali la ricorrente censura l’omesso esame e l’omessa pronuncia sulla dedotta nullità della comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria per difetto di motivazione, anche in relazione alla mancata allegazione degli atti richiamati, essi sono infondati.

Anche a voler trascurare la non perspicuità della formulazione delle dette censure, risultanti farraginose, con poco comprensibili ripetizioni ed incisi (la trascrizione del testo di tali motivi, come formulati in primo grado, si apre con l’inciso "sul punto la CTR ha omesso qualsivoglia esame…"), con inevitabili riflessi sul piano dell’autosufficienza, va rilevato che su di esse, involgenti vizi dell’atto impugnato, la comunicazione di iscrizione ipotecaria, il giudice d’appello si è implicitamente pronunciato nel senso del rigetto dei rilievi, il cui esame logicamente ha preceduto l’esame del merito della pretesa impositiva, all’esito del quale la domanda del contribuente è stata accolta.

Il primo motivo del ricorso principale va pertanto accolto, assorbito l’esame del secondo, mentre va rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Con il primo motivo del ricorso principale, nel giudizio rubricato al r.g. con il n. 22452/2010, l’amministrazione, denunciando la violazione dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, assume che il giudice d’appello avrebbe dovuto sospendere il giudizio in attesa della definizione della causa, pendente davanti alla CTR, avente ad oggetto la validità ed efficacia del condono.

Annullando non solo la cartella di pagamento ma anche il provvedimento di diniego del condono, con la sentenza impugnata il giudice di appello ha conosciuto incidenter tantum di una controversia pregiudiziale insuscettibile di tale cognizione, e già portata alla cognizione principale di altro giudice.

Con il secondo motivo l’amministrazione denuncia la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9-bis, per avere il giudice d’appello ritenuto che il mancato versamento di tutte le rate non renderebbe inefficace tale forma di condono.

L’esame dei due motivi è assorbito dalle decisioni di accoglimento dei ricorsi dell’amministrazione, segnatamente in ordine alla portata del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9-bis, alla legittimità del diniego del condono, ed alla legittimità delle conseguenti iscrizioni a ruolo portate delle cartelle impugnate.

Con i tre motivi del ricorso incidentale la società contribuente propone censure – mancata sottoscrizione della cartella e mancata indicazione del responsabile del procedimento; omessa pronuncia sull’eccepito difetto di motivazione della cartella; nullità della cartella per difetto di motivazione – comprese fra quelle formulate con il ricorso incidentale nel giudizio rgn. 2629 del 2010. Esse sono infondate, per le ragioni esposte supra.

L’esame dei due motivi del ricorso principale è dunque assorbito, mentre il ricorso incidentale deve essere rigettato.

Le spese di lite dei tre giudizi riuniti seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i giudizi, quanto a rgn. 2629/10, accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Quanto a rgn. 18113/10, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, e rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Quanto a rgn. 22452/10, dichiara assorbito l’esame dei motivi del ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale.

Condanna la società controricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate, per il presente giudizio, in favore dell’Agenzia delle entrate in complessivi Euro 17.000 oltre alle spese prenotate a debito, e, per il solo rgn. 22452/10 in favore della spa Equitalia E.TR., in Euro 4000, ivi compresi Euro 100 per esborsi; e per ciascuno dei gradi di merito di ciascuno dei tre giudizi, in Euro 1500 per onorari ed Euro 600 per spese.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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