Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9312 Alberghi, pensioni e locande

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Nell’aprile del 2004 P.N. agì giudizialmente nei confronti di S.B. chiedendo che, per la data di scadenza dell’11.8.2004 egli fosse condannato al rilascio del ramo d’azienda subaffittatogli nel gennaio del 2000 (motel di 12 camere e complesso bar-tavola calda).

Il convenuto resistette sostenendo che si vertesse in ipotesi di locazione ad uso di albergo, come tale disciplinata dal D.L. n. 12 del 1985, art. 1, comma 9 septies, convertito in L. n. 118 del 1985.

Chiamò in causa P.P., primo affittuario, che si proclamò privo di legittimazione.

Il tribunale accolse la domanda sul rilievo che il S. aveva ripreso un’attività già svolta sin dal 1970 nei locali oggetto del contratto e che era stata solo interrotta, dal 1995 al 2000, per il periodo necessario ad una completa ristrutturazione degli ambienti, senza che i caratteri distintivi dell’azienda potessero dirsi dispersi.

2.- L’appello del S. è stato respinto dalla Corte d’appello di Bari con sentenza n. 37 del 2001, che ha anche dichiarato il difetto di legittimazione passiva di P.P..

3.- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione S.B., affidandosi ad un unico motivo, cui resiste con controricorso P.N..

Ha depositato controricorso anche P.P., dichiarando di proporre ricorso incidentale "per quanto possa occorrere".

Tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa. Il collegio ha disposto che la motivazione sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

1.- Con unico motivo di ricorso sono dedotte violazione e falsa applicazione del D.L. n. 12 del 1985, art. 1, comma 9 septies, convertito in L. n. 118 del 1985, il quale stabilisce che "si ha locazione di immobile, e non affitto di azienda, in tutti i casi in cui l’attività alberghiera sia stata iniziata dal conduttore".

Vi si sostiene che, con ragionamento del tutto presuntivo, sia stato disatteso il principio ermeneutico secondo il quale "non basta, per escludere la presunzione di cui alla disposizione citata, constatare che in un immobile sia stata un tempo gestita un’azienda alberghiera, dovendosi al contrario accertare, con un’ approfondita indagine di fatto, se, dato il tempo trascorso e tutte le altre circostanze, quella precedente azienda possa considerarsi del tutto estinta, si che il conduttore abbia dovuto avviarne ex novo l’esercizio" (così Cass., n. 10767/99, in motivazione).

La sentenza è anche censurata per ogni possibile tipo di vizio della motivazione.

2.- Il ricorso è infondato.

Con analitica, diffusa, del tutto esauriente ed assolutamente puntuale motivazione la Corte d’appello, muovendo proprio dal principio invocato dal ricorrente (a pag. 13, primo capoverso, della sentenza), ha valutato ogni possibile elemento sintomatico dell’eventuale dissoluzione dell’azienda alberghiera esercitata nell’immobile sin dal 1970, decisamente escludendo che l’intervallo di tempo di 5 anni nel quale l’attività alberghiera era stata sospesa per la completa ristrutturazione dell’immobile da parte dei proprietari potesse aver prodotto quell’effetto; e che potesse dunque riconoscersi in capo al S. l’avvio ex novo dell’attività. Il rilievo assegnato dalla Corte di merito all’inserimento della struttura ricettiva nel più vasto complesso aziendale dei P. è, in particolare, correlato alla valutazione dell’avviamento dello specifico ramo d’azienda affittato (pag. 17, quinta e sesta riga, della sentenza impugnata).

Escluso in fatto dalla Corte d’appello con motivazione infondatamente censurata che, nel caso in esame, il conduttore non si fosse avvalso dell’avviamento e di tutti gli altri elementi costitutivi della già esistente azienda alberghiera, evidentemente non sussiste la prospettata violazione di legge.

3.- Le spese seguono la soccombenza nei confronti di P. N..

Vanno invece compensate quelle relative al rapporto processuale intercorso con P.P., nei confronti del quale nessuna doglianza era stata mossa ed al quale il ricorso era stato notificato a meri fini informativi. Il ricorso incidentale è inammissibile, non essendo mossa alcuna censura alla sentenza, che aveva del resto visto P.P. totalmente vittorioso.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile: quello incidentale, compensa le spese tra il ricorrente principale ed il ricorrente incidentale e condanna S.B. a rimborsare a P.N. le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200, di cui 7.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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