T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 30-12-2011, n. 1843

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Società ricorrente – che svolge attività di realizzazione di manufatti pubblicitari e di istallazione degli stessi lungo le arterie stradali del territorio nazionale – riferisce che la Provincia di Brescia ha avviato già dall’anno 2001 il riordino, previo censimento, dei cartelli e degli altri mezzi pubblicitari, coinvolgendo gli operatori del settore attraverso i rispettivi organi rappresentativi. In base a quanto disposto dal regolamento di disciplina della pubblicità, la fase organizzativa è stata affidata ad una Commissione tecnica, nella quale hanno operato il Direttore del Settore Gestione e Manutenzione Strade ed esponenti delle associazioni di categoria. Sostiene la ricorrente in punto di fatto che:

o il procedimento di riordino è stato impostato secondo il modello di cui all’art. 11 della L. 241/90, ed era destinato a sfociare in un accordo sostitutivo di provvedimento;

o al termine del censimento è stato comunicato alle singole ditte l’esatto numero di autorizzazioni che ciascuna di esse poteva ottenere per ogni singola strada passata in gestione alla Provincia (cfr. nota 4/6/2009 – doc. 2A), in quanto i titoli abilitativi risultavano superiori alle capienze delle arterie coinvolte, ed era necessario ridurne il numero;

o senza interpellare il tavolo tecnico, in data 3/11/2009 l’amministrazione informava le imprese sulla procedura da seguire per il rilascio delle autorizzazioni contingentate: in particolare la Provincia esigeva (entro il termine del 23/11/2009) il deposito sia delle domande sia della dichiarazione sostitutiva di conferma dell’avvenuta rimozione a quella data dei cartelli in esubero (cfr. doc. 2/B);

o a fronte dell’istanza rassegnata da P., in data 2/12/2009 l’amministrazione emetteva i preavvisi di diniego sulle istanze (doc. 4);

o dopo una lettera di risposta, gli incontri con la Provincia non sortivano effetti favorevoli e, malgrado le promesse verbali, venivano emessi gli atti impugnati di segno sfavorevole, sul presupposto che quale condizione per la ricollocazione – non soddisfatta dalla ricorrente – vi era la presentazione entro il 23/11/2009 (unitamente alla domanda di nuova autorizzazione) dell’attestazione di avvenuta rimozione dei cartelli non ammessi al riordino secondo il principio di parità di trattamento.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di gravame:

a) Violazione dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 11 della L. 241/90, eccesso di potere per travisamento dei presupposti e sviamento, poiché la procedura di riordino – rientrante nello schema degli accordi sostitutivi di provvedimento – doveva concludersi con l’emissione di provvedimenti autorizzatori programmati mentre non erano ammesse iniziative unilaterali dell’amministrazione come quella che ha introdotto una clausola decadenziale;

b) Eccesso di potere per difetto dei presupposti, in quanto non è possibile ricavare nel testo della nota del 3/11/2009 alcuna previsione di decadenza collegata all’inosservanza del termine per presentare le dichiarazioni sostitutive;

c) Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca degli atti di diniego, dato che verbalmente un funzionario (l’Ingegner Bortolo Perugini) aveva assentito l’integrazione documentale delle dichiarazioni sostitutive carenti;

d) Eccesso di potere per illogicità, poiché (nel caso di risposta in ritardo) non si configura la disparità di trattamento, non trattandosi di una competizione bensì dell’assegnazione di effetti nuovi ad una situazione di legalità in cui la ricorrente già versava;

e) Violazione dell’art. 6 comma 1 lett. b) della L. 241/90, visto che l’amministrazione accerta d’ufficio i fatti e può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete;

f) Violazione dell’art. 10bis della L. 241/90, poiché le osservazioni difensive non sono state analiticamente confutate dall’amministrazione.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Brescia, precisando in punto di fatto che il procedimento di riordino della cartellonistica – dopo il trasferimento dall’ANAS delle strade statali ubicate nel territorio provinciale – è stato avviato nel gennaio 2003 (in base ad apposito regolamento). Sottolinea che, dopo il censimento degli impianti, il passaggio successivo contemplava la rimozione dei cartelli abusivi (mai autorizzati da alcun Ente) ed il riposizionamento di quelli autorizzati, in ossequio alle eventuali sopravvenienze normative e fattuali. L’art. 16 del regolamento di riordino imponeva di rimuovere i cartelli abusivi entro 6 mesi (comma 4), con sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni medio tempore (comma 5), e già nelle note 29/6/2007 e 2/7/2007 erano elencati i cartelli abusivi da rimuovere (cfr. doc. 12 e 13).

Puntualizza l’amministrazione che, conclusa l’istruttoria, in data 4/6/2009 il Direttore dell’area tecnica convocava un incontro per illustrare le modalità di individuazione, tra i cartelli censiti, di quelli da considerarsi autorizzati e di quelli che avrebbero dovuto essere ricollocati (risultando uno sbilanciamento tra quelli autorizzati in passato ed i cartelli attualmente riposizionabili): una scheda riepilogativa indicava i manufatti assentibili, aventi titolo per partecipare al riordino (per la ricorrente 39 sulle strade ex statali e 8 sulle strade provinciali).

Con nota 25/6/2009 la Provincia sollecitava la rimozione dei cartelli abusivi entro il 15/7/2009, sottolineando che in difetto si sarebbe provveduto ad applicare le sanzioni del Codice della strada.

Dopo l’incontro del 30/10/2009, con nota 3/11/2009 (doc. 24) – gravata da APL e P. con ricorso straordinario al Capo dello Stato – l’Ente locale chiedeva alle imprese di produrre due distinte dichiarazioni: la prima attestante la rimozione (entro il 23/11/2009) dei manufatti abusivi (numero ritraibile dalla differenza tra quanto posizionato sul territorio e quanto poteva legittimamente esserlo in base alle schede provinciali) e la seconda attestante (entro il 21/12/2009) la rimozione degli altri cartelli non partecipanti al riordino (5 per P.). La ricorrente presentava la sola domanda di autorizzazione, senza allegare alcuna dichiarazione.

Con ordinanza n. 440, adottata nella Camera di consiglio del 15/7/2010, questo Tribunale ha motivatamente respinto la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati, ed il Consiglio di Stato – investito dell’appello cautelare – si è pronunciato negativamente con provvedimento della sez. V in data 18/10/2010 (n. 4753), che ha confermato la decisione di primo grado.

Alla pubblica udienza del 16/11/2011 il ricorso introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

La Società ricorrente contesta i provvedimenti (emessi nel numero di 34) con i quali l’amministrazione ha denegato il rilascio delle autorizzazioni alla posa di cartelli pubblicitari lungo le strade provinciali.

1. Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 11 della L. 241/90, nonchè l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti e sviamento, poiché la procedura di riordino – rientrante nello schema degli accordi sostitutivi di provvedimento – doveva concludersi con l’emissione di provvedimenti autorizzatori programmati mentre non erano ammesse iniziative unilaterali dell’amministrazione come quella che ha introdotto una clausola decadenziale. Ad avviso di P. la prescrizione, siccome non proveniente dal tavolo di riordino, non può ritenersi legittima.

La censura è priva di pregio.

1.1 L’art. 11 della L. 241/90 rimette all’amministrazione la scelta di adottare, in esito al procedimento intrapreso, un (tradizionale) provvedimento imperativo unilaterale ovvero un accordo con i privati interessati sul contenuto discrezionale dell’atto stesso (anche in sostituzione di quest’ultimo). Nella specie esaminata il modulo consensuale invocato da parte ricorrente non è stato adottato nè nelle fasi intermedie né dopo l’ultimazione della procedura di riordino della cartellonistica, né alcuna opzione in tal senso risulta esercitata negli atti regolamentari emanati dalla Provincia di Brescia. L’art. 16 del regolamento di riordino, nel dettare norme transitorie, istituisce una Commissione tecnica e ne tipicizza i compiti di natura prevalentemente istruttoria (cfr. comma 3, lett. a), b), c) e d). Il comma successivo viceversa dà atto dell’obbligo di rimuovere, a cura delle imprese interessate, i rispettivi cartelli abusivi entro 6 mesi dall’entrata in vigore del regolamento.

E’ d’altronde condivisibile il rilievo dell’amministrazione, per cui le norme del Codice della Strada sono al riguardo tassative e non lasciano margini di apprezzamento alcuno agli Enti pubblici competenti, i quali sono tenuti ad ordinare la rimozione dei cartelli istallati senza alcuna autorizzazione, senza che il ripristino della legalità (alla luce di una plausibile situazione di pericolo per la circolazione) sia in alcun modo negoziabile.

2. Con la seconda doglianza parte ricorrente si duole dell’eccesso di potere per difetto dei presupposti, in quanto non sarebbe possibile ricavare nel testo della nota del 3/11/2009 alcuna previsione di decadenza collegata all’inosservanza del termine per presentare le dichiarazioni sostitutive. Sostiene P. che non è ammissibile un’interpretazione estensiva della clausola di decadenza (introdotta per la sola mancata presentazione dell’istanza di autorizzazione), e che la nota 3/11/2009 era equivoca circa le posizioni assentibili.

In disparte l’eccezione di tardività, la doglianza non merita condivisione.

2.1 Rileva il Collegio che la ricorrente era stata edotta con nota del 4/6/2009 del numero di cartelli ammessi al riordino, per un totale di 47 (39 sulle strade ex statali e 8 sulle strade provinciali). Con successiva lettera del 25/6/2009 (doc. 22 amministrazione) – che non risulta neppure impugnata – la Provincia notiziava le imprese interessate circa l’obbligo di rimuovere entro e non oltre il 15/7/2009 "tutti i cartelli pubblicitari collocati sul territorio lungo le tratte extraurbane, ad eccezioni di quelli elencati nelle schede allegate alla predetta comunicazione del 4/6/2009".

La nota 3/11/2009, peraltro, è chiarissima nell’evidenziare la necessità di presentare – entro il 23/11/2009 – la dichiarazione attestante l’avvenuta rimozione di tutti i cartelli abusivi, il cui numero è desumibile dalla differenza tra i manufatti insistenti sul territorio ed i cartelli ammessi al riordino nella comunicazione del 4/6/2009 (39 + 8 come già visto). In particolare il fac simile allegato alla nota del 3/11/2009 specifica in maniera univoca che, unitamente alla domanda di autorizzazione dell’azienda, era indispensabile allegare la "dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante la rimozione dei cartelli non ammessi al riordino e quindi non elencati nelle schede inviate con nota del 4/6/09 come da fac simile allegato".

La nota di cui si discorre ribadiva ulteriormente che "Il rispetto di quanto suindicato costituisce presupposto necessario affinchè l’amministrazione possa procedere al rilascio, alla Ditta interessata, dei nuovi provvedimenti autorizzatori".

2.2 A fronte di tali indicazioni risulta evidente che la ditta era stata avvertita per tempo della necessità di provvedere alla (dovuta) eliminazione dei manufatti abusivi, ed era stata edotta in modo esaustivo della conseguenza dell’inadempimento ossia della preclusione del rilascio dei nuovi titoli autorizzatori.

La Provincia ha poi dato conto delle verifiche effettuate nel dicembre 2009 dal proprio personale (cfr. doc. 31) dalle quali era emerso che P. manteneva ancora sulle strade ex statali 76 cartelli (in marcato sovrannumero rispetto a quelli abilitati) e non aveva ancora provveduto alla rimozione.

3. E’ infondata anche la connessa censura (lett. d esposizione in fatto) di eccesso di potere per illogicità, sollevata da parte ricorrente sostenendo – in assenza di un confronto di natura competitiva – la necessità di valorizzare anche i riscontri tardivi, in vista del reale obiettivo di assegnare effetti nuovi ad una situazione di legalità che già connotava la posizione di P..

3.1 La Provincia ha agito in maniera corretta e lineare, poiché ha dapprima imposto precise regole di condotta alla pluralità di operatori coinvolti nel procedimento di riordino, ed ha poi applicato le sanzioni previste per il caso di inosservanza, senza che siano affiorate circostanze speciali in grado di giustificare una deroga. Il contegno dell’amministrazione si è dunque ispirato ai principi di imparzialità e parità di trattamento, che traggono il proprio fondamento direttamente nella Costituzione.

4. In questo contesto è inconsistente un’eventuale rassicurazione prestata verbalmente da un funzionario dell’Ente (Ing. Perugini), che non è certamente in grado di assumere i contorni di un impegno giuridicamente rilevante e che confligge con l’autovincolo tracciato dalla sequenza di atti univocamente orientati a disciplinare una materia così complessa come quella dei cartelli, spesso posizionati in maniera disordinata e in assenza di titolo sulle strade ex statali.

5. Allo stesso modo non coglie nel segno la doglianza riassunta alla lett. e) dell’esposizione in fatto, afferente alla violazione dell’art. 6 comma 1 lett. b) della L. 241/90, visto che l’amministrazione accerta d’ufficio i fatti e può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete.

5.1 Come già detto la Provincia ha regolamentato in maniera puntuale la procedura ed ha fornito alle imprese indicazioni rigorose e precise. Peraltro l’autocertificazione è una misura di semplificazione che non comporta aggravi particolari per le ditte, chiamate semplicemente ad attestare una situazione di fatto (il ripristino conforme a legge), rispetto alla quale l’Ente può esercitare i propri poteri di controllo in via successiva. Del resto, la condotta dell’impresa non è stata ispirata a leale collaborazione dato che – a fronte di una situazione ben nota – ha agito al fine di perpetuare il proprio vantaggio (ossia il mantenimento dei cartelli abusivi) senza provvedere alla rimozione di alcun manufatto. In proposito questa Sezione ha affermato (cfr. sentenza 20/4/2011 n. 593) che "La leale collaborazione, intesa correttamente, preclude all’Ente pubblico di emettere un atto di diniego quando può acquisire le informazioni mancanti e tuttavia il privato, ove interpellato in tal senso, ha l’onere di fornire l’assistenza documentale necessaria per una decisione ponderata ed adeguata che presuppone la chiarezza del quadro fattuale".

6. La ricorrente deduce poi la violazione dell’art. 10bis della L. 241/90, poiché le osservazioni difensive non sarebbero state analiticamente confutate dall’amministrazione.

Anche detta prospettazione è infondata.

6.1 L’esame del provvedimento impugnato dà conto della valutazione delle note di parte ricorrente del 10/12/2009 e del 29/1/2010. Peraltro questo Tribunale ha già sottolineato come l’inosservanza dell’art. 10bis della L. 241/90 non discende dalla semplice circostanza che il provvedimento finale – emesso dopo il deposito dei rilievi della parte istante – non racchiude repliche puntuali, essendo sufficiente (ai fini della legittimità) che l’adozione degli atti impugnati sia stata preceduta dall’acquisizione delle controdeduzioni della parte istante, e che quindi il privato abbia potuto rappresentare le proprie ragioni, poi non condivise dall’amministrazione (sentenza T.A.R. Brescia 27/11/2008 n. 1702; sez. II – 19/11/2010 n. 4662).

7. Nessuna conseguenza può scaturire dall’esito del ricorso straordinario promosso avverso la nota 3/11/2009: gli obblighi contestati in questa sede sono stati infatti ribaditi con la successiva lettera del 25/11/2009, che non risulta impugnata.

In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna parte ricorrente a corrispondere all’amministrazione resistente la somma di 3.500 Euro a titolo di competenze ed onorari di difesa, oltre agli eventuali oneri di legge.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *