Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-10-2011) 24-11-2011, n. 43355Libertà di circolazione e soggiorno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 24.5.2011 la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del 2.7.2010 del Tribunale di Milano con la quale K.A. era stato condannato alla pena di mesi 4 di arresto ed Euro 3.333,00 di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 12, per aver occupato alle sue dipendenze il cittadino extracomunitario M.G., privo di permesso di soggiorno, impiegandolo al banco di macelleria; accertato il (OMISSIS).

Gli ufficiali dell’Ispettorato del Lavoro, recatisi nel minimarket dell’imputato, avevano trovato il suddetto straniero extracomunitario intento al taglio della carne, mentre alla cassa vi era il fratello dell’imputato.

Lo straniero aveva dichiarato che quel giorno era il suo primo giorno di lavoro e che non erano state stabilite precise pattuizioni sulla durata e retribuzione.

La Corte territoriale riteneva inattendibile la versione dell’imputato, secondo la quale M.G. era un amico che occasionalmente lo stava aiutando a spostare delle casse, e dalle dichiarazioni del predetto e da quanto accertato dagli Ispettori deduceva che lo stesso stesse svolgendo un lavoro alle dipendenze dell’imputato.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione della legge penale e per carenze della motivazione del provvedimento impugnato.

Nei motivi di ricorso si sostiene che nel caso di specie mancherebbero gli elementi per ritenere che il predetto extracomunitario possa essere qualificato un dipendente dell’imputato.

Per l’instaurazione di un rapporto subordinato, la prestazione deve essere svolta sotto la direzione del datore di lavoro; deve essere predeterminata la durata; deve essere stabilita la retribuzione; vi deve essere l’osservanza di un orario di lavoro.

Secondo il ricorrente, nessuno dei predetti elementi ricorreva nel caso di specie, in quanto non risultava che M.G. avesse ricevuto un particolare incarico; non risultavano accordi sulla durata del lavoro, sulla retribuzione e sull’orario di lavoro.

Secondo la difesa, in buona sostanza, vi sarebbe stata da parte del predetto solo una prestazione volontaria e occasionale che non rientra nella fattispecie di reato contestata.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati. La sentenza impugnata è giunta alla conclusione che il cittadino extracomunitario M.G., pacificamente privo di permesso di soggiorno non fosse occasionalmente presente nella macelleria, esaminando tutte le risultanze, dalle quali, con motivazione ineccepibile dal punto di vista logico giuridico, ha tratto la convinzione che il predetto stesse svolgendo una prestazione di lavoro alle dipendenze dell’imputato.

In particolare, ha dedotto che il G. fosse un dipendente dell’imputato dal tipo di lavoro che stava svolgendo all’atto dell’ispezione nel minimarket dell’Ispettorato del Lavoro; dalle inverosimili dichiarazioni rese dall’imputato e dal di lui fratello;

dalle stesse dichiarazioni del G., che aveva ammesso che quello era il suo primo giorno di lavoro.

Correttamente la sentenza ha poi affermato che la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato può dedursi dalla mera prestazione d’opera di fatto, dovendosi assumere dalla contrattazione collettiva del settore gli elementi regolatori della fattispecie concreta.

La Corte d’appello ha, infine, completato il quadro indiziario a carico dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, osservando che dalla visura camerale risultava che alle dipendenze dell’imputato non vi erano lavoratori dipendenti e che all’atto dell’ispezione gli operanti avevano notato due addetti al negozio allontanarsi precipitosamente, alla vista degli ispettori.

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, e al rigetto del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2011

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