Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9307

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Terni, accogliendo la domanda avanzata da B.G. e da Ba.Al., comproprietari di un immobile confinante con altro di proprietà di S.P., condannava quest’ultima ad obblighi di facere, per rimuovere i danni procurati al muro degli attori, e al risarcimento, pari a circa Euro 2.000,00, dei danni subiti dagli attori in ordine ad altri manufatti (legnaia e scala).

2. La Corte di appello di Perugia rigettava l’appello proposto dalla S. (sentenza del 17 marzo 2008).

Avverso la suddetta sentenza la S. propone ricorso per cassazione con tre motivi, esplicati da memoria.

B. e Ba. resistono con controricorso e producono memoria.

Motivi della decisione

Il collegio ha disposto l’adozione di una motivazione semplificata.

E’ applicabile ratione temporis l’art. 366-bis cod. proc. civ..

1. Con il primo motivo, si deduce la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ., unitamente a omessa motivazione (art. 360, n. 5). Si formula il seguente quesito di diritto: "…se il requisito della specificità dei motivi previsto nell’art. 342 c.p.c., è soddisfatto anche quando nell’atto di appello viene effettuato un rinvio a singoli atti del processo che sono noti, quali consulenze tecniche di parte, tali da consentire al giudice, attraverso l’esame degli stessi, di acquisire gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dei termini della controversia e dello volgimento del processo".

1.1. Il motivo è inammissbile per più ragioni.

La sentenza di merito ha ritenuto inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di appello che affermava non condivisibili gli assunti della consulenza, rinviando "…in modo del tutto generico – ad un atto estraneo all’appello per l’individuazione delle specifiche critiche".

1.2. Il quesito è inconferente rispetto al decisum. Nel ritenere mancante di specificità il motivo di appello, la Corte di merito – sia pure con motivazione sintetica – ha dato rilievo alla circostanza che il motivo si limitava a denunciare la non condivisibilità delle conclusioni della consulenza e a rinviare genericamente, per le critiche alla stessa, ad altro atto (la consulenza di parte). Alla base della decisione della Corte, non vi è la circostanza del rinvio "ad altro atto" (come dedotto nel quesito) ma, piuttosto, la genericità della critica, solo rivolta alla consulenza, e la genericità del richiamo. In sostanza, la mancanza di specificità di censure riferibili alla sentenza oggetto dell’impugnazione.

1.3. Inoltre, si deduce contemporaneamente una violazione processuale sotto il profilo del difetto di motivazione; prospettazione ritenuta inammissibile dalla costante giurisprudenza di legittimità.

1.4. Infine, il profilo difetta del tutto di autosufficienza, non essendo riprodotto il motivo di appello che, al contrario di quanto ritenuto dal giudice del merito, sarebbe dotato dei caratteri di specificità.

2. Con il secondo motivo, si deduce omessa motivazione per non avere la Corte di merito preso in considerazione le critiche mosse dal consulente tecnico di parte alla consulenza tecnica.

2.1. Il motivo è inammissibile, innanzitutto, per la mancanza del necessario momento di sintesi, richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimità, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ..

3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1226 cod. civ. e omessa motivazione in ordine alla quantificazione del danno. Si conclude con il seguente quesito: "..se il Giudice di merito possa, ovvero no, senza adeguata motivazione, integrare con valutazioni equitative le conclusioni della consulenza tecnica che di per sè sono insufficienti a fornire la prova del preciso ammontare del danno risarcibile".

3.1. Il motivo è inammissibile per inadeguatezza del quesito, che si traduce in una petizione di principio, priva di specificità rispetto alla fattispecie concreta, inidonea a comprendere la violazione di legge che avrebbe posto in essere la Corte di merito.

Inoltre, rispetto al prospettato vizio motivazionale, manca il momento di sintesi richiesto dall’art. 366-bis cod. proc. civ..

4. In conclusione, il ricorso è inammissibile; le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna S.P. al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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