Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-10-2011) 24-11-2011, n. 43652 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 18 maggio 2011, il tribunale della Libertà di Lecce ha annullato su riesame richiesto da T.A., la ordinanza del Gip di quel Tribunale con cui gli era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere limitatamente al reato associativo finalizzato al narco traffico, mentre ha confermato la applicazione della stessa per la fattispecie di cessione continuata di stupefacenti, commessa in (OMISSIS).

Il tribunale condivideva la ricostruzione della vicenda, come eseguita dal Gip alla cui ordinanza rimandava. Risultava, infatti, dal compendio delle intercettazioni in atti, cui erano di riscontro le operazioni di polizia sul territorio, che si era formato negli anni 2009-2010, un gruppo criminale, capeggiato da D.M., munito di una struttura organizzativa ben precisa, perchè aveva, accanto al vertice organizzativo, individuato nel D. ed nei suoi più stretti collaboratori, ossia la moglie P.E., M.A., B.P., S.L., anche altri soggetti, fra i quali il T.A., addetti allo spaccio nel territorio di loro competenza ed al recupero dagli acquirenti dei relativi crediti per conto della associazione; il ricorrente, però, non risultava inserito nella rete dei pushers, avendo solo rapporti con il D., sicchè mancava la necessaria consapevolezza di essere un componente della vasta organizzazione facente capo a quest’ultimo.

Analizzate le conversazioni intercettate sui cellulari degli indagati, in varie giornate a far tempo dal novembre e sino al 20 gennaio 2010, data in cui egli aveva interrotto qualsiasi contatto con il D. e non aveva posto in essere alcuna attività, rilevava che il T. era stato sicuramente in quel periodo uno spacciatore al minuto e che permaneva la esigenza special-preventiva, stante la elevata quantità di episodi commessi in un significativo e recente arco di tempo.

2. Ricorre il T. e deduce con il primo motivo vizio della motivazione relativa alla possibile reiterazione dei reati, perchè non ha tenuto conto della risalenza nel tempo dei fatti e della condotta successiva al reato, esente da illeceità e perciò dimostrativa della fallacia della prognosi negativa; peraltro, egli sottolinea il dato- acquisito come veritiero dallo stesso tribunale, della interruzione dei rapporti con il D. nel 2010; poichè, comunque, egli aveva effettuato delle cessioni occasionali per quantità modeste, tali da far fondatamente ritenere possibile la concessione dell’attenuante speciale con la inflizione di pena contenuta nei limiti della sospensione condizionale della pena, deduce che mancano del tutto i presupposti per la massima misura.

Con il secondo motivo, si duole della individuazione della serie indiziaria, a suo dire illogicamente individuata, posto che la lettura delle conversazioni registrate con il D. attesterebbe la comune passione per i motori e le parti meccaniche di questi, in assenza di riscontri significati dell’asserto traffico, che comunque è riconducibile nella ipotesi di lieve entità.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. La seconda doglianza, che nell’ordine logico delle questioni, è da esaminare preliminarmente, in realtà propone una lettura riduttiva ed alternativa delle conversazioni in atti, tale da interpretare i termini, che il tribunale ha ritenuto criptici e decifrato a conferma della ipotesi accusatoria, secondo un senso, "letterale", che escluderebbe lo spaccio ed attesterebbe la passione comune con il D. per le moto ed i motori.

3. Tale prospettiva di riesame nel merito dei dati acquisiti esula dal sindacato di questa Corte; in sede di legittimità, il controllo sulla motivazione,a seguito della riforma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il vizio di omessa motivazione può essere dedotto solo quando il giudice di merito ha ingiustificatamente negato l’ingresso nella sua decisione ad un elemento di prova, risultante dagli atti processuali, dotato di efficacia scardinante dell’impianto motivazionale, non invece quando il giudice di merito ha dato, coerentemente ed esaustivamente, una valutazione degli elementi di prova diversa da quella prospettata dal ricorrente. Parimenti, l’illogicità manifesta e la contraddittorietà della motivazione sussistono quando gli altri atti del processo, specificamente indicati nel gravame, inficiano radicalmente, dal punto di vista logico, l’intero apparato motivazionale e non invece quando sono stati coerentemente ed adeguatamente valutati nel provvedimento di merito, seppure in modo diverso rispetto alla tesi prospettata.(sez 6 n.35964 del 2006) 4. Nel caso in esame, la motivazione del tribunale distrettuale risponde ai detti requisiti di completezza e logicità, e non può, dunque, essere messa in discussione: infatti, la decriptazione dei dialoghi è stata correttamente fondata sulla considerazione che, senza la lettura in filigrana degli stessi con riferimento ad attività illecita, il discorso fra i colloquianti non aveva alcuna coerenza e soprattutto la comune passione per l’ambiente motoristico non giustificava i riferimenti espliciti al denaro da raccogliere, alla qualità buona di improbabili oggetti, quali la "carta per i palloni", a numeri di cose da consegnare, che in assenza di comuni altri leciti affari, non possono che riferirsi a dosi da distribuire.

5. Parimenti manifestamente infondato è il motivo concernente la adeguatezza della misura: in primo luogo, invano il T. richiama la lontananza nel tempo della sua attività di spaccio, posto che come risulta in atti essa non è affatta risalente nel tempo, sicchè il decorso dello stesso resta un elemento scarsamente incidente sulla la verifica circa l’attualità della misura carceraria, che il giudice distrettuale ha correttamente operato. Il Tribunale ha, infatti, messo in evidenza, e lo ha argomentato adeguatamente, che la condotta del T. non era nè occasionale, nè di minima importanza e ha formulato pertanto una diagnosi di proclività a delinquere che escludeva la gradazione della cautela ed imponeva la massima misura.

6. La motivazione è in linea con il principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di misure cautelari, l’adeguatezza esclusiva della custodia cautelare in carcere, per quanto specificamente riguarda le esigenze di prevenzione di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) può essere ritenuta quando elementi specifici, inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità del soggetto indichino quest’ultimo come propenso all’inosservanza degli obblighi connessi di una diversa misura (in termini, ex multis, Sez. 2, sentenza 5699 del 21/10/1997 – 21/11/1997 rv. 209028).

7. Orbene, se si considera che in base alla ricostruzione del fatto compiuta dai giudici del merito, costui nella sua attività in favore del D. aveva avuto un ruolo costante e che la sospensione della stessa era avvenuta a seguito di un intervento mirato della Polizia Giudiziaria, non ha ragione il ricorrente di lamentarsi della connotazione di notevole rilevanza della sua condotta, espressa con argomentazioni soddisfacenti dal profilo logico e fattuale e perciò insindacabile.

8. Va da sè poi che le ulteriori deduzioni in ordine alla concedibilità di attenuati e di possibile conseguente accesso al beneficio della sospensione condizionale della pena nel tema di procedimento cautelare sono estranee all’ambito del giudizio della Corte di cassazione sulla decisione di riesame del provvedimento applicativo della misura cautelare, perchè è questione che attiene al merito, mentre il controllo di legittimità è limitato alle ragioni giustificatrici della misura adottata.

9- Il T., a sensi dell’art. 616 c.p.p., è da condannare al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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