T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 30-12-2011, n. 1836

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decreti del 4 e 6 ottobre 2011 il Questore e il Prefetto di Cremona hanno rispettivamente revocato la licenza di porto di fucile per uso caccia intestata al ricorrente G.P. e imposto allo stesso la cessione delle armi e delle munizioni a terzi non conviventi entro il termine di 60 giorni.

2. Queste misure sono state adottate ai sensi degli art. 394043 del RD 18 giugno 1931 n. 773 in seguito alla denunciaquerela per lesioni presentata da un collega di lavoro del ricorrente, H. M., per un episodio avvenuto l’8 settembre 2011 verso le ore 12.45. Entrambi i soggetti coinvolti lavoravano al nastro disosso spalle presso la Cooperativa Produttori Suini ProSus di Vescovato. In tale occasione il ricorrente ha colpito con uno schiaffo il collega procurandogli lesioni giudicate guaribili in 7 giorni.

3. Contro i suddetti provvedimenti il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 4 novembre 2011 e depositato l’11 novembre 2011. Le censure ruotano attorno alla violazione delle garanzie procedimentali (per mancanza della comunicazione di avvio del procedimento) e al travisamento dei fatti. In particolare il ricorso offre una versione di quanto accaduto alternativa a quella del signor M. e così sintetizzabile: (a) prima del contatto fisico il collega avrebbe rivolto pesanti offese al ricorrente accusandolo di avergli lanciato contro un osso; (b) a tali offese il ricorrente non avrebbe risposto; (c) il ricorrente avrebbe colpito il collega percependo un pericolo per la propria incolumità, in quanto il collega si sarebbe diretto con fare minaccioso verso lo sterilizzatore, dove sono custoditi i coltelli.

4. L’amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

5. Questo TAR con ordinanza n. 894 del 1 dicembre 2011 ha disposto istruttoria sia nei confronti dell’amministrazione sia a carico del ricorrente. A quest’ultimo è stato chiesto di produrre gli atti del procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti dal datore di lavoro, e segnatamente le deposizioni dei colleghi dallo stesso ricorrente indicati nella nota difensiva del 14 settembre 2011.

6. La Questura ha ottemperato depositando in data 12 dicembre 2011 una relazione con in allegato (a) la denunciaquerela del lavoratore colpito dal ricorrente, (b) il referto del Pronto Soccorso degli Istituti Ospitalieri di Cremona, (c) la deposizione resa ai carabinieri della Stazione di Ribecco D’Oglio il 26 settembre 2011 dal signor F. C., collega del ricorrente.

7. Il ricorrente ha depositato una memoria con documenti in data 7 dicembre 2011. Da questa produzione emerge che il procedimento disciplinare si è concluso senza alcun provvedimento, in quanto il ricorrente si è dimesso volontariamente il 14 ottobre 2011 per essere poi assunto da altra cooperativa del medesimo settore produttivo. Non sono quindi state raccolte le deposizioni dei lavoratori indicati dal ricorrente.

8. Così definito il quadro fattuale, sulle questioni che rilevano ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) la mancata comunicazione di avvio del procedimento costituisce indubbiamente una lesione delle garanzie procedimentali che, salvo nei casi di maggiore allarme sociale, devono essere assicurate anche prima dell’emanazione di decisioni relative alle armi;

(b) tuttavia per il principio ora codificato nell’art. 21octies comma 2 secondo periodo della legge 7 agosto 1990 n. 241 le violazioni formali possono essere superate dalla prova di resistenza del provvedimento finale data in sede giudiziale. Occorre quindi valutare se gli elementi raccolti nel presente giudizio siano idonei a corroborare le decisioni delle autorità di pubblica sicurezza, o se al contrario rappresentino materiale istruttorio che avrebbe potuto condurre in sede amministrativa a una soluzione completamente diversa;

(c) passando al merito, le conseguenze dell’azione del ricorrente sono documentate e non sembrano derubricabili a contatto fisico innocuo o privo di importanza. La deposizione del signor C., che ha assistito da vicino alla scena, descrive un "forte schiaffo sul viso a mano aperta", e il referto del Pronto Soccorso indica i postumi di una percossa ("trauma craniofacciale con dolore ATM bilateralmente in esiti di riferite percosse opera terzi sul lavoro – Inail’);

(d) è verosimile che dopo essere stato colpito dall’osso lanciato dal ricorrente il signor H. abbia espresso delle rimostranze e che vi siano state frasi offensive, ma il punto che qui interessa è la capacità del possessore di armi di non reagire in modo violento alle aggressioni verbali, anche se ritenute ingiuste o sproporzionate. La capacità di contenere l’impulsività e di non cedere alle provocazioni rientra pienamente nel giudizio di affidabilità in materia di armi;

(e) naturalmente la situazione cambia se sussistono i presupposti della legittima difesa, anche putativa, contro un’aggressione fisica. Al riguardo tuttavia la deposizione del signor C. non è favorevole alla tesi del ricorso. Non vi sono infatti riferimenti a circostanze che rivelino un pericolo di aggressione con il coltello a danno del ricorrente. Il diverbio tra il ricorrente e il signor H. appare invece bilaterale sia sul piano fisico ("entrambi si spingevano sia con la testa che con la spalla") sia sul piano verbale ("gli stessi parlavano tra di loro gesticolando animatamente"), e da questa situazione di tensione è scaturita, senza soluzione di continuità, la percossa ("a quel punto ho visto il P.G. che si avventava contro il M. H.");

(f) tutte le azioni caratterizzate da violenza sono idonee a sostenere un giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi. Poiché le valutazioni delle autorità di pubblica sicurezza sono necessariamente preventive, a tutela dell’incolumità delle persone, non esiste una vera soglia minima di rilevanza dei fatti su cui si basano la revoca del porto d’armi e l’ordine di cessione. Dunque anche episodi di conflitto interpersonale non particolarmente gravi possono giustificare l’interdizione dell’uso o della detenzione delle armi;

(g) nel caso specifico le dimissioni del ricorrente cancellano un elemento problematico, in quanto non dovrebbe più presentarsi in futuro la situazione di vicinanza con il collega di lavoro protagonista dell’episodio in questione. Tuttavia questa circostanza da sola non è sufficiente a travolgere i provvedimenti impugnati, in quanto deve trascorrere ora un tempo ragionevole per consentire alle autorità di pubblica sicurezza di riesaminare la posizione del ricorrente sulla base di un quadro informativo ampio e dettagliato, anche con riguardo al comportamento tenuto nel nuovo ambiente di lavoro.

9. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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