Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9304 Canone

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

B.R.A., B.P. e B.A. M., con atto del 9 aprile 1996, intimarono sfratto per morosità a M.R., conduttore di un capannone di loro proprietà destinato a deposito merce, contestualmente citandolo per la convalida innanzi al Tribunale di Foggia, sez. dist. di San Severo.

Dedussero che il (OMISSIS) il predetto immobile era stato gravemente danneggiato da un incendio e che, a partire dalla quella data, il locatario nè aveva pagato i canoni di locazione, nè lo aveva restituito.

Il convenuto contestò le avverse pretese. Offrì la restituzione del cespite, evidenziando di avere più volte comunicato alla controparte la propria disponibilità a dismetterne la detenzione. Affermò di nulla dovere, perchè il contratto si era risolto per impossibilità sopravvenuta della prestazione a lui non imputabile, essendo stato l’incendio cagionato dalla condotta di terzi.

Con autonomo ricorso i medesimi attori, dato atto della avvenuta restituzione del capannone, chiesero di condannare il conduttore, in proprio e quale legale rappresentante di Mazzeo Giocattoli s.r.l. al risarcimento dei danni e al pagamento dei canoni rimasti insoluti.

Il M.o, costituitosi in giudizio, si oppose anche a questa domanda. Quale amministratore di Mazzeo Giocattoli s.r.l. chiese ed ottenne di chiamare in causa Lloyd Adriatico s.p.a., per esserne manlevato in caso di soccombenza.

Riunite le due cause, il giudice adito, con sentenza del 25 maggio 2006, dichiarò risolto il contratto per inadempimento del conduttore, per l’effetto condannando il convenuto, in proprio e nella qualità, al pagamento dei canoni non corrisposti nonchè della somma di Euro 99.857,98, a titolo di risarcimento danni; condannò altresì la chiamata Lloyd a tenere indenne l’assicurata.

Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d’appello di Bari, in data 17 dicembre 2009, per quanto qui interessa, ha confermato la sola condanna del M. alla corresponsione dei canoni di locazione dal 18 gennaio al 18 maggio 1996, mentre ha rigettato ogni altra domanda, sia principale, che di garanzia.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte B.R.A., B.P. e B.A. M., affidando le loro doglianze a quattro motivi.

Resistono con distinti controricorsi Allianz s.p.a. (già R.A.S. s.p.a., conferitaria dell’Azienda Lloyd Adriatico s.p.a.) e M. R. in proprio.

Il ricorrente ed Allianz hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Nel dare conto del suo convincimento la Curia territoriale, premesso che il giudice di prime cure, con motivazioni carenti, apodittiche e contraddittorie, non aveva attribuito alcun valore probatorio alla richiesta di rinvio a giudizio formulata in data 3 ottobre 1996 dal GUP del Tribunale per i minorenni di Bari nei confronti di D.G., per l’incendio doloso del capannone, ed aveva altresì ritenuto tardiva la produzione in giudizio della sentenza di condanna emessa in data 16 gennaio/10 aprile 2001; ricordati gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in punto di regime delle preclusioni probatorie nel rito del lavoro, applicabile anche alle controversie in tema di locazioni (confr. Cass. civ. n. 8202 del 2005 e Cass. civ. 25777 del 2009), ha evidenziato: a) che, sin dall’atto della sua costituzione, Lloyd Adriatico s.p.a. aveva eccepito che l’incendio del capannone non era imputabile nè al M. nè alla società di cui era legale rappresentante, essendo stato il fuoco dolosamente appiccato da D.G. e da R.G., come emergeva dalla richiesta di rinvio a giudizio del primo, contestualmente depositata dalla chiamata; b) che in tale contesto la produzione dieci giorni prima dell’udienza di discussione della sentenza del Tribunale per i minorenni di condanna di D.G., confermata dalla Corte d’appello il 6 dicembre 2002 e divenuta irrevocabile il 10 marzo 2004, a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione, non era da reputarsi tardiva, essendo giustificata dal tempo della sua formazione ed essendo altresì pacifico che la parte non aveva potuto produrla prima per causa ad essa non imputabile; c) che doveva del pari ritenersi ammissibile la produzione nel giudizio di gravame delle sentenze pronunciate nei confronti del coimputato maggiorenne R.G., posto che la decisione di condanna della Corte d’appello, e la successiva pronuncia della Corte di cassazione, dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso contro la stessa proposto, erano intervenute dopo la proposizione del ricorso in appello; d) che, in ogni caso, il sistema di preclusioni delineato dal legislatore processuale era temperato dal potere officioso del giudice di ammettere, sia pure nell’ambito dei fatti allegati dalle parti ed emersi nel corso del processo, nuovi mezzi di prova ritenuti indispensabili ai fini della decisione; e) che l’accertamento della responsabilità di terzi nell’eziologia dell’incendio era indubbiamente rilevante, ai fini della soluzione della controversia;

f) che, identificata la causa dell’evento lesivo in un fatto specifico, in alcun modo riferibile al conduttore o a dipendenti, collaboratori o clienti dello stesso, doveva ritenersi superata la presunzione di responsabilità stabilita dall’art. 1588 cod. civ..

2. Di tali affermazioni si dolgono dunque gli impugnanti, assumendo che la scelta decisoria del giudice a quo sarebbero frutto di vari errores in iudicando, oltre a essere affetta da vizi motivazionali.

Segnatamente, con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 437 cod. proc. civ., comma 2, in relazione all’art. 414 cod. proc. civ., n. 5 e art. 434 cod. proc. civ., comma 1; dell’art. 101 cod. proc. civ. e art. 87 disp. att. cod. proc. civ., omessa e/o insufficiente motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo, quale l’eccezione di decadenza degli appellanti dalle produzioni documentali, depositate in giudizio in data successiva alla proposizione del gravame.

Secondo gli esponenti l’acquisizione di tali prove sarebbe avvenuta in violazione sia del sistema di preclusioni sancito dal codice di rito, sia, più radicalmente, delle regole del contraddittorio, posto che i documenti erano stati inseriti nel fascicolo di Lloyd in un momento imprecisato e al di fuori dell’udienza. In ogni caso solo con note di deposito notificate in data 22 gennaio 2007 e 30 aprile 2008, le sentenze di condanna e del minore D.G. e del maggiorenne R.G., con le attestazioni che ne dimostravano il passaggio in giudicato, erano state esibite in copia autentica, benchè indiscutibilmente trattavasi di documenti formatisi prima della proposizione dell’appello. Nè alcunchè aveva ritenuto il giudice a quo di dover dire sull’eccezione di decadenza, tempestivamente sollevata dagli appellati.

3 Le critiche sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate.

Le doglianze volte a far valere il mancato rispetto del principio del contraddittorio sono, all’evidenza, speciose, in quanto la stessa formulazione di un’eccezione di decadenza, pretesamente ignorata dal giudice di merito, dimostra che quei documenti furono comunque acquisiti al giudizio, indipendentemente dalla regolarità del loro inserimento nel fascicolo di parte.

In particolare, per quanto riguarda gli atti processuali dimostrativi dell’esclusiva responsabilità, nella causazione dell’incendio, di d.G., persona estranea al conduttore e ai suoi ausiliari, la Corte territoriale ha segnatamente evidenziato che essi erano già stati prodotti, quanto alla richiesta di rinvio a giudizio, sin dall’atto di costituzione in primo grado) quanto agli altri, dieci giorni prima dell’udienza di discussione; e tanto in ragione della data della loro formazione e comunque della pacifica sussistenza di una causa, non imputabile alla parte, ostativa a che la produzione avvenisse nel rispetto del regime di preclusioni sancito dal codice di rito.

4. In realtà le contestazioni dei ricorrenti sembrano radicarsi soprattutto sui tempi di produzione delle copie autentiche degli atti processuali in discorso, senza considerare che ai fini della tempestività, non ha alcuna rilevanza che il documento venga versato in atti in copia fotostatica, posto che l’eventuale disconoscimento non esclude il valore della fotocopia, ma determina l’onere per chi l’ha prodotta di dimostrarne la conformità all’originale (confr.

Cass. civ. 2 febbraio 2009, n. 2590; Cass. civ. 26 novembre 26 novembre 2009, n. 24940).

5. A ciò aggiungasi che i ricorrenti neppure prendono posizione sul richiamo, centrale nell’iter motivazionale della sentenza impugnata, ai poteri officiosi di ammissione dei mezzi di prova indispensabili ai fini della decisione, riconosciuti dall’art. 437 cod. proc. civ., comma 2, poteri dei quali la Curia territoriale ha dichiaratamente inteso fare uso. Di talchè le critiche sono, sul punto, aspecifiche.

6. Infine, nessun rilievo può attribuirsi alla mancanza di una espressa pronuncia sulla eccezione di decadenza, pacifico essendo che il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 cod. proc. civ., n. 4, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (Cass. civ., 20 gennaio 2010, n. 868; Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 407).

7. Si prestano a essere esaminati congiuntamente, in quanto intrinsecamente connessi, i successivi due motivi di ricorso.

7.1 Con il secondo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 654 cod. proc. pen., in relazione all’art. 1588 cod. civ., nonchè vizi motivazionali, con riferimento alla eccezione di inopponibilità, nei loro confronti, del giudicato penale relativo a D. G. e a R.G..

7.2 Con il terzo lamentano violazione dell’art. 1588, in relazione all’art. 2051 cod. civ.. Sostengono di avere già evidenziato con le note depositate nel giudizio di appello come, dalla lettura della motivazione della sentenza penale di primo grado pronunciata nei confronti di R.G., emergesse che l’incendio era, per il M., evento prevedibile ed evitabile, essendo dipeso dalla denuncia per mancata emissione degli scontrini fiscali presentata dal M. nei confronti del R., notissimo pregiudicato della zona, denuncia che aveva scatenato la reazione dello stesso.

6. Anche tali censure sono prive di pregio.

A prescindere dai profili di novità della questione della inopponibilità del giudicato penale, la quale non risulta in alcun modo trattata nella sentenza impugnata, sta di fatto che il giudice di merito non ha risolto la fattispecie dedotta in giudizio sulla base di un’automatica applicazione delle sentenze di condanna emesse nei confronti del D. e del R., ma, ai fini della decisione sull’addebitabilità al conduttore dell’incendio insorto nell’immobile locato, ha valutato criticamente i risultati degli accertamenti condotti in sede penale. In tale contesto, ha segnatamente valorizzato la circostanza, emergente dalle deposizioni testimoniali acquisite, che il fuoco era stato appiccato fuori dell’orario di lavoro e di apertura al pubblico, e che nessuno dei due condannati era dipendente, collaboratore o cliente del M..

Siffatto apparato motivazionale, logicamente coerente, esente da aporie e da contrasti disarticolanti con il contesto fattuale di riferimento, resiste, a giudizio del collegio, alle critiche formulate in ricorso. Nè appaiono condivisibili i rilievi degli impugnanti, in punto di prevedibilità e prevenibilità dell’evento da parte del conduttore, il quale, avendo denunciato il R., avrebbe poi dovuto adottare eccezionali cautele per neutralizzarne la scontata ritorsione: non par dubbio, infatti, che l’incendio del capannone ove era ubicata l’attività imprenditoriale del M. costituì reazione del tutto abnorme, la cui configurabilità in termini di evento eccezionale esclude qualsivoglia nesso eziologico tra l’incendio e la condotta del conduttore.

Entrambi i motivi vanno pertanto respinti.

7. Con il quarto mezzo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., perchè la Corte d’appello, pur avendo confermato la condanna del M. alla corresponsione delle somme dovute a titolo di canoni dal 18 gennaio 1996 al 18 maggio successivo, pari a complessivi Euro 1.860,00, aveva incredibilmente posto a carico degli appellati le spese di entrambi i gradi del giudizio.

8. Le critiche, ancora una volta, non colgono nel segno.

Nel motivare la scelta decisoria adottata, ha osservato il decidente che, benchè andasse confermata la condanna del M. al pagamento dei canoni maturati dopo il dissequestro del capannone, in ogni caso, essendo state le domande proposte dai B. in buona parte rigettate – essendo stata, in particolare, rigettata quella di risarcimento danni, quantificata in L. 206.000.000, nonchè quella di pagamento dei canoni dal 17 gennaio 1995 al 17 gennaio 1996 – le spese andavano poste a loro carico, in considerazione della soccombenza, del tutto prevalente, degli stessi.

9. Ritiene il collegio che le ragioni addotte dal giudice di merito a sostegno del suo convincimento siano corrette sul piano logico e giuridico.

Non può invero negarsi l’assoluta preponderanza del peso delle domande respinte, rispetto alla frazione di quella accolta, di talchè nella statuizione impugnata non appare francamente ravvisabile una violazione del principio della soccombenza. Del resto, si ricorda, in materia di spese processuali, l’identificazione della parte soccombente è rimessa al potere decisionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, con l’unico limite della violazione del principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (confr. Cass. civ. 16 giugno 2011, n. 13229).

10. In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.

L’alterno esito delle fasi di merito consiglia di compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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