Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-09-2011) 24-11-2011, n. 43636

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Z.S. avverso la sentenza emessa in data 22.1.2010 dal Giudice di pace di Gradisca d’Isonzo con la quale Z.S. è stato condannato, con circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 300,00 di multa per il delitto di lesioni colpose in danno di S. D. che veniva aggredito e morso da uno di tre cani lasciati liberi all’interno nel piazzale deposito autocarri con accesso negli uffici della ditta del medesimo imputato, nonchè destinatario della sanzione pecuniaria di Euro 75,00 per l’illecito amministrativo di cui all’art. 672 c.p. (fatto del (OMISSIS)).

Deduce la violazione di legge anche sotto il profilo della ricorrenza della condizione di procedibilità ed il vizio motivazionale in relazione all’art. 530 c.p.p., contestando l’iter logico seguito dal Giudice di merito; nonchè la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine agli artt. 132 e 133 c.p. circa la misura della pena.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto.

La prima censura è di mero fatto, laddove tende a sovrapporre una diversa valutazione dei fatti ed una diversa ricostruzione del sinistro, rispetto a quella motivatamente fatta dal Giudice di merito che, per un verso, ha valutato con attenzione e correttezza il tenore della richiesta di punizione contenuta a verbale raccolto dai Carabinieri apprezzandola come valida querela e nella ricostruzione dei fatti ed accertamento della responsabilità si è basato su dati ben precisi quali riferiti dalla persona offesa riscontrata dal referto medico.

Del resto, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. 5, n. 39048 del 25.9.2007, Rv. 238215). Nè risulta rispettato il principio di cd. autosufficienza del ricorso, costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p., n. 5 e, dalla giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale, con la conseguenza che, quando si lamenti la omessa valutazione o il travisamento del contenuto di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi o allegazione di copia integrale di essi in modo da rendere possibile il completo apprezzamento del vizio dedotto (cfr. Cass. pen. Sez. 4, 26.6.2008 n. 37982 Rv. 241023; Sez. 1, 22.1.2009, n. 6112, Rv.

24322).

E’ destituita di fondamento anche la seconda doglianza.

La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’articolo 133 c.p. (cfr., ex plurimis, Sez. 4, n. 41702 del 20.9.2004, Rv 230278).

Peraltro, nel caso di specie, ai sensi del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 52, comma 2, lett. a), essendo prevista per il delitto di cui all’art. 590 c.p., rientrante nella competenza del giudice di pace, la pena alternativa della reclusione o della multa, la pena applicabile è quella pecuniaria della specie corrispondente da Euro 258 ad Euro 2582.

Ne discende la corretta determinazione della pena in Euro 300 di multa, contenuta, quindi, in misura prossima al minimo di legge.

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *