Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9301 Falsità in scrittura privata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 11051/2005 il Tribunale di Roma – decidendo sull’opposizione proposta da P.A. avverso il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di L. 7.000.000 emesso a istanza dell’avv. B.B. in forza di scrittura privata, contenente "dichiarazione di prestito" in data 11.01.2000 – accoglieva la querela di falso, proposta in via incidentale avverso detta scrittura, dichiarando la falsità del documento e ordinando la cancellazione dello stesso; accoglieva, quindi, l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo opposto e condannando l’avv. B. al pagamento delle spese processuali.

La decisione, gravata da impugnazione dell’avv. B.B., era confermata dalla Corte di appello di Roma, la quale con sentenza in data 01.04.2009 condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’avv. B.B., svolgendo quattro motivi.

Ha resistito P.A., depositando controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o errata applicazione (art. 360 cod. proc. civ., n. 3), nullità del procedimento (art. 360 cod. proc. civ., n. 4) in relazione agli artt. 165 e 645 cod. proc. civ., per difetto di costituzione tempestiva dell’opponente. Al riguardo parte ricorrente – richiamati i principi espressi da SS.UU. 2010 n. 19246 – rileva che l’opponente, dopo aver notificato l’atto di citazione in opposizione in data 03.10.2001 si è costituita in data 11.10.2001, dopo il decorso del termine "dimezzato" di cui all’art. 165 cod. proc. civ., con la conseguenza che avrebbe dovuto essere dichiarata l’improcedibilità dell’opposizione.

1.1. Il motivo è infondato alla luce della norma di interpretazione autentica dettata dalla L. 29 dicembre 2011, n. 218, art. 2, secondo cui "Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, l’art. 165 c.p.c., comma 1, si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’art. 163-bis c.p.c., comma 1". E poichè nel caso all’esame è pacifico – ed è comunque confermato dagli atti – che con l’atto di citazione in opposizione non venne assegnato all’opposto un termine inferiore a quello previsto dall’ari 165 cod. proc. civ., il termine di costituzione per l’opponente era quello ordinario, di fatto rispettato.

Il motivo va, dunque, rigettato.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2702, 2722 c.c., art. 2697 c.c., comma 2, artt. 2727, 2729 e 1988 cod. civ. (art. 360 cod. proc. Civ., n. 3).

Al riguardo parte ricorrente – premesso che colui che eccepisce l’abusivo riempimento di foglio firmato in bianco absque o sine pactis è tenuto a dimostrare sia che la firma venne apposta su foglio in bianco, sia che tale foglio venne riempito in assenza di qualsiasi patto, sia ancora l’assenza di qualsiasi obbligazione – deduce che, nel caso all’esame, la querelante non ha affatto provato di avere firmato dei fogli in bianco, essendosi, anzi, limitata a "non escludere" di avere sottoscritto in bianco dei fogli; lamenta, altresì, l’erroneità del ragionamento presuntivo, su cui poggia la decisione impugnata, asserendo che nessuno degli elementi evidenziati dalla Corte di appello (posizionamento del testo, firma spostata rispetto al testo e mancanza di prova del rapporto amicale) costituisce indizio, ma semplice congettura; in particolare la Corte territoriale sarebbe risalita a un fatto ignoto (abusivo riempimento), muovendo da altro fatto ignoto (mancanza di un rapporto amicale, che non sarebbe dimostrata).

2.1. Il motivo non merita accoglimento.

Invero la Corte territoriale non ha affatto esonerato la querelante dall’onere probatorio ad essa incombente, consistente nel dimostrare sia che la firma era stata apposta su foglio non ancora riempito, sia che il riempimento era avvenuto absque pactis (cfr. Cass. 18 febbraio 2004, n. 3155), ma ha, piuttosto, evidenziato come i due elementi non debbano essere apprezzati isolatamente, ben potendo trovare conforto l’apprezzamento probatorio dell’uno con quanto acclarato con riferimento all’altro. In tale prospettiva e sulla premessa che la P. nell’atto di opposizione aveva dedotto, sia pure a contrario, ("non escludendo"), di avere firmato fogli in bianco lasciati nella disponibilità dell’avv. B., i giudici di appello hanno evidenziato una serie di elementi idonei a integrare la prova presuntiva nei termini sopra precisati e segnatamente: le risultanze della c.t.u., da cui – pacifica la riferibilità della sottoscrizione alla P. – emergeva non solo la non riferibilità alla stessa del testo della "dichiarazione di prestito", ma anche l’incongruità della collocazione del testo e della sottoscrizione; l’emergenza dalla prova orale di una serie di circostanze incompatibili con l’esistenza di un rapporto amicale tra le parti, o almeno così intenso da giustificare la dazione di un prestito e, comunque, l’insussistenza di una palese situazione di difficoltà economica della P. tale da giustificare una richiesta di prestito così ingente; l’inconciliabilità logica tra l’asserita dazione del prestito di L. 7.000.000 e la circostanza, documentalmente provata che – proprio nel periodo intercorrente tra la dazione della somma e la data prevista per la restituzione – la P. avesse corrisposto all’avv. B. la somma di L. 1.853.100 a titolo di anticipo di spese giudiziali.

2.2. Si rammenta che in materia di presunzioni, è riservata al giudice di merito la valutazione discrezionale della sussistenza sia dei presupposti per il ricorso a tale mezzo di prova, sia dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, ovverosia come circostanze idonee a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit; mentre l’unico sindacato riservato in proposito al giudice di legittimità è quello sulla congruenza della relativa motivazione (Cass. 4 maggio 2005, n. 9225). Ne consegue l’inammissibilità, prima ancora che l’inconsistenza, della censura di violazione di legge formulata da parte ricorrente, per avere i giudici di appello posto, a fondamento della loro decisione, gli elementi presuntivi che, solo a soggettivo parere della stessa parte, costituiscono mere congetture. Invero – lungi dall’individuare i punti della sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme indicate in rubrica o, con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di questa Corte e/o della dottrina prevalente – il motivo si risolve, in realtà, nella (non più ammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti ormai definitivamente accertati in sede di merito, limitandosi nella sostanza parte ricorrente a invocare una diversa lettura delle risultanze come accertare e ricostruite nella sentenza impugnata.

3, Con il terzo (erroneamente in ricorso numerato come secondo) motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5). A tale riguardo parte ricorrente afferma che la Corte di appello, dopo avere affermato l’irrilevanza delle circostanze evidenziate dal c.t.u. al fine di desumerne l’abusivo riempimento, ha, poi, contraddittoriamente attribuito valenza alle stesse circostanze; deduce, inoltre, che dalla prova per testi non emerge alcun elemento per ritenere che tra le parti esistesse solo un rapporto professionale e che, in ogni caso, è illogico desumere dall’assenza del rapporto amicale tra le parti la prova dell’abusivo riempimento.

3.1. Il motivo è sostanzialmente ripetitivo del precedente e si caratterizza, al pari di quello, per la surrettizietà del vizio denunciato, posto che, nella sostanza, oggetto delle eensure mosse alla pronuncia di secondo grado non è altro che una richiesta di riesame del merito della vicenda.

Va qui ribadito che il vizio, in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dar luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass. 7 luglio 2005, n. 14306).

Invero le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione.

Orbene, come emerge dalla breve sintesi sopra riportata (sub 2.1.), la decisione all’esame è fondata su argomentazioni che si sottraggono al sindacato di legittimità essendo sufficienti (in realtà valutano esplicitamente od implicitamente tutte le problematiche sotto tutti i profili rilevanti), logiche, non contraddirtene.

In particolare non si ravvisa alcuna contraddizione nell’escludere che le risultanze della c.t.u. possano essere (di per sè) idonee a fornire la prova dell’abusivo riempimento e, nel contempo, nell’assumere le stesse risultanze come elementi concorrenti alla formazione della prova indiziaria. In realtà parte ricorrente isola e confonde i singoli elementi presuntivi che invece proprio dal loro complesso traggono la loro valenza probatoria.

Il motivo di ricorso va, dunque, rigettato.

4. Con il quarto (erroneamente numerato in ricorso come terzo) motivo si denuncia violazione ed errata ammissione della prova testimoniale per contrasto con le norme che la vietano (artt. 2722 e 2725 cod. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3). Al riguardo parte ricorrente – premesso che non si comprende se la Corte di appello abbia ritenuto che il foglio sia stato firmato contra pacta o sine pactis – osserva che nel primo caso non sarebbe stato assolto l’onere della prova; rileva, quindi, che il supposto riempimento poteva configurarsi come una violazione di patti intercorsi tra le parti ed osserva che le stesse dichiarazioni della P. in sede di interrogatorio facevano supporre un abuso di foglio firmato contra pacta; derivandone da tale premessa l’esigenza della prova documentale dell’accordo di riempimento e l’inammissibilità della prova testimoniale per violazione delle norme in rubrica.

4.1. Il motivo è inammissibile per inconferenza rispetto alle ragioni della decisione.

Innanzitutto è chiaro che il Tribunale, prima, e la Corte di appello, poi, hanno ritenuto che il motivo di opposizione si concretasse nell’allegazione dell’avvenuta sottoscrizione absque pactis e non già contra pacta e che su tale fondamento fosse proposta la querela di falso. Il Tribunale, inoltre, ha ammesso la prova testimoniale – per quanto è dato desumere dalle stesse deduzioni di parte ricorrente – in ordine alla natura del rapporto, amicale o meno, intercorso tra le parti; donde l’inconcludenza della dedotta violazione dei limiti della prova testimoniale.

Vero è che, a fronte dell’interpretazione data dai giudici del merito alla querela di falso, il ricorrente avrebbe dovuto censurare la sentenza impugnata, non già per violazione delle norme in rubrica, bensì per erronea interpretazione della domanda, facendo valere l'(eventuale) vizio di motivazione entro i limiti dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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