Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-09-2011) 24-11-2011, n. 43630

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.T. veniva condannato dal Tribunale di Vogherà alla pena ritenuta di giustizia – previa concessione delle attenuanti generiche valutate equivalenti all’aggravante contestata – per il reato di omicidio colposo secondo la seguente contestazione: perchè, procedendo alla guida dell’autoarticolato Scansa tg. (OMISSIS) con rimorchio (OMISSIS) sull’autostrada A21 in direzione di marcia (OMISSIS), aveva tamponato l’autocarro militare tg. (OMISSIS) condotto da L.D. che stava viaggiando nella medesima corsia, aveva abbattuto quindi il guard-rail centrale ed in tal modo aveva invaso la corsia di sorpasso nell’opposta direzione, collidendo quindi con l’autovettura Audi 80 tg. (OMISSIS) condotta da V. A. che stava percorrendo l’autostrada unidirezionale A21 con direzione (OMISSIS), così da causarne il ribaltamento e la fuoriuscita dalla sede stradale, e successivamente collidendo con l’autotreno Mercedes tg. (OMISSIS) con rimorchio (OMISSIS) condotto da D.F. che viaggiava nella medesima corsia di marcia;

il M. aveva così cagionato l’immediato decesso del V., commettendo il fatto – avvenuto il (OMISSIS) – con colpa generica e specifica, consistita, quest’ultima, nella violazione dell’art. 140 C.d.S., comma 1, art. 141 C.d.S., commi 1 e 3, e art. 149 C.d.S., avendo omesso di rispettare la distanza di sicurezza dai veicoli che lo precedevano e di moderare la velocità in ora notturna ed in relazione ai limiti previsti.

In punto di fatto, il Tribunale, sulla scorta del compendio probatorio acquisito, ricostruiva la dinamica dell’incidente in modo conforme a quella descritta nel capo di imputazione, e riteneva sussistenti le violazioni di legge addebitate all’imputato nonchè il nesso causale tra la condotta di quest’ultimo e l’evento: a tale ultimo riguardo, il giudicante osservava che il proprio convincimento non appariva scalfito dal fatto che non era stato possibile accertare la velocità di marcia dei mezzi con precisione matematica (anche se quella del veicolo condotto dall’imputato era stata calcolata da P.M. con buona approssimazione) ed osservava ancora che neppure rilevava che il mezzo militare viaggiasse a velocità ridotta non avendo comunque costituito un ostacolo imprevisto ed improvviso sulla carreggiata; conclusivamente, ad avviso del Tribunale, la marcia lenta del veicolo militare e la sua limitata visibilità, così come la vetustà del guard-rail, non erano elementi idonei ad escludere la responsabilità colposa del M..

A seguito di gravame ritualmente proposto nell’interesse dell’imputato, la Corte di Appello di Milano, con sentenza 19 novembre 2010, confermava la decisione del primo giudice e, in risposta alle deduzioni dell’appellante secondo cui l’incidente sarebbe stato conseguenza di condotte di terzi – e precisamente, per un verso, quella del conducente del veicolo militare, e, per altro verso, quella del responsabile dell’Ente proprietario dell’autostrada per non aver sostituito il vetusto guard-rail – motivava il proprio convincimento seguendo un percorso argomentativo che può così sintetizzarsi: a) le condotte dei terzi, evocate dalla difesa, non si presentavano quali fattori eccezionali idonei ad interrompere il nesso di causa con la situazione posta in essere dal M.; b) quanto alla condotta del L.D., guidatore del mezzo militare, detto veicolo, pur procedendo a velocità ridotta, era comunque visibile, non essendo stato riscontrato nulla di irregolare in ordine alle luci posteriori, cosicchè la presenza del convoglio militare sulla carreggiata non costituiva un ostacolo imprevisto, imprevedibile ed inevitabile per il M. il quale avrebbe dovuto osservare una velocità tale da porlo in grado di arrestare il proprio veicolo senza tamponare quello che lo precedeva: "il concetto di difficoltà rappresenta qualcosa di meno e di diverso di quello di inevitabilità" (così testualmente a pag. 5 della sentenza d’appello); c) quanto alle barriere installate sull’autostrada, il consulente del P.M. aveva precisato che: 1) le stesse risultavano conformi alla normativa vigente ma si presentavano molto vecchie e non in grado di impedire l’invasione di carreggiata da parte di un autoarticolato; 2) l’installazione di nuove barriere tipo H3 o H4 era prevista solo per i nuovi impianti; 3) un impatto come quello verificatosi nella concreta fattispecie non sarebbe stato contenuto nemmeno da una barriera H3 ma forse solo da una H4 come quelle di recente installazione; d) nemmeno poteva assumere rilievo l’individuazione del veicolo contro il quale l’autovettura del V. era andata ad impattare, e cioè se l’autoarticolato condotto dall’imputato oppure quello guidato dal D., posto che era stato comunque l’imputato a realizzare il primo segmento della catena causale dalla quale era scaturita la morte del V.; e) in conclusione: l’appellante aveva sicuramente posto in essere un antecedente causale dell’evento; 2) l’eventuale concorso di cause addebitabili a terzi non escludeva la responsabilità dell’appellante stesso; 3) l’evento non si sarebbe verificato se il M. avesse osservato una condotta prudente e conforme alle norme del codice della strada in tema di velocità e rispetto delle misure di sicurezza; 4) risultava pienamente integrato il reato contestato, ivi compresa l’aggravante per la violazione di norme regolanti la circolazione stradale.

Ricorre per cassazione il M., denunciando violazione della legge penale e vizio di motivazione con censure che si possono così sintetizzare: 1) avrebbero errato i giudici di merito nella qualificazione giuridica del fatto, dovendo escludersi la ravvisabilità nella condotta del M. della violazione di norme relative alla circolazione stradale, e, comunque, non avendo la Corte d’Appello fornito in proposito adeguata motivazione; 2) avrebbero altresì errato i giudici di merito nel ritenete ininfluenti, ai fini della causazione dell’evento, le condotte di terzi, ponendo il comportamento del M. quale unico antecedente logico.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza delle censure dedotte, peraltro sostanzialmente finalizzate ad una rivalutazione delle risultanze probatorie – mediante la prospettazione di una lettura alternativa degli acquisiti elementi di fatto, in sovrapposizione a quella offerta dai giudici del merito -inammissibile in sede di legittimità.

Quanto alla ricostruzione della dinamica del sinistro, ed alla individuazione delle condotte dei protagonisti dell’incidente, la Corte di Appello ha fornito logica e congrua motivazione, richiamando le risultanze processuali, in particolare gli accertamenti e le conclusioni del consulente del P.M.. Sicchè i rilievi mossi dal ricorrente alla sentenza impugnata, quanto alla dinamica del sinistro, si risolvono in censure concernenti per lo più apprezzamenti di merito che tendono sostanzialmente ad una diversa valutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità. Giova sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità deve, per espressa previsione normativa, risultare dal testo del provvedimento impugnato, o – a seguito della modifica apportata all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 – da "altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame"; il che vuoi dire – quanto al vizio di manifesta illogicità – per un verso, che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l’iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e che, per altro verso, questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro iter, quand’anche in tesi egualmente corretti sul piano logico: ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano ad una diversa lettura o interpretazione, ancorchè munite di eguale crisma di logicità (cfr. Sez. U,n. 30 del 27/09/1995 Cc. – dep. 14/12/1995 – Rv. 202903). Ed è stato altresì precisato nella giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite (cfr: Sez. Un., ric. Spina, 24/11/1999, RV. 214793; Sez. Un. ric. Jakani, ud.

31/5/2000, RV. 216260; Sez. Un., ric. Petrella, ud. 24/9/2003, RV. 226074), che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. Con riguardo alla specifica materia della circolazione stradale, nella giurisprudenza di legittimità è stato altresì enunciato, e più volte ribadito, il principio secondo cui "la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione" (in tal senso, tra le tante, Sez.4, N. 87/90, imp. Bianchesi, RV. 182960).

Non sono ravvisabili, dunque, i profili di violazione di legge e vizio di motivazione prospettati dal ricorrente, posto che, avuto riguardo al testo della sentenza impugnata, si rileva che la Corte distrettuale, attraverso il percorso motivazionale sopra ricordato (nella parte narrativa), da intendersi qui integralmente richiamato onde evitare superflue ripetizioni, ha analizzato – mediante la rivisitazione della sentenza di primo grado ed il richiamo ai suoi contenuti, ed all’esito dell’esame dei motivi di appello – tutti gli aspetti concernenti le problematiche relative alla dinamica del grave incidente stradale oggetto del procedimento ed ai profili di colpa ravvisabili nella specifica condotta dell’imputato, non mancando di esprimere anche proprie valutazioni in aggiunta a quanto argomentato dal primo giudice: così svolgendo considerazioni che consentono di ritenere acquisita la prova della colpevolezza dell’imputato.

Deve sottolinearsi che, quanto all’individuazione delle specifiche norme del codice della strada dalla Corte territoriale ritenute violate dal M., nonchè per quel che concerne la valenza di eventuali concause, con il gravame – attraverso la denunzia di asseriti vizi di violazione di legge e di motivazione – sono state riproposte questioni, anche di fatto, già ampiamente dibattute in sede di merito: la Corte territoriale, come detto, ha dimostrato, di aver analizzato ogni aspetto essenziale della vicenda, pervenendo, all’esito di un approfondito vaglio di tutta la materia del giudizio, a conclusioni sorrette da argomentazioni adeguate e logicamente concatenate.

Per quel che riguarda i profili di colpa specifica, è sufficiente osservare che l’incidente "de quo", secondo la dinamica ricostruita in sede di merito in assoluta aderenza al compendio probatorio acquisito, è stato innescato dalla eccessiva velocità alla quale procedeva l’auto condotta dal M. e dal mancato rispetto della distanza di sicurezza rispetto agli altri veicoli che lo precedevano, esattamente le violazioni delle norme sulla circolazione stradale contestate all’imputato con il capo di imputazione: di tal che, la doglianza del ricorrente in proposito è manifestamente infondata.

Del pari manifestamente infondato è poi il richiamo del ricorrente al nesso di causalità. In realtà, accertato che l’incidente è stato innescato dal comportamento irregolare, nei termini sopra descritti, dell’imputato, non può certo attribuirsi ad altri fattori il ruolo di causa, sopravvenuta, da sola sufficiente a provocare l’evento, idonea a determinare l’interruzione del nesso causale tra l’azione dell’imputato e l’evento stesso. Giova al riguardo ricordare che, in tema di sinistro stradale, questa Corte (Sez. 4, n. 578 del 19/12/1996 Ud. – dep. 28/01/1997 – imp. Fundarò) ha precisato che:

"la causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell’evento e, quindi, avente efficacia interruttiva del nesso di causalità, è quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall’agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell’agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza ed, in tal caso le cause concorrenti – che non siano da sole sufficienti a determinare l’evento per il necessario porsi della prima come condizione necessaria antecedente – sono tutte e ciascuna causa dell’evento in base al principio della causalità materiale fondato sull’equivalenza delle condizioni". Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7- 13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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